82 milioni di tedeschi entro
breve molto arrabbiati, o come il bailout n° 2 dell’eurozona potrà costare fino al 56% del PIL tedesco
DI TYLER DURDEN
Zero Hedge
Oggi è successa una cosa strana agli
spread della zona euro. Mentre i bond dei paesi PIIGS salivano
di prezzo (abbassando gli interessi) dopo l’annuncio del secondo
Big Bang bailout, la reazione per il credito del cuore dell’Eurozona
non è stata proprio esuberante, e infatti gli spread dei due
paesi centrali dell’Europa si sono sempre più allargati verso la
fine della giornata, oltre i valori della scorsa settimana. Perché?
Dopo tutto l’eliminazione dei rischi
dei paesi periferici doveva essere vista da tutti in modo positivo ,
ancor di più da quelli che più di tutti volevano sostenere il sempre
più traballante castello di carte dell’UE. Bene, così non è. In
sintesi, quello che è avvenuto oggi era un accordo a due tempi: 1)
il finanziamento del debito futuro per quei paesi che sono al momento
esclusi dal mercato (tutti i PIIGS e probabilmente, fra poco, anche
i paesi del centro) o in altre parole il “meccanismo della liquidità”
che è stato soddisfatto dall’espansione dell’EFSF, e 2 ) il meccanismo
di rinegoziazione per gli attuali detentori del debito che “consente”
loro di trasferire “volontariamente” le obbligazioni esistenti
verso un “nuovo avvio” per consentire alla Grecia di risollevarsi
prontamente dallo stato di Default Selettivo che sembra poter arrivare
da Moody’s e da S&P da un momento all’altro, e quindi di poter
ipoteticamente permettere al paese ellenico di accedere ai mercati come
paese non in bancarotta.
In ultima analisi, la seconda può essere
ignorata, perché come è stato chiarito negli ultimi giorni e come verrà dimostrato poi, l’odierna rinegoziazione per le banche non periferiche sarà irrisoria; il grosso del debito in pericolo è detenuto dalle banche dei paesi ospiti e usato come collaterale con la BCE per ottenere in cambio i contanti.
Ora la seconda parte del meccanismo non è da prendere in considerazione, come si può notare dalla diminuzione del totale dei CDS sulla Grecia, visto che le banche “centrali” non hanno più bisogno di garantirsi sulla propria esposizione
e invece optano per disinvestire i propri averi. Si tratta di una falsa
pista che cerca di confondere gli aspetti associati al primo aspetto,
che è molto più importante: le posizioni dell’EFSF e la sua imminente
espansione. E bisognerà farlo, visto che in effetti il debito netto
delle nazioni finirà per crescere sempre più col passare del tempo
per una semplice ragione: questa non è una ristrutturazione del debito
esistente dalla prospettiva del paese ospite! Ci dice semplicemente
che il debito greco continuerà a crescere in rapporto al PIL, e che
Irlanda, Portogallo, e presto anche Italia e Spagna saranno costrette
a prendere a prestito esclusivamente dall’EFSF. E qui si trova l’arcano.
In un report appena pubblicato da Bernstein, che ha fatto bene
i conti sui contributi richiesti dall’EFSF ai paesi “centrali”,
il problema è che se si vuole un allargamento dell’EFSF (come quello
avvenuto oggi con la espansione fatta di assegni in bianco) che sia
efficace, dovrebbe riuscire a coprire Italia e Belgio.
Come dice AB, “le sue potenzialità
dovrebbero essere innalzate fino a 1,45 triliardi di euro, sostenute
da un totale di 1,7 triliardi di euro in garanzie”. E questo è
il punto in cui tutto crolla, se non da un punto di vista finanziario,
certamente da quello politico: “Se le garanzie della periferia,
Italia inclusa, non avessero valore, le garanzie della Germania dovrebbero
innalzarsi fino a 790 miliardi di euro, il 32% del PIL.” Esatto:
non monetizzando il debito europeo in bilancio, la BCE ha in effetti
lasciato la Germania col cerino in mano, caricandola del peso di tutto
il salvataggio dell’Europa tramite gli assegni in bianco di un SPV.
