Consumatore e cittadino

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DI TONGUESSY

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C’era una volta la responsabilità, un concetto ampiamente dibattuto in diverse sedi, umaniste e non. L’idea di base è che un cittadino responsabile è in grado di mantenere una società a misura d’uomo, mentre un cittadino irresponsabile crei soltanto disagi e progressive limitazioni alle altrui libertà.
L’intera modernità si fonda su una coesa idea di responsabilità sociale, dove ognuno apporta un suo specifico contributo alla realizzazione del disegno globale. Questo, nella migliore delle ipotesi, comporta almeno due cose: che esista un disegno facilmente individuabile e condivisibile e che ogni anello della lunga catena realizzativa si comporti adeguatamente, cioè responsabilmente.

Ad un certo punto però i tempi sono cambiati ed il furibondo vento neoliberista ha cominciato a spazzare via antiche convinzioni e consuetudini. Il volano del capitalismo produttivo (la classe media) alla luce dei paradigmi del capitale 2.0 non risultava più idonea a garantire adeguati margini di profitto. L’operaio che si compra la 500 o la Vespa, impegnandosi a pagare a rate il mito della modernità, esemplifica chiaramente l’impegno a mantenere in vita il ciclo produzione/consumo altrimenti chiamato fordismo. Il sogno (qualunque sogno) non si basa solo su visioni futuristiche ma  sull’impegno a realizzarlo. Con il fordismo si raggiunge l’apice della responsabilità al consumo: l’azienda investe parte degli utili nei salari che permettono agli operai di acquistare ciò che essi stessi producono. Mancherebbe la responsabilità verso l’ambiente, ma non si può volere tutto: l’ambiente ancora oggi rappresenta un costo. Il sogno della società meccanizzata dove le macchine ci liberano dalla schiavitù dei lavori pesanti stava per realizzarsi, ed ognuno doveva fare la propria parte per concretizzarlo.
Mattei rappresenta meglio di molti altri l’archetipo della responsabilità verso il sogno modernista: manager di indiscusso valore mette a repentaglio la propria vita per conseguire il progetto di una realizzazione condivisa dove ognuno ne trae beneficio. Erano i tempi in cui i manager guadagnavano 20 volte più di un operaio, contro 500 con picchi di 20.000 di oggi. [1]
Oggi la differenza di reddito tra un “sicario dell’economia” (parole di John Perkins) ed un semplice operaio stigmatizza il solco che il capitalismo speculativo ha voluto tracciare tra le elites e la cittadinanza. Non è un solco solo economico, anche se questo aspetto è quello che maggiormente impressiona. In gioco c’è anche il concetto di responsabilità.
