DI PIOTR
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Russi e Cinesi sanno bene chi siano i mandanti degli attentati. Ma ritorsioni dirette contro di essi causerebbero una guerra atomica. Come reagiranno, allora?
Non ho avuto nemmeno il tempo di scrivere che i terroristi addestrati nel “Califfato” avrebbero a breve operato in Cina e in Russia, che, più veloci della luce, terroristi uiguri (manovrati verosimilmente da settori dei servizi turchi) hanno compiuto un attentato nello Xinjiang e ieri in Cecenia c’è stato un attentato che ha ucciso cinque poliziotti (stessi macro-obiettivi e stessi sponsor). Quando esposi queste tragiche previsioni in un articolo (“Il chiarimento del caos“), un buontempone commentò così: “Ah, ah, le risate. Divertentissimo articolo, che fantasia!“.
Risposi che purtroppo io di fantasia ce ne ho ben poca, ma nei centri strategici dell’Impero ne hanno da vendere, ma è agghiacciante. Visto che le cose stanno diventando sempre più preoccupanti, occorre essere un po’ più seri. Siamo infatti di fronte a un’accelerazione del conflitto mondiale. Russi e Cinesi sanno perfettamente chi sono i mandanti degli attentati. Sanno anche perfettamente che ritorsioni dirette contro i mandanti provocherebbero una guerra atomica. Essendo più ragionevoli degli Usa, e avendo molto più da perdere loro che non un Occidente che sta tentando con le unghie e coi denti di mantenere in vita un predominio ormai in fase calante dopo due secoli, penso che le loro risposte agiranno sulle seguenti opzioni:
1) Rinsaldare le fila, ovvero “accerchiare” l’Occidente. Se si guarda una carta geografica e si colorano con lo stesso colore l’Organizzazione di Shanghai, i paesi dell’Alba latino-americana, il Brasile (dove probabilmente la Rousseff vincerà al secondo turno, nonostante “La Repubblica” gufi contro) e l’Argentina ormai in rotta di collisione con Washington, non è difficile rendersi conto che isolato è l’Occidente (inteso come Nato-Giappone-Israele) e non la Russia o la Cina. 2) Reprimere in modo brutale gli autori diretti della destabilizzazione. 3) Replicare con colpi duri tirati nelle regioni “contese” o meno direttamente coperte dalla mafia triadica “occidentale” precedente. Ad esempio in Ucraina e in Siria o magari anche in Iraq e in stati provocatori come la Georgia appena ne offrano il destro.
Guardiamo un po’ più da vicino questi scenari.
Per quanto riguarda lo scenario 1, oltre che essere un’ovvia reazione difensiva, il “resto del mondo” sa benissimo che questo accerchiamento farà scoppiare contraddizioni di ogni tipo nella triade occidentale. Già in Germania voci molto autorevoli (il che vuol dire “ambienti molto potenti”) hanno iniziato un attacco deciso contro il tentativo di isolare la Germania dalla Russia. L’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder ha detto papale papale che bisogna immediatamente farla finita con le sanzioni. Udo Ulfkotte, una star del giornalismo tedesco, ha confessato di essere stato a libro paga della Cia per 17 anni col compito di disinformare a favore della Casa Bianca e ha fatto il nome di centinaia di colleghi e lobbisti che hanno avuto lo stesso compito. Infine Kai Griffe, caporedattore del canale televisivo ARD nel suo blog ha chiesto scusa per avere accusato i federalisti della Novorussia di una strage di civili in maggio, dovuta invece alle forze di Kiev. In seguito un giornalista ha replicato le scuse in diretta televisiva. Occorre sottolineare, a questo proposito, che interessi forti – e ovviamente interi Stati – potrebbero dar luogo ad azioni di contrasto dell’imperialismo Nato, prima delle “masse popolari” o in modo più efficiente. È una tesi che può essere discussa ma non ignorata.
