di Ivana Suerra, ComeDonChisciotte.org
Al mio lettore chiedo perdono poiché sono vittima del mio stesso sfogo, il quale non mi consente più di mantenermi lucida.
La lucidità mi permetterebbe di non perdere del tempo sulla questione che sto per affrontare, così irrilevante, così indegna di essere trattata in tempi tanto oscuri.
Tuttavia, dopo l’ennesimo ‘Decreto Pandemico’, che si spinge in ultimo ad intaccare anche il diritto inviolabile della difesa, la mia mente inveisce, in particolare, contro un’immagine ben precisa: quella dell’intellettuale da salotto filosofico.
Prevenendo i facili commenti, premetto che nessuno si aspettava di vedere sorgere tre le file della Resistenza moderna la figura integerrima di un Antonio Gramsci; ciò nonostante, l’instabilità del politosofo (politico-filosofo) all’italiana è in grado, da sola, di farmi agognare l’esilio.
Cito i virgolettati (non smentiti) che mi sono pesantemente indigesti, sottolineando che il concetto lo trovo tanto irritante quanto intollerabile:
“I filosofi obbediscono alle leggi, anche quando le ritengono totalmente folli”; “Queste sono le leggi e finché non si ha la forza di cambiarle bisogna rispettarle”… “Oppure te ne vai”. (1)
Si potrebbero citare, opportunamente, sia Henry David Thoreau, sia Ernst Jünger, ma servirebbe a poco.
La critica verso un filosofo che rende simili affermazioni – e bisognerebbe interrogarsi sul perché lo fa – è meno proficua del gettare sale su Cartagine che brucia.
Al netto della sterile critica, però, vorrei concentrarmi sul tema di fondo, che mette inevitabilmente in discussione il ruolo dell’intellettuale nella ‘Società Pandemica’.
Tra il filosofo che invoca il reato del “non offrire il braccio alla patria” (2) ed il giurista che vede nelle manifestazioni di piazza “la prepotenza di chi vuole fare ciò che vuole” (3), passando per lo storico che si lascia tranquillamente fustigare per aver firmato un appello contro l’uso del green pass in Università (4), c’è da chiedersi se non sia meglio che costoro si dedichino ad altro.
Disgraziati quei tempi in cui l’intellettuale professa con convinzione il sapere dettato dall’Autorità!
Divago, malinconica, nelle mie turbe mentali e sfodero d’istinto una poesia di Bertolt Brecht… (5)
Esci dalla penombra e cammina
davanti a noi un poco,
gentile, con il passo leggero
della donna risoluta a tutto, terribile
per i terribili.
Ricordo bene chi è quella donna risoluta a tutto. La tragedia di Antigone si studia al primo anno di Giurisprudenza. Il significato dell’opera veniva insegnato ai corsi di filosofia del diritto, in quelle stesse Aule dove, ora, gli studenti accedono mostrando un green pass.
Gli intellettuali come Brecht non invitavano a conformarsi a leggi “folli” e anzi celebravano il mito della giovane donna che, per dare degna sepoltura al fratello defunto, aveva il coraggio di disobbedire alle leggi di Creonte, tiranno di Tebe.
Distolta a forza, io so
come temevi la morte, ma
ancora più ti faceva orrore
la vita indegna.
A ben vedere, gli intellettuali come Brecht esaltavano, attingendo dall’Antigone, il valore della Giustizia, al di là di qualsiasi Legge. Su questi temi, filosofi e giuristi si sono spesi per secoli, analizzandone bene le implicazioni ideologiche.
Sugli stessi concetti gli intellettuali di oggi sorvolano con una superficialità sconcertante: professano incessantemente il mito DEM della responsabilità, esortano al conformismo acritico, tendono sempre e comunque alla moderatezza, predicano, in fin dei conti, il servilismo volontario.
Nella tragedia di Sofocle questo atteggiamento è attribuito ad Ismene, l’arrendevole sorella di Antigone le cui pavide gesta sono del tutto vane.
Dunque, se gli intellettuali di oggi sono stati privati del coraggio di idee incomode, ben poca utilità ricaveremo dalle loro parole e il loro ruolo si ridurrà, come è giusto che sia, al chiacchiericcio da salotto, preferibilmente televisivo.
Al posto loro, proveremo stima per altri membri della Società, riporremo fiducia nelle persone semplici, daremo ascolto a coloro che questa battaglia la combattono realmente… Quelli che resistono senza scendere a compromessi, che respingono radicalmente la narrazione pandemica e che, magari, si rifiutano di procurarsi un green pass da guarigione (qualunque cosa significhi) anche a costo di rinunciare ad un lavoro, ad un salario ed a tutto ciò che li rende schiavi del loro vero nemico.
E non fosti indulgente
in nulla verso i potenti, e non scendesti
a patti con gli intriganti, e non
dimenticasti mai l’ingiuria e sui loro
misfatti non crebbe mai l’erba.
Alla mia Antigone, dovunque si nasconda.
Ivana Suerra, ComeDonChisciotte.org
NOTE:
(1) Dichiarazioni di Massimo Cacciari;
(2) Dichiarazioni di Umberto Galimberti;
(3) Dichiarazioni di Gustavo Zagrebelsky;
(4) https://www.ilgiorno.it/cronaca/barbero-obbligo-vaccinale-1.6782980;
(5) Bertolt Brecht, Antigone, Poesie e frammenti, 1948.