DI PEPE ESCOBAR
Le circostanze attorno alle elezioni ucraine ed europee sono ben lungi dall’essere pura coincidenza. I sovvertitori del regime di Kiev hanno deciso d indire elezioni presidenziali il 25 maggio, lo stesso giorno delle elezioni del Parlamento Europeo, per dimostrare il loro desiderio di seguire una politica estera Euro-centrica.
Parlare di due elezioni strettamente connesse! Alla fine quelle in Ucraina hanno effettivamente rappresentato la politica estera Europea in azione – manifestatasi in un cambio di regime direzionato verso lo spettro di una guerra civile.
Pochi in Europa si saranno accorti come questo processo sia ben distante dall’essere “democratico” – al contrario serba intolleranza e un’ideologia di confronto cieco, come dimostrato da questo “dibattito” a Kiev tenuto da un ignaro storico di Yale.
I fatti chiave che dovrebbero essere compresi sono come l’occidente abbia ignorato il massacro di Odessa, così come la detenzione di giornalisti russi e come abbia scartato le aspirazioni degli Ucraini dell’Est e del Sud come il lavoro di “pro-Russi” o “terroristi”. Queste persone dono diventate vittime di repressione – supervisionata dall’occidente, insieme all’attuale teatro dell’assurdo della legittimazione del cambio di regime a Kiev per mezzo della parodia delle elezioni.
Ben oltre l’evidente spinta Atlantica verso i confini occidentali della Russia, l’Ucraina resta una zuffa di oligarchie locali. Non c’è da stupirsi che anche il nuovo presidente sia un oligarca: il settimo uomo più ricco della nazione, cui appartengono non solo un impero del cioccolato, ma anche industrie dell’automotiv, un cantiere navale in Crimea e un canale televisivo. La sola differenza è che lui è un oligarca della NATO.
E’ L’ECONOMIA, STUPIDO
Nel frattempo nel NATOstan le elite locali e transnazionali cercano disperatamente di trovare una scusa per essere contente. L’astensione resta notevole – solo circa 4 Europei su 10 si sono presi la briga di andare a votare per Strasburgo, con una maggioranza sufficientemente alienata da legittimare il mix di austerità interna e belligeranza verso l’esterno.
Il voto di domenica è andato ben oltre i partiti”anti-establishment”, nazionalisti – e meramente xenofobi o persino fascisti – che consolidano il rifiuto del “più Europa”.
Sono stati ampiamente discussi nelle campagne pre-elettorali le rivelazioni di Snowden sull’NSA, le losche trattative tra Washington e Buxelles su un accordo di libero scambio che sarebbe una manna per le grandi companies statunitensi e come il casinò finanziario gestito dalla BCE, dall’FMI e calla Commissione Europea rimarrà intatto, continuando a devastare le classi medie.
La folla anti-UE è andata forte in Francia, Regno Unito, Danimarca e Grecia, non così bene in Italia e Paesi Bassi. Il mainstream ha avuto un buon risultato in Germania e nella Spagna ultraconservatrice – benchè abbia perso voti a vantaggio dei piccoli partiti.
In Italia il Partito Democratico al governo del primo ministro Renzi ha conseguito un ottimo risultato (circa il 41%). Il Tony Blair italiano continua a promettere vaghe “riforme radicali” – qualsiasi cosa significhi. Il partito anti-establishment del comico Beppe Grillo, il MoVimento 5 stelle, ha perso molti voti.
In regioni come il Nordovest della Francia, che include la Normandia – una roccaforte della sinistra – il Fronte Nazionale di Marine Le Pen ha ottenuto un roboante 32.6% dei voti. Con il patetico socialista Francois Hollande al potere, la Le Pen non poteva che ridere per ultima e ciò ha dato modo a quella portentosa nullità intellettuale dell’ex editore esecutivo dell’International Herald Tribune di ruggire che Marine Le Pen è la Vladimir Putin Francese.
In fin dei conti gli elettori europei hanno detto chiare e forti due cose: “l’UE fa schifo” o “non ce ne frega nulla di voi Eurocrati del cazzo”. Come se a quel mare di burocrati abbondantemente sovvenzionati – gli Eurocrati – importasse qualcosa. Dopotutto il mantra è che la “democrazia” è buona solo per gli altri (persino gli Ucraini) ma non per l’UE; quando il gregge di pecore europeo vota, deve solo essergli permesso di scegliere tra alleanze scelte ed approvate da Bruxelles.
L’UE tuttavia è destinata a restare il Kafkaesco simbolo politico del controllo centralizzato e delle tasse nascoste incontrollate. Non c’è da stupirsi che essa continui a girare su se stessa come l’economia globale fa incessantemente con l’Asia.
SEGUI I SOLDI
Per credere che un’Europa soggetta all’austerità della troika possa riscattare l’Ucraina dai suoi enormi debiti è eccessivamente speranzoso. La ricetta – già inseriti i 17 miliardi di dollari del pacchetto “salvataggio” del FMI è, ovviamente, l’austerità.
Gli oligarchi resteranno in controllo, mentre i saccheggiatori si stanno già schierando. L’ex Segretario di Stato USA Madeleine Albright – per la quale centinaia e centinaia di bambini iracheni erano sacrificabili – “ha esaminato” le elezioni e più di tutto ha studiato come privatizzare Telecom Ucraina, come sta già facendo con Telecom Kosovo.