Per quanto riguarda lo scenario 2, in Cina è ciò che sta già succedendo. A fronte dei 10 morti per l’attentato nello Xinjiang, ci sono stati 40 morti tra gli attentatori. Cosa sia successo di preciso non si sa, ma è probabile che le forze di sicurezza cinesi abbiano avuto l’ordine di non fare troppi prigionieri. D’altra parte l’Occidente benché spudorato non ha ancora trovato il modo per accusare la Cina per il probabile massacro degli jihadisti cinesi, per di più coinvolti in una strage di civili, proprio mentre manda bombardieri a fare, per lo meno ufficialmente, la stessa cosa e con in più inevitabili stragi di civili incolpevoli. Ecco perché l’attacco dirittumanista e democraticoesportatore avviene in quel di Hong Kong. A questo riguardo solo poche considerazioni. I cittadini dell’isola cinese per 140 anni si sarebbero tenuti un governatore deciso unilateralmente da Londra senza dire né a né ba, ma oggi che possono votare il Chief Executive (CE) di Hong Kong farebbero il diavolo a quattro perché le procedure non sono pienamente democratiche. Già questo suona strano. Ad ogni modo la questione è intricata, e devo ancora capirla bene, ma a un primo scrutinio mi sembra che le richieste dei dimostranti siano contraddittorie, così da essere volutamente irricevibili. I dimostranti sostengono che la Basic Law, compresa nell’accordo firmato tra Gran Bretagna e Cina al momento della restituzione dell’isola alla madrepatria, prevede che il CE sia eletto a suffragio universale, non applicato finora. È vero, il suffragio universale è previsto nell’articolo 45. Però basta andare a leggere questo articolo per vedere che detto suffragio universale è visto come l’ultimo stadio di un processo graduale (“. in accordance with the principle of gradual and orderly progress. The ultimate aim is the selection of the Chief Executive by universal suffrage“).
Ma lo stesso articolo prevede subito dopo che in questo caso il candidato sia indicato da un Comitato (“upon nomination by a broadly representative nominating committee in accordance with democratic procedures“), cosa che i dimostranti rifiutano.
Non solo, rifiutano che i candidati giurino fedeltà ad Hong Kong e quindi, in modo traslato, alla Cina, come richiesto dal governo cinese per applicare il suffragio universale. Ve lo vedete Obama che rifiutava di giurare fedeltà agli Usa? Questi punti non sono negoziabili per le autorità cinesi, perché è l’unico modo che hanno per bilanciare una curiosissima particolarità del suffragio universale come è inteso per l’isola. Infatti hanno diritto di voto anche i cittadini non cinesi che abbiano ottenuto la residenza permanente, cosa che succede dopo solo sette anni di permanenza legale ad Hong Kong (articoli 24-sub 4, 25 e 26 della Basic Law – signori! basta andarseli a leggere senza aspettare l’interpretazione da parte dei preti laici). Quindi a votare sarebbero anche cittadini di Stati eventualmente interessati a una destabilizzazione o a un indebolimento della Cina sui quali, in aggiunta, qualsiasi disastro provocato dalle loro scelte a Hong Kong avrebbe un effetto soltanto secondario. Si noti che in nessun altro posto al mondo è ammessa una facoltà di voto simile. Comunque i dimostranti sanno che la maggioranza degli abitanti di Hong Kong è fredda nei loro confronti. Oggi i manifestanti di “Occupy central” hanno smobilitato. Dopo quattro giorni di festa oggi si tornava al lavoro e i manifestanti sanno benissimo che la freddezza dei loro concittadini potrebbe diventare aperta ostilità. Ma non credo che i giochi si siano conclusi. Spero di sbagliarmi. Ad ogni modo è chiaro che i mandanti alla Casa Bianca (ci sono le foto e le dichiarazioni, non è certo dietrologia) stanno cercando di creare una situazione tipo Tienanmen. Ma per far che? Per convincere qualcuno che i Cinesi sono cattivi? I sei settimi del mondo ne ha piene le scatole delle rivoluzioni colorate made-in-the-Usa. Il settimo rimanente (cioè noi) è in gran parte indifferente e spesso ha ormai capito il trucco. Quindi l’Impero spera in un effetto tutto interno alla Cina: cioè conta che ci sia una reazione a catena. Per lo meno questa è la spiegazione più ragionevole. Ed è anche possibile che i tecnici della sobillazione siano abbastanza cinici dal cercare di esportare la rivolta in altre municipalità contando sul fatto che la decisa lotta che il governo centrale ha avviato contro la corruzione sta infastidendo, preoccupando e danneggiando molti potenti locali. Insomma, e anche qui spero di sbagliarmi, ma tra poco in Cina potremmo vedere rivoluzioni colorate di mafiosi e politici corrotti sostenute dalla stampa progressista europea e in primis italiana, alla faccia della “questione morale” e di Falcone e Borsellino (cerco d’indovinare: forse la prossima città sarà Macao). È un’ipotesi desolante ma non più di altre che si sono rivelate, ahimè, vere.
