DI AMIR MIR
Asia Times
ISLAMABAD – Circa dieci anni dopo gli
attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti e la successiva invasione
dell’Afghanistan alla fine del 2011 da parte della coalizione guidata
dagli USA, i militari statunitensi, con le loro bombe a grappolo e le
armi super-tecnologiche, potrebbero aver riconosciuto il proprio fallimento
nel tentativo di stanare i talebani afghani e stanno obbligando Washington
ad avviare trattative di pace con quelle milizie, prima stigmatizzate
e braccate, per garantire una soluzione negoziata del conflitto.
A seguito: “Se dieci anni vi sembran pochi” (Massimo Fini, ilfattoquotidiano.it);Le forze alleate stanziate in Afghanistan
si sono rese conto che lasciare il paese non è possibile senza prima
negoziare con i talebani. In un’eventuale significativa tappa verso
l’apertura a dei colloqui di pace, il 17 giugno il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU ha votato per togliere i talebani afghani dalla lista nera
dove figuravano assieme al-Qaeda.
Il motivo di questa iniziativa delle
Nazioni Unite è quello di mandare il messaggio che al-Qaeda e i talebani
hanno preso strade diverse e che i due gruppi non devono più essere
considerati alla stessa maniera. Senza tutto questo, per gli Stati Uniti
e le altre potenze straniere in Afghanistan, sarebbe stato molto problematico
giustificare un piano eventuale per accordarsi con i talebani.
I dettagli delle liste separate per
le sanzioni erano contenuti in due risoluzioni redatte dagli Stati Uniti,
adottate all’unanimità dai quindici paesi del Consiglio di Sicurezza.
Una risoluzione ha stilato una lista nera per i talebani e una per
al-Qaeda che contiene i divieti personali per gli spostamenti e
il congelamento dei beni.
“Gli Stati Uniti credono che queste
nuovo regime di sanzioni contro l’Afghanistan sarà un ottimo strumento
per promuovere la riconciliazione e per isolare gli estremisti”,
ha detto l’ambasciatore degli Stati Uniti, Susan Rice, in un comunicato
alle Nazioni Unite. Ha aggiunto che la divisione delle liste ha mandato
un messaggio chiaro ai talebani, che ci può essere un futuro per quei
militanti che si separano da al-Qaeda, rinunciando alla violenza
e sostenendo la costituzione dell’Afghanistan.
Quasi ventiquattro ore dopo la mossa
delle Nazioni Unite, il presidente afghano Hamid Karzai ha ammesso per
la prima volta che gli Stati Uniti stavano negoziando la pace con i
talebani: “I colloqui di pace stanno proseguendo con i talebani
Afghani. Le forze armate straniere, principalmente gli Americani, stanno
procedendo con questi negoziati”, ha detto Karzai il 18 giugno
in una conferenza stampa tenuta a Kabul.
Il giorno dopo il Segretario della
Difesa degli Stati Uniti Robert Gates ha detto in un’intervista alla
CNN che l’amministrazione Obama ha avuto i primi contatti con i
talebani Afghani. Gates ha aggiunto: “Abbiamo sempre sostenuto
che un risultato politico è il modo in cui finiscono quasi tutte le
guerre.”
Circoli diplomatici ben informati a
Islamabad dicono che l’amministrazione Obama ha usato la politica del
bastone e della carota con l’emiro dei talebani afghani, il Mullah
Omar, per cercare di convincere il fuggitivo leader estremista
ad accettare un negoziato.
I circoli diplomatici hanno ricordato
che subito dopo l’uccisione avvenuta il 2 maggio ad Abbottabad, in Pakistan,
di Osama bin Laden per mano delle forze speciali statunitensi, ci sono
state segnalazioni che le agenzie americane e pakistane avevano avviato
un’intensa caccia al Mullah Omar. I media internazionali
hanno dichiarato che le forze di sicurezza USA non avrebbero esitato
nel portare a termine un altro raid come quello di Abbottabad
per catturare o uccidere Omar, nel caso venisse rintracciato nel territorio
pakistano.
Comunque, dopo quasi sette settimane
dall’uccisione di Bin Laden, ci sono segnali di un colloquio di pace
che sta finalmente prendendo piede tra Stati Uniti e talebani afghani,
tenendo a mente luglio 2011, il periodo indicato da Obama per l’inizio
del ritiro delle truppe statunitensi dal devastato Afghanistan.
