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La Redazione

 

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COSTITUZIONE ISLANDESE: STIAMO PARLANDO DI UNA RIVOLUZIONE? – PARTE DUE

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A cura di Davide
Il 24 Dicembre 2011
35 Views

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DI ERIC EYMARD
Mondialisation.ca

C’era una volontà politica?

C’era la reale intenzione che “l’islandese medio” venisse coinvolto in questo cambiamento

strutturale dello Stato? Gli organi dirigenti di governo dell’Islanda

si sarebbero astenuti dal partecipare alla revisione della Costituzione

in un momento di crisi socio-economica così forte e in un contesto

di forte diffidenza nei politici, nei media e nell’alta finanza?

Avrebbero potuto allo stesso tempo lasciare a dei cittadini visibilmente

scontenti un compito simile, essendo consapevoli di non trattare con

specialisti dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni giuridiche,

ma con persone presumibilmente incapaci di distinguere questioni nazionali

e desideri personali (alcuni hanno proposto addirittura la birra gratis)?
Reale intenzione o meno, le modalità

pratiche di attuazione del procedimento costituente sembrano ancor più

discutibili dei risultati ottenuti, in netto contrasto con gli obiettivi

prefissati.

Quanto detto porta a pensare che tutto

possa essere stato architettato in modo da escludere la nascita di un

cittadino-candidato qualsiasi, o ad affermare che questo impressionante

evento mediatico possa essere il frutto di una strategia di pubbliche

relazioni maturato dall’alto.

Da lì ad immaginare che alcuni

avrebbero voluto sabotare l’emendamento costituzionale c’è un salto

di pochi centimetri, che Sergei Bubka avrebbe superato di sicuro senza

dover utilizzare l’asta.

Il Partito d’Indipendenza, nemico

designato della revisione costituzionale

L’opinione secondo la

quale il Partito d’Indipendenza (Sjálfstæðisflokkur) avrebbe

cercato di screditare il sistema di votazione non è la descrizione

di uno scenario di fantasia politica. Al contrario. “Il Sjálfstæðisflokkur

ha fatto tutto il possibile per screditare le elezioni e impedire il

dibattito“, ha dichiarato Olof Petursdottir. “Le persone

precedentemente selezionate sono a priori affidabili, ma gli si mettono

i bastoni tra le ruote. Ciò che è

essenziale è creare un precedente, istituire una nuova Costituzione“,

conclude la traduttrice islandese trasferita in Bretagna.

Un’opinione che è condivisa da altri intervistati, che ritengono essenziale

il fatto di affidare il compito a persone competenti per massimizzare

le possibilità di un cambiamento efficace, veloce e profondo della

società. “Il contenuto (della Costituzione) si potrà

rivedere in seguito”, ha concluso Olof sorridendo.

Per Kjartan Jonsson, candidato alla

Costituente nel novembre 2010, i membri del Partito dell’Indipendenza

hanno l’abitudine di essere al potere e intendono opporsi,

come l’ex primo ministro David Oddsson5, per

contrastare tutto ciò che è proposto o attuato dal governo di sinistra“.

Per questo insegnante d’islandese, gli esponenti di questo partito “tendono

ad avere stretti legami con coloro che hanno interessi materiali da

preservare, ad esempio coi proprietari delle quote sulla pesca“6.

Al contrario, “uomini come Gylfason (membro della Assemblea

EDLN), per anni hanno criticato i sistemi che hanno portato alla crisi,

compresa l’organizzazione e la distribuzione dei poteri in Islanda;

conoscevano le modalità per affrontare i cambiamenti che molta gente

attendeva“, sostiene Kjartan.

Il sistema elettorale preposto era

innegabilmente fallace e ciò fu trascurato dai sostenitori del

sistema di e-democrazia partecipativa. E in aggiunta, contrariamente

a quanto hanno sostenuto gli stessi adepti del sistema, il “cittadino

comune” non è mai stato preso in considerazione: i membri nominati

sono a tutti gli effetti parte dell’élite

della nazione islandese. Tuttavia le complessità e i difetti del sistema

elettorale costituirebbero un male minore se almeno le richieste del

popolo figurassero nella nuova Costituzione. Per quanto riguarda i venticinque

“costituenti” selezionati, a giudizio di Kjartan Jónsson,

sarebbero “adatti a ricoprire il ruolo” e soprattutto

non hanno alcun rapporto né

con il governo né col Parlamento”, condizione necessaria e sufficiente

che pare essere sostenuta da tutti coloro i quali sono in attesa di

cambiamenti rapidi e radicali.