Non c’è prova che Settore Destro e Svoboda smetteranno di essere cripto-fascisti, razzisti e intolleranti solo perché Poroshenko – il Re del Cioccolato ucraino – ora è presidente. Per di più, il suo margine di manovra è piccolo, perchèi suoi mercati – per non menzionare alcune delle sue fabbriche – sono in Russia. L’industria pesante e quella delle armi in Ucraina dell’Est dipendono dalla richiesta russa. Ci vorrebbe almeno una roboante somma di 276 miliardi di dollari per l’”occidente” per stabilizzare l’Ucraina dell’Est. La percezione dell’UE che “salva” l’Ucraina è dead or alive.
Mosca, ancora una volta, deve fare solo quello che sta già facendo: nulla. Solo essere sicura che non ci saranno aiuti economici o politici se non la nascita di un Ucraina federalista – e finlandizzata – con forti poteri regionali.
Persino il Booking Institution è stato suo malgrado costretto ad ammettere che la mossa dei neo-con statunitensi ha fallito miseramente: non c’è Ucraina senza l’aiuto della Russia. Sta al Re del Cioccolato dimostrarsi un leader agli occhi degli Ucraini e solo allora avrà una possibilità di un’intesa cordiale – e magari anche di ricevere aiuto – da Mosca. I segnali sono contrastanti. Poroshenko ha detto che l’Ucraina “potrebbe” entrare nell’UE entro il 2025 (non succederà). Ha escluso l’ingresso nella NATO (saggia mossa). Ha rifiutato il federalismo (mossa stupida). Crede che con un’economia forte la Crimea tornerà sui suoi passi (pensiero speranzoso). Crede di poter raggiungere un compromesso con Mosca (ciò che Mosca ha sempre voluto, anche prima del cambio di regime).
CHE CASINO!
Tornando al NATOstan, c’è la questione fondamentale di cosa sarà della brigata antieuropeista di estrema destra nel Parlamento di Strasburgo, potranno aborrire tutti allo stesso modo l’UE, ma il fatto è che quel miscuglio di ideologie formerà difficilmente un’alleanza, che significherebbe almeno 25 parlamentari di 5 nazioni diverse. Marine Le Pen è già salita sul ring. Ha un accordo con il duro Geert Wilders nei Paesi Bassi e può contare sul FPO austriaco e il belga Vlaams Belang. I Democratici Svedesi – che di fatto sono cripto-nazisti – aspettano alla porta. I neo-nazisti greci di Alba Dorata e lo Jobbik ungherese sono fuori. Per quanto riguarda l’UKIP, non si vedono affatto parte della “famiglia”.
Tutto ciò significa che i partiti conservatori e moderati, come da status quo, resteranno in controllo, sotto forma di una provabilissima coalizione tra PPE (centro-destra) e Socialisti e Democratici (centro-sinistra).
Cosa succederà nella seconda metà del 2014 è l’elezione di una nuova Commissione Europea. È il ritorno di Kafka, così come nel braccio esecutivo infestato da burocrati dell’UE, l’incaricato di dar forma all’agenda, più o meno (quando non è impegnato a distribuire sovvenzioni in faldoni colorati in cambio di mucche europee assortite).
Ci sono 5 candidati per la posizione della Commissione Europea. Secondo l’attuale trattato dell’UE, gli stati membri devono considerare l’esito delle elezioni del Parlamento Europeo nell’eleggere il nuovo presidente. La Germania vuole un conservatore. Francia e Italia un socialista. Aspettiamoci un dibattito tortuoso per vedere chi succederà al mirabilmente mediocre Jose Manuel Barroso.
Il preferito è un membro della fazione destra del PPE, ex primo ministro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker. Egli è un avido difensore del segreto bancario, mentre contemporaneamente si pone come campione dell’”economia di mercato sociale”.
Quindi c’è più di Kafka: scegliendo il nuovo presidente del Consiglio Europeo e l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri. Traduzione: la UE non deciderà nulla, o non “riformerà” nulla per mesi. Ciò include la critica trattativa con gli Stati Uniti per il patto di libero scambio.
È assolutamente impossibile leggere le elezioni di questa domenica se non screditando ancor di più il progetto europeo così com’è.
Come ho potuto constatare da me, dall’inizio del 2014, in 5 tra i più importanti stati dell’UE, ciò che conta per il cittadino medio è quanto segue: l’immigrazione, come combattere la scomparsa del welfare di stato, le implicazioni del patto di libero scambio con gli USA, il valore dell’Euro – incluso l’insensatamente alto costo della vita e cosa la mafia della BCE sta davvero facendo per sconfiggere la disoccupazione.
Con Kafka incaricato del futuro prossimo, cosa è certo e che Parigi e Berlino si scosteranno sempre più, non ci sarà alcuna ridefinizione delle istituzioni dell’UE e il prossimo Parlamento, pieno di rumore e rabbia, non sarà che un ostaggio dell’inesorabile e devastante frammentazione politica dell’Europa. “Salvare” l’Ucraina? Che battuta. L’Europa non è in grado nemmeno di salvare se stessa.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009).
Può essere contattato a [email protected].
Fonte: rt.com
Link: http://rt.com/op-edge/161664-elections-in-eu-ukraine/
28.05.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO