DI CARLO BERTANI
Cari lettori, vi saluto dalla località di villeggiatura che ho scelto per le vacanze. Quest’anno, per festeggiare la nascita del mio 38° criceto, ho deciso di farla un po’ “grossa” e mi sono detto: ma sì, crepi l’avarizia, e sono andato sulla Luna.
Come? Mi sono rivolto ai discendenti del barone di Munchausen, che hanno organizzato tutto: comodo viaggio in dirigibile, orbita panoramica sul satellite prima della discesa, infine la confortevole sistemazione in camera singola con vista sulla Terra.
Da qui, ieri, ho osservato – grazie al potente telescopio della struttura turistica – la grandiosa manifestazione chiamata “NoCav”, con annesso audio ed effetti speciali.
Devo confessare che la cosa, vista con il sottofondo degli spazi siderali, più di tanto non mi ha stupito: ho ammirato l’eloquenza e la fine satira di Travaglio, il “grido di dolore” di Moni Ovadia, le esternazioni un po’ “osé” della Guzzanti e la constatazione – ovvia – di Grillo, che Pertini non avrebbe mai firmato quell’atto. Eh, lo credo bene che “U Sciandru” non l’avrebbe mai fatto: quando abitavo a Stella (SV, paese natale di Pertini), ricordo che Pertini non si recava nemmeno per un semplice saluto nella Federazione del PSI dell’epoca, a Savona. Perché?
Poiché sapeva che – a riceverlo – ci sarebbe stato un certo Alberto Teardo, tessera P2 in tasca, e “U Sciandru” non amava le società segrete. Soprattutto quella. “U Sciandru”, nonostante le spesse lenti, sapeva ben distinguere chi lavorava per la Repubblica e chi, invece, complottava per affossarla.
Se, invece, Napolitano accetta di firmare un decreto per salvare da un giusto processo un altro piduista incallito, sta dall’altra parte della barricata. Almeno, così si vedono le cose dalla Luna.
Il resto non l’ho visto perché era ora di cena e qui, sulla Luna, si è molto attenti all’etichetta. Mi hanno riferito che Di Pietro ha ricordato la P2 – pietra miliare se si vuol capire cosa sta succedendo nel nostro disgraziato Paese – e che nessuno è stato “tenero” con il “Cav”. Normale amministrazione.
Oggi, invece, dopo una lauta colazione, sono ritornato al telescopio e…insomma, non riuscivo a capire…tutto lo schermo era occupato da un colossale ditone. Sulle prime, non ho compreso, poi è giunto l’audio.
Era sempre Di Pietro, che indicava me…cioè, la Luna…ed affermava, confusamente, che:
«Guardare soltanto le sbavature e non vedere il lago di immoralità e di illegalità che all’interno delle istituzioni commettono coloro che devono governare, vuol dire ancora una volta guardare il dito perché si ha vergogna di guardare la luna di cui si fa parte[1].»
A parte l’ingombrante ditone dipietrino, la dichiarazione mi sembrava un pochino confusa, soprattutto perché, la sera stessa della manifestazione, Di Pietro aveva detto:
«Italia dei Valori e io personalmente ci dissociamo del tutto, considerandole fuori luogo e fuori tema nello spirito e nel significato, dalle polemiche ingiustificate con il Papa. Quando il diavolo entra in azione, bisogna prendersela con il diavolo e non con il Papa. Confermo il doveroso rispetto di tutti noi per il Papa, per il presidente della Repubblica e per coloro che hanno un modo differente dal nostro di fare opposizione[2]».
Infine, Di Pietro sembra decidere (con un occhio attento ai sondaggi d’opinione):
“Noi gridiamo ad alta voce: non mi dissocio. Lo grido io in via personale e poi come responsabile dell’Italia dei Valori, dalla manifestazione di ieri, non mi dissocio dal senso vero delle parole di Grillo, da quelle di Travaglio. Non mi dissocio dalle parole delle persone di piazza Navona[3]“.
Allora…mumble, mumble…con il Papa o contro il Papa? Con Napolitano o con Pertini? Di Pietro decida, e non per mera convenienza politica dell’ultima ora. Fare politica con l’occhio attento ai sondaggi elettorali, genera la pessima prassi denominata “politica reattiva”, ossia azzerare ogni forma d’elaborazione per seguire le semplici richieste degli elettori.