Il referendum Icesave non sarebbe

mai stato istituito

In conclusione, la nuova Costituzione consegnata in Parlamento nel mese di luglio

avrà rispettato le volontà degli islandesi? Avrà fondato le basi

di una democrazia degna di questo nome? Secondo Ragnhildur Helgadóttir,

è troppo presto per dirlo“. L’insegnante di Diritto

ritiene che la vecchia Costituzione avrebbe dovuto subire delle modificazioni

tali da essere resa più accessibile, ma non ha mai “sentito

delle voci ragionevoli in capitolo”, e aggiunge che “ci

sono note positive (nella nuova Costituzione), ma ci sarebbe ancora

da lavorare“, posizione condivisa dalla maggior parte degli

intervistati.

Tuttavia ci vorrebbe troppo tempo per

fare una sintesi dei 114 articoli scritti. Su molti argomenti, i “venticinque”

hanno fissato il quadro generale e gli obiettivi ambiziosi, senza stabilire

né mezzi né i metodi di attuazione, con il rischio di lasciare

libero sfogo alla fantasia del legislatore. Tra i cambiamenti più “rivoluzionari”

figurerebbe la volontà dei costituenti di coinvolgere più cittadini

nel processo di elaborazione e di passaggio di leggi al Parlamento (articoli

65 e 66), e il limite della durata del mandato di presidenti e ministri

(articoli 79 e 86), questione adatta a scuotere le volontà di attaccamento

alla poltrona.

Su altri temi sensibili,

prevale l’indecisione. Per ciò che concerne la separazione tra

Stato e Chiesa (la Chiesa Evangelica Luterana è la religione di

stato) decide il Parlamento (articolo 19). Per quanto riguarda la protezione

del territorio e risorse naturali dell’isola (articoli 33 e 34), il

testo conferma la loro tutela (a meno che non siano proprietà di un

privato), ma lascia aperta la possibilità legislativa di “durata

ragionevole” in modo da preservarsi la possibilità di concedere

le licenze per utilizzare tali risorse. In altre parole, l’uomo d’affari

cinese [Huang Nubo, miliardario cinese, NdT] che ha recentemente rivelato

con entusiasmo la sua volontà di creare un eco-resort sull’isola

non si potrà lamentare di tale emendamento costituzionale.

Infine, l’articolo 67 stabilisce che

il ricorso al referendum popolare non sarà considerato in temi

riguardanti il bilancio dello Stato o le tasse. Su affari di ordine

internazionale, i “costituenti” hanno escluso dall’ambito di

competenza, in merito alle decisioni popolari, quei soggetti che potrebbero

ostruire nell’esercizio del potere e rallentare gli iter decisionali.

In altre parole, se la Costituzione fosse stata creata due anni fa,

i due referendum Icesave non sarebbero mai stati indetti e di conseguenza

gli islandesi non avrebbero mai potuto esprimersi e opporsi alle modalità

di rimborso del debito nei confronti di Gran Bretagna e Olanda. La domanda

sorge spontanea: riguardo l’adesione dell’Islanda all’Unione Europea,

l’articolo in questione permetterebbe o no il ricorso alla consultazione

popolare?

Processo rivoluzionario o meno, voto

unanime o meno, si spera che i profondi cambiamenti voluti dal popolo

islandese, totalità composta da una maggioranza silenziosa alla quale

si oppone una piccola fazione oligarchica, possano avere un riscontro

positivo. Tuttavia per gli islandesi, ma non per le persone che, per

ragioni misteriose (proselitismo? Marketing? Propaganda?) hanno voluto

mascherare la realtà piuttosto che descrivere la storia, i cambiamenti

intrapresi in Islanda sono ancora in stato embrionale.

Alla fine una cosa è certa: l’euforia,

i discorsi accesi, le proteste intrise di passione e di volontà

sovversiva non cambiano nulla. Non possiamo attribuire nessuna forza

alle parole.

**********************************************

Fonte: Constitution islandaise : une révolution pour les Islandais ? (deuxième partie)

31.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FLAVIO MELE

LEGGI ANCHE: COSTITUZIONE ISLANDESE: STIAMO PARLANDO DI UNA RIVOLUZIONE? – PARTE PRIMA

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