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La Redazione

 

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ED E’ DI NUOVO CAMBOGIA

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A cura di Davide
Il 30 Novembre 2005
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Provocando la Siria

DI CONN HALLINAN

Siamo all’alba di un’indagine ONU,
che coinvolge una serie di ufficiali siriani e libanesi nell’assassinio di Rafiq Hariri, ex Primo ministro del Libano: il governo Bush chiede sanzioni internazionali e si lascia sfuggire cupe allusioni sulla guerra. Non ufficialmente, però, gli Stati Uniti sono già in conflitto con la Siria. Negli ultimi sei mesi, gli U.S. Army Rangers ed i reparti speciali Delta Force hanno varcato i confini della Siria ,
teoricamente per impedire l’ingresso di terroristi in Iraq. Sono stati uccisi moltissimi soldati siriani.
Qual’è l’analogia con quest’ultima invasione americana? La Cambogia, che venne accusata dal governo di Nixon di dar asilo a truppe vietnamite del nord, durante la guerra nel sud-est asiatico.Il 7 Aprile 1970 l’esercito americano e sud-vietnamita attaccò il confine, innescando uno dei più grandi disastri di tutti i tempi. L’invasione fu una catastrofe non solo a livello militare: causò, infatti, l’ascesa di Pol Pot, che sterminò sistematicamente milioni di cambogiani.

In Iraq, USA e Inghilterra adottano una linea basata sul supporto di fanatici siriani e israeliani infiltrati, esattamente come in Cambogia. Ad ottobre, in un incontro con il National Endowment for Democracy, il presidente George W. Bush ha dichiarato: “Iran e Siria” si sono alleati con gruppi di terroristi iracheni ed ha avvertito che “gli USA non fanno distinzioni tra chi commette atti di terrorismo e chi li sostiene e li nasconde”.

Secondo il Financial Times, il governo Bush starebbe ancora discutendo su chi sostituirà il presidente siriano Bashar al-Assad, nel frattempo la Casa Bianca continua a propendere per una rapida conclusione militare interna. Stephen Hadley , Consigliere della Sicurezza Nazionale, è stato incaricato dell’operazione: si tratta dello stesso tizio che ci ha raccontato la storiella sull’uranio “Niger-Iran”.

Flynt Leverett del Brookings Institute afferma che i raid che oltrepassano i confini mirano ad incoraggiare i militari siriani a “spodestare” Assad. Fu proprio una conclusione militare che permise agli Stati Uniti di mettere al potere Saddam Hussein, sbarazzandosi della sinistra irachena.

La Casa Bianca, infatti, sa che i combattenti stranieri hanno ben poco a che fare con l’insurrezione irachena. L’Istituto Internazionale degli Studi Strategici (IISS), ente conservatore con sede a Londra, stima che il numero di combattenti stranieri sia “ben inferiore al 10% e probabilmente intorno al 4% o 6%”.
L’intelligence americana calcola che il 95% degli insorti siano iracheni.

Da molto il governo Bush ha messo gli occhi sull’Iran, che il presidente definisce come “il principale paese al mondo a sponsorizzare il terrorismo”. Di recente, questi sentimenti hanno avuto eco a Londra: il Primo Ministro Tony Blair ha accusato Tehran di traffico di armi ed esplosivi in Iraq, allo scopo di attaccare le truppe britanniche a Basra. In uno dei più grandi momenti storici di discussa ironia, Blair afferma: “Non c’è giustificazione per l’Iran o per qualsiasi altro paese che interferisca con l’Iraq”.

Provocazioni

Gli Stati Uniti hanno provocatoriamente mandato un aeromobile Predator, privo di equipaggio, in Iran: in teoria con lo scopo di cercare armi nucleari, ma più probabilmente per tracciare i sistemi radar iraniani, informazione che potrebbe tornare utile agli Usa prima di lanciare un attacco. Secondo Gordon Thomas, giornalista irlandese, gli Stati Uniti avrebbero già puntato i missili su centrali energetiche iraniane, a Natane e ad Arak.

