Tra 19%-29%, non il 95%. Lo dice il BMJ
Discrepanze dati Pfizer Moderna, lo dice il professor Doshi, numero 1 del settore per il NYT. Non andava autorizzato. Ma si scoprirà nel 2022 a fine sperimentazione…
La credibilità delle autorità coinvolte e dei virologi o sedicenti tali fa un altro passo verso il fondo.
Secondo il British Medical Journal l’efficacia reale dei vaccini in circolazione non sarebbe intorno al 95% ma tra il 19% e il 29%. Una delle voci più influenti a livello mondiale per il New York Times, il professor Peter Doshi, associato presso l’Università of Maryland e che si occupa di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici, sgancia il missile terra aria. Entrato in possesso dei dati pubblicati da Pfizer e Moderna, Doshi ha notato delle discrepanze che cambiano notevolmente il quadro raccontato finora e anche le dinamiche messe in moto da
“Cinque settimane fa”, scrive Doshi sul British Medical Journal Opinion (e noi lo avevamo raccontato qui, “ho sollevato domande sui risultati delle sperimentazioni sui vaccini Covid-19 di Pfizer e Moderna. Tutto ciò che era di dominio pubblico erano i protocolli di studio e alcuni comunicati stampa”. Oggi, due riviste pubblicano 400 pagine di dati presentati dalla e per la Food and Drug Administration prima dell’autorizzazione di emergenza data dall’agenzia ai vaccini mRNA di ogni azienda. Doshi sintetizza: “Mentre alcuni dei dettagli aggiuntivi sono rassicuranti, altri no”.
I dati sarebbero stati in qualche modo minati perché in parte l’analisi è stata fatta su “sospetti covid-19” e “quelli con covid-19 sintomatico che non erano confermati”. Il dato sui malati è molto incerto. Semplificando questo porta ad un efficacia del vaccino molto minore di quella raccontata finora, “una riduzione del rischio relativo del 19%”, “molto al di sotto della soglia di efficacia del 50% per l’autorizzazione fissata dalle autorità di regolamentazione”. Con questa efficacia l’autorizzazione in emergenza poteva non essere data. E Doshi aggiunge: “Anche dopo la rimozione dei casi verificatisi entro 7 giorni dalla vaccinazione (409 sul vaccino Pfizer vs 287 sul placebo), che dovrebbe includere la maggior parte dei sintomi dovuti alla reattogenicità del vaccino a breve termine, l’efficacia del vaccino rimane bassa: 29%”
Per i partecipanti alla sperimentazione, la confusione tra falsi positivi e falsi negativi nei tamponi utilizzati e dei test fatti, racconta Doshi, fa sì che l’unico dato attendibile per capire il decorso della malattia siano i tassi di ospedalizzazione, i casi di terapia intensiva e i decessi: “sembra giustificato, ed è l’unico modo per valutare la reale capacità dei vaccini di eliminare la pandemia”.
Di fondo i dati restano mancanti.
“C’è una chiara necessità di dati per rispondere a queste domande”, racconta il professore, “ma il rapporto di 92 pagine di Pfizer non menzionava i 3410 casi di ‘sospetto covid-19’. Né la loro pubblicazione sul New England Journal of Medicine . Nemmeno nessuno dei rapporti sul vaccino di Moderna. L’unica fonte che sembra averlo segnalato è la revisione della FDA (Food and Drug Administration, ndr) del vaccino della Pfizer”.
Negli studi poi risultano dati poco comprensibili e non si capisce bene l’incidenza di altri farmaci sul decorso della malattia dei pazienti così come oscuri restano i risultati sugli anticorpi, le informazioni sui sintomi dei pazienti nella prima settimana dopo la vaccinazione e come questi dati non siano stati vagliati da organismi davvero indipendenti.
“Abbiamo bisogno dei dati grezzi”, dice Doshi, per “affrontare le numerose domande aperte su questi studi” che “richiedono l’accesso ai dati grezzi dello studio. Ma nessuna azienda sembra aver condiviso i dati con terze parti a questo punto”.
“Pfizer afferma che sta rendendo i dati disponibili su richiesta e soggetti a revisione” e “Moderna afferma che i dati potrebbero essere disponibili su richiesta una volta completato lo studio”, scrive Doshi sul British Medical Journal. Ciò si traduce in un periodo compreso tra la metà e la fine del 2022, poiché il controllo è previsto per 2 anni. Stesso discorso vale per vaccino Oxford/AstraZeneca che pubblicherà i suoi dati a conclusione dello studio, per non parlare del vaccino russo Sputnik V per il quale non ci sarebbero piani per condividere i dati dei singoli partecipanti.
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