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La Redazione

 

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IL DEBITO

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A cura di Davide
Il 27 Agosto 2008
55 Views

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DI BIFO
Rekombinant

Sull’Herald del 2 agosto un articolo di David Brooks intitolato “Missing Dean Acheson”.
Sottotitolo: “Il nostro nuovo mondo pluralistico ha dato origine a una globosclerosi, incapacità di risolvere un problema dopo l’altro.”
Il tema è quello della impossibilità di decidere. Brooks ricorda con nostalgia i bei tempi in cui il gruppo dirigente americano prendeva decisioni sulla base dei suoi interessi e li imponeva senza tante storie, con le buone o con le cattive (generalmente con le cattive) a tutto il mondo dominato.
A partire dagli anni ’40 il potere è stato fortemente concentrato nelle mani della classe dirigente occidentale, ma oggi il potere è disperso.
“La dispersione dovrebbe in teoria essere una buona cosa, scrive Brooks, ma in pratica multipolarità significa potere di veto sull’azione collettiva. In pratica questo nuovo mondo pluralistico ha dato origine alla globosclerosi, incapacità di risolvere un problema dopo l’altro.”
Poi il caro David viene al punto che più lo addolora:
“Questa settimana per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, un tentativo di liberalizzare il mercato globale è fallito. Il Doha round ha subito un collasso perché il governo indiano non voleva offendere i piccoli contadini in previsione delle prossime elezioni.”
A David Brooks dei piccoli contadini indiani non gliene può fregare di meno. Il suo problema è la fine della capacità di decisione economica da parte delle grandi potenze occidentali.
In effetti, nel corso dell’estate 2008 abbiamo avuto tre segnali impressionanti della fine della decisione politica, della fine del globalismo e della fine dell’egemonia occidentale. Il G8, il WTO, ed infine la NATO sono entrati in una sorta di paralisi.

All’inizio di luglio c’è stato il summit G8 di Hokkaido. Posti di fronte alla necessità di decidere qualcosa a proposito di processi che avanzano con velocità impressionante e distruggono il futuro del pianeta e dell’umanità (cambiamento climatico, crisi alimentare, crisi finanziaria) i capi delle potenze mondiali hanno fatto come suol dirsi scena muta.
Dovevano decidere qualcosa sul cambiamento climatico. La risoluzione finale relativa al cambiamento climatico dichiara semplicemente che nel 2050 le emissioni inquinanti saranno la metà di quelle attuali. Questo è quello che hanno stabilito i “Grandi”. Come accadrà questo dimezzamento? Nessuno lo sa, nessuno lo ha detto. Ma tanto chi se ne frega, nel 2050 saremo tutti morti (probabilmente a causa del cambiamento climatico) quindi nessuno potrà recriminare.

Alla fine del mese di luglio c’è stato l’incontro di Ginevra del Doha Round del World trade organisation, dove è definitivamente fallito l’accordo sulla liberalizzazione del commercio internazionale – che per gli occidentali significa libertà di penetrazione nei mercati altrui e difesa protezionistica dei mercati propri.
Il WTO, l’organismo contro cui ci battemmo a Seattle nel 1999, quando il movimento no-global venne alla luce del sole, sembra defunto, non certo per la forza dei movimenti di contestazione, ma a causa dell’emergere di contrasti d’interesse inconciliabili, per il rifiuto che le nuove potenze economiche oppongono al globalismo a senso unico occidentale.

Poi c’è stata la guerra in Georgia. La lunga onda dell’89 è finita, ora rifluisce.
La Nato non ha potuto difendere in nessuna maniera il suo alleato georgiano, dimostrando che la presidenza Bush ha portato il sistema militare americano all’impotenza.
E l’Unione europea si trova ormai spaccata in due: da una parte coloro che per timore dell’aggressività russa vogliono puntare le armi contro Mosca, e dall’altra coloro che per timore della potenza energetica russa vorrebbero trovare un compromesso.

Sullo sfondo, mentre i vertici globali falliscono uno dopo l’altro, la guerra euroasiatica tende a saldarsi in un fronte variegato nel quale l’occidente perde tutte le battaglie.
La battaglia iraqena è ormai perduta da anni, la battaglia afghana sta diventando un inferno.
La battaglia iraniana volge a favore dell’oltranzismo nazional-islamista di Ahmadinejad e Khamenei, e la bomba sciita si delinea all’orizzonte mediorientale come una minaccia sempre meno immaginaria.
La battaglia libanese diventa ogni giorno più pericolosa per Israele, con il saldarsi di un fronte Siria-Hezbollah.
E per finire, più spaventosa di tutte, la battaglia pakistana sta rivelandosi un rovescio per gli americani. Il generale protetto dalla Casa Bianca deve andarsene, e Ahmad Gul, l’uomo forte dell’esercito, dichiara che il principale nemico del paese sono gli Stati Uniti d’America (e l’India dove la mettiamo?). Ah… dimenticavo: Kim Iong Il ha appena comunicato che la Corea del Nord riprende la produzione della bomba nonostante i mezzi accordi ottenuti dall’amministrazione Bush qualche mese fa.
Il clan Bush è riuscito in un capolavoro impensabile: la più grande potenza del mondo si è messa progressivamente in condizione di minorità militare e di paralisi politica. Com’è potuto accadere?