Questa settimana Obama dovrebbe annunciare
quante truppe ha intenzione di ritirare nell’ambito della consegna,
che avverrà nel 2014, di tutte le operazioni di contrasto dei ribelli
talebani alle forze di sicurezza afghane. Attualmente ci sono circa
100.000 soldati americani in Afghanistan contro i 34.000 di quando Obama
si insediò nel 2009.
Comunque, anche uno sguardo superficiale
ci indica chiaramente che i talebani, supportati da una nuova generazione
di volontari provenienti dal Pakistan, si stanno riunendo e stanno espandendo
la loro area operativa nel sud e nell’est del Afghanistan, le loro
vecchie roccaforti.
Nonostante la caduta del regime dei
talebani nell’ottobre 2001, le forze guidate dagli americani non sono
riuscite a sradicarli e ogni anno che passa diventano sempre più forti.
La rinascita dei combattenti talebani, nascostisi nelle campagne dopo
l’invasione dell’Afghanistan, ha sorpreso gli strateghi militari statunitensi.
Sanguinosi attacchi suicidi, agguati, bombe e attacchi alle truppe NATO
e ISAF nel sud e nell’est dell’Afghanistan sono quasi diventati
la norma.
Le strutture di comando e di controllo
talebane sono ancora intatte, anche se hanno perso i loro migliori comandanti
militari, come il Mullah Dadullah Akhund e il Mullah Akhtar
Osmani.
Il solitario emiro talebano è vivo
e perfettamente operativo, e sta inviando istruzioni ai suoi comandanti
dal suo nascondiglio in Pakistan per mezzo di audiocassette, lettere
e messaggi verbali.
Nel luglio 2004 la stampa internazionale
ha segnalato la presenza del Mullah Omar a Quetta, capitale della
provincia pakistana del Belucistan. Tale informazione pare essere stata
raccolta dall’interrogatorio in Afghanistan del Mullah Sakhi
Mujahid, collaboratore stretto dell’emiro.
Il 25 febbraio 2006 Karzai ha consegnato
all’intelligence di Islamabad l’indicazione che il Mullah
Omar e i suoi associati si stavano nascondendo in Pakistan. Quasi un
mese dopo, Abdullah Abdullah, l’ex Ministro degli Esteri afghano,
disse che aveva condiviso con Islamabad credibili notizie di intelligence
su dove si trovasse il Mullah
Omar. Quando il regime di Pervez Musharraf respinse le informazioni
afghane considerandole oramai obsolete, Abdullah replicò che il suo
governo non avrebbe più passato informazioni a chi non gli credeva.
Abdullah disse anche che la maggior parte dei leader talebani che istigavano
al terrorismo in Afghanistan stavano operando in Pakistan.
Quasi sei mesi dopo, il 23 settembre
2006, Karzai disse che il Mullah Omar e Bin Laden erano entrambi
in Pakistan, accusando che il supporto di Islamabad ai guerriglieri
rendeva l’Afghanistan instabile.
Rivolgendosi al Council on Foreign
Relations statunitense, Karzai disse che il leader talebano
era sicuramente in Pakistan, aggiungendo: “Il presidente Pakistano
Musharrak lo sa, io lo so. È veramente lì.” Commentando la posizione
di Bin Laden, Karzai disse: “Se dicessi che si trovava in Pakistan,
il presidente Pervez Musharraf, mio amico, si sarebbe arrabbiato con
me. Ma se dicessi che era in Afghanistan, non sarebbe vero.”
In un velato riferimento a Musharraf
e al suo presunto sostegno ai guerriglieri, Karzai disse che alcuni
di loro nella regione stavano certamente usando l’estremismo come strumento
politico per mantenere il potere. La dichiarazione di Karzai su Bin
Laden si è dimostrata vera.
Il 9 settembre 2006, la CNN
ha mandato un servizio su dove si potesse trovare il Mullah Omar
dove si affermava che il capo talebano con un occhio solo stesse in
Pakistan, anche se non nella stessa area dove si pensava potesse trovarsi
anche Bin Laden.
