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blankDI FULVIO GRIMALDI
Mondocane Fuorilinea

Il guaio
con la maggioranza della gente non è la sua ignoranza, ma il fatto che non sa
di essere ignorante.

(Josh Billings)

Gaza, Kabul, Baghdad,
Mogadiscio, Beirut ?

Macchè: Myanmar!
SCHIFOSISSIMI IPOCRITI
Una “sinistra” che caccia la sua gente nelle trappole mortali
dell’imperialismo

Me ne vengo
da una bellissima Brigata di Lavoro Volontario Europea a Cuba e me ne
vado subito in Bolivia, alle celebrazioni del Che ammazzato 40 anni fa dalla
Cia, dal segretario del PC boliviano, Mune e da Mosca che, come con il
Mediterraneo, aveva ceduto l’America Latina agli Usa e detestava i
guerriglieri.

Meglio il profumo di una morte che si è sparsa come
vita su tutto il mondo, che il tanfo delle carogne viventi che, dopo Iraq,
Palestina, Somalia, ora si avventano su Sudan, Siria e Myanmar.

Non sono mai stato in Myanmar, che i colonialisti,
anche di etichetta sinistra, insistono a chiamare anglofilamente Birmania. Non
sono dunque in grado di esprimere un giudizio su quanto sta accadendo. Del
regime di Myanmar so solo che tiene agli arresti domiciliari una di un partito
di opposizione il cui responsabile all’estero sta a Washington ed è coccolato
dai nazisionisti che lì hanno il loro covo. Come a suo tempo – o lì, o a
Londra, o a Copenhagen – gli “esuli” iracheni da un milione di dollari al mese,
o quelli jugoslavi, o quelli cinesi, o quelli vietnamiti, o quelli… insomma
tutti i fantocci venduti all’imperialismo. Myanmar: non c’è mai stato nessuno,
ma tutti sanno tutto

Invece tutti sanno tutto sul Myanmar, ovviamente colonialisticamente
– siamo o non siamo nell’era della Grande Riconquista – degradato a Birmania,
anche se mai ci hanno messo piede e quello che riproducono è un copione lercio
e logoro della Cia e della famigerata National
Endowment for Democracy
, passato attraverso le operazioni sporche,
chiamate rivoluzioni di velluto, in Jugoslavia, Georgia, Ucraina, fallite in
Venezuela e, al momento, anche in Libano. “Rivoluzioni” sul cui retroterra
politico-ideologico-finanziario ormai tutto si sa, anche per merito della
Gabanelli e del suo Report, ma niente si vuole sapere.

Nulla so del regime di Myanmar, forse solo che dura da
troppo tempo, come la mafia di Stato, come i razzisti di Tel Aviv, come i
generali di Washington, come la collusione destra-sinistra in Italia, ereditata
da quell’”Onesto Berlinguer” che con una DC stragista e mafiosa convolò a
nozze, dopo aver contribuito a scavare la fossa al più nobile decennio della
storia italiana e aver messo il cappio Nato al collo della “sua gente”. E
pensare che si credono di sinistra quelli, annidati nel gilè di cachemere di
Bertisconi, o nei sottoscala chiamati “Ernesto” o “Essere comunisti”, che se ne
dicono nostalgici e, infatti, votano compatti per il genocidio in Afghanistan e
per la ricolonizzazione del Libano. Presto manderanno “nostri ragazzi” a
sanguinare e far sanguinare umanitariamente per la megabufala del Darfur, o per
i preti mandarino di Myanmar.

