DI DEBORA BILLI
crisis.blogosfere.it
Francamente me lo sarei risparmiato, di scrivere sull’ennesima puntata del serial “Blac bloc contro pacifisti, la Polizia sta a guardare” che va avanti con successo dagli anni ’70. Ma qualcuno me lo chiede via email, e così ecco qua.
Negli anni ’70, i blac bloc al loro esordio furono battezzati “autonomi”, e facevano esattamente le stesse cose di oggi: devastavano le città durante le manifestazioni del movimento (sì, si chiamava “movimento” anche allora). In caso di oceaniche manifestazioni sindacali, operaie, del Partito Comunista, invece degli autonomi non c’era traccia e tutto si svolgeva in perfetto ordine.
30 anni e tutto è ancora uguale. E da 30 anni stampa, opinione pubblica, governo e forze dell’ordine si interrogano sul mistero misterioso di chi siano mai questi facinorosi. Sappiamo persino chi è il colpevole di Ustica, pensate, e ancora non sappiamo nulla di questi sfuggentissimi blac bloc. Infiltrati del governo di turno, ultrà del pallone, ragazzini esaltati che si divertono così, o forse sono ancora gli stessi autonomi del ’77 che, con la panza e i capelli bianchi, si stanno guadagnando la sudata pensione.
Il piagnisteo generale è ora sul tema “Tutti parlano delle devastazioni, e nessuno parla dei motivi importanti della manifestazione”. La mia opinione è che, se il corteo si fosse svolto tranquillamente, di tali motivi importanti non sarebbe fregato nulla a nessuno lo stesso. O pensate forse che oggi, a reti unificate e in tutti i bar d’Italia, si starebbe parlando di debiti, default, banche predatorie, crisi, derivati, e crollo del sistema economico globale? Un milione di persone in strada, come è successo altre mille volte in Italia, e come altre mille volte non serve a un accidente.
Noi siamo maniaci dei cortei. In nessun posto come qui, c’è la fissa dei cortei. C’è gente che ne ha fatto quasi un mestiere, dell’organizzare cortei: la “mani”, la chiamano tali specialisti. Non credo si siano mai chiesti se la manifestazione serva a qualcosa, in particolare se serva a qualcosa quando si protesta contro organismi e decisioni sovranazionali. Un conto è il corteo contro la Gelmini, un conto contro il sistema finanziario globale. Ma in Italia si vuole fare la sfilata, tutti insieme con gli amici, “festosa e gioiosa” come chiede orribilmente Vendola: evidentemente ci si aspetta che si festeggi la crisi e le sue conseguenze saltellando in strada e poi tutti a casa.
Un atteggiamento completamente schizzato: ieri hanno intervistato una pacifista, che condannava gli scontri. Il suo collettivo? “Atenei in rivolta”.
La mia sensazione è che il movimento italiano non stia capendo nulla della situazione, non abbia una strategia di protesta o persino di “rivolta”, e che propabilmente sia capeggiato, come tutte le cose in Italia, dai soliti quattro babbioni vecchi come il cucco che sanno usare solo i sistemi di 30 anni fa.
Un milione di persone in piazza andrebbero spese molto meglio. Se non si fa la presa del Palazzo d’Inverno (la rivoluzione violenta su cui, con la massima nonchalance, discettavano fino a ieri persino autorevoli giornalisti e politici, gli stessi che oggi invocano sistemi gandhiani), che si usino almeno in un modo intelligente. Accampate al Circo Massimo, diecimila persone basterebbero per fermare Roma a brevi flash e, studiando uno straccio di cartina, potrebbero bloccare l’arrivo dei pezzi grossi dall’aeroporto di Ciampino, che regolarmente attraversano la città a duecento all’ora facendo strage di motociclisti e passanti costretti a buttarsi nei fossi per evitare le auto blu.
Occupy Wall Street sta in strada da 30 giorni. Erano 20 persone, all’inizio, oggi sono migliaia. E si fanno arrestare in massa, ogni giorno, disobbedendo alle assurde leggi repressive che vigono colà (ad esempio: vietato scendere dal marciapiede). Noi abbiamo un “potenziale di fuoco” pacifico di un milione di persone, e lo sprechiamo piagnucolando sui blac bloc che ci rovinano la festicciola, e poi tornando a casa con la coda fra le gambe. Il Circo Massimo era a due passi, ieri: ci fosse stato un cane pronto a lanciare un’idea alternativa lì per lì.
Il modello di battaglia di questa era, è piazza Tahrir. Occupare in migliaia uno spazio, permanentemente, e tenerlo col ricambio delle presenze (tutti trovano un’ora o due giorni per andare a presidiare): allestendo tendopoli, chioschi, facendo assemblee, disturbando con flash mob, resistendo allo sgombero, facendosi arrestare. Da piazza Tahrir a Wall Street, sta funzionando bene e trova la solidarietà della popolazione, della stampa che non può fiatare e persino di qualche membro delle forze dell’ordine.
Ma in Italia tale geniale idea non è venuta ancora a nessuno, di quelli che organizzano “le mani”. Forse non sono venuti a saperlo. Sarà che, come i blac bloc, anche loro sono un poco anziani e con Internet hanno poca dimestichezza.
Debora Billi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it
Link: http://crisis.blogosfere.it/2011/10/basta-i-cortei-non-servono-ad-un-accidente.html
16.10.2011