Celando cause e consequenze
DI WILLIAM A. COOK
Mentre ci apprestiamo ad assistere all’incoronazione del nostro Imperatore per altri quattro anni, ad appena due mesi dal giorno in cui ha lanciato gli Stati Uniti in una politica imperialistica di invasioni preventive di stati esteri, potremmo soffermarci a riflettere su quanto profondamente questa amministrazione abbia analizzato le cause che hanno portato alle atrocità dell’ 11/9. L’episodio è poi divenuto ragione apparente per l’attacco da parte nostra ad una nazione che nulla ha commesso contro gli Stati Uniti per meritarne distruzione ed occupazione. Si potrebbe prendere spunto, ad esempio, da due personaggi in antitesi tra loro che di recente sono comparsi quasi in contemporanea dinnanzi al pubblico americano. Osama Bin Laden lo ha fatto attraverso un filmato andato in onda su al Jazeera e un Sig. Nessuno, Michael Scheuer ha pubblicato un testo di Imperiale Alterigia approvato dalla CIA ed intitolato: Perchè l’Occidente sta perdendo la Guerra al Terrore. Pur battendosi per opposti Signori, bin Laden che insorge in nome di Allah e Scheuer che si interroga su George W, Signore del Malgoverno, è interessante notare come entrambi propongano la stessa prospettiva: non si è mai indagato sulle cause scatenanti le atrocità dell’11/9.
Osama, rivolgendosi al popolo americano, pone la questione in questi termini: “la gente pensante, quando il disastro si abbatte su di lei, ricerca innanzi tutto le cause che lo hanno determinato al fine di prevenire il ripetersi dell’evento. Voi però siete sconcertanti. A quattro anni di distanza dagli eventi dell’11 settembre, Bush è tuttora preso a distorcere, ingannare e nascondervi le reali cause. E così, le cause scatenanti sussistono ed è sempre possibile il ripetersi di quanto avvenuto”. Scheuer ha fatto questa osservazione: “il suo (di Osama) genio risiede nella capacità di isolare poche politiche americane che sono largamente detestate tra i musulmani. E quest’odio crescente è destinato a generare sempre più violenza”. Scheuer continua dicendo che Osama “vuole a tutti costi che gli americani capiscano perchè lui non li può vedere, cosa intende fare in merito ed i relativi provvedimenti da porre in essere attraverso l’azione militare”. Ma nonostante tutto il nostro Presidente va ancora dicendo che i terroristi di al Quaeda ci odiano per via delle nostre libertà. Ancora una volta la questione delle reali cause a monte di tali azioni rimane irrisolta.
Mentre osservo le atroci conseguenze di questa elezione e il consolidamento della squadra di neo conservatori di Bush e dei sostenitori evangelici Sionisti di destra nelle loro posizioni di potere, sono costretto a riflettere ancora una volta sull’11/9, l’evento catalizzatore che ha mosso l’America nella guerra senza fine di Bush contro le forze del male. L’America quella mattina si è svegliata e si è trovata di fronte ad un’atrocità incomprensibile, un atto che sfidava ogni buon senso, un atto immotivato di immani proporzioni capace di infliggere una distruzione catastrofica nei confronti di gente innocente, un atto che ci siamo trovati nell’incapacità di afferrare proprio perchè mai prima di allora avevamo assistito a qualcosa di simile, un atto che ha unito il popolo in fratellanza, rabbia e paura.
Io stavo accompagnando la mia figlioccia a scuola quella mattina e ci eravamo fermati in un negozio lungo la strada. Appena entrati, avevamo visto i due proprietari, di origine medio-orientale, paralizzati davanti allo schermo televisivo. L’orrore negli occhi davanti alle torri in fiamme, lo stupore al cospetto di immagini che allora parevano riprese da qualche film d’azione di Hollywood. Proprio di fronte a noi, ad una ragazzina adolescente e a me che ho sessant’anni di vissuto alle spalle, restavano le rovine del simbolo della potenza dell’America abbattuto insieme alle Torri del Commercio Mondiale. Il primo esempio di distruzione compiuta sul suolo americano e provocata da una forza straniera.
