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di Enrica Perucchietti
Il governo australiano ha approvato una legge sulla sorveglianza senza precedenti, che sta suscitando aspre polemiche e preoccupazioni, fuori e dentro il Paese.
I partiti laburista e liberale hanno votato l’approvazione del Surveillance Legislation Amendment (Identify and Disrupt) Bill 2020 che consente alla polizia di hackerare qualunque dispositivo, raccogliere o eliminare i dati e prendere il controllo degli account sui social media, senza tutele, garanzie o alcun controllo giudiziario.
La legge mette a disposizione della Polizia federale australiana (AFP) e della Commissione di intelligence criminale australiana (ACIC) tre nuovi mandati:
mandato di interruzione dei dati: la polizia avrà la possibilità di “interrompere i dati” modificandoli, copiandoli, aggiungendoli o eliminandoli mandato per attività di rete: consente alla polizia di raccogliere informazioni da dispositivi o reti internet mandato di acquisizione dell’account: consente alla polizia di assumere il controllo di un account online (ad es. un social media) allo scopo di raccogliere informazioni per un’indagine. I mandati di attività di rete consentono pertanto all’AFP o all’ACIC di monitorare l’attività online, senza indagare o accusare una persona di un crimine. I mandati di acquisizione dell’account consentono alla polizia di rilevare un account e modificare i suoi dati, che potrebbero quindi essere utilizzati come prova in un procedimento penale. I mandati per l’interruzione dei dati concedono alle forze dell’ordine poteri di interruzione dei dati per fermare la sospetta attività di un reato.
Le attività di hacking richieste potrebbero includere: alterazione, copia ed eliminazione dei dati, intercettazione e modifica delle comunicazioni; reti di sorveglianza; modifica delle credenziali dell’account.
L’accusa che è stata rivolta a questa legge è che si consente all’AFP e all’ACIC di divenire “giudice, giuria e carnefice”, secondo quanto dichiarato dalla senatrice Lidia Thorpe, portavoce dei Verdi per la giustizia.
“Il disegno di legge non identifica né spiega perché questi poteri sono necessari e i nostri alleati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada e in Nuova Zelanda non concedono questi diritti alle forze dell’ordine. I Verdi hanno presentato emendamenti per bilanciare questi poteri con un solido quadro dei diritti umani che proteggerebbe le persone innocenti dall’abuso di potere contenuto in questo disegno di legge, ma siamo stati messi in minoranza dai principali partiti”, ha spiegato Thorpe.
Avere la capacità di hackerare segretamente i computer dei cittadini, assumere il controllo dei loro canali social media e spiarli mina il diritto alla privacy e crea un inquietante precedente che potrebbe essere emulato anche da altri governi.
La sorveglianza è passata da essere una pratica presente ma relativamente marginale (dai controlli in aeroporto alle telecamere a circuito chiuso per strada) a divenire un elemento centrale nella vita di tutti noi, grazie alla presenza capillare e onnipresente di smartphone, Internet delle cose e sistemi di sicurezza sempre più avanzati.
Siamo entrati a pieno titolo nella cosiddetta “dataveglianza” che viene messa in atto attraverso tecniche sempre più sofisticate che permettono di raccogliere, incrociare, raffrontare istantaneamente i dati riguardanti un singolo soggetto e ora persino di hackerarli, cancellarli o modificarli. Queste metodologie consentono di monitorare il comportamento, gli spostamenti e le transazioni dell’individuo, senza la visione diretta come avveniva nel sistema del Panopticon, ma fornendo un’immagine straordinariamente precisa della vita reale di colui che si controlla.
Grazie alle nuove tecnologie, si sta cioè affermando quello che Mark Poster ha nominato il “Superpanopticon”, con un monitoraggio continuo dei cittadini. Il Superpanopticon elettronico, a differenza del modello di Bentham, funziona attraverso lo spionaggio automatizzato delle data-immagini, una modalità di controllo che si effettua attraverso la raccolta, la selezione e l’incrocio dei dati personali e che si prolunga fin all’interno delle mura domestiche, in quanto siamo ormai immersi in una gabbia elettronica e digitale che non ci abbandona mai (così come noi non abbandoniamo mai il nostro smartphone). L’onnipresente sorveglianza diviene, come nel Panopticon, un elemento deterrente spingendo il soggetto controllato ad adottare comportamenti virtuosi.
Il disegno di legge australiano va ancora oltre in quanto permette alle forze dell’ordine di entrare e hackerare i dispositivi elettronici e i canali social degli utenti senza garanzie né tutele.
David Lyon, Professore di sociologia alla Queen’s University di Kingston, in Canada, nel suo saggio Massima sicurezza, spiega che in seguito agli attacchi alle Torri Gemelle le pratiche di sorveglianza esistenti vennero intensificate e i limiti precedenti varcati per sempre. Si era creato un precedente. Nel 2013 il direttore della CIA Michael Hayden ammise che dopo l’11 settembre «la CIA potrebbe essere ritenuta responsabile della militarizzazione del web». Una militarizzazione del web che, non solo controlla e sorveglia i cittadini, ma li manipola, li censura e ora li hackera persino.
Ancora secondo Lyon, all’indomani dell’11 settembre, bisogna temere non tanto il pericolo del terrorismo, bensì l’intrusione da parte dello Stato nella vita dei cittadini. Stato che, in nome della sicurezza nazionale, è arrivato a varare leggi sempre più restrittive e liberticide. L’esempio dello USA Patriot Act è emblematico: ha limitato la libertà e la privacy dei cittadini consentendo al governo di intervenire sempre più spesso e in modo indiscriminato nella vita privata degli stessi, in nome della “sicurezza” della collettività.
In nome di minacce quali il terrorismo, le fake news o altro, i governi stanno adottando misure drastiche sempre più liberticide, nel silenzio dei media e dei paladini del politicamente corretto. Misure che una volta adottate non vengono poi sospese ma semmai finiscono per delineare uno scenario sempre più oscuro e distopico.
Fonte: https://visionetv.it/australia-legge-shock-la-polizia-potra-hackerare-i-computer-dei-cittadini/
Pubblicato il 03.09.2021