DEI REATI E DELLA PUBBLICITA’ DEGLI STESSI

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DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.com

“Il sentimento di giustizia è così universalmente connaturato all’umanità da sembrare indipendente da ogni legge, partito o religione.”

François-Marie Arouet detto Voltaire

Tutta la vicenda che si sta svolgendo a Trani, gira attorno ad un semplice problema: si possono rendere pubblici i reati prima ancora che vengano formalizzati? Questo è il senso degli ispettori inviati dal Guardasigilli Alfano in Puglia, null’altro.
Difatti, è papale che gli ispettori inviati dal Ministero non potranno interferire con l’inchiesta, nemmeno prendere visione degli incartamenti, per quanto hanno dichiarato i magistrati della Procura di Trani.
Dal punto di vista strettamente procedurale, è ovvio che in un Paese normale i primi a venir avvisati delle indagini dovrebbero essere gli interessati: in un Paese normale.

Sbattere il mostro in prima pagina è sempre stata la prassi del giornalismo “di pancia”, quando non sono i giornalisti stessi a crearlo il mostro: vedi la “fattiva collaborazione” del sedicente giornalista Farina nel caso di Abu Omar e quella del “copista” di Genova, che scrisse a se stesso la lettera minatoria delle BR. Guarda a caso, uno scribacchino di “Libero” e l’altro de “Il Giornale”.

C’è da chiedersi perché, da anni, la Magistratura si lasci “scappare” anzitempo i brogliacci delle intercettazioni: è avvenuto in tanti casi, che coinvolgevano sia la destra e sia la sinistra. Berlusconi la fa da padrone in quelle trascrizioni, ma ricordiamo che “sfuggirono” anche le intercettazioni di Fiorani che chiamavano in causa esponenti del PD.
Si può chiudere la faccenda chiamando in causa i giornalisti che “ronzano” intorno alle Procure – il che ipotizzerebbe, al minimo, che qualcuno non abbia rispettato il codice deontologico – ma ci possono essere anche altre ipotesi, poiché le fughe di notizie sono oramai la normalità e non l’eccezione.

Avevamo premesso, sopra, che tutto ciò è anomalo: già, ma in un “Paese normale”.
Proviamo ad ipotizzare l’opposto, ovvero che l’inchiesta di Trani fosse rimasta sepolta negli archivi della Procura, poi fossero stati inviati gli avvisi di garanzia e, solo successivamente, la notizia fosse divenuta di dominio pubblico.

I legali di Silvio Berlusconi sono già scesi in Puglia, per chiedere l’avocazione del procedimento al Tribunale dei Ministri, a Roma.
Si sono mossi ancor prima degli ispettori, mentre il CSM (che ha almeno una sospetta “mela marcia” al suo interno, il giudice Ferri) ha cercato di mettere sotto la sua “protezione” gli inquirenti pugliesi, ed il Presidente Napolitano ha finito, come sempre, d’interpretare la vicenda nella tradizione del miglior cerchiobottismo italiota.

Proviamo ad ipotizzare cosa sarebbe successo in un Paese normale: non sarebbe stata resa pubblica nessuna intercettazione ma, vista la gravità della vicenda – le ingerenze indebite, la concussione o la corruzione di uomini che dovrebbero garantire la pluralità dell’informazione, ecc – nessun Tribunale dei Ministri, o chi per esso, avrebbe negato l’autorizzazione a procedere.
Sicché, dopo l’autorizzazione a procedere, la formalizzazione dell’inchiesta e tutti adempimenti necessari, ci sarebbe stata la pubblicità degli eventi: almeno, la precisazione delle accuse.
Infine, in fase di dibattimento, tutti gli atti sarebbero diventati di pubblico dominio, fino alla sentenza. Da scontare.

In questo modo, nessun “mostro” sarebbe stato sbattuto in prima pagina, non ci sarebbe stata nessuna fuga di notizie e tutti avrebbero compiuto il loro dovere come la legge prescrive.
Piccola parentesi: in un Paese normale, un uomo di governo che si fa beccare con le mani nella marmellata in questo modo, la prima cosa che fa è dimettersi, il giorno stesso.
Fa quasi pena il povero Marrazzo il quale, stante agli atti, l’unico reato che avrebbe commesso sarebbe stato quello d’aver utilizzato l’auto di servizio per i suoi incontri “trasgressivi”. Credendo di vivere in un Paese normale, Marrazzo si dimise.

