oasisana.com, 6 ottobre 2023
Di Maurizio Martucci
Ci aveva provato in estate, potrebbe riuscirci in autunno. O quanto meno prova a farlo prima dell’inverno.
“Un’antica amicizia mi lega ad Adolfo Urso“, ripeteva Salvo Pogliese al tempo in cui il Sindaco lo faceva a Catania. Dopo una condanna per peculato riformata a maggio dalla Corte d’Appello di Palermo a 2 anni e 3 mesi di reclusione, Pogliese adesso fa il senatore a Palazzo Madama tra gli scanni di Fratelli d’Italia, sotto l’ala protettiva dell’amico di vecchia data Adolfo Urso, Ministro del Made in Italy e delle Imprese (MIMIT) che, dall’inizio di questa legislatura, sta facendo di tutto per favorire il 5G e gli interesse della lobby internazionale nell’aumento dell’elettrosmog in tutta Italia. E adesso, dopo un’interrogazione parlamentare tra amici dall’altro fedele Matteo Gelmetti, torna alla carica con un emendamento bislacco del fido Pogliese infilato ieri – senza dare troppo nell’occhio – in mezzo al Decreto Concorrenza. “Al fine di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica”. Si legge così nell’emendamento Pogliese (capogruppo di Fratelli d’Italia alla 9° commissione del Senato Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione agroalimentare) al Disegno di Legge di iniziativa Governativa promosso dal dicastero di Adolfo Urso. L’emendamento è all’art. 4 bis, (Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici), cofirmatari i senatori Bartolomeo Amidei (anche lui ex sindaco come Pogliese), Anna Maria Fallucchi (nipote dell’omonimo ex senatore DC) e Gianpietro Maffoni (pure lui ex sindaco), tutti di Fratelli d’Italia che in Luca De Carlo guida pure la commissione in cui figura anche Carlo Calenda del gruppo Azione-ItaliaViva (con Matteo Renzi altro fautore del 5G nell’innalzamento dei limiti).
In sostanza, a 25 anni dall’adozione, si tenta di mettere in moto l’iter parlamentare che entro 60 giorni dall’eventuale approvazione dell’emendamento vorrebbe stralciare una delle norme più cautelative al mondo in difesa della quale quest’estate si sono mobilitati oltre 50 scienziati e ricercatori della comunità internazionale chiedendo al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di non gettare la salute degli italiani in un maxi forno elettromagnetico a microonde a cielo aperto: “stiamo già pagando i costi sociali e sanitari dell’aver immesso nell’ambiente livelli di radiazioni artificiali da radiofrequenza che non sono del tutto compatibili con la vita. Un aumento ulteriore dell’esposizione della popolazione a radiofrequenza non è eticamente accettabile e neppure economicamente sostenibile”.
E invece no. Perché se entro due mesi i pareri di Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico (CIPRIE) e conferenza dei servizi Stato-Regioni non dovessero trovare un accordo sui nuovi limiti al rialzo, l’emendamento prevede che “i livelli di riferimento dell’intensità di campo per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici saranno in via provvisoria e cautelativa fissati a un valore di quattro volte inferiore a quello considerato tollerabile dalla raccomandazione 1999/519/Ec del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 luglio 1999”, cioè del tetto massimo d’Europa (stabilito dalla discussa, controversa e già conflitta d’interessi ICNIRP), quindi innalzati non fino a 61 V/m ma comunque di circa 50 volte più di oggi (valore di potenza) per schizzare dalla media cautelativa dei 6 V/m fino a 24 V/m. Ma secondo un’altra chiave di lettura, forse pure a 57 V/m, perché quel “quattro volte inferiore” lascia spazio a diverse interpretazioni. Tutte ancora da chiarire, comunque alla faccia della minimizzazione del rischio e del principio ALARA nella minimizzazione dell’impatto ambientale inserito come obbligo nella Legge Quadro 2001. Perché?