Citando fonti dell’intelligence
americana, il report dice: “Il leader talebano si
sta nascondendo a Quetta o nelle sue vicinanze.” Il 17 gennaio
2007 l’intelligence afgana ha rilasciato un video dove un portavoce
dei talebani che era stato catturato confessava che il Mullah
Omar si stesse nascondendo a Quetta sotto la protezione dell’Inter-Service
Intelligence (ISI).
Agenti afghani hanno arrestato Abul
Haq Haqi, ex portavoce dei talebani noto ai media come dottor
Mohammad Hanif, nella provincia orientale di Nangarhar. Ha confermato
di essere stato preso dopo che era entrato in Afghanistan dal Pakistan
e che era entrato nel paese per una missione, dopo aver incontrato il
suo emiro. Inoltre, nel corso dei suoi interrogatori, avrebbe detto
che il Mullah Omar stava guidando un governo ombra da Quetta, con tanto
di consiglio militare, religioso e culturale.
Comunque, il 21 novembre 2009 il quotidiano
inglese The Sunday Times ha riportato che, di fronte alle accuse
sulla presenza dei leader talebani a Quetta, si stavano muovendo
verso la città portuale di Karachi, dove sarebbe stato impossibile
per gli americani colpirli con i droni.
Il 1° dicembre 2009, la rivista
Newsweek ha riportato che Karachi era il posto più sicuro per loro
in Pakistan, dove non avrebbero attirato l’attenzione, mantenendo un
basso profilo e senza fomentare violenze. Quindi, sostiene il Newsweek,
i leader talebani stanno costantemente migrando dal Belucistan
a Karachi, “dove, fuori dalla portata degli Americani, possono
operare più liberamente”.
L’arresto a Karachi nel febbraio
2010 del numero due dei talebani, il Mullah Abdul Ghani Baradar,
ha dato credito alle dichiarazioni statunitensi che il Mullah
Omar avesse già spostato la sua base da Quetta a Karachi, considerandola
molto più sicura. La maggioranza della popolazione di Karachi è
Pashtun, sono circa tre milioni e mezzo, e i talebani potrebbero
contare su di loro per nascondersi, dato che per lo più appartengono
al solito gruppo etnico.
Nel gennaio 2011 i media internazionali
hanno riportato che il Mullah Omar ha avuto un attacco cardiaco,
e che è stato portato in un ospedale di Karachi dagli agenti dell’intelligence,
dove è stato curato per diversi giorni. Come sempre, il Ministero degli
Esteri pakistano ha smentito con forza queste informazioni, tacciandole
di infondatezza, e allo stesso modo quelle riguardo la presenza di Bin
Laden in Pakistan.
Il 23 maggio, quasi tre settimane dopo
l’uccisione di Bin Laden, la TV privata afgana TOLO ha riportato che
il leader supremo dei Talebani è stato ucciso mentre viaggiava
da Quetta verso un’area tribale del nord Waziristan, in Pakistan.
Un portavoce dei talebani, Zabihullah
Mujahid, ha prontamente negato il report e ha affermato che il
Mullah Omar era in Afghanistan e non in Pakistan. Questo resoconto è
stato poi smentito anche da un alto funzionario dell’intelligence
afgana che sosteneva che il leader talebano non era stato ucciso,
ma che era stato preso in custodia dall’ISI dopo l’uccisione di
Bin Laden, visto che non era più in grado di contattare la sua gente
in Afghanistan.
Eppure, il 27 maggio il New York
Times e il Washington Post hanno riportato che qualche alto
funzionario americano aveva incontrato un vecchio collaboratore del
Mullah Omar almeno tre volte negli ultimi mesi durante i primi tentativi
di colloqui di pace.
Questi incontri sono stati facilitati
da Qatar e Germania, e la CIA e il Dipartimento di Stato USA erano sul
posto ogni volta che era presente Tayyab Agha, assistente personale
di Omar e considerato molto vicino al Mullah.
Allo stesso tempo, altri resoconti
riportano che Abul Haq Haqi, ex portavoce talebano, possa aver svolto
un ruolo chiave nelle comunicazioni tra Stati Uniti e talebani, spianando
la strada alla negoziazione della fine del conflitto in Afghanistan.
