Bipolarismi unipolari

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La narrazione imperante ha bisogno di scontri virtuali per rendere credibile la postdemocrazia. Si tratta di offrire soluzioni apparentemente alternative a situazioni apparentemente di pessima caratura. Nella sostanza si tratta invece di offrire la stessa pietanza politica (o di altro tipo) condita con salse diverse, ma con ingredienti identici. Si assiste così alla triste alternanza di governi che fanno le stesse cose dei governi precedenti (pure di schieramento differente) a cui peraltro vengono imputati tutti i mali del caso. Il polo A contro polo B sarebbero “due pugili che da angoli opposti del ring urlano gli stessi slogan” (attribuita a Jay Leno). Una situazione di perfetto lose-lose dove i cittadini perdono sempre e comunque. Unipolarismo bipolare.

 

A questo punto si innestano teoria e tecnica del Salvatore: colui che contravvenendo a qualsiasi normativa e a fronte di rischi personali immensi si prende carico dei destini dell’umanità e la traghetta fuori dalle sabbie mobili in cui si è impantanata. Svariati secoli dopo Gesù, Rambo e una buona parte della narrazione hollywoodiana hanno per decenni martellato i cabasisi sulle magnifiche imprese e sui gloriosi destini di queste figure mitologiche senza macchia e senza paura. Beh, nella realtà le cose sono andate un pochino diversamente e se ci ritroviamo ancora oggi a parlare dei problemi dell’umanità è perché evidentemente tanto tecnica che prassi del Salvatore non funzionano a dovere. O forse lo fanno ma per un periodo limitato, non so.

 

Il bipolarismo unipolare genera l’humus indispensabile alla generazione del Salvatore di turno. Che oggi si chiama Trump. Prima di lui la lista è abbastanza lunga: Obama il primo africano che guida trionfalmente (?!) le truppe USA nelle varie guerre postcoloniali gratificato da un meritato Nobel per la pace, qui da noi Di Maio che inizialmente prometteva no TAV, no vax, no MUOS, no euro etc…, prima di lui il greco Tsipras che finalmente imponeva la volontà popolare ai vampiri della Troika. Non vi annoio ulteriormente, la lista è davvero lunga. Sapete come è andata a finire. Il bipolarismo unipolare non perdona, almeno qui da noi.

 

La questione in estrema sintesi è la seguente: disattivata la carica democratica della società moderna (con tutto quello di negativo che si può dire rispetto al significato di tale carica) e venuto quindi meno il senso di appartenenza ad un contesto sociale (“La società non esiste. Ci sono solo individui e famiglie” diceva la Thatcher) , è stata messa in moto dal sistema la parcellizzazione delle coscienze che consiste nel dare spazi di partecipazione non più reale ma virtuale. Mentre il neoliberismo è sempre più reale, la partecipazione alla vita sociale diventa sempre più digitale. Sociale oggi è social, ovvero www.qualcosa.com. Vietati perché inutili quegli scioperi che una volta facevano cadere i governi, l’aggregazione avviene soltanto per via telematica.

Tutte le piattaforme digitali sono gestite da algoritmi il cui potere è praticamente immenso nei riguardi dei contenuti ed ha lo scopo duplice di vendere informazioni (pubblicità) e di ingabbiare l’utente in ciò che crede sia la sua libertà mentre è una trappola dalla quale non riesce ad uscire. Altro bipolarismo unipolare. Ormai la regola è convincersi che ognuno abbia diritto a vedere pubblicata in rete la propria pazzia e su questa postverità (verità che non necessita di verifica) si fonda gran parte dell’ontologia postmoderna. È quindi chiaro che si tratta di “scontro di pazzie” (versione riveduta e corretta dello “scontro di civiltà”) dove si sgomita a suon di foto di gattini, ricette di dolci della nonna, realizzazioni hobbistiche, teorie sconclusionate e dettagli irrilevanti. A monte c’è la necessità di crearsi una narrazione sempre più personalizzata dove viene esaltata l’individualità cara alla Thatcher mentre viene demolita la visione globale dei fenomeni reali e relative analisi.

