Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
L’ “Humus strategico” USA è estremamente interessante e utile per comprendere il dibattito che ruota attorno alle risposte che Washington dà o andrà a dare alle sfide più significative che riguardano lei stessa e, spesso, l’intero globo.
Fermo restando il pilastro della difesa dell’unipolarismo a trazione USA sorto a seguito della dissoluzione dell’URSS (e obiettivo centrale e “intoccabile” per tutti), infatti, all’interno degli apparati nazionali e affini il dibattito negli Stati Uniti su come muoversi in determinate circostanze e per questioni specifiche è attivo e profondo.
Dibattito che si sviluppa a tutti i livelli e in vari contesti, ma che prende corpo pubblicamente soprattutto tramite think tank vicini a una certa parte delle Istituzioni repubblicane USA e/o a una certa fetta del Deep State.
Fra questi, uno dei più illustri è senz’altro la RAND CORPORATION.
Nel loro sito ufficiale si definiscano così:
“RAND è un’organizzazione di ricerca che sviluppa soluzioni alle sfide delle politiche pubbliche per aiutare a rendere le comunità di tutto il mondo più sicure, più sane e più prospere. […] (Essa) è un’istituzione senza scopo di lucro che aiuta a migliorare la politica e il processo decisionale attraverso la ricerca e l’analisi. In quanto organizzazione apartitica, RAND è ampiamente rispettata per operare indipendentemente dalle pressioni politiche e commerciali. I nostri valori fondamentali sono la qualità e l’obiettività.” (1)
Ognuno può naturalmente credere a quello che preferisce, ma la sua nascita e le posizioni che esplica rientrano pienamente nella definizione di Organizzazione vicina ad una certa parte delle Istituzioni repubblicane USA e/o a una certa fetta del Deep State.
E naturalmente rimane difficile pensare che non promuova la visione di questa determinata parte, avente come scopo finale quello di analizzare, proporre e promuovere l’influenza degli USA nel mondo e i loro conseguenti vantaggi.
Anche perché le sue ramificazioni nel mondo, nonché le relazioni che ha ai massimi livelli in tutto il globo da decenni e la sua imponente struttura, non fanno pensare altrimenti: quasi 2000 membri dello staff, presente in 48 Paesi del mondo, conoscenza approfondita di 75 lingue e più della metà dei membri ha uno o più dottorati in discipline diverse. (2)
Essa è nata subito dopo la Seconda Guerra Mondiale per volere di alcuni militari e grazie al finanziamento del Dipartimento della Difesa USA (meglio conosciuto come Pentagono).
Più precisamente, come si evince sempre dal sito ufficiale:
“Mentre la guerra volgeva al termine, divenne chiaro che la pace completa e permanente poteva non essere assicurata. Individui lungimiranti nel Dipartimento della Guerra, nell’Ufficio per la ricerca e lo sviluppo scientifico e nell’industria iniziarono così a discutere la necessità di un’organizzazione privata per collegare la pianificazione militare con le decisioni promosse dalla ricerca e sviluppo.
Il comandante generale dell’aeronautica militare H. H. “Hap” Arnold ha articolato questa esigenza in un rapporto al Segretario alla Guerra: “Durante questa guerra, l’Esercito, l’Aeronautica Militare e la Marina hanno fatto un uso senza precedenti di risorse scientifiche e industriali. La conclusione è inevitabile: non abbiamo ancora stabilito l’equilibrio necessario per assicurare la continuità del lavoro di squadra tra i militari, le altre agenzie governative, l’industria e le università. La pianificazione scientifica deve essere fatta anni prima dell’effettivo lavoro di ricerca e sviluppo”. Altri attori chiave coinvolti nella formazione di questa nuova organizzazione furono il maggiore generale Curtis LeMay; Generale Lauris Norstad, Assistente Capo di Stato Maggiore Aereo, Piani; Edward Bowles del Massachusetts Institute of Technology, consulente del Segretario alla Guerra; Donald Douglas, presidente della Douglas Aircraft Company; Arthur Raymond, ingegnere capo alla Douglas; e Franklin Collbohm, l’assistente di Raymond.” (3)
È chiaro e palese, dunque, che la analisi prodotte da questo think tank hanno un certo peso fra le élites USA e contribuiscono in maniera decisa al dibattito a Washington.
Ed è per questo motivo, dunque, se in questo scritto trattiamo della RAND CORPORATION e di un suo PAPER uscito pochi giorni e intitolato: “LITTLE IN COMMON: Prospects for U.S. – China and U.S. – Russia Security Cooperation.” (4)
Un Paper che fa una panoramica globale sulle principali sfide alla sicurezza (e non solo) internazionale e che si sofferma anche sull’attuale situazione in Ucraina, promuovendo una visione all’apparenza molto “strana” per ciò che sentiamo pubblicamente in Occidente.
E che dimostra chiaramente a tutta l’opinione pubblica globale come il dibattito ad altissimi livelli, anche nel Paese “nemico” per eccellenza di Mosca, sia vivace e non contempli posizioni granitiche e pienamente unitarie come assicurato (e “rassicurandoci”) “a getto continuo” da troppi canali informativi.
