DI PAT THOMAS
theecologist.org
È il condimento prescelto da un milione di esercizi di fast food e una salsa largamente utilizzata nelle case di tutto il mondo, ma c’è qualcosa di più nel ketchup che salta all’occhio
In Gran Bretagna ci piace un po’ di salsa. Soprattutto sulle patatine. Il nostro amore per il ketchup è tale che attualmente spendiamo circa 126 milioni di sterline per questa sostanza rossa e il mercato sta crescendo a un tasso di circa il 5 per cento all’anno. La Heinz Tomato Ketchup conta un aumento enorme delle vendite, pari all’82%.
Globalmente, il mercato per la sostanza rossa è indirizzato a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari entro il 2015. La crescita del mercato è guidata soprattutto da fattori quali il cambiamento di abitudini alimentari, con sempre più paesi che stanno adottando lo stile di vita e le preferenze alimentari occidentali.
Usata per unire i sapori, la salsa di pomodoro è utile e popolare. Per di più, le salse da tavola come il ketchup e la maionese traggono vantaggio dal fatto che non costituiscono ricette complicate. Possono e solitamente sono composte da ingredienti “naturali” e sono solitamente prive di additivi.
A volte sono anche biologiche. Da sempre la salsa di pomodoro è la nostra preferita e questo è diventato un incremento al marketing. Il leader di mercato Heinz asserisce, per esempio, che il ketchup è “coltivato, non fatto”.
Il condimento perfetto?
Realizzato con ingredienti naturali – pomodori, aceto, zucchero, sale e spezie – che cosa potrebbe esserci di sbagliato nella salsa di pomodoro? Bene, parliamo del sale. L’Autorità degli Standard Alimentari definisce un alimento ad alto contenuto di sale quello che contiene 1,25 g di sale (0,5 g di sodio) per 100 g e uno spuntino a basso contenuto di sale quello con 0,25 g di sale (0,1 g di sodio) ogni 100 g. Una tipica bottiglia di Heinz Tomato Ketchup contiene 3.1 g di sale (1,2 g di sodio) per 100 g.
L’elevato consumo porta ad alzare la pressione sanguigna, ad infarti e attacchi di cuore. Il limite medio giornaliero di consumo di sale è di 8,6 g contro un massimo raccomandato di 6 g.
L’anno scorso l’Autorità degli Standard Alimentari del Regno Unito ha pubblicato gli obiettivi di riduzione del sale per il 2012, concentrandosi sul pane, i prodotti a base di carne, i cereali per la colazione e i cibi pronti.
Riguardo alla salsa di pomodoro l’agenzia ha osservato che il contenuto medio di sale cosiderate tutte le marche era circa 2,4 g di sale (1 g di sodio) per 100 g. Rivisti gli obiettivi del 2012 mira a portarlo a 1,83 g sale (730 mg di sodio) per 100 g. Heinz e tutti gli altri produttori di salsa di pomodoro chiaramente hanno una lunga strada da percorrere.
Intanto stiamo visionando l’etichetta, la FSA (“Food Standard Autority” [Autorità sugli standard alimentari]) definisce anche ad alto contenuto di zucchero, ciò che è 10 g / 100 g. Heinz Tomato Ketchup contiene 23.7 g di zucchero ogni 100 g.
Rosso non verde
Ma a prescindere dai suoi potenziali danni per la salute, c’è un costo ambientale nascosto nel ketchup.
Gli ingredienti possono ben essere naturali, ma non sono locali. Il sito di Heinz, ad esempio, sottolinea che i pomodori per la trasformazione in ketchup per il mercato europeo sono sparsi in lungo e in largo per il mondo:
le “aziende per la trasformazione del pomodoro” sono in gran parte situate nei paesi del Mediterraneo e in misura minore presso nuovi membri economici come la Polonia e l’Ungheria. L’industria europea di trasformazione dei pomodori ha lavorato più di 8,7 milioni di tonnellate di pomodori crudi nel 2008. L’Italia è di gran lunga il più importante produttore di pomodori trasformati in Europa con una quota del 53 per cento della produzione europea, seguita dalla Spagna (21 per cento), dal Portogallo (11 per cento) e dalla Grecia (7 per cento). La trasformazione dei pomodori viene fatta in relativamente grandi aziende specializzate nella produzione estensiva dei seminativi e della verdura. “
Il fatto che questi (principalmente) non sono pomodori di serra è incoraggiante. Ma l’analisi del ciclo di poduzione suggerisce che la vera storia del ketchup di pomodoro non sono i suoi ingredienti “naturali” – che non sembrano essere terribilmente dannosi – ma i processi industriali che vanno avanti al fine di metterlo in bottiglia sulle nostre tavole e che hanno l’impatto ambientale più importante.
Nascondere i problemi per il futuro
Solo che una analisi del ciclo di produzione del pomodoro ketchup non è mai stata fatta. Nel 1998 l’Istituto Svedese per l’Alimentazione e la Biotecnologia ha fatto un’analisi scientifica della efficienza energetica e degli impatti ambientali, tra cui il riscaldamento globale, l’abbassamento dell’ozono, l’acidificazione, l’eutrofizzazione, la formazione di foto-ossidanti, la tossicità umana e l’ ecotossicità di una marca popolare (ma senza nome) di ketchup.