Nessuno sa niente del Myanmar, salvo
i dirittiumanisti ebraici e cattolici

Non so nulla del Myanmar. Come non sanno un cazzo
tutti quelli che, a guisa di macachi impazziti, si arrampicano sui vetri della
propaganda Usa-Sion (e pensare che Israele è il massimo fornitore di armi
pesanti e leggere al Myanmar!) per risplendere per primi di meriti umanitari e
di ghignanti onori imperialisti. Il
manifesto, in cui dilagano e
imperversano le lobby ebraica e cattobuonista, cui il “giornale comunista” ha
appaltato l’intera politica estera, fa da capofila e si vede che gli rode il
culo per non poter andare oltre i tre paginoni di prammatica contro Myanmar.
Bello il giorno in cui a 6 uccisi a Rangoon, spalmati su tre paginoni,
corrispondeva un articoletto su quattro mezze colonne per gli 11 palestinesi
ammazzati a Gaza. Fa eccezione Astrit Dakli, che però ci mette del suo con l’annoso
fobico antislavismo, che poi è anticomunismo d’annata, e in Ucraina si colloca
addirittura equidistante tra la ladra e spia Timoshenko e le sinistre operaie.
Del resto, sul suo giornale in prima pagina, si paragona Chavez al Duce e si fa
dire al sindacalista-chef dei giornalisti che Anna Politovskaya, la nota agente
Usa, collaboratrice del circuito radio Cia Liberty
e intima della banda di rapinatori facente capo a Eltsin, deve
essere santificata come capomartire della deontologia giornalistica. E Robert
Menard, dei “Giornalisti senza frontiere”, no? Gli devono bastare i ritorni
materiali, quei milioni che percepisce dal Dipartimento di Stato per diffamare
Cuba e chiunque faccia girare i coglioni agli Usa? Qualcuno può al mio amico, segretario della FNSI, infilare
da qualche parte i 170 giornalisti ammazzati in Iraq dagli statunitensi, dai
loro fantocci e dalle milizie scite cogestite con i preti iraniani?

La carica umanitaria di manifesto e Liberazione

Sono tutti presi da vertigine orgasmatica, tra Liberazione (che cestiniamo subito per
irrilevanza) e il manifesto.
Paginoni su paginoni imbrattati col rimmel delle signore della proletarieria da
Capalbio, già connotate di rabido antislamismo nei loro flessuosi
ancheggiamenti tra un tango sui “diritti umani”, al servizio di quelli dei
bianchi, borghesi e cristiani, e un paso
doble
sugli eccessi bellici Usa. Pensate, Marina Forti e Giuliana
Sgrena de il manifesto sono
riuscite ad ammonticchiare servizi dall’Afghanistan con voci nessuna delle
quali chiedesse il ritiro delle truppe di occupazione e sterminio: qualche
lacrima sull’ennesima strage di donne e bambini, “ma guai se se ne andassero
ora, sarebbe il caos…” . Bush e Prodi s’inchinano e le baciano le mani. Non è
la stessa giaculatoria dei chierici attorno a Bush? E a proposito di chierici,
non poteva mancare il contributo del papa, colonialista, razzista e
guerrafondaio come quando, in piena aggressione israeliana al Libano, da
Ratisbona tuonò bizantinamente contro quei cialtroni di musulmani. Sa solo una
cosa, lui, che ai cattolici in Myanmar non viene torto un capello, il che non gli impedisce di offrire la sua
vasellina all’incenso ai riconquistatori coloniali. Non procedeva forse in
testa alle armate di macellai da
Riccardo Cuor di Leone a Gott mit uns?

Non so nulla, però posso, e noi tutti potremmo, se non
fossimo intossicati da opportunismo, cecità, malafede, dabbenaggine, esprimere
inconfutabili giudizi sui sedicenti sinistri (le destre fanno il loro noto
mestiere) che di Myanmar si occupano in questi giorni, lacrimando, inveendo,
reclamando, invocando, minacciando, sanzionando, sbattendo sciabole:
schifosissimi ipocriti, fottuti bugiardi, squallidi corifei del potere,
pifferai di Hamel che trascinano gli sprovveduti nelle trappole letali degli
imperialisti, salottieri radicalchic del quieto vivere, utili idioti,
sindacalisti rinnegati e traditori che stanno al governo della macelleria
sociale come Al Maliki sta a Bush (ora, in vista del referendum sulle falcidie
sociali del 23 luglio 2007, tremano e ricorrono al ricatto: “se non vi
autosodomizzate, salta il banco!” Cioè il culo e camicia con il regime della
confindustria e delle banche).