Per quanto riguarda il terzo scenario, è tutto da vedere. Ci sono le dichiarazioni della Russia riguardo la Siria da cui si evince che un qualsiasi attacco Nato-alleati arabi contro la Siria potrebbe scatenare un conflitto molto più ampio e pericoloso. E c’è la situazione apparentemente di stallo in Ucraina. Putin sta facendo di tutto per cercare di normalizzare la situazione nel Nazistan, a partire dal suo rifiuto di considerare la richiesta dei leader della Novorussia di annettere alla Russia le zone sottratte a Kiev dalla NAF (Forza Armata della Novorussia). Probabilmente Putin conta in un abbattimento dall’interno del governo nazistoide di Kiev, dovuto alle difficoltà economiche che si aggraveranno con l’inverno, alla frustrazione militare in Novorussia e all’ostilità aperta e montante dei parenti dei soldati usati come carne da macello dal pazzoide ministro della Difesa, Valeriy Heletey, e dai suoi sponsor e compari. A tale riguardo la vicenda dell’aeroporto di Donetsk rimane inspiegabile. A quanto pare, per difendere l’aeroporto sono caduti finora più di 1.000 soldati ucraini. La NAF sostiene di avere ormai il controllo dell’aeroporto tranne le installazioni sotterranee. Kiev dice che non è vero. Ma perché questa carneficina? Non è difficile capire perché la NAF vuole prendere quel sito: da lì sono partiti e partono tutti i bombardamenti a casaccio su Donetsk. Bombardamenti micidiali per i civili ma con effetti quasi nulli sulla NAF. È invece difficilissimo capire perché i soldati governativi si facciano massacrare per tenere quelle posizioni. È difficile perché l’aeroporto in questione non avrebbe nessuna rilevanza strategica nemmeno se Mosca volesse veramente invadere l’Ucraina (cosa che non le passa nemmeno per l’anticamera del cervello, dato che l’unica cosa che voleva indietro dall’Ucraina, la Crimea, se l’è gia presa da un pezzo e in modo irreversibile). Una spiegazione estrema è che questi soldati abbiano ricevuto l’ordine dal pazzo alla Difesa di fare più danni possibili ai civili a qualsiasi costo. Un’altra, meno estrema ma non meno inquietante, è che a difendere l’aeroporto non ci siano soldati ucraini ma volontari nazisti e/o mercenari stranieri (probabilmente polacchi, ma forse anche anglosassoni) che non possono farsi prendere vivi. L’ipotesi che a me sembra più plausibile (anche perché istintivamente alle ipotesi estreme cerco di arrivarci solo se ho scartato le altre), è che l’aeroporto sia vitale per una controffensiva di Kiev. Ma ci sarà una controffensiva? Sarà possibile senza allargare le crepe che già si notano nella Nato (vedi il primo punto)? Sarà possibile se Mosca veramente invierà in Siria i temuti S300 (e, peggio ancora, probabilmente manovrati direttamente da personale militare russo) magari facendo contemporaneamente macello dell’Isis (che i bombardamenti facciano solo il solletico all’Isis – come ha lamentato un generale statunitense – è una scelta non un risultato), col sostegno della Cina e dell’Iran (e il beneplacito dell’India), per comunicare la loro rabbia per gli attentati in casa? Ovviamente un macello non totale, perché qualcuno deve rimanere per ricevere il messaggio, comunicarlo ed elaborarlo.
Tre scenari, dunque. Il primo tutto sommato positivo, il secondo preoccupante e il terzo prossimo all’incubo.
In Italia dovremmo agire politicamente tenendoli bene a mente. È una questione di senso di responsabilità, di solidarietà umana, di amore per il Creato, di . di . Fate un po’ voi. Occorre però non credere più ai pifferai magici e scuotersi dal torpore e dalla paura.
Piotr
Fonte: http://megachip.globalist.it/
7.10.2014