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Circa 4000 combattenti dei Mujahedeen-e-Khalq (MEK) – organizzazione armata che vuole sconfiggere l’attuale regime a Theran – possiedono una base a nord di Baghdad, vicino al confine iraniano. Gli USA hanno preso sotto la propria ala soldati ed equipaggiamenti della MEK, nonostante il Dipartimento di Stato la classifichi come un organizzazione “terrorista”.

La maggior parte delle informazioni sulle armi nucleari irachene vengono dalla MEK, che nel suo passato di certo non brilla per la veridicità. Ad ogni modo esiste un parallelismo inquietante tra il ruolo della MEK nella divulgazione delle informazioni sulle armi di distruzione di massa (ADM) ed il programma dell’intelligence sulle ADM di Baghdad, architettato prima della guerra da Ahmed Chalabi (nella foto) e dal gruppo di iracheni espatriati, riunitisi attorno al Pentagono.

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Una delle parti principali in tutta la faccenda ce l’ha Israele, dove il Likud ed i sostenitori degli Stati Uniti a lungo hanno spinto per un attacco americano in Iran e Siria. Lo scorso maggio, in un discorso al Comitato per gli Affari Pubblici d’America e Israele (AIPAC), Richard Perle, consigliere del Likud e primo funzionario di Bush, ha affermato che gli USA dovrebbero attaccare l’Iran in caso sia “alle porte [dello sviluppo] di un arma nucleare”. Insieme a David Frum del Weekly Standard, Perle ha scritto “An End to Evil”, in cui chiede la sconfitta dei “mullah terroristi iraniani”.

Un rappresentante di Israele ?

Il vice presidente Dick Cheney avrebbe addirittura suggerito che Israele potrebbe occuparsi della cosa. Secondo il quotidiano d’Israele “Ha’aretz”, gli Stati Uniti avrebbero di recente venduto a Tel-Aviv cinquecento GBU-27 e ventotto “bunker buster”, due tipi di bombe a guida (nonostante la Sira sia uno degli obiettivi più probabili per questo tipo di armi).

Per qualche tempo, la destra israeliana sembrava desiderare un conflitto con la Siria. L’anno scorso Israele ha lanciato un bombardamento vicino a Damasco, e Gideon Ezra, ministro del gabinetto, minacciò di assassinare Khaled Meshaal, leader di Hamas, che risiede a Damasco. Ariel Sharon, primo ministro d’Israele, fece una simile minaccia al leader di Hezbollah, Hassan Nasallah.

Il governo di Sharon è così belligerante anche nei confronti dell’Iran. Quando il tenente generale Moshe Ya’alon fu Capo di Stato Maggiore, rese pubblico il suo desiderio di veder arrestare lo sviluppo di armi nucleari in Iran per mezzo di una pressione internazionale sul paese. In modo sinistro, aggiunse: “In caso ciò non avvenisse, dovremmo prendere in considerazione le nostre alternative”.

Un ufficiale dell’intelligence israeliana ha detto al Financial Times: “Potrebbe trattarsi di una gara: chi premera’ il bottone per primo? Noi o gli Americani.”

Cosa l’ufficiale intendesse con “bottone” non e’ chiaro, ma la risposta più logica sarebbe un attacco nucleare. Nel 1981 Israele utilizzò aeromobili e armi convenzionali per distruggere la centrale nucleare irachena di Osirak, ma un attacco sulle strutture iraniane sarebbe tutta un’altra questione.

Dopo il 1981, l’Iran ha rafforzato e disperso su tutto il territorio le proprie infrastrutture nucleari. I “bunker buster” acquistati da poco da d’Israele potrebbero occuparsene, ma la distanza costituisce un problema. L’Iran e’ molto più distante da Israele rispetto all’Iraq, dunque gli aeromobili israeliani incontrerebbero difficoltà nell’andare e tornare dall’Iran, senza un rifornimento durante il volo. Comunque sia, Israele possiede missili e parecchie centinaia di armi nucleari, e, quantomeno a Tel Aviv, c’e’ qualcuno che non si farebbe scrupoli ad usarle.

