DI ANDREW G. MARSHALL
Geopolitical Monitor
Questo reportage esamina il genocidio in Ruanda in un contesto geopolitico che include il ruolo delle potenze occidentali, delle multinazionali e istituzioni finanziarie internazionali.
Una base in Centro Africa
Storia politica
L’Uganda è stata per molte decadi una colonia dell’impero britannico fino a quando ottenne l’indipendenza nel 1962. In quel momento, “L’Uganda aveva una delle economie più promettenti dell’Africa sub-Sahariana, con un sano settore agricolo, industrie in via di sviluppo e un importante settore minerario. L’agricoltura era un importante fonte per le esportazioni grazie a caffè, cotone e the e che provvedeva allo stesso tempo una basica autosufficienza alimentaria. Il settore manufatturiero produceva input per il settore agricolo e i beni di consumo, e stava diventando anch’esso una significante fonte per le esportazioni grazie al settore tessile.”[1] Nel 1971, Idi Amin prese il potere in Uganda. Amin, largamente riconosciuto come un brutale dittatore, rimase al potere fino al 1979, quando l’esercito della Tanzania e il Fronte Nazionale Unito per la Liberazione lo spodestarono. Nel dicembre del 1980 Milton Obote assunse il potere per la seconda volta. L’economia era in crisi profonda e le infrastrutture seriamente danneggiate dalla guerra.[2]
Correzioni del FMI e della Banca Mondiale
Obote si rivolse alle istituzioni finanziarie internazionali affinchè lo aiutassero a ricostruire l’economia. Queste “guidarono all’introduzione del pacchetto di riforme economiche a metà del 1981, un tipico programma di aggiustamenti strutturali del FMI/Banca Mondiale con considerevoli donazioni a supporto. La controparte del programma era una massiccia svalutazione dello shilling ugandese, dai 7.80 a 78 shilling per un dollaro.”[3] Dal 1984, lo shilling fu svalutato fino a che servirono 270 USh (Shilling Ugandese) per un dollaro.
Seguendo quelle indicazioni, l’Uganda si rituffò in una profonda crisi finanziaria. “Diciotto mesi dopo il fallimento del programma del FMI e il seguente colpo di stato, la Resistenza Nazionale (NRA), implicate già nella guerra civile, prese il controllo della capitale e, la sua ala politica, il Movimento di Resistenza Nazionale (NRM), stabilì un governo di unità nazionale per varare vaste riforme economiche di base.”[4]
Debito e spesa militare
Yoweri Museveni, capo del Consiglio di Resistenza Nazionale (NRC), giurò come presidente il 29 gennaio 1986. Il governo di Museveni “accettò un nuovo pacchetto di riforme voluto dal FMI e dalla Banca Mondiale all’inizio del 1987, formalizzato con il Programma di Recupero Economico nel maggio 1987″[5] e in ottobre, Museveni incontrò il presidente degli USA Ronald Reagan e poi il vicepresidente George H.W. Bush alla Casa Bianca.[6]
Il programma di “recupero” economico dell’Uganda aveva come scopo autorizzare le istituzioni finanziarie internazionali prendere in una stretta morsa il Paese. Il debito estero crescette a dismisura, fino a triplicare e raggiungere i 3.7 bilioni nel1997.”[7] Dal 1997, il debito dell’Uganda con la Banca Mondiale era di 2 bilioni di dollari, perchè il prestito al Paese “aveva l’obiettivo di supportare l’economia del Paese e la ricostruzione sociale.”[8]
Sotto la supervisione della Banca Mondiale, il denaro prestato per portare avanti i programmi di promozione sociale e crescita economica furono investiti fondando la United People’s Defense Force (UPDF) che fu coinvolta in operazioni militari in Ruanda e in Congo. L’Uganda diventò uno stato da dove potevano partire comodamente missioni sotto copertura degli USA in tutta l’Africa dell’est. Il FMI e la Banca Mondiale assicurarono gli adeguati finanziamenti ai militari ugandesi.
Il genocidio in Ruanda
Il passato coloniale del Ruanda
Il genocidio in Ruanda avvenne nel 1994, però sorse dagli avvenimenti degli ultimi anni ’80 e dei primi dei ’90 direttamente correlati all’economia ruandese. La causa scatenante fu l’assassinio del presidente Habyarimana nel 1994, che fu presidente dal 1990 al 1993 durante la guerra civile.