Che immagini incomprensibili per un’ adolescente, la realizzazione imperscrutabile che gli esseri umani hanno il potere di infliggere sofferenze tali ad altri esseri umani. E del resto quanto incomprensibile dev’essere sembrato ad un uomo vissuto mentre i bombardamenti si abbattevano sulla città di Dresda, mentre gli aerei da combattimento degli Stati Uniti radevano al suolo 64 città giapponesi prima di sganciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, mentre Nixon accendeva i cieli col suo bombardamento di Natale della Cambogia e di Hanoi, e mentre da un hotel di Praga sono testimone della distruzione “shock and awe” di Baghdad avvenuta meno di due anni fa.
Sebbene abbia vissuto cinque decadi più di lei, non ho mai udito, com’è vero per ogni americano vissuto tra due coste tra loro distanti, il ronzio dei bombardieri Super Fortress (n.d.t. Boeing B-29 tra i più temibili impiegati durante la II Guerra Mondiale) nel cielo sopra le nostre teste, lo stridore delle bombe che precipitano al suolo, la crepa lacerante di edifici pronti ad esplodere sotto il potere esplosivo di tonnellate di TNT, il calore intenso generato da migliaia di ordigni al fosforo che rotolano a ondate di fuoco sulle automobili, lungo le strade, negli edifici trasformando ogni cosa in un inferno di calore ustionante che scioglie la carne umana e risucchia l’aria dai polmoni lasciandosi alle spalle una landa desolata, chilometri e chilometri di macerie, il duro lavoro dell’uomo ridotto in frantumi.
Queste riflessioni hanno trovato una conferma assolutamente azzeccata in una email che ho ricevuto in risposta ad un articolo che avevo scritto per Counterpunch, il 22 ottobre, intitolato “Uccidere per Cristo”. Quell’articolo dipingeva scenari di morte in Iraq, morte in parte plasmata da Cristiani incitati alla guerra da dei ministri fanatici. “Fin quando gli USA non saranno ridotti in rovine – la stessa carneficina da me sperimentata da bambino nell’Europa post-bellica – gli americani saranno costretti ad affrontare il genere di male che hanno scatenato per il mondo” scrive Sandy; “…Queste guerre non hanno a che fare con la religione, e nemmeno col petrolio; hanno a che fare con l’ignoranza. Gente ignorante che non ha mai visto le sue città in fiamme, non ha mai scavato tra le macerie della sua casa bombardata incerca dei resti smembrati dei suoi bambini, non ha mai rabbrividito al suono dei carri armati e degli aerei venuti a distruggere la sua terra natia”.
Il pensiero contenuto in quella lettera, ignoranza e quindi indifferenza dovuti ad un isolamento dell’America dalla devastazione aerea, viene a galla ancora nel “discorso al popolo americano” di Osama bin Laden, rilasciato da al Jazeera, il 24 ottobre. Mentre Osama descrive gli eventi che lo hanno portato ad immaginare la distruzione delle Torri Gemelle, eventi che alla base hanno “l’oppressione e la tirannia della coalizione israelo-americana contro il nostro popolo in Palestina e Libano”, racconta delle indimenticabili scene di carneficina, “sangue e membra troncate, corpi di donne e bambini sparsi ovunque. Case distrutte insieme ai loro abitanti e alti palazzi demoliti sopra i loro residenti, una pioggia di razzi sulla nostra casa senza pietà. E mentre guardavo quelle torri crollare in Libano, mi è venuto in mente che l’oppressore avrebbe dovuto subire una punizione analoga. Avremmo distrutto le torri in America per fare assaggiare anche a loro un po’ del nostro dramma e per dissuaderli dall’ammazzare ancora le nostre donne e i nostri figli”.