La partita è diventata sempre più sbilanciata ed i risultati sempre più prevedibili, al punto che ormai si è perso il senso di avventura tipico di quando ci si inoltra in un territorio inesplorato e l’adrenalina sale. Il sogno modernista è svanito e con esso anche l’afflato verso una società da plasmare attraverso un confronto di idee anche serrato ma con finalità analoghe. Con la postmodernità è arrivata anche la postdemocrazia. La democrazia intesa come impegno di teorie differenziate tese a raggiungere un risultato ideale ha segnato l’era della grande industrializzazione quando ognuno aveva l’obbligo morale di partecipare al raggiungimento di precisi orizzonti politici ed economici. Oggi che quegli orizzonti sono svaniti è in atto un grande ripensamento sul valore di questa forma politica. L’effetto immediato di centri nevralgici condotti da persone mai elette (banche centrali e anche governi) mette in seria discussione il senso di responsabilità individuale: se comunque tu faccia non riuscirai mai a far valere la forza delle tue idee negli ambienti che contano, a cosa serve dedicarle tempo e spazio?
E’ abbastanza chiaro che questa situazione fa il gioco delle elites che spingono verso la postdemocrazia per mezzo della deresponsabilizzazione. Ci stanno educando attraverso una serie di messaggi e di abitudini. Il consumatore viene educato a diventare irresponsabile affinché il cittadino perda il proprio senso critico. Il concetto di fondo è che bisogna evitare tutte le situazioni in cui una persona può democraticamente scegliere (in base alle sue personali esigenze) una soluzione piuttosto che un’altra assumendosi il peso di tale scelta, ovvero usando coscientemente la propria responsabile libertà. Il ventaglio delle soluzioni democraticamente possibili va ridotto ad una sola scelta obbligata, e deve apparire come una straordinaria libertà. Tale scelta comporta l’abitudine a considerarsi poco responsabile, incapace di saper scegliere e quindi in condizioni di dover accettare di buon grado l’unica opzione offerta per evitare quei disagi che citavo all’inizio. La questione è legata a doppio filo con la tecnologia il cui sviluppo esponenziale non può essere adeguatamente seguito dalle persone comuni. Il primo episodio che mi salta in mente è quello del gatto messo ad asciugare dopo il bagnetto nel forno a microonde. L’anziana signora americana una volta acquistata la novità tecnologica decide di usarla come se fosse il suo vecchio forno ventilato, e ci mette il gatto ad asciugare. Nel libretto di istruzioni (che tipicamente nessuno legge) non c’era scritto che non si doveva fare, né è richiesto ai pensionati di conoscere la fisica di specifiche onde elettromagnetiche ed i relativi rischi. Risultato: sentenza esemplare contro i costruttori i quali da quel momento si ingegnano ad inserire le istruzioni più improbabili per evitare loro possibili condanne “a difesa dell’ignaro consumatore”.