 

Ecco quindi spiegata l’enfatizzata potenza del Salvatore, colui che riesce a canalizzare le speranze sparpagliate di un’umanità parcellizzata e senza ormai più capacità di interazione diretta con il reale. Al cittadino viene concesso un approccio mediato: dopo una vita passata a prendere ordini ci si affida alla figura mitologica che si incarica autonomamente di fare da testa di ariete nei confronti di tutto ciò che ci ha vessato e ci sta vessando: dopo la democrazia rappresentativa è arrivata la rappresentazione della vendetta rappresentativa È la soluzione ideale tanto per i parcellizzati che per il sistema: proiettare la soluzione su qualcuno invece di prendersi cura in prima persona del proprio destino soddisfa tanto i bisogni ormai solo virtualmetafisici di una cultura votata al Bene (qualsiasi cosa questo significhi) che l’opportunità di controllare solo un Salvatore piuttosto che masse di incazzati furibondi.

 

Insomma è ormai già nata una nuova religione che, come tutte le religioni, si muove su terreni a metà tra il reale ed il virtuale o metafisico: il controllo dei fatti reali spetta ai padroni della narrazione mentre il controllo delle speranze è saldamente in mano ai popoli. Saldamente? Beh, non proprio. La narrazione oggi vuole infondere dosi massicce di speranza: siamo ormai fuori dalla crisi, andrà tutto bene perché ci siamo comportati in modo impeccabile obbedendo e via elencando. Questa narrazione ha lo scopo di evitare che un popolo senza orizzonti chiari diventi imprevedibile. Urge creare orizzonti virtuali dove ognuno possa trovare idonea collocazione. Proprio come nel web. L’universo lineare della narrazione attuale non può essere messo in discussione. Siamo tutti orfani di qualcosa che poteva essere realizzato e che ha invece preso strade per noi “impreviste”, mentre la prevedibilità degli avvenimenti rimane saldamente in mano ai narratori. Ci si aggrega solo su parole d’ordine condivise perché imposte e dare un senso positivo ed inevitabile ad una faccenda che vede i cittadini come perdenti è quell’oppio dei popoli che Marx criticava come esclusività delle religioni.

 

In questo consiste il bipolarismo unipolare attuale: il potere si è affidato alla creazione di funzioni virtuali, che controlla pienamente, mentre la precedente gestione dell’apparato reale, dove il cittadino aveva voce (e quindi potere), viene smantellata pezzo dopo pezzo lasciando all’individuo non più la possibilità di aggregazione democratica con funzioni di cambiamento (siamo in postdemocrazia) ma l’alternativa tra postare foto e commenti sui social oppure fare affidamento su un qualche Salvatore investito di capacità taumaturgico/consolatorie.

L’idea tutta religiosa è che il riscatto non sia qui e ora, ma venga spostato nel tempo e nello spazio. O nel web. “Andrà tutto bene” sintetizza perfettamente l’angosciosa schizofrenia del sapersi impotenti mentre si confida in un futuro radioso. È tutto rimandato ad un futuro, ammesso che esista.

Per fortuna c’è Trump.

 

 

“..sceglierò solo la coppia di contrari specificatamente morali, ossia il bene e il male (scientes bonum et malum!). La formazione di questa coppia va di pari passo con l’aumento o la riduzione della fiducia in sé.(..)Un individuo ascriverà tra i suoi meriti personali una virtù collettiva, mentre un altro considererà come una colpa personale un vizio collettivo. (..) Noi vogliamo essere buoni e quindi vogliamo sopprimere il male e con questo finisce il paradiso della psiche collettiva”

C.G.Jung “La struttura dell’inconscio”

 

 

 

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