Haqi è stato arrestato da agenti dell’intelligence afgana
e statunitense in una località segreta dell’Afghanistan nel gennaio
2007 e ora opera come mediatore fra il Mullah Omar e Washington.
Secondo la proposta di pace, gli Stati
Uniti hanno offerto ai talebani il controllo del sud dell’Afghanistan,
lasciando il nord sotto l’influenza politica americana. Ma la proposta
è stata rifiutata dai talebani, perché secondo loro questo porterebbe
alla distruzione dell’Afghanistan.
I talebani hanno sempre rifiutato di
avviare colloqui di pace con gli Stati Uniti fino a che le forze straniere
rimarranno in Afghanistan. Comunque, a seconda dei resoconti, hanno
richiesto con forza di incontrarsi direttamente con alti funzionari
USA attraverso alcuni intermediari.
La shura (consiglio) di Quetta
guidata dal Mullah Omar, ha deciso di prendere le distanze da
al-Qaeda nel momento in cui il processo di riconciliazione internazionale
ha accelerato verso una soluzione negoziata. Fonti diplomatiche ben
informate a Islamabad dicono che c’è una possibilità che i talebani
si separino da al-Qaeda, soprattutto da quando i talebani hanno
compreso che i loro contatti con la rete terrorista minacciano la propria
sopravvivenza e gli sforzi di migliorare la loro immagine.
La lunga alleanza tra al-Qaeda
e i talebani era radicata dall’amicizia personale fra Bin Laden e il
Mullah Omar. Dopo la morte del leader di al-Qaeda, il
Mullah ha ritenuto opportuno rompere con la rete terrorista e negoziare
un accordo con le potenze occidentali.
La dichiarazione rilasciata l’8 maggio
dalla shura di Quetta sulla morte di Bin Laden mostra che i talebani
si vogliono ora distanziare da al-Qaeda. Nonostante abbiano descritto
l’uccisione di Bin Laden come una tragedia, non è stata condannata
l’azione, né annunciata vendetta, come era di routine quando
venivano commentate queste uccisioni nelle dichiarazioni ufficiali.
La dichiarazione sembrava essere redatta
con cura dagli anziani della shura di Quetta per trasmettere
un messaggio pungente dal Mullah Omar alle potenze internazionali, dove
erano pronti a prendere le distanze da al-Qaeda, che era la prima richiesta
degli Stati Uniti per poter entrare in un dialogo di pace con i talebani.
Nella dichiarazione, rilasciata sul
sito web della shura di Quetta, La Voce della Jihad,
i Talebani descrivono Bin Laden come il “Grande Martire Sceicco
Osama Bin Laden”, e hanno respinto le dichiarazioni degli
ufficiali statunitensi che dicevano che la sua morte avrebbe avuto conseguenze
sulla guerra in Afghanistan. La dichiarazione diceva:
L’Emirato Islamico dell’Afghanistan
rivolge la sue profonde condoglianze alla famiglia del martire, ai suoi
seguaci e ai mujaheddin combattenti per questa tragedia. Preghiamo
l’onnipotente Allah di accettare il sacrificio del martire. Possa l’onnipotente
Allah salvare l’ummah (comunità) islamica dalla situazione
attuale di crisi dovuta all’impatto della benedizione della sacra
jihad e del martirio del martire.
La dichiarazione ha descritto Bin Laden
come leader della jihad mondiale, come colui che guidava
la causa legittima contro lo stato di Israele e la jihad contro
l’aggressione cristiana ed ebraica al mondo islamico. Aggiungeva:
Il martirio dello sceicco Osama Bin
Laden darà nuovo impulso alla jihad contro gli invasori in questa
fase critica. Le ondate della jihad acquisteranno forza e grandezza.
Il tempo dimostrerà tutto questo sia agli amici che ai nemici, con
la volontà di Dio.
Alla dichiarazione sono seguiti giorni
di speculazioni riguardo il fatto che il Mullah Omar in realtà volesse
distanziare il suo gruppo da al-Qaeda, sopratutto dal momento
che Bin Laden non c’è più. In realtà la dichiarazione della
shura di Quetta fu rilasciata cinque giorni dopo la sua morte e
sembra strano che i talebani non abbiano annunciato nessuna punizione,
a differenza del Tehrik-e-Taliban Pakistan (i talebani Pakistani)
che hanno minacciato vendetta.
