DI ALCESTE
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Ci aspettano feste e Lupercali nei tempi a venire. Le feste per i più ricchi; e i Lupercali per gli schiavi. Per tutti si prospetta un’esistenza senza più freni. S’infrangano gli ultimi tabù. La vita è bella. Ci si apra a una Woodstock universale. Maestri di cerimonia: Lady Gaga, Angelina Jolie e Hugo Boss.
L’amore sopra tutto.
Se c’è amore cosa importa il resto, quell’insieme di fredde norme barbariche chiamate morale?
E la pederastia? La si sdoganerà; con cautela; e tanto amore.
D’altra parte quanti anni aveva la protagonista della storia d’amore più celebre, Giulietta? Poco più di tredici.
Scena terza dell’atto primo: Giulietta, la madre (Donna Capuleti) e la nutrice.
Tra le facezie lubriche della popolana e il contegno della madre (vuol darla in isposa al conte Paride) Shakespeare è molto esplicito.
La nutrice ricorda un episodio di undici anni prima: Giulietta era caduta e s’era fatta un bernoccolo sulla fronte. Il marito della nutrice (“era un tipo allegro, lui!“), la risolleva dicendole:
“… ehi, Giulietta, cadi sulla pancia?
Quando sarai più furba cadrai sulla schiena, eh Giulietta?”
Giulietta dice “Sì“, e smette di piangere.
E la nutrice la ripete con gusto due volte questa freddura un po’ laida.
Poi tocca alla madre entrare nella disputa: il tono, ammiccante, si fa, con lei, politico; Donna Capuleti parla d’affari, come una mafiosa.
“Giulietta, cosa ne pensi di sposarti? ….
Beh, è ora che ci pensi, al matrimonio,
perché qui a Verona, anche più giovani di te,
e di buona famiglia, sono già madri.
Se non sbaglio i conti, io stessa ero già tua madre
quando avevo gli anni che hai tu ora”
Insomma a Verona, nel Cinquecento, si figlia (e ci si accoppia) con uomini maturi ben prima dei tredici anni.
Voi direte: e allora che differenza c’è fra quell’età e l’attuale edonismo montante?
Tutto.
Nella tragedia di Shakespeare Giulietta deve sposare Paride sulla scorta di una tradizione culturale (come si sia formata o se sia deprecabile è, qui, irrilevante). E la tradizione si forma perché concorre alla vita.
Nel mondo oltrecapitalista le Giuliette sposeranno, invece, i Paride perché lo esige uno sfrenato principio di piacere. È un impulso di morte.
Questa la differenza fondamentale.
È questa differenza (un’ipocrisia micidiale) che consente all’oltrecapitalismo di convivere con incredibili contraddizioni: da un lato le anime belle dell’Occidente condannano i matrimoni e le unioni precoci (1), dall’altro hanno già tracciato la strada per l’accettazione e, perciò, la legalizzazione della pederastia.
La prima ipotesi è vista con orrore (il passato non deve più esistere!); la seconda con favore, poiché dettata dall’ecumenismo liberista delle anime e dei sentimenti.
La tradizione, che vanta una propria morale interna (benché, a prima vista, come detto, riprovevole), dev’esser estirpata; l’edonismo illuminato, invece, ha da esser favorito.
A favore della pederastia, nei suoi vari aspetti, con parole più o meno esplicite, più o meno accorte, si son già spese le consuete avanguardie del Nulla: i radicali, ovviamente, Vendola, artisti estremi, più qualche pederasta in libera uscita.
Siam solo all’inizio.
L’Occidente sondaggia il popolo bue, ma ha già deciso la direzione di marcia.
Come amo ripetere: una volta stabilita la direzione, la strada è già aperta. I più sprovveduti vedono una foresta impenetrabile (ma no! Non è possibile!), i più avveduti un’autostrada a otto corsie.
Son sicuro, anche se non ho prove dirette, che, in questo momento, mentre vi grattate dubbiosi il naso davanti allo schermo (ma che dice questo qui?) think tank, legulei, burocrati, pubblicitari, cineasti e sceneggiatori della dissoluzione stanno già operando nell’ombra per sabotare anche tale tabù.
Del loro lavorio da tarli nessuno s’accorge; l’armadio della morale (in solido ciliegio) sembra intatto; tuttavia, accostando l’orecchio, nel silenzio della notte, potrete udire leggerissimi scricchiolii, un lamento del legno inaudibile ai più: i tarli lavorano, invisibili, senza fretta apparente: sanno cosa fare, nessuno li disturberà; al contrario di noi, l’oltrecapitalismo, oltre alla forza di persuasione, possiede un’utopia: di qui la loro implacabile, placida sicumera.
L’utopia vede sentieri dove non vi sono che sterpaglie.
Fra vent’anni circa, un bel giorno, dopo una breve disputa, più formale che sostanziale, qualche legislatore illuminato darà un calcio massonico al mobile apparentemente solidissimo della morale: e questo imploderà su se stesso in una nube di polvere finissima.
Un altro divieto crollerà: l’anormalità sarà normalità. Nell’indifferenza. E parecchi applausi.
L’homo novus continua la sua ascesa.
Del lento e sicuro triturare dei tarli nichilisti ci si accorge, come detto, solo da flebili indizi.
Gl’indizi che il potere dissemina nella sua propaganda.
Un esempio: la puntata di Law & Order, Captive (stagione 17, episodio 20; tit. it. Catene invisibili).
Un pedofilo rapisce un bambino di pochi anni che viene ritrovato morto. La polizia è sulle tracce dell’uomo; arriva nella sua casa (una normale casa borghese, non un covo) e trova un adolescente: e scopre ch’egli fu, a sua volta, vittima di un rapimento.