Che pensiero tremendo, l’ignoranza di quanto noi americani abbiamo fatto agli altri credendo in cuor nostro che le azioni compiute a nome nostro dai nostri leaders fossero dettate dall’intento di affermare la pace ed assicurare la nostra libertà portando la Democrazia al resto del mondo. Ma questo non è quello che pensa Osama. Lui ha reagito all’invasione del Libano da parte di Israele che ha sganciato bombe americane da aerei forniti dagli americani in maniera personale e totalmente differente. “E quel giorno, ho avuto la conferma del fatto che l’oppressione e l’uccisione intenzionale di donne e bambini innocenti fanno parte di una deliberata politica americana. Distruzione è libertà e democrazia, mentre resistenza significa terrorismo ed intolleranza”.
Michael Scheuer conferma le parole di bin Laden nell’intervista “60 Minutes” della CBS:
“Giusto o sbagliato, Scheuer dice che i musulmani stanno cominciando a vedere gli Stati Uniti come potenza coloniale avente Israele quale suo surrogato ed una presenza militare in tre dei luoghi più sacri all’Islam; la penisola arabica, l’Iraq e Gerusalemme. Ritiene sia giunta l’ora di rivedere e ridiscutere la politica americana nella regione, compreso il rapporto con Israele”.
Tuttavia gli Stati Uniti non ritengono che questa situazione sia determinante. Infatti, come fa notare Scheuer, “L’idea che negli Stati Uniti ci siano argomenti troppo delicati o troppo pericolosi da discutere è veramente, credo, assurda” un commento diretto in modo specifico al Congresso, all’amministrazione, ed ai principali canali di comunicazione affinchè aprano un dibattito sull’’impatto che hanno le nostre politiche verso Israele. Proprio in esse potrebbe risiedere la ragione del terrore che l’America fronteggia. “Nessuno desidera abbandonare gli israeliani”, commenta Scheuer, “tuttavia l’impressione è che, e mi sembra sia un’impressione piuttosto accurata, sia la coda a condurre il cane. Stiamo concedendo agli israeliani carta bianca perchè agiscano come meglio credano nella loro area”. In breve, la politica di Bush, essenzialmente quella messa a punto dai suoi controllori neo conservatori, ha messo in pericolo gli Stati Uniti, rendendoli complici dell’oppressione di Sharon, la sua occupazione della Palestina ed i suoi episodi di ferocia contro la sua gente. Non ultima manifestazione dei quali è rappresentata visibilmente dall’illegale ed inumano Muro del Terrore eretto intorno a case e villaggi. Inoltre, nell’ultimo anno e mezzo, l’occupazione e devastazione dell’Iraq da parte dell’America; eventi ritenuti una specie di join-venture degli Stati Uniti con Israele.
Dal punto di vista di Osama, gli Stati Uniti si sono mossi per il controllo della terra e delle risorse arabe utilizzando Israele come complice nell’area. Quest’impressione sulla politica statunitense nutre l’odio, un odio che fluisce da due sorgenti: l’estrema destra sionista d’Israele e la mentalità che guida i fratelli fanatici di Osama i quali si abbeverano allo stesso pozzo: le storie mitologiche che profetizzano una guerra inevitabile di distruzione tra ebrei e arabi, la battaglia religiosa di Armageddon. Il sostegno dell’America per i traguardi sionisti rappresenta così un attacco diretto ad Allah e può solo essere respinta con reazioni finalizzate alla distruzione dell’America. Questo è il nocciolo del discorso di Osama all’America. Risolvete le questioni irrisolte oppure pagatene le conseguenze. Ciò significa, come appunta Scheuer, aprire il dibattito sulle politiche dell’America a sostegno d’ Israele o altrimenti continuare la marcia diretta immancabilmente alla rovina totale.
Dibattito aperto significa, comunque, ben altro che indagare sulla pista dei documenti redatti dai neo-conservatori dal 1991 al marzo del 2003, testi che testimoniano le varie fasi realizzate per giustificare e portare a termine l’invasione dell’Iraq; significa oltremodo aprire l’anima dell’America all’epurazione provocata da un’analisi acuta e dolorosa in merito al disordine e alle devastazioni arrecate in tutto il mondo. Il commento eloquente e comprensibile di Osama sul fatto che la Svezia non sia stata attaccata punta il dito verso l’America quale istigatrice di azioni che hanno fomentato l’odio tra popoli in tutto il mondo. Lo dimostra la recente accoglienza ricevuta dal nostro imperatore in Cile.