Gli analisti ritengono che i legami
tra al-Qaeda e i talebani afghani si siano in gran parte indeboliti
dopo l’invasione dell’Afghanistan del 2001, soprattutto perché gli
obiettivi delle due organizzazioni non erano più allineati. Mentre
al-Qaeda è per una jihad mondiale contro l’Occidente e per l’istituzione
di un super-stato di carattere religioso nel mondo musulmano, i talebani
afghani sono focalizzati sul proprio territorio e non hanno mostrato
alcun interesse per gli attacchi verso obiettivi fuori dal loro paese.
Ora, dopo aver combattuto una guerra
infinita per una decina di anni, sia l’Occidente che i talebani sembrano
voler porre fine a tutto il prima possibile.
Però l’esercito Pakistano e il servizio di intelligence hanno
serie riserve sull'”approccio selettivo” degli Stati Uniti
nei colloqui di pace con i Talebani e vogliono includere altri gruppi
di insorti oltre a quello guidato dal Mullah Omar, quello della rete
degli Haqqani del nord Waziristan – la fazione salafita dei Talebani
che controlla le province del Kunar e del Nuristan in Afghanistan -,
e l’Hizb-e-Islami di Gulbuddin Hekmatyar, che ancora non sono
stati inclusi nei colloqui di pace.
“Vogliamo che tutti questi gruppi prendano parte a qualsiasi impegno
per l’Afghanistan… tutti loro hanno dei diritti. Senza di loro nessuna
trattativa può avere successo”, così il 20 giugno ha detto
un alto funzionario pakistano che ha richiesto di rimanere anonimo al
quotidiano inglese The Express Tribune.
Il funzionario pakistano ha detto che la questione è stata al centro
dei discorsi nei colloqui durante il recente viaggio di Karzai a Islamabad,
quando i due paesi hanno dato il via a una commissione bilaterale per
cercare la pace in Afghanistan. La commissione, guidata da dirigenti,
inclusi militari e capi dell’intelligence, è il primo serio tentativo
di un accordo parallelo per portare avanti una negoziato senza il coinvolgimento
degli americani.
“Questo è quello che ci piacerebbe
portare avanti… gli americani ci hanno tenuti lontani da qualsiasi
sviluppo. Questa è la nostra risposta: possiamo fare meglio senza di
voi”, ha detto il funzionario.
Ha affermato che il presidente afghano
ha anche espresso riserve riguardo il modo degli occidentali di gestire
il problema afghano e ha assicurato che le autorità pakistane sarebbero
più concentrate sulle trattative di pace attraverso questo meccanismo
bilaterale.
È interessante che, durante la conferenza
stampa del 18 giugno a Kabul, Karzai ha chiaramente indicato che invece
di aspettare che gli Stati Uniti indeboliscano i Talebani, preferirebbe
che il Pakistan lo aiutasse a porre fine alla disputa. Ha detto: “L’aiuto
del Pakistan nei colloqui di pace è molto importante per noi”.
Il risveglio dei talebani ha reso le
cose difficili alle forze alleate in Afghanistan, specialmente perché
in patria la guerra ha stancato. La popolazione statunitense sta chiedendo
la fine della guerra in Afghanistan e in Iraq per il peso che ha sui
conti pubblici. Anche i leader afghani hanno fatto passi avanti
verso un Afghanistan post-occupazione.
Senza parlare con i Talebani, il ritiro
delle truppe americane rischia di essere pericoloso. Il governo afghano
semplicemente non ha la capacità o l’abilità per tenere insieme un
paese così fragile senza lo sforzo estremamente costoso e impopolare
della guerra americana.
Quindi, la fredda e dura logica economica
e il tributo democratico dell’opinione pubblica sembra che abbia prevalso
sull’amministrazione degli Stati Uniti nella decisione di avviare un
negoziato per il conflitto afghano, invece di portare avanti una guerra
senza fine impossibile da vincere.
Amir Mir è un importante giornalista
pakistano, autore di diversi libri sull’Islam militante e sul terrorismo:
l’ultimo si intitola “The Bhutto Murder Trail: from Waziristan
to GHQ”.
Fonte : http://www.atimes.com/atimes/South_Asia/MF22Df01.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di REIO