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La Redazione

 

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GIORNALISTI COCCOLATI E RIVERITI AL G7, ASSEDIATI DALLA POLIZIA AL BILDERBERG

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A cura di Davide
Il 11 Giugno 2015
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DI CHARLIE SKELTON

theguardian.com

Il Bilderberg utilizza gli stessi sistemi di sicurezza del G7, solo su un alpeggio leggermente diverso. E allora perché le generose risorse statali non danno libertà alla stampa?

L’orologio ha suonato la mezzanotte. Il sogno è finito. Reduce dal G7, appena un giorno e 20 miglia da qui, dove sono stato trattato come un principe. Ero uno dei 3.000 giornalisti prescelti, coccolati, riveriti, nutriti a sazietà, t-shirt gratis, litri di gulasch, alcolici a volontà e libertà completa di riprese e servizi. Comodamente sdraiati su comode poltrone a sacco, viziati scioccamente dalla macchina PR del G7. Ma poi le poltrone sono scoppiate.

Nella foto: Per coprire la conferenza, installata a Bilderberg una stazione radar mobile, sorvegliata da soldati austriaci. Foto di Sean Gallup-Getty Images

Esca dalla macchina, si identifichi!” Un gruppo di agenti della polizia austriaca ha circondato la mia macchina. Ho tirato il freno a mano e ho aperto la portiera. Giuro su Dio: uno dei giovani ufficiali ha portato la mano sul calcio della sua arma, come se io li stessi per aggredire. Erano in 12, tutti armati. Chissà, magari se fossero stati 10 avrei provato a neutralizzarli utilizzando come fionda i lacci delle scarpe, ma 12 no. Potrei essere pazzo, ma pazzo non sono.

Va ricordato che questo posto di blocco fa parte dello stesso schema di sicurezza utilizzato dalla stessa polizia al G7. Questo secondo quanto ha dichiarato mesi fa la polizia austriaca. E’ la stessa operazione gestita nello stesso modo dal governo austriaco, che dal suo bilancio previsto di mezzo miliardo di euro ha trovato le risorse per costruire un centro accreditamenti climatizzato e distribuire passi in stampa lucida con cordini griffati ai giornalisti che erano stati debitamente controllati. Ma per qualche motivo, qui è tutto diverso.

Nessun problema, però: ci sono sicuramente i soldi per garantire lo stesso grado militare di sicurezza, gli stessi elicotteri militari che sorvolano in cerchio gli stessi cieli di un alpeggio però un po’ diverso. A meno di 100 metri dalla mia camera d’albergo c’è una stazione radar militare. Il raggiante proprietario di una pensione locale ci ha detto con orgoglio che tutte le sue 20 camere erano state riempite con personale militare.

Proprio così: il Bilderberg ha una propria stazione radar militare e una sua no-fly zone, nessuno può avvicinarsi; in questo momento ci sono poliziotti ovunque fino alle cime dei monti circostanti; vietati anche i deltaplani, probabilmente per evitare che fossero abbattuti per sbaglio dalle mani pruriginose degli addetti alla sicurezza del Segretario Generale della NATO.

La sicurezza qui al Bilderberg utilizza gli stessi agenti del G7: quei poliziotti che solo due giorni fa andavano in giro ad assicurarsi che avessimo abbastanza acqua da bere e che ci offrivano passaggi nelle loro camionette su e giù per la collina, ora sono qui intorno alla mia macchina e mi fissano come se fossi Jack lo Squartatore.

Capisco perfettamente la necessità dell’accreditamento, ma perché qui non è sufficiente farlo una volta e per bene? Perché a Garmisch era possibile e non qui a Telfs? Dopo tutto, qui abbiamo i vertici della NATO, riuniti per tre giorni con il ministro tedesco della difesa (e il suo vice), tre primi ministri europei, il presidente dell’ Austria e l’amministratore delegato della seconda società europea di armamenti. Saranno lì per escogitare politiche contro il terrorismo e contro la Russia. Pensate che non si aspettino che qui ci siano dei giornalisti a coprire un simile evento?