Il prezzo da pagare se le cose dovessero andare male: un terzo del prodotto
della nazione e, nel caso peggiore una depressione di quelle che la
Germania non ha notizia dagli anni ‘20-‘30. Ah, e se la Francia
subisse un downgrade, la parte di competenza della Germania nel
finanziamento dell’EFSF salirebbe a un ineffabile triliardo e 385
miliardi di euro, il 56% del PIL tedesco!
L’Europarlamento, la BCE e il FMI
potrebbero aver ottenuto oggi la loro vittoria di Pirro… Ma cosa succederà
domani quando tutti i tedeschi (una popolazione di 82 milioni di persone
molto efficienti) si sveglieranno con i titoli sulle prime pagine
dei giornali che urleranno che il loro paese è in difficoltà, visto
che hanno impegnato il 32% del loro PIL per mantenere ancora la Grecia
nell’insolvenza, con i suoi 50 anni di età per andare in pensione,
per non parlare dell’Irlanda, del Portogallo, e presto di Italia e
Spagna? Cosa accadrà quando quegli stessi 82 milioni capiranno che
devono mettere a repentaglio centinaia di anni di diritti dello stato
sociale (ricordate che Otto von Bismark è stato il progenitore del
welfare state) solo per consentire ad alcune nazioni periferiche
di mentire sui propri deficit (Si
sono perse le tracce del debito a 6 mesi della Grecia. Il suo benchmark a un anno è circa
del 20%) e di godere di generosi sussidi sociali per poter garantire
le pensioni? Cosa accadrà quando la già defunta nei sondaggi Angela
Merkel si troverà alle prossime elezioni e andrà incontro a una sconfitta
epocale? Lo scopriremo molto, molto presto.
Ecco Bernstein con l’affondo finale:
Il proseguimento dell’attuale
strategia con l’EFSF allargato e la partecipazione del privato nel
sostegno alla liquidità
Malgrado il fallimento dell’attuale
strategia, c’è ancora l’opzione teorica di un aumento del sostegno
alla liquidità con l’allargamento dell’EFSF, che potrebbe così
acquistare bond governativi nel mercato secondario. Crediamo
che questa sia la possibilità meno probabile, viste le dimensioni del
fondo richiesto per raggiungere l’obbiettivo.
Un’estensione dell’EFSF per
coprire Italia e Spagna richiederebbe una garanzia di 790 miliardi di
euro (32% del PIL) da parte della Germania
Questa strategia non solo è altamente
improbabile che abbia successo, ma potrà avere alcune gravi difficoltà
strutturali. Per coprire il 100% della rinegoziazione per Grecia, Portogallo,
Irlanda, Spagna, Italia e Belgio e per fornire un sostegno da parte
del settore bancario pari al 7% dei valori in bilancio fino alla fine
del 2013, i meccanismi di supporto dovrebbero essere poter disporre
di un totale di 2,4 trilioni di euro di fondi da utilizzare.
Assumendo che le strutture del Greek Loan e l’EFSM rimangano al proprio posto, l’EFSF dovrebbe incrementare i suoi fondi dagli attuali 270 miliardi di euro a 1.450 miliardi.
Dati i requisiti di sovracollateralizzazione del 20% rispetto alle condizioni attuali dell’EFSF e il fatto che le nazioni che riceveranno il sostegno dell’EFSF non potranno fornire garanzie appropriate per poter creare 1,45 triliardi di capacità di finanziamento, il totale del fondo dovrebbe essere di 1,7 triliardi di euro. Le garanzie che dovrebbe fornire la Germania dovrebbero essere di 791 miliardi di euro, pari al 32% del PIL.