I risultati hanno dimostrato che erano aspetti del prodotto nascosti (e quindi in gran parte ignorati dai consumatori) – la trasformazione, nonché l’imballaggio primario e secondario, lungo la catena logistica – che avevano le più devastanti conseguenze per il clima e l’ambiente.
Il prodotto che hanno analizzato era uno dei marchi più comuni di ketchup venduto in Svezia, in bottiglie di plastica rossa da 1 kg .
I pomodori venivano coltivati e trasformati in pasta di pomodoro in Italia prima di essere confezionati e trasportati in Svezia con altri ingredienti, come lo zucchero, l’aceto, le spezie ed il sale (che erano anche importati), per fare il ketchup.
E qui è dove inizia il bello: i sacchetti asettici utilizzati per impacchettare la pasta di pomodoro crudo in preparazione per il suo viaggio in Svezia erano prodotti nei Paesi Bassi e poi trasportati in Italia. Le buste di pasta di pomodoro venivano poi sistemate in fusti d’acciaio inox e spedite in Svezia.
Il prodotto finito veniva messo in bottiglie rosse fatte di cinque strati di plastica. Queste bottiglie venivano fabbricate in Inghilterra e/o in Svezia e realizzate con materiali provenienti dal Giappone, dall’Italia, dal Belgio, dagli Stati Uniti e dalla Danimarca.
Il tappo a vite della bottiglia e quello a pressione erano fatti con il polipropilene prodotto in Danimarca e poi trasportato all’impianto d’imbottigliamento in Svezia.
La distribuzione del prodotto finito attraverso la catena di negozi al dettaglio e supermercati richiedeva una grande quantità di sottile pellicola di polietilene e di cartone ondulato.
Qui il ketchup veniva acquistato dai consumatori che lo portavano a casa e lo conservavano in frigorifero per qualsiasi occasione, da un mese ad un anno.
Questa analisi faceva attenzione anche allo smaltimento finale del rifiuto di imballaggio (per esempio, se era stato incenerito o sepolto in discarica), nonché al trattamento delle acque reflue provenienti dalla produzione di ketchup e soluzione di zucchero (derivato dalla barbabietola da zucchero).
Essendo l’analisi così complessa, gli autori ammettono che molti aspetti della trasformazione e della catena di approvvigionamento sono stati lasciati fuori della loro analisi, compresa la produzione di beni strumentali (macchinari ed edifici), la produzione di acido citrico, il commerciante all’ingrosso, il trasporto dal grossista al dettagliante e il dettagliante. Analogamente, per la bottiglia di plastica, sono stati omessi elementi quali l’adesivo, l’etilenvinilalcool, i pigmenti, le etichette, la colla e l’inchiostro; così come i materiali per le borse asettiche utilizzati per il trasporto della pasta di pomodoro dall’Italia alla Svezia.
Per il consumatore finale la fuoriuscita dei fluidi refrigeranti era stata lasciata fuori.
Agricoltura e pesticidi
Sul fronte dell’agricoltura, l’assimilazione di anidride carbonica da colture non è stata presa in considerazione e neppure la dispersione di sostanze nutritive e le emissioni di gas come l’ammoniaca e il protossido di azoto dai campi. Nessuna considerazione è stata data all’uso dei pesticidi.
Anche così, i risultati, che stimavano l’ uso di energia e le emissioni di carbonio (valutati attraverso sei grandi categorie: agricoltura, trasformazione, imballaggio, trasporto, vendita e acquisti domestici), erano interessanti. Per quanto riguarda le emissioni, ogni bottiglia da 1 kg di ketchup era responsabile di un minimo di emissione di CO2 equivalente a circa 1,3 g di anidride carbonica – non molto dopotutto. Ma ci sono volute quattro volte tante unità di energia (chilocaloria equivalente calcolata da 18.2GJ per tonnellata di prodotto finito) per produrre, trasportare e immagazzinare il ketchup, nel modo in cui è stato fatto.
In entrambi i gruppi di cifre è stato l’imballaggio ad essere il più oneroso per l’ambiente. Per mettere le cose in prospettiva, l’energia investita ad alta intensità è peggiore del biodiesel e da qualche parte pari ad una stima (generosa)del nucleare.
È questa la notizia sconvolgente? Beh, sì e no. Tutti gli alimenti trasformati sono ad alta intensità energetica. Il ricercatore David Pimentel stima che dell’energia utilizzata per tutto il sistema alimentare negli Stati Uniti, il 16 per cento viene speso nella trasformazione e il 7 per cento nell’imballaggio. Come nel caso dei ricercatori svedesi, questa rischia di essere una sottostima. Ma in futuro con un clima cambiato o un’energia limitata abbiamo davvero bisogno di pensare in modo diverso a proposito dei cibi che mangiamo.
Quando il combustibile e i rifornimenti finiscono, quanta energia siamo disposti ad investire in alimenti estremamente elaborati con scarso valore nutritivo, invece di investire quell’energia in sani e nutrienti alimenti base? Questa domanda scomoda sarà fatta ad un supermercato vicino a voi prima che lo sappiate.
Pat Thomas (giornalista freelance ed ex redattore di The Ecologist)
Fonte: www.theecologist.org
Link; http://www.theecologist.org/green_green_living/behind_the_label/686422/behind_the_label_tomato_ketchup.html
23.11.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SILVIA RENGHI