Se a metà del massimo, quindi 24 V/m oltre tutto nella rilevazione nelle 24 ore il che significherebbe già anche un 28-30 V/m camuffato all’italiana, si tratta infatti del medesimo valore killer registrato dalle agenzie tecniche e accertate dalla magistratura nell’annoso caso di Radio Vaticana: tra 1990 e il 2003 interessò oltre 170.000 persone a nord di Roma per un livello d’elettrosmog senza eguali in Italia prodotto da 33 antenne: furono registrati valori fino a 25 V/m sullo sfondo di morti per leucemia e tumore con tassi superiori alla media nazionale. Non solo. L’emendamento del Sen. Pogliese prevede campagne annuali di rilevamento dei limiti (oggi valori fuori legge che invece verrebbero legalizzati), ma soprattutto non prevede alcuna indagine epidemiologica per capire quante persone si ammalano di cancro, tumori, leucemie nelle abitazioni a ridosso delle antenne che irraggiano h24-7/7. Tant’è, visto che il Ministero della Salute non ha rilasciato alcun parare sanitario per il lancio del 5G tantomeno sull’innalzamento dell’elettrosmog, spingendosi perfino a negare il riconoscimento dell’elettrosensibilità, un attacco in primis verso quei cittadini adesso esposti ad un serio pericolo di vita. Un vero e proprio trattamento sanitario obbligatorio a cui nessuno potrà sottrarsi. “Entro il 31 ottobre di ogni anno la Fondazione Ugo Bordoni – si legge nell’emendamento Pogliese – pubblica un rapporto sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali delle reti mobili. La Fondazione, in attuazione di un protocollo di intesa stipulato tra il Ministero delle imprese e del made in Italy, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e il Ministero della salute, sentita la conferenza unificata, supporta le Agenzie regionali per la protezione ambientale e gli Ispettorati territoriali del Ministero delle Imprese e del Made in Italy nell’attuazione di campagne annuali di misurazione al fine di informare la popolazione sui livelli di campo elettromagnetico effettivamente presenti sul territorio, nonché di fornire alle Regioni e agli enti locali dati e informazioni utili per migliorare il processo di localizzazione e di controllo degli impianti sorgenti di campi elettromagnetici“.
Come ho più volte scritto e ribadito, tra il disinteresse, il negazionismo e il depistaggio anche di parte della cd. controinformazione, è poi in corso una trattiva Stato-Telco per favorire nel 5G il business delle multinazionali straniere della telefonia mobile (in ballo 4 miliardi di euro nell’innalzamento dei limiti – clicca qui leggi tutto) e Fratelli d’Italia è il partito che più di ogni altro sta spingendo per questa scellerata operazione (clicca qui leggi), da scontare sulla pelle degli italiani. “Fratelli d’Italia è assolutamente contraria a qualunque ipotesi di moratoria per quanto concerne la tecnologia 5G – si legge ancora oggi sul sito del primo partito di governo – Fratelli d’Italia ritiene la tecnologia 5G indispensabile per le connessioni e le trasmissioni dei dati e per lo sviluppo del nostro Paese. L’Italia ha bisogno di guardare avanti, di tenere il passo delle grandi nazioni mondiali e non può permettersi di rimanere fermo al palo. Inoltre, le aziende che hanno partecipato alla gara per l’acquisizione delle radiofrequenze hanno portato nelle casse dello Stato oltre 6 miliardi di euro e le loro aspettative non possono essere essere deluse così come non possono essere messi a rischio migliaia e migliaia di posti di lavoro. Fratelli d’Italia pertanto, è assolutamente contraria a qualunque ipotesi di moratoria per quanto concerne la tecnologia 5G anche perché siamo sicuri che la salute dei cittadini verrà tutelata nel modo migliore”. Ecco fatto, alla George Orwell se guerra è pace, anche possibile cancro può diventare salute. “Accolgo con soddisfazione l’apertura del ministero a innalzare i limiti”, sempre dalla destra ripetono. Eppure in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, Alessio Butti (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’innovazione e alla transizione digitale), solo il 13 Settembre aveva lasciato intendere che la questione è tutt’altro che di semplice risoluzione, affermando che “la modifica dei limiti elettromagnetici prevede un percorso normativo di estrema complessità. Occorre valutare altri fattori, a partire dalle modalità di misurazione, che in Italia vengono effettuate, caso unico a livello continentale, in modo differente dal resto d’Europa“.
Ma l’emendamento Pogliese si muove invece in senso contrario, accelerando i tempi. Nel caso d’approvazione e la chiusura del successivo iter-parlamentare nei 60 giorni a seguire, agli inizi del 2024 Giorgia Meloni potrebbe fissare i nuovi limiti di legge con un DPCM, cioé un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Almeno 25 V/m, ma si rischia pure 30, 58 o 61 V/m. Non possiamo escludere nulla: al peggio non c’è mai fine!
Di Maurizio Martucci