Il vertice del Bilderberg ottiene la sicurezza dello Stato, ma senza una giusta contropartita: non c’è nessun centro stampa statale. E quei pochi mezzi d’informazione che non sono di proprietà delle persone all’interno della conferenza, devono per forza essere qui per alzare un po’ di polvere: siamo noi che dobbiamo fare qualcosa perché cambi qualcosa.

A un certo punto, a un ennesimo mio controllo stradale, mi sono voltato e ho visto uno degli ufficiali che mi faceva la foto con un suo cellulare. Gli porgo un mio biglietto da visita dove c’era il mio indirizzo di posta elettronica e gli chiedo se non gli dispiaceva inviarmi quella foto. Solo in quel modo avrei avuto traccia di quel momento particolare. Borbotta qualcosa, dice di non aver fatto nessuna foto. Allora gli porgo la mia macchina fotografica. “Nessuna foto! Niente foto alla polizia”. L’ho rassicurato: “No, no, non a voi, ma potete farne una a me?” Un po’ confuso, ha capito e ha fatto una foto a me insieme a un suo collega.

Mi domando se sarà accusato di aver fatto una foto a un poliziotto, cosa vietata dalle leggi anti-terrorismo, e sbattuto in carcere per sette giorni, perché è questo che hanno detto ai giornalisti qui. A Garmisch, gli stessi poliziotti pagati dallo stesso bilancio si sono messi in posa molto volentieri per i fotografi con adesivi a forma di cuore sulle uniformi, per mostrare quanto fossero amorevoli e premurosi. Certo che le norme anti-terrorismo riescono a essere meravigliosamente flessibili…

Un mio amico, un giornalista svizzero che copre il Bilderberg da molto più tempo della maggioranza di noi, si è trovato circondato dalla polizia nel parcheggio del supermercato dove stava facendo la spesa. Sempre la stessa storia: “Documenti, prego”. E lui “Mi avete fermato una dozzina di volte, devo stare qui una settimana, non vorrei essere controllato ogni cinque minuti!” L’ufficiale incaricato del controllo si è stretto nelle spalle e: “Possiamo controllarvi tutte le volte che vogliamo. Apra la macchina per favore”. Il mio amico non si è mosso e ha chiesto: “Ma non avete bisogno di sospetti concreti?” L’ufficiale ha scosso la testa: “No, non ne abbiamo bisogno”.

Ricordo che alla conferenza di Watford nel 2013, avevamo stabilito con il capo della Polizia dell’Hertfordshire un rapporto aperto e tollerante tanto quanto quello di Will Smith nel suo matrimonio. Infatti, la nostra presenza non era solo tollerata, ma apertamente incoraggiata. Avevamo a disposizione una squadra di ufficiali di collegamento e, per la miseria! Ci hanno dato bagni chimici! Lo stesso a Copenhagen, l’anno scorso: i poliziotti ci hanno permesso di arrivare fino al bordo della struttura che ospitava l’evento. Si sono sforzati (anche se non sempre con successo) di comunicare con noi e soddisfare i nostri bisogni.

Bisogni che sono abbastanza semplici: vogliamo solo provare a dare notizie sulla conferenza come si fa con qualsiasi altro evento importante e degno di attenzione. E questo lo è di certo per la polizia, i militari e la sicurezza. Quello che abbiamo avuto quest’anno sono sei toilette, una capanna per la stampa e una stampante laser. Potevano almeno riciclare i cordini dei passi del G7, non siamo così esigenti. Vogliamo solo essere trattati come giornalisti. E’ semplice, ma anche importante.

E parlando di semplicità e importanza, domani 11 giugno a Bilderberg arriva George Osborne, nella sua carica di Cancelliere dello Scacchiere. Quello che forse Osborne non ha ancora capito è che sta per atterrare nel bel mezzo di un fatto estremamente grave qui al Bilderberg.

Una parola sola, George: HSBC.

Charlie Skelton

Fonte: www.theguardian.com

Link: http://www.theguardian.com/world/2015/jun/10/at-g7-we-journalists-pampered-bilderberg-we-harassed-by-police

10.06.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERATA63

LEGGI ANCHE: BILDERBERG 2015: MINISTRI E CRIMINALI A BRACCETTO

KOC COMPARE AL BILDERBERG: SARA’ QUESTO L’ANNO IN CUI TUTTO SALTA FUORI ?

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