Il mese scorso, l’eminente Lawrence Franklin, analista del Pentagono, ha ammesso il passaggio di informazioni segrete sull’Iran ad Israele, attraverso due impiegati dell’AIPAC. Franklin lavorava per l’ex Sottosegretario della Difesa Douglas Feith ed è in stretti rapporti con Michael Ledeen, il neoconservatore dell’American Enterprise Institute che affermò: “La città di Tehran ci sta solo aspettando”.

Se tutti questi nomi ci sembrano famigliari, è perchè sono di coloro che hanno portato la guerra in Iraq.

Prospettive per l’invasione: Cambogia Redux?

Gli Usa (possibilmente alleati con Inghilterra e Israele) attaccherebbero l’Iran e/o la Siria ?

In Iran la questione è dura. Il paese ha una popolazione tre volte superiore a quella dell’Iraq e quattro volte il suo territorio. In più ha tante di quelle montagne fra le quali nessuno vorrebbe combattere.

Inoltre, l’Iran vanta un considerevole sostegno internazionale, dimostrato parecchie settimane fa, quando l’Europa ha affermato di non voler avallare gli sforzi statunitensi per portare l’Iran di fronte al Consiglio di Sicurezza ONU, per l’ipotetica violazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare.

Anche se molte nazioni sono in agitazione per l’attività nucleare dell’Iran, il paese non viene visto come una minaccia regionale. Il suo budget militare è un terzo di ciò che era nel 1980 e secondo Stephen Zunes, studioso del Medio Oriente, l’Iran possiede in realtà molti meno carri armati ed aerei di quanti non ne avesse 20 anni fa.

Parte del supporto nasce dal fatto che l’Iran possiede la seconda riserva di petrolio e benzina più grande del pianeta, riserva della quale Europa, Cina ed India semplicemente non possono fare a meno.

Gli Americani potrebbero bombardare per bene il tutto, ma riguardo l’invasione si rimane dubbiosi, in particolare visto l’attuale disordine delle forze armate statunitensi. L’esercito ha mancato i suoi obiettivi di reclutamento per il 2005 e con le truppe già spiegate in Iraq, non e’ sicuro che gli USA riescano a racimolare forze sufficienti per un’invasione.

Una nota cautelativa su come potrebbero cambiare le cose: la dottrina americana sulla guerra preventiva e sull’usare per primi le armi nucleari. Davvero la Casa Bianca premerebbe il bottone? Non è fuori questione.

Secondo il Segretario di Stato Condoleeza Rice, in caso si arrivasse ad una guerra, il Congresso non avrebbe voce in merito. Il 19 Ottobre, il Comitato Senatoriale per le Relazioni Estere le ha chiesto se fosse d’accordo sul fatto che il presidente avrebbe dovuto rivolgersi al Congresso in caso di azioni militari contro Iran e/o Siria. La sua risposta e’ stata: “Quei poteri li detiene il presidente nella guerra contro il terrorismo e contro l’Iraq”.

La Siria è un obiettivo più semplice rispetto all’Iran. Fatta eccezione per i confini settentrionali, il paese è in pianura, grande la metà dell’Iraq e con solo 16,7 milioni di abitanti. La questione rimane in bilico sulle indagini dell’ONU.

Ciò potrebbe far sì che la Siria venga considerata un frutto abbastanza maturo da essere colto, e un’invasione sicuramente distoglierebbe l’attenzione dal caos in Iraq e Afghanistan. Sarebbe, inoltre, una logica prosecuzione della leggenda di Bush, secondo cui i nostri problemi nel Medio Oriente sono causati dai terroristi islamici.

Per quanto riguarda l’esito di una simile strategia, si veda la guerra nel Sud-Est Asiatico.

Conn Hallinan

Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/hallinan11142005.html
14.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CINCIA

VEDI ANCHE: RAPPORTO HARIRI PERICOLOSAMENTE INCOMPLETO

SIRIA: IL PROSSIMO IRAQ

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