Ma il pericolo è sempre in agguato. Se non si avvisa che i popcorn da microonde non possono essere mangiati per 10 anni consecutivi senza il rischio di contrarre una bronchiolite obliterante è sicuro un indennizzo milionario. [2]
Nessuno si preoccupa del fatto che mangiare per 10 anni popcorn al microonde possa essere di suo un test abbastanza completo di dubbia salute mentale legata a pessime abitudini alimentari. Nossignori, i consumatori sono compatibili a minus habens a cui bisogna prestare la massima attenzione per ragioni di prudenza. Il che comporta una lunga quanto esilarante lista di divieti presenti negli odierni libretti di istruzione quali non fermare la motosega con i genitali o non usare un termometro oralmente dopo l’utilizzo rettale.[3]
Credo però che l’apice della sconclusionata arringa per debellare le responsabilità individuali spetti al settore automobilistico. Guidare un’auto dell’ultima generazione e sentirsi un mentecatto sotto l’occhio vigile ed intransigente del tutore elettronico (che io chiamerò Piccolo Fratello) è un tutt’uno. Si inizia dalle cinture di sicurezza. Poco importa che stiate portando l’auto dal garage al cancello: subito inizia il fastidioso bipbip del mancato aggancio. Né si va meglio se si appoggia la spesa sul sedile del passeggero per comodità: l’incessante bipbip ti obbliga a mettere le cinture anche alla borsa. Purtroppo nei cartoni animati così come nella realtà stradale il bipbip l’ha sempre vinta. C’è poi la storia del cambio marce: se per caso ti piace tirarle un po’ un sensore ti informa che quello che fai non va bene, vedi di cambiare in fretta. Peggio di una suocera. Se piove non devi preoccuparti: lo sappiamo che non si vede bene e tu da bravo deficiente non hai capito a cosa servono i tergicristalli né tantomeno come si accendono, quindi c’è l’accensione automatica. Stessa storia per le luci: dato che circolano troppi idioti patentati che non hanno idea a cosa servano tutti quei bottoni e leve, appena scende l’imbrunire le luci si accendono da sole. Quella sera avevo un’auto in prestito e dato che nel mio percorso urbano ci vedevo non mi ero reso conto che le uniche luci accese erano quelle di posizione frontali; dietro era tutto spento, con ovvi rischi. Potere dell’automazione del Piccolo Fratello.
Sei un imbranato unico nel parcheggio, per questo esiste il park assist che ti evita di imparare a parcheggiare come si deve. Se proprio ami i rischi inutili ci sono i sensori di parcheggio.
Gli ultimi spot pubblicitari poi, mostrano evidenti cretini che non hanno bisogno alcuno di patente per guidare. Si inizia con la danza della testa girata dove un gruppo di proprietari di veicoli vari usa il metodo più sconsiderato per andarsene per strada: guidare con la testa rivolta altrove rispetto alla carreggiata. Tutti finiscono malamente tranne chi ha acquistato l’auto con il sensore di frenata.[4] Siamo alla storia del popcorn: invece di stigmatizzare comportamenti sbagliati ci si concentra sul garantire ogni condotta stupida considerandola normale. La morale dice che la tecnologia è necessaria a minimizzare i problemi creati dalla tecnologia stessa. Cioè dobbiamo fidarci ciecamente della cosiddetta freccia del tempo lineare che grazie ai costanti miglioramenti tecnologici ci sta traghettando da tempi barbari e oscuri verso un radioso futuro. Questo fatto getta una luce sinistra sul concetto di responsabilità dato che assolve il consumatore da qualsiasi impegno verso la propria e le altrui esistenze e getta contemporaneamente le basi di una cultura della cittadinanza amorfa a cui viene garantita totale assoluzione da qualsiasi peccato a patto di affidarsi supinamente alle intelligenze superiori di tipo tecnologico. La postdemocrazia  è esattamente questo: lo svuotamento dei significati su cui la democrazia si fondava. A partecipazione, impegno e condivisione intesi come afflato di una costruzione sociale subentra un regime di apparente libertà individuale. La tecnologia che ha ucciso il gatto dell’anziana americana oggi si rivela salvifica nel redimere modi di agire sbagliati, confermando la tesi secondo cui scienza e tecnologia non sono “cattive” in sé ma dipendono dall’uso che se ne fa. Purtroppo l’uso non è multiforme, è omologato e omologante, il che rende l’argomento assolutamente circolare.
Si arriva così ad una pletora di diritti teleguidati senza un minimo di doveri, sintesi perfetta del thatcherismo secondo cui “la società non esiste, esistono gli individui” sempre più esenti da qualsiasi obbligo verso tutto ciò che sta attorno a loro.

