DI MANLIO DINUCCI
ilmanifesto.it
Sabato 13 Rabî Ath-Thânî 1432 (data islamica corrispondente alla gregoriana 19 marzo 2011), cacciabombardieri Ghibli, decollati dalla portaerei libica al-Mukhtar, attaccano Roma con missili e bombe a guida laser. Primi obiettivi il Quirinale e Palazzo Chigi. Due giorni prima, al quartier generale dell’Onu ad Addis Abeba, il Consiglio di sicurezza ha varato una risoluzione che impone il divieto di volo nello spazio aereo della Repubblica italiana, autorizzando tutte le misure necessarie per proteggere i civili.
I volenterosi, che conducono l’attacco aeronavale, sono guidati dagli Usa (Stati uniti d’Africa), la massima potenza mondiale, al comando della Sato (Organizzazione del trattato sud-atlantico, che unisce l’Africa al Sudamerica e si estende ad est all’India e alla Cina). All’origine c’è la «primavera europea» iniziata quando, nel continente più povero del mondo (insieme al Nordamerica), masse di parigini affamati occupano Place de l’Étoile e, nonostante la sanguinosa repressione dell’Eliseo, costringono il presidente a lasciare il paese.
In Italia il malcontento verso il governo di Roma, a lungo accumulatosi nel Mezzogiorno e nel Nord, si trasforma (a differenza che in altri paesi europei) in ribellione armata, in base a un piano da tempo preparato che provoca la spaccatura del governo centrale. Ammainata la bandiera italiana e issata quella del Regno delle Due Sicilie con lo stemma borbonico, i ribelli meridionali occupano Napoli, dove viene creato un Consiglio nazionale transitorio capeggiato da ex ministri del governo di Roma. Contemporaneamente, in Nord Italia, alcune zone vengono occupate da gruppi di ribelli armati, che sventolano la bandiera padana col Sole delle Alpi.
La posta in gioco è evidente. L’Italia è economicamente più avanzata rispetto ad altri paesi europei, grazie alle sue grosse riserve petrolifere, concentrate nel Mezzogiorno e nella pianura padana. Al loro controllo mirano le compagnie petrolifere e le banche d’investimento multinazionali degli Stati uniti d’Africa e delle altre potenze della Sato. Attraverso l’embargo e il congelamento dei fondi italiani all’estero, cercano di far crollare il governo di Roma, per riportare l’Italia a uno stato pre-unitario o per mantenerla unita sotto un governo dipendente dalle potenze straniere. La Libia – riconosciuti il Cnt di Napoli e quello della Padania quali «soli rappresentanti legittimi del popolo italiano» – arma, addestra e finanzia le loro truppe, mentre i cacciabombardieri e gli elicotteri da attacco della Sato spianano loro la strada. In tre mesi effettuano 15mila incursioni aeree, di cui 5mila di attacco con bombe e missili, demolendo le basi materiali dello stato italiano. In tal modo, dichiara il presidente libico, il nostro paese fa «la sua parte perché avanzi nel mondo la causa della pace, dei diritti umani, della democrazia».
A causa della guerra, masse di immigrati in Italia dai paesi più poveri d’Europa (Svizzera, Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia e altri), rimasti senza lavoro, attraversano il Mediterraneo dalle coste siciliane, su fatiscenti barconi che spesso affondano, nel tentativo di raggiungere la ricca Africa.
Quella da cui, un secolo fa, erano partite le truppe libiche al canto di «Roma bel suol d’amore», iniziando i trent’anni di occupazione coloniale dell’Italia.
Manlio Dinucci
Fonte: www.ilmanifesto.it
29.06.2011