Occorre una nuova descrizione del mondo. Quelle di cui disponiamo non valgono più.
Fino al 1989 disponevamo di una descrizione del mondo che si era formata nel secondo dopoguerra, e delineava il futuro sulla base dell’opposizione tra capitalismo e socialismo.
Nel 1989 quella descrizione bipolare venne sostituita con una descrizione unipolare, fondata sull’egemonia della NATO e sul predominio di un nuovo modello di espansione capitalista.
Per un ventennio l’egemonia militare ha messo l’occidente in una posizione di predominio, che permetteva alla popolazione americana di indebitarsi illimitatamente, di mantenere un tenore di vita largamente superiore alla forza produttiva americana, e di consumare le risorse senza alcuna considerazione per il futuro del pianeta né per la sopravvivenza della specie umana.
L’undici settembre del 2001, con un’azione di eccezionale efficacia strategica, qualcuno (poco mi importa qui sapere chi) ha spinto la più grande potenza militare di tutti i tempi a compiere una serie di azioni completamente insensate, autodistruttive, di cui sette anni dopo, si misurano a pieno gli effetti. Dopo 911 il presidente degli Stati Uniti, che qualche mese prima non conosceva il nome del presidente golpista del Pakistan, decideva di lanciare una guerra poi un’altra guerra, senza considerarne le implicazioni geopolitiche, culturali, religiose, militari.
Io non so se questo sia dovuto all’ignoranza sbalorditiva del gruppo dirigente americano, o al cinismo di gruppi economici come la Halliburton la Bechtel la Texaco ecc che hanno considerato più importante il loro interesse economico immediato che la disfatta strategica del loro paese (non lo so nè qui mi interessa, per quanto si tratti di una questione appassionante). Mi limito a constatare l’evidenza: le guerre euroasiatiche scatenate dagli anglo-americani si sono risolte in una successione di sconfitte strategiche irrimediabili. L’egemonia militare dell’occidente è finita. Per sempre, credo.

Ma la sconfitta militare sta provocando una crisi di credibilità che ha risvolti finanziari ed economici. Il popolo americano ha potuto appropriarsi delle ricchezze del pianeta grazie all'(apparente) superiorità militare della NATO. Ora, dopo la disfatta strategica dell’occidente nel continente euroasiatico, il gioco è scoperto. L’occidente non dispone più della sua forza di ricatto.
Ora il pianeta gli presenta il conto. Temo che sarà salato.
Non si può più contare sul debito illimitato.
Il 15 agosto è uscito sulla Repubblica un articolo di Nouriel Roubini, professore alla Stern school della New York University. Titolo: “La tempesta perfetta”.
Il quadro che descrive Roubini è quello di una recessione generalizzata, profonda, e di lungo periodo. Questo non è così grave, di recessioni ne abbiamo viste tante nel corso del novecento, prima o poi se ne esce.
Il problema è che stavolta la recessione coincide con la fine del predominio occidentale sul pianeta.
L’occidente può accettare un ridimensionamento, che significa prima di tutto una riduzione del consumo energetico, e del consumo in generale?
Gli americani accetteranno di rinunciare al privilegio economico e finanziario di cui hanno goduto negli ultimi venti anni? Saranno capaci di farlo?
Dopo il crollo del sistema di credito immobiliare, si sta aprendo il problema delle carte di credito. Dopo la bolla dei mutui sulla casa, è sul punto di esplodere anche la bolla dell’indebitamento privato. Mi pare che qui ci sia un nucleo essenziale della crisi finanziaria che si sta trasformando in recessione di lungo periodo: la fine della possibilità di indebitarsi indefinitamente puntando una rivoltella alla tempia del creditore.
Ora il creditore ha scoperto che la rivoltella è scarica.
Accetterà l’occidente, accetterà il popolo americano di pagare il suo debito?
Il debito. Ciò che dobbiamo agli altri.
Oppure sceglierà di usare l’arma estrema, la violenza impensabile, per riaffermare il proprio diritto di depredare il futuro di tutti?
Il pericolo che si delinea all’orizzonte è senza precedenti.
Non è vero che sia tornata la guerra fredda. Magari.
La Guerra fredda era fredda perché gli americani non avevano l’acqua alla gola e perché l’Unione sovietica era un sistema totalitario, ma il gruppo dirigente del PCUS aveva una logica politica diversa da quella della mafia e del KGB coalizzati.

Bifo
Fonte: www.rekombinant.org/
Link: http://liste.rekombinant.org/wws/arc/rekombinant/2008-08/msg00014.html
27.08.08

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