A causa soprattutto al suo passato coloniale, l’economia del Ruanda è fortemente dipendente dalle esportazioni di caffè ed esistono forti divisioni fra la gente. La più forte è quella fomentata tra Hutu e Tutsi, che cominciò nel 1926[9], parte della strategia belga del “divide et impera” per avere il controllo della regione [10]. I belghi favorirono i Tutsi a scapito degli Hutu.
Nel 1962 il Belgio abbandonò il Ruanda e i Tutsi persero il loro monopolio di potere portando al controllo degli Hutu che cacciarono molti Tutsi dalle cariche pubbliche.[11] “Nel 1973 il capo militare degli Hutu, Juvénal Habyarimana con i suoi uomini riuscì in un colpo di Stato. Habyarimana e l’élite degli Hutu governarono in Ruanda per quasi due decadi di prosperità economica.”[11]
Problemi economici e correzioni strutturali
Alla fine degli anni ‘80, cominciarono a comparire i primi problemi economici dovuti all’economia fondata quasi unicamente sulla coltura di caffè. La crisi cominciò nel 1987, quando “il sistema di quote stabilito dall’International Coffee Agreement (ICA) cominciò a cadere e i prezzi del caffè a crollare.” Il fondo statale che pruomoveva la stabilità del prezzo del caffè andò velocemente in rosso.[12]
Delibere furono portate avanti in cooperazione tra il governo di Habyarimana e il FMI e la Banca Mondiale la quale inviò nel ’88 un gruppo di esperti per “rivedere il programma ruandese di spesa pubblica” e che stilarono un Programma di Correzioni Strutturali pieno di condizioni da rispettare.[13]
Questo coincise con l’inizio della Guerra Civile (1990-1993), “che iniziò quando l’aristocrazia Hutu si divise”[14], e allo stesso tempo, un gruppo di guerriglieri per la maggior parte rifugiati Tutsi addestratisi in Uganda, il Fronte Patriottico Ruandese (RPF), invase il Ruanda e cercò di raggiungere la capitale Kigali”, con il risultato di indebolire il governo di Habyarimana e spingere il Paese alla Guerra Civile.[15]
Il Programma di Correzioni Strutturali fu attuato comunque nonostante il contesto politico instabile e richiese il 50% di svalutazione del franco ruandese, svolto nel novembre del ‘90. Questo fu “appena sei settimane dopo l’incusione dall’Uganda dell’esercito ribelle del RPF.” Lo shock economico fece scoppiare la Guerra Civile e una massiccia inflazione colpì soprattutto benzina e cibo.[16]
Collasso della Società
“Le imprese pubbliche furono spinte alla bancarotta e i servizi pubblici si azzerarono, incluse istruzione e sanità”.[17] Nel 1992, durante il momento più cruento dello scontro, il FMI ordinò una seconda svalutazione che promosse un ulteriore aumento dei prezzi. In un solo anno così la produzione del caffè perse un ulteriore 25%, poichè tutta la terra era dedicata alle piantagioni di caffè per le esportazioni non ce ne era più per coltivare cibo.[18]
Seguirono diffuse carestie, che fecero strada all’applicazione del Programma di Correzioni Strutturali del FMI e della Banca Mondiale che prevedeva la liberalizzazione del commercio, deregolamentazione economica, e importazioni economiche di cibo e aiuti che destabilizzarono i mercati locali.[19]
A causa del Programma di Correzioni Strutturali firmato da parte del Ruanda, grossi prestiti vennero concessi alla Banca Centrale Ruandese per importare beni. Molti dei finanziamenti “finirono nelle mani del regime (e le sue varie fazioni politiche) attraverso l’acquisto di armamenti militari (dal Sud Africa, Egitto e Europa dell’Est).”[20]
Sostegno militare occidentale
Gli anni della Guerra Civile Ruandese e del genocidio furono gli stessi in cui Madeline Albright era l’ambasciatrice di Bill Clinton alle Nazioni Unite e Kofi Annan era il capo delle operazioni della ONU per riportare la pace. Il giornalista d’inchiesta Wayne Madsen suppone nel suo libro “Jaded Tasks: Brass Plates, Black Ops, & Big Oil”, che la Albright e Annan ignorarono prove che indicavano che il Fronte Patriottico Ruandese guidato dai Tutsi e appoggiato dagli USA era responsabile dell’attacco terroristico che con un missile colpì il velivolo del presidente ruandese Hutu il 6 aprile 1994.[21]