Mai così perfetto il bipartisanismo

Basterebbe trarre le imperative deduzioni che ci offre
il bipartisanismo perfetto materializzatosi, come già sulla megapatacca
neocolonialista del Darfur (paese dopo paese, si stanno riprendendo tutto
quello di cui le lotte di liberazione dei popoli si erano riappropriate),
nell’assalto al governo di Myanmar. Basterebbe vedere l’accozzaglia di
chierichietti della tirannia imperiale che guida la canea: Pannella, Veltroni,
il Dalai Lama, Bertisconi, Gordon Brown, Olmert, Bonino, Sion e i neocon di
Washington, Flavio Lotti, che per non imbarazzare il suo governo degrada la marcia
della pace in marcia dei “diritti umani” (bianchi, borghesi, cristiani);
Amnesty International che contro l’uccisione – comunque inaccettabile – di nove
manifestanti (vedrete, nel tempo diventeranno 900, 9000. 90.000, come quelli di
Saddam, come quelli del Darfur, come quelli di Milosevic) spara come non ha mai
sparato contro l’eliminazione di due milioni e mezzo di iracheni tra embargo e
invasione-occupazione e la cronaca dell’universo mondo, orecchiata da fonti
tutt’altro che ineccepibili, assomiglia in modo impressionante a quella,
veritiera, del nostro G8 genovese;
i mascalzoni che, da Striscia la notizia a Calderoli e Prodinotti, si
punteggiano di “rosso per la Birmania”, mentre non hanno mai prodotto neanche
una capocchia di spillina rossa per la decimazione sessantennale dei
palestinesi. Sotto l’alluvione dei paginoni su Myanmar di ogni singolo organo
di stampa, nel frastuono delle querimonie e degli inviti alla baionetta di
quella accozzaglia di gaglioffi e delinquenti che ci piscia addosso dai palazzi
del potere, da quelli del moderatismo fascistizzante ai “massimalisti” (come il TG3 normalizzato chiama i
cacasotto e cacasenno della sinistra parlamentare), scompare ogni barlume di
realtà, viene strozzato da un silenzio cimiteriale ogni alternativa, ogni
possibilità di verifica, ogni contesto.

A Myanmar con in Kosovo

Ma anche ogni luce incerta di dubbio. Come ne avrebbe
dovuto accenderne a potenza solare l’accertata, documentata, mai smentita
notizia che alla vigilia della “rivoluzione porpora” di certi bonzi (non fatevi
ingannare: gli studenti non c’erano e non c’erano neanche i responsabili delle
organizzazioni buddiste), nel Myanmar si erano rovesciati migliaia di monaci
infiltrati dalla Tailandia, paese notoriamente sotto regime reazionario e
asservito agli Usa, con le bisacce straripanti di dollari, e che costoro erano
poi alla testa delle manifestazioni. Lo facevano per trasferire a Yangoon la
democrazia-puttana di Bangkok? Quella che gli stessi buddisti, famelici di
dominio non meno degli scaldini nostrani, stanno da decenni infliggendo a forza
di massacri alle minoranze islamiche del Sud Tailandia? Il pensiero non è
costretto a ritornare all’inondazione del Kosovo da parte di albanesi, prima di
Mussolini, poi di Hoxha, poi di Berisha, in vista dello sfascio della
Jugoslavia sovrana e di un narcoprotettorato militarizzato e, indi, della
Grande Albania?

