Contro le elezioni primarie

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di Truman Burbank

In un periodo di ideologie precotte e pronte al consumo, esce in questi giorni un libro che espone idee fuori dal comune.

Lo stimolante libro di Melchionda, “Alle origini delle primarie”, espone l’idea che le elezioni primarie siano una forma di populismo potenzialmente distruttiva per la democrazia.
Per fare ciò egli risale agli USA di circa un secolo fa, (con particolare riferimento al Wisconsin), quando i riformatori (o progressisti) riuscirono ad introdurre una serie di innovazioni politiche, tra cui le elezioni primarie. Eccellente è l’esposizione dei cambiamenti che si verificarono negli USA alla fine dell’800, dopo 70 anni di democrazia rappresentativa basata sui partiti. Il libro segue in qualche modo un’esposizione didattica, con una prima parte espositiva ed una seconda parte costituita da testi di riferimento.
Viene chiarito il fatto che le primarie oggi sono considerate normali, ma non fu così agli inizi. Infatti quando esse furono gradualmente introdotte negli USA (agli inizi del secolo scorso) non sembrarono affatto una cosa naturale. Ci furono molti conflitti e dibattiti perché loro enormi implicazioni erano in qualche modo percepite.

Vengono evitate le facili semplificazioni e le assimilazioni tra le dichiarazioni dei progressisti americani di un secolo fa (R. M. La Follette in particolare) e gli effetti del movimento progressista sul sistema politico americano. Ne risulta una prospettiva abbastanza originale del fenomeno democratico in America.

Al di là del fenomeno delle primarie, che comunque per Melchionda è la forma più micidiale di quello che chiama “virus del direttismo”, nell’ottica espositiva sono preoccupanti per il lettore le (troppe) analogie tra ciò che avvenne negli USA un secolo fa, con gli sviluppi successivi, e ciò che sta succedendo in Europa e in Italia al giorno d’oggi.

Il direttismo come termine viene ripreso da G. Sartori ed indica la tendenza a eliminare le strutture intermedie di rappresentanza (in primo luogo i partiti) tra gli elettori e l’esecutivo.
Secondo Melchionda il virus del direttismo attacca le strutture che consentono ai cittadini di controllare il governo rappresentativo e rischia di distruggere le democrazie. Invece di correggere le pecche della democrazia rappresentativa (la partitocrazia), esso ne esaspera le modalità maggioritarie e d’investitura popolare (l’aspetto plebiscitario). Facendo balenare il miraggio di un superamento della rappresentanza il direttismo rischia di travolgere quella fragile costruzione che è la democrazia, invece di potenziarla.

Le primarie misero in pratica il principio direttivo per eccellenza, cioè l’investitura plebiscitaria dei leader politici. Esse svuotarono i partiti del diritto di nominare i candidati, lasciando spazio così alle tecniche di manipolazione dei mass media che nascevano in quel periodo, le quali avvantaggiavano i più ricchi, quelli che potevano spendere di più per convincere gli elettori. La diminuzione del potere dei partiti causò inoltre un allontanamento degli elettori dalla politica attiva.

Le macchine partitiche furono sostituite dalla macchina dei mass media. Con il tempo solo il denaro risultò decisivo per il successo politico.

Enrico Melchionda
Alle origini delle primarie
Democrazia e direttismo nell’America progressista.
Ediesse, Roma

Alcune mie note

(1) Sui rischi del plebiscito mi piace ricordare una prima forma di plebiscito riportata nei Vangeli, dove il popolo, chiamato a scegliere se salvare Gesù Cristo o Barabba, scelse di salvare il ladro Barabba.

(2) Nel libro viene usato il termine “libera stampa” per indicare la stampa non partitica degli USA di un secolo fa. Tale termine mi sembra inappropriato ed inutilmente elogiativo. Comunque la stampa non è il soggetto del libro ed il termine è presumibilmente quello usato all’epoca.

(3) Vorrei aggiungere (nel libro non l’ho notato) che la tendenza attuale in Italia a far scegliere il Primo Ministro direttamente al popolo è di per sé una perdita secca di democrazia, in quanto viene stemperata la separazione dei poteri. Infatti con le tendenze in atto diventa sempre più difficile distinguere tra potere legislativo ed esecutivo, entrambi che prendono diretta legittimazione dal popolo.

(4) Forse da ricordare anche il grande costituzionalista Costantino Mortati con le sue teorie sui partiti come parte essenziale della democrazia, partiti che quindi egli avrebbe voluto in qualche modo regolamentare. Nel libro l’istituzionalizzazione dei partiti è presente, ma in un senso sicuramente diverso da quello pensato da Mortati.

Truman Burbank

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