E’ ARRIVATA LA STAGFLAZIONE

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DI RODRIGUE TREMBLAY
Global Research

La guerra: in fondo, cosa ci guadagna la gente? Mah, vedove, tasse, gambe di legno e debiti.

Samuel B. Pettengill

“Eserciti, debiti e tasse sono gli strumenti conosciuti per ricondurre i molti sotto il dominio dei pochi.”

James Madison, Quarto Presidente degli U.S.A. (20 aprile 1795)

“Voi lasciatemi battere e controllare la moneta di una nazione e a me non interesserà chi ne faccia le leggi”.

Nathan Rothschild, 1791

La scorsa estate, ho constatato l’esistenza di una “crisi di solvibilità” sottostante la continua pressione dovuta all’indisponibilità di liquidità nei mutui subprime. Le banche centrali sono in grado di alleviare una “crisi di liquidità”, ma non di risolvere una crisi di solvibilità.

Sempre l’anno scorso, prima degli eventi che si sono verificati, ho avvertito del fatto che gli U.S.A. si stavano dirigendo verso la stagflazione.

Ciò era dovuto a tre fattori fondamentali.

Primo, i deficit fiscali strutturali del bilancio federale in un periodo di prosperità, risultanti dalla continua spesa in disavanzo della amministrazione Bush-Cheney in relazione alle guerre in Iraq e Afghanistan e ai sostanziosi sgravi fiscali;

Secondo, l’eccesso di indebitamento dell’economia statunitense nel suo complesso associato ad un saggio di risparmio complessivo vicino allo zero (nel 1981, era del 12%) e, di conseguenza, il rapido aumento del debito estero degli U.S.A.; e,

Terzo, il crollo del dollaro U.S.A. necessario all’inversione e correzione della bilancia dei pagamenti americana in deterioramento. Il secondo fattore annunciava la diminuzione dei consumi privati nei mesi seguenti, mentre il terzo fattore avrebbe attizzato il fuoco dell’inflazione generale. E con deficit del bilancio pubblico già alti, ci sarebbe stato un minor margine per attuare una politica fiscale aggressiva a sostegno dell’attività economica. Tutto era quindi pronto per un periodo di stagflazione, ovvero crescita lenta e inflazione in aumento.

Ora la stagflazione è arrivata. — La crescita economica sta rallentando, i numeri della massa monetaria M3, come misura della liquidità complessiva nell’economia, sono nell’intervallo delle due cifre, la curva dei rendimenti si è invertita diventando negativa (tassi a breve termine superiori ai tassi a termine più lungo) e il dollaro statunitense è diventato una delle valute più deboli del mondo. Tutto ciò mentre il doppio deficit americano (deficit della bilancia commerciale e disavanzo del bilancio pubblico federale) è a livelli da record. — Come ho fatto presente l’anno scorso, “Una valuta più debole si traduce in maggiore inflazione importata e rende più difficile mantenere bassi i tassi di interesse” anche se, a tempo debito, essa migliorerà la bilancia commerciale. Ciò significa che ora, a tutti gli effetti, anche la politica monetaria è gravemente limitata in ciò che è in grado di realizzare. Per tutto il 2007, l’inflazione ha toccato il 4,1%, ovvero due terzi in più che nel 2006 quando l’inflazione fu registrata al 2,5%. Inoltre, l’aumento improvviso dei prezzi all’ingrosso annuncia una inflazione persino maggiore nei prossimi mesi.

Con l’inflazione in aumento e i tassi di interesse reali già in territorio negativo, un impulso monetario aggressivo probabilmente si rivelerebbe controproducente perché tassi di interesse troppo bassi incoraggerebbero fughe di capitali, e farebbero diminuire ulteriormente il dollaro con il conseguente aumento dell’inflazione importata. Oltre a ciò, si deve ricordare che le modifiche nelle politiche monetarie impiegano da nove a dodici mesi per incidere sull’economia reale. Si deve anche tenere a mente che gli Stati Uniti operano sempre più in un ambiente internazionale e sono sempre meno in grado di influenzare l’economia domestica manipolando un’unica variabile quale è il tasso di interesse.