Agli antipodi di questo percorso stanno, da una parte, Winston Churchill – “sangue e lacrime, ma sconfiggeremo Hitler” – e dall’altra i Taliban: la gente esulta se impicchiamo qualcuno con i carri-attrezzi? E impicchiamoli…
La politica reattiva è la rinuncia a qualsiasi elaborazione politica autonoma: è il puro cedimento ai desideri della piazza. Qualsiasi piazza.
Può affermare, Di Pietro, che il Papa e le gerarchie vaticane siano candide come agnellini ed incolpevoli di tutte le nefandezze italiane? Vada a rileggersi le molte pagine che parlano dello IOR, di mons. Marcinkus, Roberto Calvi, Michele Sindona, il Banco Ambrosiano e, dulcis in fundo, Licio Gelli.
Se ancora non basta, chieda a qualcuno del suo staff d’erudirlo su chi fu Bernardino Nogara, che trattò – come presidente dello IOR – con tutti: dai nazisti ai Rothschild, dagli ustascia croati alla Chase Manhattan Bank. Gli italiani devono sapere cosa si è nascosto e si nasconde dietro ai paramenti delle finanze vaticane: che ne dice, Antonio? Facciamo ancora una volta una genuflessione? Oppure scegliamo una parte e non ci voltiamo più dall’altra?
Non dimentichiamo che il buon Antonio – oggi sulla cresta dell’onda, mentre cerca di cavalcare meriti non suoi – fino a qualche mese fa sedeva su una poltrona ministeriale, dalla quale – ovviamente, per puro caso – si guardò bene dal liquidare la società “Ponte sullo Stretto”, creata a suo tempo da Berlusconi, che tuttora ringrazia per il gentil regalo. Così, il Cavaliere – impalato metaforicamente a Piazza Navona – potrà tranquillamente regalare ai suoi amici (leggi: Lunardi) miliardi di euro per la costruzione di un inutile ponte, che saranno pagati da noi, dai nostri figli e nipoti. Grazie, Antonio.
Non vorrei che questa mia fosse considerata un attacco senza ragione a Di Pietro. Purtroppo, conosciamo da decenni la tecnica che prevede – a sinistra di una formazione riformista – quella più “radicale” Insomma, PDS e Rifondazione.
La tecnica è nota. Serve ad acchiappare gli scontenti del partito riformista affinché non “si perdano”, per ricondurli nell’alveo dove tutti i politici di questo Parlamento finiscono per essere conniventi. Non ci credete?
Proponiamo a Di Pietro di presentare tre leggi:
Ritorno della sovranità monetaria al popolo, ossia eliminazione del signoraggio delle banche private.
Conto Energia generalizzato per tutti, con criteri di “silenzio assenso” dopo aver presentato le certificazioni.
Obbligatorietà, per tutti i candidati al Parlamento, di dichiarare anticipatamente tutte le società ed associazioni – palesi o segrete – delle quali fanno parte, pena l’immediata perdita dell’incarico.
Proviamo a vedere se ci sta? Se ne presenta una sola?
Già che abbiamo scomodato il Cavaliere, riflettiamo sulla sua risposta al “NoCav day”: “Preferisco il clima del G8 ed occuparmi dei fatti”.
Ora, sul “clima” del G8 sarebbe stato meglio sorvolare, vista la brutta figura rimediata dopo le dichiarazioni statunitensi sull’Italia, contenute nel “kit” consegnato alla stampa con tanto di cartellina ufficiale dell’Amministrazione di Washington:
«…un uomo d’affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali…è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio.»
Mica male, dall’amico Bush per il quale stiamo rivoluzionando le regole d’ingaggio in Afghanistan e, sotto mentite spoglie (“consiglieri”, “addestratori”, ecc), il governo sta studiando come far tornare i nostri soldati in Iraq. Balle?
Qui, sulla Luna, abbiamo a disposizione l’ADSL a 7 Gbyte il secondo: provvede a tutto Telecom-Luna.
Grazie alla potenza della linea, sono andato a cercare i decreti legge approvati dal Governo nei famosi “15 minuti”. Intercettazioni telefoniche? Leggi ad personam? No: leggi “ad personas”, ovvero dirette a noi, che ci balocchiamo con le boutade del Cavaliere – che già conosciamo – con l’insipienza di Veltroni – per la quale non è nemmeno necessario sprecare una parola – e con le “intemperanze” dell’eroe del giorno, ovvero Antonio di Pietro.
Non è cambiato niente nelle nostre missioni all’estero?