In un Paese normale di categoria C-29 (per usare un parametro tanto caro agli economisti), in presenza di una simile richiesta d’autorizzazione a procedere, tutto viene inviato al Tribunale dei Ministri: il quale, archivia subito tutto.
Se, invece, è “disponibile” una Procura per archiviare tutto, non si scomoda nemmeno l’Alto Consesso Ministeriale: è il caso delle clamorose rivelazioni svelate dall’intercettazione fra Berlusconi e Saccà, la telefonata nella quale l’allora capo dell’opposizione chiedeva di far lavorare alcune attrici nelle fiction televisive, donne in qualche modo “vicine” – per svariati motivi – a senatori del centro-sinistra, “per riuscire a comprare qualche senatore e far cadere il governo Prodi”.
La Procura di Napoli non riscontrò nessuna rilevanza penale in quel fatto: veniamo così a sapere che si possono usare nani e ballerine per “comprare” dei senatori, utilizzando il servizio pubblico (RAI, pagato col canone) ad uso squisitamente privato. Cioè, politico, no…privato…boh!

Qualora la disgrazia delle disgrazie finisca per colpire l’amato premier – ossia che non sia possibile arrestare l’inchiesta e tutto il resto – lo stesso premier va in Parlamento e presenta raffiche di leggi, tutte con “corsie preferenziali” per esser subito approvate, con le quali – utilizzando con sagacia detersivo ed ammorbidente – accorcia le prescrizioni ed allunga i processi.
L’avvocato che scende a Trani, per chiedere l’avocazione a Roma dell’inchiesta, è la stessa persona che va in Parlamento a perorare la legge: sempre lui, Ghedini l’omnicomprensivo, l’uomo che sta in tutte le taglie, dalla small alla extra large, sotto tutti i cieli e smazza leggi e richieste d’avocazione con la precisione di un distributore di merendine.
Ghedini non è un uomo, è un transformer multifunzione: dopo aver soddisfatto la richiesta – “insert coin” – si premono i rispettivi codici, panino e bevanda…pardon, legge da approvare in Parlamento e richiesta d’avocazione in Tribunale. La macchina è perfetta e non sbaglia un colpo: l’unico modo di fermarla è staccare la spina.
Oggi una prescrizione, domani un legittimo impedimento, dopodomani uno dei tanti “lodi” incostituzionali (tanto per prender tempo), fin quando la coperta della prescrizione – lavata e ri-lavata, così ristretta da diventare uno scendiletto – non manderà tutto al macero.
Cosa fa, allora, la Magistratura?

Secondo i sodali del premier, si tratta di “giustizia ad orologeria”: beh, con tutto quel che ha detto, negli anni, al telefono Berlusconi, in un Paese normale quel congegno ad orologeria avrebbe per lo meno fatto saltar per aria un’atomica.
E quel che ha fatto? Saranno stati contenti i pugliesi i quali – quando pagavano il ticket – finivano per concedere anche la “sovrattassa P”, ossia quella che consentiva a Tarantini di pagare le puttane di Berlusconi?
E, questo, manda all’aria un vecchio assioma – ossia che il politico debba essere ben pagato per non cedere alla corruzione – poiché, se uno come Berlusconi deve ricorrere ad un corruttore per una puttana…non può pagarsela da solo?!?
Ma, anche in questo caso, non c’è reato: Tarantini sarà un corruttore, ma…chi corrompeva?

Ad osservare questo bel panorama, ci sono i magistrati: promuovono delle intercettazioni per scoprire un giro d’usura e finiscono nella rete, per altri motivi, il direttore del TG1, un membro dell’Agenzia che dovrebbe tutelare l’imparzialità dell’informazione, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta, altri personaggi mica tanto “minori” e sempre lui, il capataz del sultanato Chigi/Grazioli.
Allora: quale può essere l’intento della Magistratura in questo bel quadretto?

Sono, ovviamente, tutti comunisti; osservateli bene quando escono dai Tribunali, ma non fatevi fuorviare: sotto pastrani e gonnelle, celano libretti di Mao, Kalaschnikov e bombe a mano.
Questa pletora di comunisti mangiatori di bambini, ringhiosi nemici del premier perché invidiosi della sua ricchezza, veri e propri Torquemada del nostro tempo, stanno semplicemente interpretando non la giustizia (quella, è sparita da tempo), bensì il senso di Giustizia che ancora rimane, negletto, nello Stivale.

Già sapendo che gli artifizi legali del premier riusciranno, alla lunga, ad avere la meglio sul loro paziente lavoro di ricostruzione degli eventi – e che non ci sarà mai un tribunale imparziale in grado di giudicarlo, oppure se lo farà sarà solo per vedere sprofondare tutte le carte nella prescrizione – ci mostrano non quello che è, bensì quello che potrebbe essere. Se vogliamo, la pura “virtualità” delle Giustizia: fra un po’, saranno ridotti a celebrare i processi su Second Life.

Perciò, non scorgiamo nessun “tradimento” se le carte affiorano prima del processo: anche perché quel processo non giungerà mai oppure, nel migliore dei casi, con mille mezzucci gli incartamenti saranno tutti passati nella scolorina.
Non sarà un Paese normale l’Italia ma, fra il sapere ed il non sapere, è almeno meglio sapere.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2010/03/dei-reati-e-della-pubblicita-degli.html
17.03.2010

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