Naturalmente la Federal Reserve aver potuto rivestire un migliore ruolo di regolamentazione preventiva se fosse intervenuta nel 2003-04 a governare in quelle insane pratiche creditizie che hanno portato alla batosta dei subprime. Ma ora il latte è versato, e nulla può cancellare il danno che tale mancanza di supervisione ha causato al settore dell’edilizia abitativa e ad altri segmenti dell’economia.

Dopo sette anni di stravizi continui, di assunzione di prestiti e costruzione del debito, il governo federale statunitense è in una situazione spinosa anche dal punto di vista fiscale e troverà difficile reagire in maniera efficace al rallentamento dell’economia. Di certo, nel corso degli ultimi sette anni, l’amministrazione Bush-Cheney ha gestito disavanzi pubblici di 461,29 miliardi di dollari in media all’anno, per una somma totale di 3.229 miliardi di dollari di deficit in bilancio.

Ciò rende più difficile imbarcarsi in una nuova fase di spesa in disavanzo per stimolare l’economia. Per prima cosa, le modifiche della politica fiscale presentano un orizzonte temporale ancor superiore prima di incidere sull’economia reale. Secondariamente, il rallentamento e la recessione in arrivo peggioreranno un disavanzo pubblico federale già alto, mentre le entrate governative stanno diminuendo con l’aumento della disoccupazione e la contrazione nella crescita del reddito. Sul versante della spesa, la guerra in Iraq, in particolare, è un buco nero che sottrae oltre 100 miliardi di dollari all’anno, senza che se ne veda la fine. Anche i prezzi del petrolio sono molto elevati, in parte a causa della grande domanda mondiale, in parte a causa dell’instabilità geopolitica, e in parte a causa dell’indebolimento del dollaro.

Dopo sette anni di pazzia in politica estera e di costruzione dell’impero su una montagna di debiti, di pubblici stravizi ed erosione privata, la crisi finanziaria e la resa dei conti creditizia, il dollaro a precipizio, ed l’elevato prezzo del petrolio contribuiranno al rallentamento economico nel 2008, che probabilmente durante la prima metà dell’anno si trasformerà in recessione, sempre che ciò non sia già avvenuto fin dallo scorso dicembre. La contrazione nei mercati borsistici mondiali durante quest’ultimo mese è un’altra chiara indicazione del fatto che qualcosa non funziona non solo nell’economia statunitense ma anche in quella mondiale.

Tutto ciò sembrerebbe rappresentare una pessima notizia per i Repubblicani di George W. Bush, proprio come fu una cattiva notizia per l’amministrazione del Democratico Carter alla fine degli anni Settanta. Di certo, secondo l’Ufficio Nazionale della Ricerca Economica (National Bureau of Economic Research), nel corso dell’ultimo secolo è accaduto quattro volte che l’economia statunitense fosse in recessione all’inizio dell’anno delle elezioni presidenziali. Ogni volta — nel 1920, 1932, 1960 e 1980 — il partito del presidente in carica ha perso le elezioni.

Rodrigue Tremblay è professore emerito di economia all’Università di Montreal e può essere contattato all’indirizzo [email protected]

è autore del libro ‘The New American Empire’ (‘Il nuovo impero americano’)

Visita il suo blog all’indirizzo: www.thenewamericanempire.com/blog.

Sito internet dell’autore: www.thenewamericanempire.com

Da ‘ un’occhiata al libro del Dott. Tremblay in prossima uscita “The Code for Global Ethics” (‘Il codice per l’etica globale’) all’indirizzo: www.thecodeforglobalethics.com

Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=7951
31.02.08

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ORIANA BONAN

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