Guarda a caso, abbiamo già due feriti in zona d’operazione: è andata bene perché – come recita il proverbio – “meglio due feriti che un morto”. Non possiamo, però, sperare che vada sempre bene se mandiamo i nostri soldati a dare la caccia ai Taliban sulle montagne afgane. I russi ne sanno qualcosa.
E chi paga? Carissimi: noi. Difatti:
1. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e’ incrementata di euro 90 milioni per l’anno 2008, per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. A tal fine e’ integrato l’apposito fondo nell’ambito dello stato di previsione della s
pesa del Ministero dell’economia e delle finanze. (Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, art. 63[4])
Dove prendere i 90 milioni per inviare più carne da macello a disposizione di Bush?
Il decreto n. 112 è una vera e propria “miniera” di “soluzioni”. Ad esempio (uno fra i tanti…):
Art. 71. Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
1. Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza e’ corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio…I risparmi derivanti dall’applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa.
Dopo aver sbandierato l’importanza della contrattazione integrativa, si rimangiano tutto e taglieggiano i malati “di qualunque durata” per far cassa! L’essere malati, per lor signori, significa essere subito accolti nelle strutture sanitarie riservate che hanno alla Camera ed al Senato. Se non basta, godono di convenzioni ridicole (non per noi che le paghiamo…) nelle più esclusive cliniche private.
Per noi – i paria del settore pubblico – non basta pagare ormai tutto, i ticket e quant’altro, non è sufficiente sperare di trovare qualcuno che ti curi sul serio, no: dobbiamo anche essere privati di parti di salario per partecipare al “miglioramento dei saldi di bilancio”!
A parte l’evidente incostituzionalità di questo articolo – perché solo i dipendenti pubblici? I quali, è bene ricordarlo, non hanno tassi d’assenteismo molto diversi dai dipendenti privati[5] – c’è qualcosa che indigna e sconcerta allo stesso tempo. Che dovrebbe allarmare tutti, pubblici e privati.
Vi siete accorti che è sparito il Ministero della Sanità/Salute?
Il Ministero è stato “accorpato” a quelli del Lavoro e del Welfare, sotto l’attenta regia di Sacconi. Ora: qualcuno può spiegarci cosa c’entra la gestione il lavoro con la salute?
Se consideriamo i bisogni primari delle popolazioni, nulla.
L’autentica bestemmia, contenuta in questa scelta, è quella di considerare la salute solo come un ostacolo alla produzione: non conta più se hai mal di denti o mal di pancia – non ce ne frega proprio niente dei tuoi malanni – l’importante è che tu produca lo stesso, a qualsiasi costo. E, per farti passare la voglia (sic!) d’essere malato, ti paghiamo di meno! Questa, signori miei, si chiama solo in un modo: trattamento da schiavo.
Non importa se gli studi epidemiologici[6] narrano di malattie endemiche e fastidiose che colpiscono gran parte degli italiani – che il 27,2% fa uso quotidiano di farmaci, che effettuano più di 15 milioni d’accertamenti diagnostici il mese, che quasi 300.000 persone facciano ogni mese un day hospital, che quasi il 25% soffra di malattie dell’apparato scheletrico, che una famiglia su dieci ha un disabile del quale si deve occupare, ecc – per lor signori la cosa non ha alcuna importanza. Sentiti i banchieri e Confindustria, hanno decretato – de facto – che la malattia non esiste e, qualora si faccia viva, come atto demoniaco va punita privando chi è malato di parte del salario.
Il “bestiario” del decreto n. 112 prosegue, e ne forniamo alcuni brevi stralci:
Art. 44. Semplificazione e riordino delle procedure di erogazione dei contributi all’editoria
a) semplificazione della documentazione necessaria per accedere al contributo e dei criteri di calcolo dello stesso, assicurando comunque la prova dell’effettiva distribuzione e messa in vendita della testata, nonché l’adeguata valorizzazione dell’occupazione professionale;
b) semplificazione delle fasi del procedimento di erogazione, che garantisca, anche attraverso il ricorso a procedure informatizzate, che il contributo sia effettivamente erogato entro e non oltre l’anno successivo a quello di riferimento.
Non bastava la vergognosa legge che mantiene con stipendi da nababbi i vari Feltri, Ferrara, Padellaro & soci: bisogna “semplificare”, perché i soldi arrivino loro subito! Una chicca, poi – considerando il “basso stato” del giornalismo italiano – quel “l’adeguata valorizzazione dell’occupazione professionale”, che suona come uno sberleffo.
Art. 46/6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità…
Ma…non era stata promesso un vigoroso “taglio” alle consulenze? Leggendo il decreto (anche nei successivi commi) sembra che non cambi nulla. Anzi.
