DI ANNA MARIA MERLO
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Nel 2004, l’Unione europea crea Frontex, l’agenzia europea delle frontiere, i cui comandi sono a Varsavia. Nel 2010 era fornita di «26 elicotteri, 22 aerei leggeri, 113 navi, 476 apparecchiature tecniche (radar mobili, video termici, sonde che misurano i tassi di gas carbonico emesso, detector del battito del cuore…)» scrive Claire Rodier. Frontex è conosciuta soprattutto per le missioni di sorveglianza nel Mediteraneo e per l’organizzazione di charter di migranti espulsi verso i paesi d’origine. Ma «in qualche anno Frontex è diventata lo strumento emblematico della politica di controllo migratorio dell’Unione europea». Lo svizzero Jean Iegler l’ha battezzata «organizzazione militare quasi clandestina».Nel 2007, Frontex ha bloccato 53mila persone che volevano entrare clandestinamente in Europa: il costo è stato di 24.128.619 euro. Una spesa enorme, che però serve a Frontex anche per facilitare la vendita di tecnologie di punta a paesi terzi, grazie agli accordi di «esternalizzazione» dei controlli (conclusi i paesi dei Balcani, la Bielorussia, la Moldavia, l’Ucraina, la Russia, la Georgia, Capo Verde, la Nigeria, ma anche Usa e Canada, mentre sono in via di conclusione intese con Mauritania, Libia, Egitto e Senegal).
Il parlamento europeo ha chiesto spiegazioni, per un «rafforzamento del controllo democratico» dell’azione di Frontex. Dal 2011, Frontex può comprare o affittare materiale ed è quindi ormai «al centro di un sistema che associa gli industriali del settore della sicurezza all’amministrazione europea», scrive Claire Rodier. Il budget di Frontex è passato da 6 milioni di euro del 2005 a 86 milioni nel 2011. Per il periodo 2007-2013, Frontex ha ricevuto un finanziamento di 285 milioni di euro per il programma di «solidarietà e gestione dei flussi migratori».
Frontex gestisce anche Eurosur, un sistema europeo di sorveglianza delle frontiere, nato quest’anno e può attingere a piene mani ai fondi del programma europeo di ricerca e sviluppo FP7, dotato di 50 miliardi.
Frontex compra armamenti, ma facilita anche l’accesso agli industriali delle armi ai fondi di ricerca europei. Per esempio, Frontex si sta adoperando per lo sviluppo dell’uso civile dei droni, mercato per il momento dominato dall’industria statunitense e israeliana: nell’autunno del 2011 ha organizzato una dimostrazione in volo che ha permesso all’americana Lockheed Martin, alla spagnola Aerovision associata con la francese Thales, all’israeliana IAI di mostrare i rispettivi sistemi. Il mercato dei droni, che era di 3 miliardi nel 2009, dovrebbe decuplicarsi entro il 2020. E’ dalla metà degli anni ’90 che i droni sono utilizzati per controllare le frontiere (li hanno Austria, Svizzera, Algeria, evidentemente gli Usa, per il controllo della frontiera con il Messico, dove è usato il Predator B della General Atomics). «Colpo doppio per i mercanti d’armi – conclude Claire Rodier – nuovo orizzonte per la tecnologia della sicurezza, la lotta contro l’immigrazione clandestina sostiene anche lo sviluppo dell’industria di guerra».
Anna Maria Merlo
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.10.2012