Madsen spiega che l’invasione del RPF del Ruanda dall’Uganda nel 1990, “aveva il sostegno militare della prima amministrazione Bush [1989-1993], includendo il coinvolgimento del Segretario della Difesa Dick Cheney,” e che l’obiettivo del RPF era di far cadere il presidente Hutu.[22] Madsen racconta come il capo politico del RPF, Paul Kagame fu formato nelle installazioni dell’esercito americano negli USA e quando durante l’invasione del 1990 il leader del RPF fu ucciso, “Kagame diventò il capo della guerriglia armata e i suoi collegamenti con il Dipartimento di Stato USA, il Pentagono e la CIA diventarono più stretti.” Documenti segreti delle Nazioni Unite rivelano che Annan e la Albright erano a conoscienza di questa informazioni.[23]
Venne fuori in un’inchiesta dell’Assemblea Nazionale Francese che, “gli USA rifornivano l’RPF con i missili terra-aria russi usati per colpire l’aereo presidenziale,” e che una squarda di investigazione dell Nazioni Unite era a conoscenza che , “un’impresa collegata alla CIA era la titolare del contratto d’affitto del magazzino dove vennero assemblati i lanciamissili.”[24] Naturalmente, l’inchiesta venne chiusa non appena venne fuori il collegamente con gli USA.
Nel 2004 fu completata una ricerca francese sull’abbattimento dell’aereo e, come spiega Madsen, quelli che erano implicati in quell’inchiesta avevano inquietanti legami con quella che Madsen descrive come “un organizzazione occulta” composta da lobby politiche e petrolifere, comunemente conosciuta come “Organizzazione Internazionale Strategica e Tattica.” [“International Strategic and Tactical Organization.”][25]
Restituzione del Debito
Meno di un anno dopo il massacro del 1994 i creditori del Ruanda si rivolsero al governo dei Tutsi, guidato dal RPF, per riscuotere il debito contratto dal precedente regime e che era stato usato solo per spargere sangue nella Guerra Civile. “Il nuovo governo invece di chiedere la cancellazione dell’odiato debito accolse le istituzioni di Bretton Woods con le braccia aperte,” perchè, “avevano bisogno del nullaosta del FMI per rimettere in sesto l’esercito,” e proprio per questa causa furono investiti i nuovi prestiti.[26]
Il genocidio fu dunque un successo per quanto riguarda i suoi scopi, dato che il governo Hutu di Habyarimana filo francese fu sostitutito dal governo Tutsi di Paul Kagame filo americano con l’aiuto delle forze speciali USA e della CIA. Di fatto potrebbe considerarsi il tutto come “una guerra non dichiarata tra Francia e America.”[27]
Lo scopo principale era di “installare un protettorato angloamericano in Ruanda” che “permettesse un punto d’appoggio neocoloniale per gli USA nell’Africa Centrale.” Tutto fu un gran successo e anche la lingua ufficiale è cambiata dal francese all’inglese.[28]
Note
[1] John K. Baffoe, Structural adjustment and agriculture in Uganda. International Labour Organization, March 2000:
[2-4] Ibid
[5] John K. Baffoe, op cit
[6] BNET, Elizabeth Bagaaya Nyabongo of Toro. UXL Newsmakers, 2005:
[7] Michel Chossudovsky, The Globalization of Poverty and the New World Order, 2nd ed. Global Research: 2003, pagina 112.
[8] Ibid, pagine 112-113
[9] Ibid, pagina 104
[10] Ibid
[11-12] Moise Jean, The Rwandan Genocide: The True Motivations for Mass Killings. Emory Endeavors in World History Volume I: March 2007, pagina 6
[13] Michel Chossudovsky, op cit, pagina 103
[14] Ibid, pagina 107
[15-16] Moise Jean, op cit, pagina 7
[17-21] Michel Chossudovsky, op cit, pagine 107-109
[22-24] Wayne Madsen, Jaded Tasks – Brass Plates, Black Ops, & Big Oil: The Blood Politics of Bush & Co. TrineDay: 2006, pagina 2
[25] Ibid, pagina 3
[26] Ibid, pagine 6-7
[27] Michel Chossudovsky, op cit, pagine 115-116
[28] Ibid, pagine 118-120
Titolo originale: “Western Involvement in the Rwandan genocide”
Fonte: http://geopoliticalmonitor.com/
Link
24.02.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di EPICUREO