È legittimo chiedersi se la Germania sarà convinta di impegnarsi con un sostegno del genere in un’iniziativa che sinora è stata sempre un insuccesso. Metterebbe anche in pericolo la Germania nel caso peggiore, quello del downgrade del debito francese. Senza la Francia, le garanzie necessarie si muoverebbero velocemente verso il totale di 1,7 triliardi di euro. Mentre i mercati sono sempre più preoccupati per la situazione della Francia, le probabilità sono tutte contro l’estensione dell’EFSF come meccanismo di sostegno alla liquidità.
Se le banche dovessero partecipare in un’espansione di liquidità, il loro contributo sarebbe minimo
Con l’odierna strategia una delle
questioni ancora aperte è se il settore privato possa partecipare o meno nel fornire liquidità ai paesi periferici. Crediamo che questa sia una discussione fondamentalmente marginale, malgrado la sua enorme
valenza politica.
Seguendo i dati degli stress test pubblicati venerdì, scopriamo che, mentre le banche detengono per la gran parte titoli a brevissimo termine, il totale dei fondi a disposizione per il 2013 è solo del 23% e il 16% del totale dell’EFSF.
La domanda è quanto grande debba essere
la partecipazione del settore privato. Prendendo la “proposta francese”
come punto di riferimento, il settore privato dovrebbe ridurre la dimensione
dell’EFSF di 137 miliardi di euro, pari al 9% dei 1,45 triliardi di
fondi dell’EFSF, assumendo che il 70% del debito sia rinegoziato e
collateralizzato e la partecipazione della banche sia al 75%.
Il problema della partecipazione del
settore privato è dato dal rischio che possa essere considerato un
default da parte delle agenzie di rating. Come conseguenza,
le banche dovrebbero togliere queste spese dalle quotazio di mercato.
Questo fattore porterebbe a depennare dal settore bancario europeo circa 75 miliardi di euro, il 55% in più del sostegno alla liquidità che
l’UE sta cercando di ottenere. E in particolare in Portogallo e in Grecia le conseguenze delle perdite MTM superano di molto l’incremento di liquidità.
Cosa ancora più importante, più
delle metà di queste perdite avverrebbero nelle banche degli stessi
paesi periferici. In assenza di un mercato aperto per queste banche,
le perdite dovrebbero essere sanate dai governi e successivamente aggiunti
agli utilizzi dell’EFSF.
Allora ci siamo: il fatto che oggi
l’euro non abbia perso valore, grazie alla BCE che non ha attuato
la monetizzazione, fa diventare la Germania l’ultimo paracadute del
rischio dell’Europa. E se prima, quando l’EFSF era già sopra di
più o meno 400 miliardi, il mercato avrebbe potuto tranquillamente
ignorare il rischio, l’adeguamento di 1,5 trilioni di euro cambia
sicuramente gli equilibri. Nel tentativo di evitare la comparsa delle
invitanti pressioni inflazionistiche nella banca di Trichet, la Germania
si è direttamente caricata il rischio associato al fallimento terminale
del suo ultimo e più rischioso piano di salvataggio e facendo questo
potrebbe aver messo a rischio qualcosa che va tra il 32% e il 56% del
suo prodotto economico annuale. Ci si potrebbe chiedere se il rischio
di un’inflazione galoppante valga il rischio di sprofondare nella
peggiore crisi nella storia della nazione? Di sicuro non lo è per la
Fed.
Non sarebbe un risultato assurdo che
l’eurozona, nel tentativo di prevenire ulteriori contagi alla periferia,
inviti i vigilantes a bypassare l’Italia (ricordate come tutti
rimasero scioccati che, malgrado l’attacco alla Spagna, sono stati
gli spread italiani che sono stati distrutti nel giro di pochi
giorni) e a dirigersi verso quei paesi sulle cui spalle è poggiato
il destino dell’interno esperimento dell’UEM?
Non è che Atlante sia sul punto
di scuotersi e di buttare all’aria il pesante castello di carte?
21.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE