Non sempre la CocaCola è buona come sembra. Una raccolta di due articoli che mostrano come essa sia un brutale datore di lavoro.
La Coca Cola non può nascondere il suo crimine in Colombia
http://www.killercoke.org/crimes-isidro.htm
Isidro Segundo Gil, operaio di una fabbrica di imbottigliamento per la Coca-Cola in Colombia, fu ucciso sul posto di lavoro da forze armate paramilitari [il 5 Dicembre 1996]. I suoi bambini, che adesso sono costretti a vivere nascosti con i parenti, capiscono fin troppo bene perchè la loro terra è nota come “il paese in cui lavorare nel sindacato equivale a trasportare una lapide sulle spalle.”
Una fredda descrizione dell’assassinio di Gil, basata sui racconti dei testimoni oculari, fu al centro di una causa, archiviata a Miami nel mese di Luglio 2001, contro la Coca-Cola, la Panamerican Beverages (il più grande imbottigliatore di bibite analcoliche in america latina) e Bebidas y Alimentos (un’azienda di imbottigliamento posseduta da Richard Kirby di Key Biscayne, che controlla la fabbrica nella quale Gil fu ucciso.)
Nella causa, il sindacato di Gil, Sinaltrainal, il Fondo Internazionale per i Diritti dei Lavoratori (ILRF) e l’Unione Americana dei Lavoratori dell’Acciaio affermarono che le aziende imbottigliatrici della Coca Cola “hanno assoldato o diretto forze di sicurezza paramilitare per procurare violenza estrema e assassinare, torturare, imprigionare illegalmente ed azzittire i leaders dei sindacati.”
Alcuni minuti dopo che i paramilitari si presentarono all’ingresso dello stabilimento di Carepa, spararono 10 colpi a Gil, membro del consiglio esecutivo del sindacato, ferendolo a morte. Un’ora dopo, un altro leader del sindacato fu rapito nella sua casa. Quella sera [il 5 dicembre 1996], un edificio che ospitava gli uffici del sindacato, le attrezzature e le documentazioni fu dato alle fiamme.
Il giorno seguente, un gruppo armato ritornò allo stabilimento, riunendo tutti gli operai insieme e dicendo loro che se non avessero rinunciato al sindacato entro le 4 pomeridiane anche loro sarebbero stati uccisi. I documenti per la rassegnazione furono preparati in anticipo dal direttore di stabilimento della Coca-Cola, che intrattenne relazioni con i gruppi paramilitari e che “dette l’ordine (a loro) di intraprendere l’operazione di distruzione del sindacato”, secondo quanto detto nella causa legale.
Temendo per le loro vite, i membri del sindacato a Carepa si dimisero in blocco e lasciarono la zona. L’azienda interruppe i negoziati per il contratto di lavoro, i paramilitari si accamparono fuori del cancello dello stabilimento per i due mesi successivi ed il sindacato fu cancellato. Gli operai con esperienza che guadagnavano circa 380 dollari al mese furono sostituiti da lavoratori temporanei al minimo salariale (130 dollari al mese).
Nessuna accusa fu mossa contro gli uccisori di Gil neppure contro coloro che uccisero almeno altri sette sindacalisti della Coca-Cola. Come molte società multinazionali, anche la Coca-Cola agisce in due sensi: stretto controllo della fabbricazione e della distribuzione dei propri prodotti d’oltremare raccogliendone poi i profitti, ma rifiuto di qualsiasi responsabilità nei confronti degli operai. Ma l’Alien Tort Claims Act (ATCA), promulgato dal Congresso degli Stati Uniti nel 1789, può essere la chiave per assicurare giustizia alle vittime straniere degli abusi delle multinazionali.
Diverse aziende sono oggi citate in giudizio in nome dell’ATCA al fine di aderire ad una o più iniziative “volontarie” (come il cosiddetto Codice di Comportamento della Coca-Cola) in modo da obbligarle al rispetto dei diritti umani all’estero. Purtroppo, tale imposizione si è dimostrata impossibile.
In pratica, l’ATCA permette ai cittadini stranieri di rivolgersi alle corti distrettuali degli Stati Uniti per violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo chiaramente definiti dal Diritto Internazionale. Si applica “alla legge delle nazioni,” interpretata dalle corti federali per la protezione dal genocidio, i crimini di guerra, le uccisioni estragiudiziali, la tortura, la detenzione illegale ed i crimini contro l’umanità.
Recentemente, la Camera di Commercio Internazionale con sede a Parigi, che rappresenta migliaia di aziende nel mondo, ha invitato il governo degli Stati Uniti a fermare il crescente utilizzo dell’ATCA per citare le multinazionali. È “inaccettabile” hanno detto. ”Scuote la coscienza il fatto che queste aziende cerchino di immunizzarsi dalle accuse di violazioni di diritti umani,” dichiara l’avvocato Terry Collingsworth di ILRF (Fondo Internazionale per i Diritti dei Lavoratori).
Javier Correa, presidente del Sinaltrainal (sindacato colombiano promotore della campagna internazionale di boicottaggio contro la Coca-Cola) aggiunge: “Vogliamo giustizia. Vogliamo che la gente sappia la verità su ciò che sta continuando ad accadere in Colombia contro gli operai della Coca-Cola. Ora che lo sapete, ci aiuterete, per favore?”
http://www.killercoke.org/crimes-suntrust.htm
Alcuni potenti brokers corporativi della Coca-Cola e delle SunTrust Banks di Atlanta oggi sono accusati di essere complici di una violenta onda di crimine. Mentre si crogiolano sui loro beni patrimoniali, gli operai negli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola in Colombia rischiano ogni giorno le loro vite semplicemente andando a lavorare.