Art. 36. Class action
1. Anche al fine di individuare e coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva, anche in forma specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni, all’articolo 2, comma 447 della legge 4 dicembre 2007, n. 244, le parole «decorsi centottanta giorni» sono sostituiti dalle seguenti: «decorso un anno».
Così, la legge sulla class action diventerà operativa nel 2009, quando ci sarà stata un’altra Finanziaria di mezzo per toglierla definitivamente di torno. I risparmiatori gabbati di Parmalat, genuflettendosi, ringraziano.
Art. 58. Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali
1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell’organo di Governo individua, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il Piano delle Alienazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione.
E così, un’altra bella fetta del patrimonio pubblico passerà in mani private. Di chi? Ah, saperlo…io, però, qualche idea l’avrei…dei soliti “alienanti”?
Il decreto n. 112 ha però un pregio: ha spiegato alcune situazioni poco chiare, che adesso sono di diamantina lucentezza.
Uno dei vari “rebus” di questo governo riguarda le cosiddette “competenze”, per le quali gli stessi ministri si sono divertiti a duellare. Ad Umberto Bossi, che accusava la Gelmini di non aver insegnato un solo giorno, la Ministra dell’Istruzione ricordava le sue profonde competenze professionali come costituzionalista.
Ora, è evidente che non si può chiedere la competenza diretta dei politici nei loro dicasteri: altrimenti – se sono vere le intercettazioni citate da Sabina Guzzanti su Mara Carfagna – la Ministra delle Pari Opportunità dovrebbe immediatamente spostarsi al comando dei Vigili del Fuoco. Altrimenti detti…
Non vale neppure il paragone con Monica Lewinsky: ammettendo una parità di prestazioni, la povera Monica è stata dimenticata, mica è diventata ministra. Non c’è proprio giustizia.
Invece, Mariastella Gelmini, al suo primo incontro con i sindacati svoltosi il 12 di Giugno, aveva accolto molti dei suggerimenti – al
meno di metodo – proposti dai sindacati per cercare di mettere fine all’insulso tourbillon della scuola italiana.
Qui, ogni volta che cambia ministro, ne inventano una nuova, sempre peggiore della precedente: ne sanno qualcosa i ragazzi che frequentano la gran puparata dei corsi estivi di Fioroni.
I sindacati erano rimasti sorpresi dalla disponibilità e dalla competenza della Gelmini, al punto che il segretario della CGIL/scuola era soddisfatto: «…apprezzando l’approccio, la sobrietà e l’ascolto di un corpo sociale da più parti malamente sollecitato…». Traduzione: ci possiamo capire.
Da parte sua, la Ministra aveva dichiarato d’essere disponibile ad affrontare «…i problemi dovuti agli stipendi troppo bassi dei docenti, alla sburocratizzazione del linguaggio ministeriale e all’alleggerimento del numero di provvedimenti amministrativi che soffocano l’autonomia scolastica… a chiedere il re-investimento nella scuola dei tagli operati sul sistema, a sbloccare il contratto quadriennale dei Dirigenti scolastici…»
Insomma, una bella fiera di buone intenzioni. Tutti soddisfatti.
Passano un paio di mesi, e il decreto n. 112 chiarisce chi tiene il bastone per il manico:
Art. 64
3- il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze…
4- il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze…
Cosa dovranno fare “di concerto” i due ministri? Lo raccontano i commi precedenti:
1. …a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l’anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei.
2. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e dei parametri previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), in modo da conseguire, nel triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del 17 per cento della consistenza numerica della dotazione organica determinata per l’anno scolastico 2007/2008…
Gli “standard europei”, ovviamente, riguardano l’innalzamento degli alunni per classe, non gli stipendi.
I due commi, significano la perdita – in un triennio circa – di 100.000 docenti e 43.000 ATA: una scure pesantissima, mai vista di tali proporzioni. Il compito della povera Gelmini sarà – “di concerto” – quella di garantire i diktat di Tremonti (e Brunetta).
E i “risparmi”? Saranno re-investiti nella scuola?
6- …devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.
In tutto, quasi 8 miliardi di euro. E cosa ne faranno?
9. …parte delle economie di spesa di cui al comma 6 e’ destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall’anno 2010…
E il restante 70%?
…saranno resi disponibili in gestione con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca…
Ecco da dove andranno: da Tremonti. Di concerto.