Alcune dichiarazioni che mostrano questa presunta granitica unità, prima di riportarvi ciò che la RAND CORPORATION dichiara in questo Paper sull’ “Affaire Ucraina”:
1) Presidente USA, Joe Biden: ““Mentre il mondo si prepara a celebrare il primo anniversario della brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, oggi sono a Kiev per incontrare il presidente Zelensky e riaffermare il nostro fermo e incrollabile sostegno per la democrazia, la sovranita’ e l’integrita’ territoriale dell’Ucraina.” (5)
2) Presidenti Biden e Sunak, USA e Gran Bretagna: “è necessario restare incrollabili nel sostegno all’Ucraina affinché Kiev vinca la guerra e si assicuri una pace duratura.” (6)
2) Ministro degli Esteri Italiano, Antonio Tajani: “L’Italia ritiene che non ci possa essere pace senza giustizia, e giustizia significa anche pieno rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti e delle sue acque territoriali.” (7)
3) Ministro degli Esteri Ucraino, Dmytro Kuleba: “Il principio dell’integrità territoriale non può essere compromesso. Con il sostegno del mondo l’Ucraina può ristabilire questo principio.” (8)
4) Council of the European Union: “L’Unione europea sosterrà l’Ucraina con un fermo supporto per tutto il tempo necessario e rimane granitica nel suo sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina.” (9)
5) Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg: “L’Ucraina entrerà nella NATO ma ora la priorità è che Kiev vinca la guerra.” (10)
Cosa scrive invece la RAND CORPORATION e per esteso, come abbiamo visto prima, cosa pensa una parte non secondaria dell’élite USA al riguardo?
“Il futuro dell’Ucraina: Sebbene non ci sia spazio per la cooperazione con la Russia quando si tratta della visione definitiva per il futuro dell’Ucraina (vale a dire, relativa alle sue prospettive di adesione all’UE o alla NATO), c’è spazio per far progredire in modo cooperativo la risoluzione del conflitto sulla base degli accordi di Minsk II. C’è anche spazio per la cooperazione sugli obiettivi più modesti di limitare le ostilità e le peggiori conseguenze umanitarie del conflitto nell’est dell’Ucraina, nonché contrastare la possibilità che il conflitto si aggravi o si estenda. Sebbene l’aggressione della Russia abbia innescato il conflitto, che ha poi fatto precipitare le relazioni tra la Russia e l’Occidente ai minimi termini dal post Guerra Fredda, il conflitto non può realisticamente essere risolto senza la partecipazione della Russia.” (11)
Posizione molto chiara e significativa, in palese contrasto con le parole “date in pasto” alla pubblica opinione a getto continuo sulla imprescindibile vittoria dell’Ucraina e che mostrano un dibattito acceso e non a senso unico per la risoluzione di questo conflitto davvero potenzialmente devastante per l’intero globo terracqueo.
Da non confondere con l’ “intero globo terracqueo” immaginario dove il Presidente del Consiglio Italiano, Giorgia Meloni, ha fantasticato di andare a prendere gli scafisti dei migranti nel Mediterraneo. Ma questa è un’altra storia.
Ma cosa sono gli Accordi di Minsk II?
Gli Accordi di Minsk II sono dei punti inseriti in un protocollo stipulato l’11 febbraio 2015 in Bielorussia dai Capi di Stato del “Quartetto Normandia”: Ucraina, Russia, Francia e Germania.
Con essi si definivano le tappe per un processo di “normalizzazione” della situazione fra Ucraina e Russia, in particolar modo con riferimento alla situazione del Donbass.
Fra i vari punti, si parlava di CESSATE IL FUOCO, CREAZIONE DI UNA ZONA DI SICUREZZA SENZA ARMI PESANTI con la COLLABORAZIONE dell’OSCE, DISARMO DELLE “ORGANIZZAZIONI ILLEGALI” e INIZIO DI UN DIALOGO SERRATO SULL’AUTONOMIA con una FORMA DI GOVERNO PARTICOLARE PER IL DONBASS. (12)
Accordi mai messi in pratica, rimasti dunque solo su carta, e che a distanza di anni sono stati dichiarati dall’allora Presidente Ucraino Petro Oleksijovyč Porošenko come “utili per prendere tempo in vista di un rafforzamento dell’esercito.”
Accordi che, ad avviso di chi scrive, erano certamente validi fino al 24 febbraio 2022 ma difficilmente attuabili dopo quella data. Anche durante un negoziato credibile in futuro, almeno per quanto riguarda la parte sullo status del Donbass.
Ma questa è un’altra storia, in quanto quello che a noi interessa sottolineare ora è il dibattito certamente ampio e positivo che si sta sviluppando anche nell’epicentro del potere occidentale.
Nella Nazione guida e strenuo difensore dell’ordine globale unipolare.
Un dibattito che apre a scenari di compromesso a livello internazionale, “allontanando” (qualora la parte più “ragionevole” abbia la meglio) lo spettro di un conflitto allargato e potenzialmente nucleare (dunque da possibile annientamento) per l’intera umanità.
La cosa è comunque tutt’altro che scontata e anche ad ascoltare le dichiarazioni del 15/03/2022 di Lloyd Austin a nome del Presidente Biden e dell’Amministrazione USA, il cielo sopra di noi è tutt’altro che sereno: “Non c’è più tempo da perdere. Stiamo mettendo insieme le armi e i mezzi militari che consentiranno agli ucraini di riconquistare il territorio perduto.”
Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
Alessandro Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia: alla ricerca della potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021).
NOTE
2 https://www.rand.org/about.html.
3 https://www.rand.org/about/history.html.
4 Per leggere l’intero Paper, accedere a questo link: https://www.rand.org/pubs/research_briefs/RBA597-1.html?utm_source=AdaptiveMailer&utm_medium=email&utm_campaign=7014N000001SnimQAC&utm_term=00v4N00000f3vg0QAA&org=1674&lvl=100&ite=273758&lea=1067009&ctr=0&par=1&trk=a0w4N000009fD2EQAU.
5 ANSA, 20/02/2022.
6 ANSA, 14/03/2023.
8 Agenzia Vista, 23/02/2023.
12 A questo link l’accordo completo: https://peacemaker.un.org/sites/peacemaker.un.org/files/UA_150212_MinskAgreement_en.pdf.