La più grande azienda di bevande del mondo ha lanciato recentemente negli Stati Uniti una campagna pubblicitaria di 250 milioni di dollari per conto del suo marchio più importante, intonato al tema, “Coca-Cola… Real”. Nel frattempo, gli uomini influenti che detengono la maggioranza
azionaria si rifiutano di riconoscere l’orribile realtà che gli operai colombiani della Coca-Cola e le loro famiglie stanno affrontando.
Diamo un’occhiata a sei individui che potrebbero facilmente indirizzare la Coca-Cola nella giusta direzione – se soltanto sfidassero la compiacenza e l’indifferenza che avvolge le loro rispettive sale del consiglio. Warren Buffett, numero 2 sulla lista di Forbes 400 degli Americani più ricchi, ha un patrimonio netto valutato a 30,5 miliardi di dollari. Il capitalista del Nebraska, presidente e amministratore delegato della Berkshire Hathaway, possiede più di 200 milioni di dollari (8,1%) di azioni della Coca-Cola e fa parte del consiglio d’amministrazione della Coca-Cola dal 1989. Buffett non è soltanto il maggior azionista della Coca-Cola, ma possiede più di cinque milioni di dollari in azioni (più del 2%) delle SunTrust Banks, istituto finanziario molto legato alla Coca-Cola dalla sua prima offerta di riserva pubblica nel 1919, tanto da essere conosciuta come “la banca della Coca-Cola”.
Douglas Daft, presidente e amministratore delegato della Coca-Cola Co., ha rastrellato più di 105 milioni di dollari dai compensi per il 2001. Possiede 3,5 milioni di dollari in azioni della Coca-Cola e 9.413 azioni delle SunTrust Banks, dove siede nel consiglio d’amministrazione. Una lettera scritta “a nome” di Daft l’anno scorso per coprire il ruolo della Coca-Cola in Colombia afferma che non c’è “prova” per sostenere “le oltraggiose accuse contro l’azienda e le sue fabbriche di imbottigliamento partners.”
Il direttore della Coca-Cola Barry Diller, presidente e amministratore delegato dell’ USA Interactive, società che gestisce i più grandi studios di Hollywood come Paramount, Fox, Universal. Con un patrimonio netto valutato a 900 milioni di dollari nel 2001, è stato citato recentemente sul Wall Street Journal riguardo ai valori aziendali: “quando i valori sono giusti, le buone idee si diffondono.”
Il presidente ed amministratore delegato delle SunTrust Bank Phillip Humann, anche direttore delle imprese della Coca-Cola, possiede 668.826 azioni della banca e 41.402 azioni di CCE, la più grande filiale della Coca-Cola. Il suo compenso nel 2001 fu di 2,27 milioni di dollari.
Gary Fayard, vice presidente e direttore finanziario della Coca-Cola , si occupa della CCE e della Panamerican (anche conosciuta come Panamco), uno dei maggiori “imbottigliatori” della Coca-Cola e distributore dei relativi prodotti in tutto il Venezuela, Colombia, zone del Brasile, Costa Rica, Guatemala, Nicaragua e Panama. Potrebbe presto diventare una figura di primo piano nella formazione della “nuova” compagnia quando Panamco, con sede a Miami, si fonderà con la Coca-Cola Femsa, con sede in Messico.
Il direttore della Coca-Cola Donald McHenry è professore all’università di Georgetown ed ex ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite.
Possiede 35.066 azioni della Coca-Cola. Ha frequentemente rilasciato dichiarazioni sui diritti umani mentre era al servizio dell’amministrazione Carter, ma sembra non essere in grado di affrontare il tema sulla disonorevole collaborazione della Cola-Cola con i terroristi paramilitari ed i cacciatori di sindacalisti in Colombia.
L’Alien Tort Claims Act (Atca).
L’Atca è uno statuto federale che risale al primo Congresso degli Stati Uniti, quello del 1789, di grande rilievo. I cittadini stranieri, infatti, possono rivolgersi alle Corti distrettuali americane per denunciare torti subiti in violazione delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. E chiedere un risarcimento in sede civile, al quale, per vari motivi, nel loro paese non possono accedere. Negli ultimi anni è stato utilizzato da decine e decine di cittadini provenienti da ogni parte del mondo, che si sono rivolti alle Corti federali per chiedere il risarcimento dei danni provocati all’ambiente e alle popolazioni indigene da alcune tra le più note compagnie transnazionali, prevalentemente petrolifere e chimiche, come Shell, Texaco, Exxon, Unocal, Doe Chemicals.
(fonte: http://www.lanuovaecologia.it/iniziative/amnesty_international/2869.php)
Altre Fonti:
http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/index.html
(interessante sito in italiano )
http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/stampa/
liberazione290305.html
(articolo di Liberazione “Ora Anche gli Americani Boicottano la Coca Cola”)
http://www.tatavasco.it/altromondo/
boycott/coca.htm (alcuni dati).
Scelto e Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Manrico Toschi