E la scuola? A cosa serve oramai? Per laureare ingegneri e mandarli a lavorare nei call centre? Il ricorso alla cassa integrazione è aumentato del 22% negli ultimi quattro mesi, e si teme per 300.000 posti di lavoro nell’industria.
Giustamente, se l’industria italiana decide di estinguersi, a cosa serve investire – come fanno in Europa – sull’istruzione? Meglio risparmiare, così avremo quattro soldi per le “tessere” alimentari dei pensionati. In un’ottica di guerra, non farebbe una grinza.
Ma, non c’erano roboanti promesse di risparmi?
Raggiante, Silvio Berlusconi – il 15 Aprile 2008 – dichiarava al Sole 24 Ore:
«Dobbiamo modificare la nostra architettura istituzionale: più poteri al premier, una sola camera legislativa, dimezzamento dei parlamentari e anche dei consiglieri regionali e comunali, eliminazione delle province».
Detto fatto: il 17 giugno del 2008 è in dirittura d’arrivo il provvedimento che sancisce la fine delle province di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli. Tutte province governate dal centro sinistra, ovviamente. La provincia di Palermo – chissà perché – manca.
Poi, intervengono “nuovi fattori” ed il governo medita di “rinviare” a dopo la Finanziaria (alle calende greche, nell’attesa che la gente si dimentichi delle promesse elettorali): così, il 18 Giugno, in un silenzio pressoché totale, l’abolizione delle Province e delle Comunità Montane passa nel dimenticatoio.
Insomma, se non fosse vero, il decreto n. 112 sembrerebbe un’accozzaglia d’appunti gettati lì senza ragione, senza senso, senza nessun obiettivo. Una specie di “lista” della spesa incongrua, che squalifica chi l’ha scritta. Non parliamo, però, sempre male dei nostri governi: qualcosa di buono fanno.
Molto interessante, invece, il Decreto “Provvedimenti Energia” del 30 Maggio 2008 dove, finalmente, si liberalizza la produzione d’energia elettrica con gli aerogeneratori. Liberi tutti. Potrete far quello che vorrete e produrre tutta l’energia che desiderate. Rivolgersi all’ENEL.
Art. 11
3) …gli interventi di incremento dell’efficienza energetica che prevedano l’installazione di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro…non sono soggetti alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23…
No, non avete letto male. Si parla proprio – in un decreto ufficiale dell’attuale governo in carica! – di “liberalizzare” gli aerogeneratori alti un metro e mezzo e larghi un metro! Ma, ci hanno preso per il paese dei nanetti? Oppure la “statura” – in tutti i sensi – del premier c’entra qualcosa? Similis similia…mah…
Con alcune modifiche tecniche, a questo punto, ciascuno di noi che possiede un ventilatore di buon diametro (attenti a non superare il metro!) potrebbe diventare produttore in più modi:
1) Tenendo il ventilatore nel soffio del vento con il braccio, dalla finestra. Unico inconveniente: durante l’Inverno, si rischia la polmonite.
2) Sul balcone. Attenti, però, a regolare la piantana ad un’altezza di mezzo metro: sommata al metro del ventilatore, rientra ancora nei termini di legge. Con quel coso che gira vorticosamente all’altezza delle vostre palle, non potrete più uscire sul balcone? Tanto, vi rendeva qualcosa quel balcone?
3) Trovando accordi – su base condominiale – per sistemare a turno i ventilatori sul colmo del tetto, incollandoli con l’Attak. Bisogna però mettere in conto lunghe riunioni condominiali e turni di sorveglianza sul colmo del tetto. Con l’Attak in mano.
Dopo questa – che sembrerebbe una storia pazzesca raccontata dalla Luna, ed invece è il vero testo di un Decreto Ministeriale! – devo ritirarmi per iniziare ad organizzare il ritorno sulla Terra. Devo tornare nel Paese dei mulini da un metro e mezzo, dei nanetti politici e dell’energia.
C’è un dirigibile della società Munchausen in partenza per Saturno…mo’ ci penso…
Carlo Bertani
Fonte:http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2008/07/dalla-luna-alla-terra.html
10.07.08
[2] Corriere della Sera, 8 Luglio 2008.
[3] Repubblica, 9 Luglio 2008.
[4] Fonte: Altalex.com.
[5] 11,5 giorni/anno nel settore pubblico contro 9,6 dei metalmeccanici privati. Fonte: CGIA di Mestre su elaborazione dei dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato.
[6] Fonte: ISTAT, Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari, 2005.