Ma gli americani, la maggioranza di essi, ne sanno poco o niente delle azioni intraprese in nome loro e che stanno a monte dell’odio viscerale, evidente in tutto il mondo, che appesta ogni loro passo. Che immagini abbiamo visto della devastazione che abbiamo causato nella città santa di Fallujah? Che fotografie mostrano i corpi seppelliti sotto le macerie delle case bombardate? Che immagini di esseri umani presi a morsi e divorati dai cani randagi abbiamo visto sui nostri giornali o in TV? Che fotografie ci mostrano il terrorismo delle forze israeliane e il loro assassinio indiscriminato di civili innocenti? Che immagini ci illustrano l’orrore del muro che tiene prigionieri donne e bambini, ruba fattorie e frutteti privando le famiglie dei loro mezzi di sostentamento? Quali grafici mostrano al cittadino americano che paga le tasse in che modo viene speso il suo denaro, non solo per accerchiare e decimare un popolo ma anche per coinvolgere l’America nella strage provocata da Sharon e dal suo governo? Che pensiero terribile: l’ignoranza e l’indifferenza dei fautori della devastazione, che ne permettono il suo protrarsi, diventa fonte di risentimento per coloro che si considerano vittime di quello stesso governo che gli Americani hanno eletto a guida.
L’orrore delle Torri Gemelle ha concesso un attimo di riflessione, una possibilità per gli americani di guardarsi dentro, vedere il mondo nello stesso modo in cui ci osservano da oltre confine, vittime di un orrore troppo inverosimile da contemplare, la detonazione intenzionale di strutture civili nella consapevolezza esplicita e calcolata che vite innocenti finiranno cremate oltre riconoscimento. E, infatti, la reazione è stata viscerale nel cuore di ogni americano! Com’è stata istantanea la reazione alle torri crollate, non solo da parte della mia adolescente a 3000 miglia di distanza dal luogo della catastrofe, ma da parte di tutti gli americani. Com’è stata galvanizzante la reazione attraverso il paese, con versamenti di fondi per i vigili del fuoco ed i poliziotti caduti, il cordoglio per i parenti delle vittime ed un assalto alle banche del sangue. Tutti hanno patito il colpo, condiviso la perdita e provato l’angoscia di coloro che sono fuggiti nel panico dalle macerie in fiamme, i detriti che piombavano giù e le ceneri portate dal vento. Gli americani hanno conosciuto di prima mano l’orrore della guerra in casa propria.
Tale consapevolezza li ha indotti a seguire senza esitazioni l’appello del loro leader ad entrare in guerra contro le forze del male che volevano distruggere le “libertà” dell’America. Quella guerra, prima in Afghanistan, poi in Iraq, ha inviato ondate di bombardieri a sganciare imprecisate tonnellate di esplosivi su di un imprecisato numero di civili che hanno patito la vendetta dell’americana determinazione a sconfiggere il nemico ignoto. Tuttavia riflettendo sull’elemento catalizzatore, il desiderio dell’America di stanare il suo nemico, comincio a capire come i nostri sentimenti non siano stati accomunati agli stessi provati da coloro che hanno sofferto per mano nostra in Europa, in Asia e nel Medio Oriente. L’esperienza che abbiamo sofferto l’11/9, una deplorevole atrocità costata la vita di 3000 persone, che ha recato devastazione e disordine per la nostra gente per settimante intere, che ha distrutto un gruppo di edifici eretti su di una superficie di quattro acri nel cuore della città, non è paragonabile alla totalità della devastazione arrecata dagli americani con i bombardamenti di Fallujah, o Baghdad, o nel Libano, o ad Hanoi, a Tokyo, Hiroshima o Dresda. Il fatto che tali episodi vengano considerati atti compiuti in tempo di guerra non cancella l’impatto del massacro che hanno inflitto su migliaia di persone innocenti, catturate con l’eufemismo assodato per cui il sacrificio dell’innocente è ammissibile quale danno collaterale.