Riattivare il triangolo d’oro

A proposito di narco, non è solo per petrolio, gas,
legname e delocalizzazione a manodopera da due lire con inquinamento umano e
ambientale senza freni, che si va ad ammazzare il Myanmar. Non è forse successo
che andati i bianchi borghesi, capitalisti cristiani, bombaroli dei diritti
umani, in Afghanistan, in quel paese ha attinto vertici produttivi l’oppio-eroina
già sradicato dagli infami Taliban? Non succede che il massimo produttore
mondiale di cocaina, la Colombia, sia sotto la ferula di un narcobrigante
fascista, marionetta degli Usa e della nostra beneamata e rispettata
‘ndrangheta? Non ci si impadronisce di Balcani, Kurdistan e Somalia perché sono
capisaldi geopolitici, ma, forse di più, perché sono le rotte insostituibili
della droga? E allora, che il
Myanmar, spentosi malauguratamente il triangolo d’oro caro all’Occidente,
Birmania-Tailandia-Laos, torni alla sua antica funzione di fornitore di droghe
che hanno la stupefacente doppia funzione di annichilire intelligenze e volontà
e di far entrare nelle banche Usa qualcosa come un trilione di dollari all’anno
(Osservatorio Mondiale delle Droghe, Parigi). Non sono le armi e i tossici a
mandare avanti il Nuovo Ordine Mondiale?

E in Iraq, Palestina, Libano,
Somalia, Afghanistan…?

Si è parlato a volte del sospetto che ci possa essere
il metodo dei due pesi e delle due misure in quanto vanno facendo per il mondo coloro che hanno impiegato una misura
doppia fin da quanto hanno ammazzato 3000 concittadini a New York e in Iraq,
dal 2003, hanno ammazzato un milione e 200mila persone (indagine documentata
dell’accreditato londinese ORB, Opinion
Research Business)
. In effetti non c’è equilibrio. Specie se ai
90.000 profughi neri cacciati dal proletario Distretto 9 di New Orleans con la
scusa, avanzata dall’immobiliarista Bush dopo aver fatto saltare gli argini, di
Katrina, si oppongono i 4 milioni di civilmente defunti iracheni, profughi in
Siria, Giordania, o nelle tende del deserto iracheno.

Ma strabiliante è la capacità di due pesi e due misure
dei presunti sinistri della dependance coloniale in cui viviamo. Ligi alla parole d’ordine
dell’imperialismo, salvo apportargli correttivini da dame di S.Vincenzo, non ne
sbagliano una: “Belgrado ride”, quando la banda Otpor di Radio B92 (del tutto
sincronica con le “testimonianze” che poi usciranno da Kiev, da Tblisi, poi da
Beirut, ora da Myanmar) poneva fine, su ordine e con dollari cristiani,
bianchi, capitalisti, borghesi, alla libera Jugoslavia; “Fidel reprime i
dissidenti”, quando una squadraccia di mercenari a mille dollari al mese
conduce una campagna terroristica contro civili cubani; “Salviamo il Darfur”,
quando predoni istigati e armati da Usa e Francia sfruttano una catastrofe
ambientale e umanitaria provocata dai ricchi, cristiani, bianchi, borghesi,
capitalisti, per destabilizzare uno Stato indipendente e sovrano e agevolare la
rapina occidentale del suo petrolio e del suo uranio, lungo la strategia
israeliano-iraniana, ufficialmente in atto dal 1982: sminuzzare
confessionalmente ed etnicamente le nazioni arabe; “Sosteniamo Abu Mazen”,
specialista di colpi di Stato, vichysmo e terrorismo interno, annullamento di risultati
elettorali, cospirazione con il nemico, tradimento del proprio popolo.

E via elencando, lungo le principali direttrici
geopolitiche imperialiste che si dipanano dalle Torri Gemelle e da un 11
settembre tuttora dal manifesto
(di Liberazione, house organ per
famigli e famigliari di Bertisconi e Giordano,
non mette conto parlare) accreditato con crescente accanimento e
nonostante tutto, nella sua grottesca versione ufficiale.

