DI MI. GIO.
E’ la Cina il paese dove ogni anno si recano decine di israeliani gravemente ammalati e bisognosi di un trapianto d’organo. La notizia, riferita ieri dal quotidiano Maariv di Tel Aviv, di primo acchito non contiene elementi di novita’. E’ noto da tempo che tanti cittadini di paesi occidentali, incluso Israele, che necessitano un trapianto vadano alla ricerca di organi a basso costo in Asia o in America latina rivolgendosi spesso ad individui ed organizzazioni senza scrupoli. In questo caso però, ha spiegato il Maariv, i donatori sono davvero «particolari». Dietro questo commercio ci sono le autorità cinesi che vendono organi di persone condannate a morte considerati, dalla legge locale, di proprietà dello stato. Con il tempo, ha aggiunto il giornale, questa inquietante attività ufficiale si è trasformata in una vera e propria industria con un «fatturato» di decine di milioni di dollari. I condannati a morte cinesi – almeno 5.000 nel 2300 – vengono informati della destinazione che avranno i loro organi? Non si sa, ma è difficile credere che siano tutti «donatori volontari». In Israele c’è forte carenza di organi da trapiantare e l’attesa per un paziente può anche essere di tre anni. A causa dei dubbi tra i religiosi ortodossi sulla morte cerebrale, le donazione da cadavere sono insufficienti e rari sono anche i trapianti da parenti vivi mentre quelli da donatori esterni alle famiglie sono sottoposti a un monitoraggio attento per garantire che non vi siano dietro compensi economici. Anche in Israele infatti è illegale comprare e vendere parti del corpo ma le autorità non perseguono penalmente chi compie questa pratica all’estero. Così chi non ha più tempo di aspettare va in Cina approfittando di un indubbio vantaggio: il sistema sanitario nazionale copre parte dei costi dei trapianti effettuati all’estero incentivando, di fatto, molti pazienti ad uscire da Israele. Secondo Maariv, un organo in Cina costa il 30% meno che in altri paesi ed i trapianti vengono effettuati in un moderno centro ospedaliero governativo nella città di Guangzhou (Canton) nel sud del pease.
La Cina e le Filippine in questi ultimi anni sono divenute le mete preferite dei viaggi della speranza degli israeliani (e non solo) poiché i trapianti vengono effettuati sotto la supervisione del governo. Un israeliano che ha subito un trapianto di reni in Cina, Abraham Sasson, ha detto a Maariv che è costato poco ed è stato eseguito da medici preparati. «Le autorità di Pechino – ha spiegato – prelevano gli organi delle persone che hanno condannato a morte e li vendono ufficialmente. Ci sono decine di israeliani che come me hanno subito un trapianto in Cina e sono tutti contenti. Non mi crea alcun problema il fatto che il rene che mi è stato trapiantato sia quello di un condannato a morte».
MI.GIO.
Fonte:www.ilmanifesto.it
10.06.05