Portare la mentalità americana ad un punto di consapevolezza che renda possibile un paragone con la sofferenza che abbiamo inflitto ad altri come possibile giustificante dell’odio che si è abbattuto sull’America è un compito che va oltre i nostri poteri. Ma qualcosa ha indotto milioni nel mondo a considerare l’America quale temibile potenza disposta ed in grado di distruggere stati più piccoli per raggiungere i propri scopi e proteggere i propri pretesi interessi. Perchè? A cosa si deve un tale attenggiamento dell’America?
Mentre rifletto su momenti nella mia stessa vita quando l’America ha scatenato il suo micidiale potere su altri non in grado di difendersi, mi basta solo ricordare i bombardamenti di Dresda. “La sera del 13 febbraio 1945 un’orgia di genocidio e barbarie ebbe inizio contro un’indifesa cittadina tedesca, uno dei grandi centri culturali del Nord Europa. In meno di 14 ore, non soltanto fu ridotta in rovine in fiamme, ma circa un terzo dei suoi abitanti, possibilmente mezzo milione di individui, rimasero vittime in quello che passò alla storia come il peggiore massacro mai verificatosi”. (“The WWII Dresden Holocaust”). Dresda non possedeva installazioni militari, non aveva forze aeree a difenderla, nessuna fabbrica di armamenti: soltanto fabbriche di sigarette e porcellana ed un ospedale stracolmo di malati.
A Winston Churchill e a Roosevelt occorreva un trionfo da esibire con Stalin nel previsto incontro di Yalta, “Un impetuoso boato di annientamento anglo-americano col quale far colpo su di lui” in realtà, un atto di terrore inimmaginabile. Quel rombo di tuono fece mezzo milione di morti dietro di sè. Prese le sembianze di una tempesta di fuoco in cui enormi “masse d’aria venivano risucchiate per alimentare l’inferno, generando un vortice artificiale. Quelle persone che la sfortuna ha voluto catturate dall’impeto del vento sono scagliate per strade intere tra le fiamme. Altri rifugiati nei sotterranei finiscono spesso soffocati dalla mancanza d’ossigeno consumato dall’aria per alimentare gli incendi, oppure altri ancora muoiono nell’esplosione di calore bianco, un calore talmente intenso da sciogliere la carne umana.”700.000 bombe al fosforo furono sganciate su 1.2 milioni di persone, 1 ogni due persone, col calore che raggiunse 1600 gradi centigradi, in un raid di bombardamenti della duranta di oltre 14 ore. I sopravvissuti a quell’inferno sulla Terra dovettero accatastare i cadaveri su di enormi pire per la cremazione, ne sono stati contati 260.000; il resto dei caduti non sono identificabili: corpi sciolti nel cemento o completamente carbonizzati. “In poco più di un’ora, quattro miglia quadrate della città equivalenti a tutta la bassa Manhattan da Madison Square Garden a Battery Park, si sono trasformate in un inferno roboante”.(Murray Sayle, “Did the Bomb End the War?”). Noi americani siamo rimasti senza fiato davanti all’orrore di quattro acri di distruzione e 3000 morti; potremmo adesso, non c’è che da riflettere sul passato, comprendere come gli altri si siano sentiti a dover sopportare una carneficina di dimensioni di gran lunga maggiori.
