DEFAULT DELL'ITALIA E RITORNO ALLA NOVA LIRA

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DI SANDRO KENSAN
kensan.it

Il ritorno alle amate lire in caso di Default dell’Italia
comporterà senz’altro una svalutazione della nuova moneta.

Gli economisti di diverse banche affermano
che in caso di ritorno alla lira si procederà alla svalutazione
della nostra moneta dal 30 al 60%. Questo comporta che la banca
d’Italia stamperà molte banconote e che i redditi fissi, stipendi e
pensioni, rimarranno gli stessi.

Faccio un esempio, supposto che la nuova moneta si chiami nova-lira
e che 1 nova-lira valga 1 euro succederà che chi guadagna 1000 euro
guadagnerà il mese dopo 1000 nova-lire.
Poi lo Stato svaluta del 60% le nova-lire, in questo modo lo Stato
diventa più ricco e i cittadini diventano più poveri. O meglio lo
Stato mantiene costante la propria ricchezza rispetto al resto del
mondo però le ricchezze dei cittadini si svalutano, soprattutto
quelle monetarie e il lavoro.

Lo Stato per svalutare del 60% non farà altro che aumentare del 150%
la moneta in circolazione in modo tale che chi prima aveva, ad
esempio, l’1% della massa monetaria nazionale, dopo la svalutazione
possiede solo lo 0.4% della massa monetaria nazionale.

Un venditore estero che si trova di fronte a tutta questa carta
moneta vuole guadagnare lo stesso di prima e quindi chi ci vende
Benzina e Gas moltiplicherà i prezzi per 2.5 ovvero aumenterà del
150% i suoi prezzi in nova-lire.

Questo vuol dire che la benzina passerà da 1.5 euro al litro a 1.5
nova-lire al litro e dopo la svalutazione del 60% passerà a 3.75
nova-lire al litro. Ovviamente lo stipendio e la pensione e tutti i
redditi fissi saranno sempre gli stessi. Riprendendo l’esempio
precedente, lo stipendio rimarrà di 1000 nova-lire.

Se adesso spendo 2000 euro all’anno per il riscaldamento, dopo la
svalutazione spenderò 5000 nova-lire a fronte dello stesso stipendio
di 1000 nova-lire al mese.

L’energia elettrica che è fatta quasi tutta con il Gas e il carbone
importato aumenterà del 150%. Se l’energia elettrica mi costa 1000
euro all’anno, dopo la svalutazione mi costa 2500 nova-lire all’anno
a fronte del mio solito stipendio di 1000 nova-lire all’anno.

Visto che quasi tutto si fa con l’energia, i prezzi dei generi
alimentari diventeranno molto più cari e l’inflazione importata sarà
molto elevata per cui il mio stipendio comprerà poche cose, molte
meno di prima.

L’iPhone che adesso costa 500 euro costerà dopo la svalutazione 1250
nova-lire con lo stipendio di 1000 nova-lire. Così i computer, così
le auto, così i concimi chimici (che sono fatti con il metano), così
i trattori, il cibo e tanti altri prodotti.

Ovviamente c’è un lato positivo della questione e cioè che tutto
quello che viene fatto in Italia e tutto quello che comporta
manodopera italiana costerà il 60% in meno agli occhi degli
stranieri e quindi i nostri prodotti saranno molto economici per i
tedeschi, le vacanze costeranno ai francesi pochissimo. Dopo la
svalutazione molti soldi arriveranno dall’estero che ci vedrà come
un Paese molto economico.

Se per fare la pasta importiamo
il 40% del grano dall’estero, avremo che il 60% del grano italiano
sarà fatto con la manodopera italiana che costerà le stesse novalire
dopo la svalutazione  e con i carburanti che vengono
dall’estero rincarati del 150%. Si stabilirà un equilibrio per cui
la pasta aumenterà ma non raggiungerà le vette del 150% di aumento.

Ovviamente chi potrà aumentare i prezzi lo farà, chi ha un reddito
fisso diventerà più povero. Chi aumenterà i prezzi sarà sottoposto
alla pressione dei nuovi poveri che non potranno comprare quello che
compravano prima.

Le aziende che delocalizzano hanno la possibilità di incrementare
gli utili, una svalutazione sarebbe l’equivalente di una
delocalizzazione per le aziende che esportano. Chi esporta si
troverebbe un costo della manodopera da paese extraeuropeo e
venderebbe a prezzo europeo con guadagni incrementati rispetto alla
situazione attuale. Ovviamente un Default provocherebbe parecchi
problemi alle aziende italiane ma finita la fase transitoria c’è chi
ci guadagnerà.

La banca UBS ha valutato lo scenario di un Default dei paesi a
debole economia quali l’Italia. Ha ipotizzato una svalutazione

del 60% ( qui
una traduzione) sulla base delle esperienza precedenti quali ad
esempio l’Argentina. UBS calcola che il costo pro capite medio di un
Default sia di 9500-11500 € per il primo anno per poi ridursi a
3000-4000 € negli anni seguenti. A regime una famiglia di 3 persone
perderebbe tra i 9 mila e i 12 mila euro all’anno.

L’importante sito Wikipedia ha una voce riguardante il Default
dell’argentina che descrive
chiaramente la situazione che capita a un Paese fallito:

«Durante il 2002 inflazione e disoccupazione
continuarono a peggiorare. Il vecchio tasso di cambio 1 a 1 (1
pesos per 1 dollaro, ndr) era schizzato a quasi 4 pesos per
dollaro, mentre l’inflazione

accumulata dal momento della svalutazione era circa pari al 80%.
La qualità della vita dell’argentino medio si era abbassata di
conseguenza; molte imprese chiusero o fallirono, molti prodotti
importati divennero praticamente inaccessibili ed i
salari furono lasciati così com’erano prima della crisi

Rispetto all’ipotesi di UBS del 60%, Wikipedia per il caso Argentina
parla di una svalutazione più forte e pari all’80%. Se poi qualcuno
pensasse che gli stipendi e le pensioni in caso di svalutazione
saranno incrementati, faccio notare che in Argentina «i salari
furono lasciati così com’erano prima della crisi».

Lo Stato stampando più banconote avrà più soldi per pagare gli
stipendi pubblici e le pensioni che rimarranno costanti, quindi avrà
realizzato una reale diminuzione della spesa pubblica a scapito dei
redditi fissi che saranno tagliati del 60% rispetto a molti beni.

Un Default ha anche conseguenze bizzarre e poco immaginabili. Per
esempio la Grecia che ha tagliato il proprio debito pubblico del
50%, quindi ha fatto un verosimile Default, si trova con problemi
rilevanti di approvvigionamento di petrolio. I trader petroliferi affermano
che nessuno voglia vendere petrolio alla Grecia e che questa sia
costretta a rifornirsi dall’Iran. Gli USA e l’Europa stanno mettendo
sotto pressione il paese ellenico perché smetta di comprare petrolio
da Teheran. Molto buffo.

Il motivo per cui la Grecia non riesce a comprare petrolio è che
nessuno si fida a venderlo per via del fatto che è una nazione
fallita. Immagino che molte altre bizzarrie attendano i paesi in
Default.

Sandro Kensan
Fonte: http://www.kensan.it/articoli/Default.php
19.11.2011

via www.rischiocalcolato.it

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