Arresti di massa in Myanmar? E 60mila
sequestrati in Palestina…

Si tuona
sul migliaio di presunti arrestati in Myanmar. Non si parla dei 60mila civili e
partigiani palestinesi dall’inizio dell’Intifada – sempre sia lodata –
sequestrati, detenuti senza processo, torturati, di cui 11.500 tuttora in
carcere. Non si parla dei 60mila – per difetto – prigionieri iracheni nelle
carceri della tortura di Usa e fantocci. In entrambi i paesi sono migliaia i
bambini. Si lamenta il cronista giapponese ucciso e l’assenza di giornalisti a
Myanmar, si tace sul fatto che dopo sei mesi dalla guerra (quando ci andai per
l’ultima volta), in Iraq non c’è più nessun inviato, tutti cacciati o sparati tra gli occhi. A meno che
non si vogliano chiamare giornalisti quei quattro canarini, tappati nella Zona Verde,
che cinguettano al suono del briefing del
portavoce dell’esercito Usa. In Iraq le milizie di Moqtada e compari portano
avanti la soluzione finale del popolo iracheno pianificata dalla trimurti
Usa-Israele-Iran, affiancando le soldataglie drogate statunitensi e dei
fantocci nella media di una cinquantina di assassinati e trapanati al giorno. I
manifestanti di Rangoon sono tutti stupendi, ma fanno proprio schifo quei
terroristi di combattenti per la libertà del proprio paese polverizzato,
annichilito, frantumato come un vecchio vaso sumero. In Iraq, Jugoslavia,
Somalia, Palestina, Libano, bambini, donne, uomini soccombono in massa e per
generazioni agli effetti dell’uranio, dei raggi elettromagnetici e della
chimica con cui sono stati bombardati, ma qui si strepita contro i ”militari
che hanno usato pistole ad acqua avvelenata contro i dimostranti”, una notizia
che ha la stessa credibilità del Saddam che introduceva gli oppositori a piedi
in giù nei tritacarta, o di suo figlio Uday che faceva giocare i calciatori
sconfitti con palloni di ferro… Si abbocca sempre, sempre. Non è stato
proclamato dagli psicopatici al potere negli Usa che il 20% della forza lavoro
attuale è sufficiente per mandare avanti la macchina sputaricchezze mondiale.
Il resto, fuori dai ciglioni, con l’uranio, la decimazione nazisionista
quotidiana e progressiva, la fame da agrocombustibili: “Il popolo reclama pane,
diamo brioches alle automobili“.

L’esercito di Myanmar e Blackwater

L’esercito della giunta spara sulla folla”? In Iraq
200mila tagliagole della Blackwater e simili, muoiono per l’Occidente come
mosche, ma non registrati, e in compenso possono massacrare, che Gengis Khan al
confronto pare Madre Teresa di Calcutta (paragone sbagliato, chè quella strega
era intima e complice dei più sanguinari despoti del tempo). “A Rangoon anche i
bambini intossicati dai gas dei soldati”? C’è uno Stato che sbraita per
prendere alla gola subito tutto il Myanmar e che ha il primato mondiale degli
infanticidi: non c’è settimana che passa che a Gaza non venga ucciso qualcuno
sotto i 14 anni e nelle carceri dell’orrore iracheno, il 14% sono minori.
Servono a ricattare i padri latitanti. “I generali birmani non rispettano i
diritti umani”?

Fascisti portatori di democrazia, o
portato della nostra democrazia?

La casta di criminali dementi insediatasi con i brogli
alla Casa Bianca ha imposto al mondo un processo di fascistizzazione in cui le
libertà collettive e individuali sono annullate, in cui si viene tolti mezzo
sul sospetto (vedi Abu Omar e mille altri), in cui si viene incarcerati senza imputazione,
senza processo, senza legali, senza famiglie (vedi i Cinque cubani ergastolani
negli Usa per aver denunciato all’FBI le trame terroristiche emananti dal suo
territorio), in cui basta la parola di un idiota per definire Stato canaglia un
paese e bombardarne a tappeto il popolo, in cui ministro dell’ordine interno e
della giustizia diventano figuri come un cambiacasacca ontologico, che si
diversifica rispetto al passato quando con nani e ballerini gestiva ladrocini
di partito, perché oggi ai derubati mette le manette, o come colui che caccia
via giudici che incastrano suoi colleghi e amici. “Il regime dei generali si è
arricchito alle spalle del popolo”? Israele, da quando ha divorato il resto
della Palestina non regalatagli dell’ONU e ne ha fatto una Auschwitz a cielo
aperto, persegue la liquidazione del popolo titolare di quella terra ammazzando
con gli spari e le bombe, ma soprattutto arraffando per sé quello che dovrebbe
nutrire e dissetare le sue vittime: la giunta militare di Tel Aviv ruba ai palestinesi
il 95% dell’acqua.