Questa terribile descrizione della nostra forza si è ripetuta molte altre volte ancora dalla II Guerra Mondiale e nel corso di essa. Tokyio e altre 63 città giapponesi hanno provato il duro impatto con la potenza aerea dell’America. “334 bombardieri Super Fortress volavano ad altitudini comprese tra i 4.900 ed i 9.200 piedi al di sopra dei loro obiettivi (Tokyo) … per tre ore ondate di aerei B-29 hanno sganciato il loro carico sulla popolosa città sottostante… l’acqua nei fiumi raggiunse il livello di bolllitura…. 83.793 persone uccise e 40.918 ferite, un totale di 265.171 edifici furono distrutti e 15.8 miglia quadrate della città furono ridotte in ceneri.” (Christian Lew, “The strategic bombing of Japan”). Poi ci fu Hiroshima. “…la bomba vaporizzò istantaneamente, ad una temperature di svariati miliorni di gradi centigradi, creando una palla di fuoco e irradiando quantità immense di calore… Il calore irradiato dalla bomba si è sentito sulla pelle a più di due miglia di distanza dall’epicentro… si stima che quel 6 agosto siano morte tra le settantamila e le ottantamila persone, con ulteriori decessi causati da malattie da radiazioni diffusesi nei giorni, mesi ed anni a seguire” (Murray Sayle, “Did the Bomb End the War?”). Perchè abbiamo sganciato la bomba? Senza scendere nel dettaglio, basta dire che, “Alcuni pensatori… hanno trovato difficile credere che l’episodio che ha introdotto il mondo nella guerra nucleare sia stato deciso in maniera avventata, tanto per fare”.
Consideriamo queste statistiche: i tedeschi “sganciarono 80.000 tonnellate di bombe sulla Gran Bretagna in più di cinque anni”; L’America ne ha sganciate più di 100.000 tonnellate in un mese in Indocina, e tra Lyndon Johson e Nixon, l’America ha riversato “7 milioni di tonnellate di bombe sul Vietnam, la Cambogia ed il Laos,” molto più di quanto noi, ed i britannici, abbiamo rilasciato sulla Germania ed il Giappone durante tutta la II Guerra Mondiale. Con questa devastazione Nixon diede sfogo alla sua rabbia per la rottura da parte del Vietnam del Nord delle trattative di pace a Parigi.
Il che ci riporta alla nostra invasione illegale dell’Iraq, un invasione che adesso sappiamo essere stata preparata con anni di anticipo rispetto all’11/9 e per motivazioni che niente hanno a che fare con la pretesa “guerra al terrore”. Sappiamo anche di averlo fatto per assistere Israele nel suo desiderio di distruggere uno dei suoi nemici, una nemesis che ha appoggiato i “combattenti per la libertà” con l’occupazione israeliana della Palestina. Ed oggi abbiamo una seconda lettera di Osama bin Laden, consegnata via video, che proclama per una seconda volta come il soggiogamento di Israele della popolazione originaria in Palestina nonchè la sua reiterata “pulizia etnica”, sia motivo tale da giustificare la distruzione dell’11/9. Adesso 100.000 civili e più di 1300 soldati americani caduti, città in macerie e il popolo in rivolta contro l’oppressore americano, noi, come nazione, abbiamo scelto di proseguire la nostra aggressione unilaterale. Ciò rende l’America una nazione ai margini del mondo, sempre meno tesa a compartire la pena di milioni di persone che hanno sofferto per causa sua.
E il tutto mi riporta a quella tremenda mattina dell’11/9 quando con un’adolescente ho provato a sondare l’inumana natura degli essere umani. Come spiegare l’enormità di quel gesto e ancora metterlo in relazione con la storia passata, quando avremmo potuto provare compassione per il tormento di coloro che hanno subito il calcio dell’oppressore ed assistito al massacro gratuito di innocenti? Pensando a tutto ciò, nei giorni successivi all’11/9, ho avuto una visione del panorama avvolto nelle ceneri di Hiroshima che si stagliava a perdita d’occhio. Un’immagine impressa indelebilmente nella mia mente da bambino piccolo. Poi in mezzo a quella landa desolata sono emerse le Torri Gemelle, il loro profilo che si staglia tra colline distanti ed il cielo, punto di riferimento per meditare appena prima dello schianto aereo che le tramuterà in ceri che illuminano l’oscurità che avvolge quel luogo senza vita dove un tempo sorgeva Hiroshima. Magari alla luce di quei ceri potremo scorgere quello che da sempre ci siamo rifiutati di vedere nella nostra ignoranza: che abbiamo seminato pericolose dottrine e morte in tutto il mondo e adesso raccogliamo tempesta.
William A. Cook
Fonte: http://iraqwar.mirror-world.ru/tiki-read_article.php?articleId=36099
10.01.05
Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Kolder