Esistono al giorno d’oggi sistemi abbastanza collaudati per evitare che l’individuo possa sperimentare al di fuori di ciò che gli viene concesso. Uno dei sistemi più collaudati per rendere dichiaratamente idiota il consumatore è impedirgli di esprimere le proprie preferenze oltre il lecito. Il termine “lecito” è alquanto bizzarro. Significa, visto dalla parte dei gestori della tecnologia, fissare i limiti di ciò che può diventare controproducente per loro e al tempo stesso implementare regole che educhino il consumatore a usare solo la tecnologia residente che diventa per definizione immodificabile.
Ancora una volta l’esempio più calzante ci viene dato dall’industria automobilistica. La mia vecchia auto si “lascia fare” di tutto e i piccoli lavori di manutenzione li ho sempre svolti regolarmente da solo: cambio olio, filtri, freni etc… Regolo l’erogazione del GPL a piacere, scegliendo tra consumi e prestazioni. L’auto nuova di mia moglie con la quale eravamo andati in vacanza al contrario non accetta nulla che non sia previsto dal menù onboard. Il che significa impossibile regolare il flusso GPL anche quando i consumi scendono a 7km/lt. Non esiste valvola di regolazione, e solo un’autofficina specializzata è in grado di rilevare eventuali malfunzionamenti e riportare i valori entro la norma (che è quella decisa in fabbrica e non è modificabile a piacere). Le auto moderne in realtà sono tutte dotate del Piccolo Fratello che ci osserva e ci educa impedendoci che possano essere messe in atto pratiche non volute. Pratiche cioè che vanno contro la gerarchia imposta dove tutto fa capo alla produzione e nulla è lasciato all’iniziativa individuale, il che getta una luce sinistra sul motto thatcheriano. Secondo i dettami neoliberisti non esistono più le masse e le loro organizzazioni ma neanche gli individui (pilastri del consumo e della parcellizzazione delle coscienze) possono fare come meglio credono. Il capitale postmoderno vuole fare di noi dei cloni, dei cyborg intellettualmente limitati che sappiano usare supinamente le tecnologie imposte. Il Piccolo Fratello che regola la vita dell’automobilista postmoderno è la sintesi perfetta di come il capitale voglia forgiare i consumatori e quindi i cittadini: incompetenti e legati a doppio filo alle gerarchie per qualsiasi necessità.
Anche in ambiti teoricamente più creativi si fa sentire pesantemente questa cadenza postmoderna. Nell’Olimpo degli amplificatori per chitarra un posto rilevante è occupato dai Mesa Boogie. La ditta usa un sistema idiota di compressione creativa. Si va dalla mancanza di schemi ufficiali unita allo stampato a doppia faccia per un valvolare (assolutamente fuori luogo dal punto di vista tecnologico ma utile per confondere gli smanettoni a cui piace modificare creativamente il suono) per finire con la corrente di bias delle valvole. Queste ultime pur marcate con lo stesso nome (ad es. EL34) sono oggetti fisici talmente diversi da rendere necessaria una taratura manuale della corrente di polarizzazione. La politica Mesa è implacabile: voi usate SOLO le mie valvole. Non esiste regolazione del bias e le altre valvole conseguentemente suonano male. Dittatura commerciale che predispone alla dittatura politica, la vedo così.
Al consumatore postmoderno viene lasciata solo una possibilità: diventare cittadino programmato, insensibile ai cambiamenti che gli causano danni e sempre ben disposto verso le centrali del potere che guidano tali cambiamenti. L’Europa delle politiche neoliberiste che ha causato una spaventosa compressione del ceto medio è il pacchetto politico che siamo stati obbligati ad accettare ed esattamente come il Piccolo Fratello ci dice come comportarci o, peggio, si prende autonomamente le responsabilità in vece nostra. La centralina (BCE, governi) non è soggetta a manutenzioni e modifiche se non da parte degli enti autorizzati. Il capitale ha così trasformato la necessità di coinvolgere i cittadini nella responsabilità di un ampio progetto sociale nella volontà di togliere progressivamente spazi di decisione per perseguire finalità legate a schemi di svuotamento democratico per fini elitistici. Il cittadino-consumatore viene quotidianamente istruito, attraverso pratiche obbligatorie, a doversi fidare delle gerarchie. Non gli viene più affidato alcun incarico importante, la sua opinione è irrilevante dato che il sogno postmoderno non prevede alcun allargamento di responsabilità e quindi di attuazione democratica. I giochi postdemocratici sono fabbricati e gestiti in luoghi inaccessibili e la partecipazione riguarda solo ruoli marginali.
Con una cittadinanza forgiata secondo questi principi non vedo che foschi orizzonti.

TONGUESSY

Fonte: www.comedonchisciotte.org

6.02.2018

NOTE

“L’Unione Europea è un goffo pigmeo a paragone con gli agili giganti delle multinazionali. E comunque la sua qualità democratica, anche applicando standard minimi, è scarsa” Colin Crouch

[1]https://www.panorama.it/economia/opinioni/stipendi-differenze-ceo-dipendenti/
[2]http://www1.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Malato-per-colpa-dei-popcorn-risarcimento-record-negli-Stati-Uniti_313713985804.html
[3]http://www.esarcasm.com/23357/dumb-tech-warning-labels/
[4]https://www.youtube.com/watch?v=0GZBIRTdvAk

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