Moratoria alla pena di morte, via
libera ai genocidi

“In Birmania vige la condanna a morte e l’Italia si fa
promotrice di una moratoria”? Ma che bravi: moratoria della pena di morte
all’ONU e, con o senza ONU, pena di morte collettiva inflitta senza batter
ciglio a iracheni, cubani, somali, serbi e afgani e a quanti altri finiranno
nel mirino dei boia di Vicenza, Aviano, Via XX Settembre, Pentagono, quando
italiani “nostri ragazzi” per il direttore Sionetti di Liberazione e per il pio Enzo Mazzi sul manifesto.

Mentre l’unico titolato a chiamare “mio ragazzo”
Lorenzo D’Auria, il Sismi ucciso da fuoco amico in Afghanistan, suo padre, ha
dato dell’assassino a Prodi e Bush. Bè, se non finisce in qualche extraordinary rendition in carceri
egiziane quel genitore, qualche speranza di scamparla ce l’abbiamo anche noi.

Ora quei panciafichisti, pesci in barile,
cerchiobottisti, collaborazionisti della Tavola della Pace, con tutto il
seguito bertinottesco, clericista, lillipuziano, boyscoutesco, amnestista,
parasindacale, si apprestano a offrire due sgabelli con buffet ai criminali di
guerra. Ad Assisi marceranno non più contro la guerra, ma per i “diritti
umani”, salvando capra e cavoli a coloro che il papà dell’agente Sismi da noi
ucciso in Afghanistan ha chiamato “assassini”. E Marco Revelli, sul manifesto,
si scervella, poverino, per capire dove e come sia scomparso “il
movimento dei movimenti”! Dove sia svaporato quel “mondo con dentro tanti
mondi” (orrenda patacca del sub Marcos). Quando ci si dimentica di Marx e delle
classi è ovvio che si resta abbioccati come Revelli. Il 20 ottobre, poi, costoro incalzeranno con la famosa
manifestazione per togliere le castagne dal fuoco a Prodi e ai suoi sicofanti
“massimalisti”. Ci si propone di tirare un pochino per la giacchetta un premier
indicato come correggibile, emendabile, riciclabile, nascondendo
collaborazionisticamente l’evidenza solare di un senile attivista del Comitato
d’Affari del capitalismo-subimperialismo italiano e di un vecchio burattino ai
fili del crimine politico organizzato statunitense. Ci si propone, come
rimpiange Revelli, di tenere insieme i partiti della “cosa rossa” e le aree
sindacali e aassociative che vi fanno riferimento. Si sogna di rimediare allo
spaventoso flop del 9 giugno,
come rileva il sempre puntuale Piero Bernocchi, quando in piazza coi partiti
immaginati di sinistra (ma salviamo il PdCI per la successiva ripresa e per la
costante dignità internazionale e sociale) c’erano quattro gatti e quattro
scagnozzi, mentre al corteo antimperialista c’erano oltre 100mila cittadini. E
intanto ci si fascia di dolore e sdegno per Myanmar, per il Darfur e per la
difesa, ovviamente anche armata perché umanitaria, dei diritti umani colà.
Anche perchè si sente in fondo allo stomaco il solito brontolio di un
incontenibile bulimia di petrolio, armamenti, sangue. Vedrete che botte qui e in giro per il mondo dopo il 20
ottobre del “Prodi ritrovato”!

DEPLETED URANIUM ANCHE PER MYANMAR?
(FOTO ALLEGATA ALL’ARTICOLO)

Fulvio Grimaldi
Mondocane Fuorilinea
03.10.2007

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