Qui arriva il bello.
Anzitutto l’assassino non è il pedofilo, ma l’adolescente stesso.
E perché ha ucciso? Perché geloso della nuova conquista del pedofilo.
E la gelosia deriva dal rapporto intenso che il ragazzino ho instaurato col suo presunto carnefice: una sorta di Sindrome di Stoccolma venata da amore filiale.
E sapete perché il ragazzino ha maturato questa dipendenza dal pedofilo? Perché il padre naturale (maschio, bianco, medio borghese) era insensibile e lo picchiava.
In soldoni, il succo è questo: nonostante il pedofilo abbia fatto “brutte cose”, si sta meglio con lui che col vero genitore. Tanto più che il presunto pervertito, col passare dei minuti, assume sembianze accettabili e umane: ha un buon lavoro, non fa mancare nulla ai suoi ragazzi, è premuroso, pulito; compra addirittura costose Playstation … et cetera.
Il telefilm recita subliminale il solito refrain: che c’importa del tipo di famiglia! Ciò che conta è l’amore!
Captive risale al marzo 2007. La solita esca ideologica per sondare gli umori di un vecchio ordine in disfacimento, seppur ancora maggioritario.
Da allora, nemmeno dieci anni, il progresso è progredito (per dirla con il personaggio di Arbore).
L’amore trionfa.
La strada è tracciata. Scandalo? Ma quando mai!
Il potere ci vuole come il neonato freudiano: perversi polimorfi (2). Ah, l’infinito piacere! Senza l’impaccio del Super-Io! Tutte quel coacervo inestricabile di dogmi, moraline, insegnamenti, moniti, precetti: disboscare tutto, per Bacco!
Con una certa cautela, tuttavia … sondare il terreno, distribuire vaselina ideologica, triturare il legno antiquato della decenza … 24 ore su 24 … invisibili, costanti. Spietati, suadenti.
Ecco la trafila: l’inferno tecnologico rende possibile una novità che il vecchio ordine non può accettare; l’ancien regime è perciò posto sotto assedio, l’acido della critica e della propaganda ridicolizza i suoi difensori o li terrorizza manu militari (leggine sui diritti civili); il legislatore passa, quindi, all’azione creando l’etica a venire; qualche schiamazzo, debitamente criminalizzato, non cambia le carte in tavola: il Rubicone è passato, un nuovo mondo (brave new world!) si profila: seguirà il (fondamentale) mercimonio.
Un Vecchio Mondo in dissoluzione, il legislatore che apre al Nuovo Mondo, il mercimonio.
In Italia, dove tutto è derivazione e farsa, potremmo esclamare, per farci quattro risate: Adinolfi, Cirinnà, Vendola!
Vendola, con quella bocca larga e gli occhi pesti di passate notti selvagge, ha un po’ anticipato il mercimonio (un vero birichino): a 57 anni, col calo della libido, aveva fretta di metter su famiglia col nuovo compagno (di letto e di vita; i compagni-tovarisch, invece, gli han detto sempre poco): lo scuserete, una piccola, insignificante debolezza.
Ma alla fine ce l’ha fatta. Come dubitarne? Il corso del fiume è a suo favore.
Macché scandalo! Solo un’altra porta aperta.
Ma le adozioni LGBT sono cosa vecchia.
Ora si passa al gradino successivo della piramide della felicità, come detto.
E dopo la pederastia quale porte dovremo aprire?
La pedofilia sarà dietro l’angolo.
I figli geneticamente modificati anche. Chi vuole un figlio brutto o stupido o storpio o ritardato? Nessuno. Basterà ordinarlo su un catalogo online … sempre che si abbiano i fruscianti, come si dice a Roma. Ma poi: perché un figlio? Finalmente una Lolita decenne, un neonato sintetico, un’odalisca positronica (3), un cane a due teste, un fegato … il pesce rosso che ho trovato pancia all’aria nell’acquario tropicale … si può duplicare? Perché no? Stili l’apposito modulo e la liberatoria … caparra al 30% …. un affaraccio. E una singola vulva? Senza l’impaccio della donna intorno, Voi mi capite …. certo, perché no, anche viceversa … la caparra è più alta …
Poi verrà l’incesto. I cambi di sesso provvisori. La gravidanza maschile (per sentirlo più vicino a me, reciterà lo slogan).
E poi la morte, l’ultima porta sprangata all’homo novus oltrecapitalista. La morte, l’ultima consolazione dei pezzenti … quanto resisterà?
Alceste
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/2016/04/03/gradite-tredicenne-alceste/
3.04.2016
(1) Vedi il programma del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA)
(2) Non è un caso che la figura nicciana e oltreumana del Giudice, in Meridiano di sangue di Cormac McCarthy, sia una sorta di gigantesco neonato: “Era calvo come un uovo, non aveva traccia di barba e i suoi occhi non avevano né sopracciglia né ciglia. Era alto più di due metri … riluceva come la luna, pallido, senza un solo pelo visibile in tutto il gran corpo, nemmeno in qualche piega della pelle o nelle grandi narici o sul petto o nelle orecchie, e neppure un’ombra sopra gli occhi o sulle palpebre”.
(3) Mi chiedo, a puro titolo di curiosità, come sarà un’orgia fra pochi anni. Ma anche qui abbiamo la risposta: l’immaginazione al potere! Guardatevi il finale di Society (regia di Brian Yuzna, 1989), coi plutocrati cannibali poliformi; la pellicola ha smarrito parte del suo primo impatto, ma anticipa (con gusto) il nostro immediato futuro.