DI GUY MC PHERSON
countercurrents.org
Mettiamo caso che un giorno il medico ci dica: “Se tutte le attività industriali non saranno immediatamente interrotte moriremo tutti entro venti anni. Anche nostro figlio di cinque anni. Certo, tutti dobbiamo morire, ma molto prima di quel che speriamo se non la finiamo di affidarci ai combustibili fossili per qualsiasi cosa: andare da un posto all’altro, scaldare e raffreddare. “
Ovviamente, la prima reazione sarà quella di andare al supermercato più vicino, acquistare una bella bottiglia di liquore. Farci un goccetto e pensarci su, per vedere se realmente questo gioco vale la candela.
Circa due anni fa, l’IIPCC (Pannello Intergovernativo Internazionale sui Cambiamenti Climatici) ha annunciato il suo impegno a mantenere il surriscaldamento del pianeta nei livelli di circa 1 C entro la fine di questo secolo. Tanto per essere chiari, e a scanso di ogni equivoco, è bene precisare che all’IPCC è stata assegnata una parte del Premio Nobel per la Pace (Al Gore – paladino delle crociate climatiche – ha ricevuto l’altra metà del Premio).
Ancora, il mese scorso, il United Nations Environment Programme (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) ha previsto un incremento pari a 3.5 C entro il 2100, lasciando pochi dubbi riguardo alla totale estinzione della razza umana entro tale data.
La settimana scorsa, Chris West della University of Oxford’s UK Climate Impacts Programme ha indicato di poter dire addio all’obiettivo 2 C : quattro è il nuovo due, e dovrà verificarsi entro la metà di questo secolo. Ben lontani dalla realtà, gli ultimi scenari tracciati non comprendono potenziali condizioni estreme come il rilascio di carbonio dalle terre gelate del nord o lo scioglimento degli idrati di metano sottomarini. Considerata la risposta che devo aspettarmi da politici e politicanti, l’amministrazione Obama fa appello ad ogni tentativo possibile per mettere in atto una riduzione delle emissioni “non riscontrabile nella realtà politica.”
Avete presente una serie di modelli? Ogni valutazione viene rapidamente eclissata dall’altra fondamentalmente con una serie di scenari ancor più disastrosi. Ciascuno scenario è sin troppo ottimista poiché ognuno è basato su approcci di tipo conservatore. Ed ogni manciata di notizie gravi viene soddisfatta dalla stessa identica risposta politica.
C’è qualche dubbio che cercheremo di uccidere ogni specie sul pianeta, anche la nostra, entro la metà di questo secolo? A questo punto, è assolutamente necessario, ma probabilmente non sufficiente, ridurre l’economia industriale. Non è più semplicemente della vita dei nostri nipoti che si parla. A seconda dell’età che avete, si tratta della vostra vita o della vita dei vostri figli. Se avete 60 anni o siete più giovani, è proprio di voi che si parla.
Nel 2002, come ho già detto in un mio libro sui cambiamenti climatici, abbiamo messo in moto dei meccanismi che avranno come effetto l’estinzione della nostra specie, probabilmente entro il 2030. Circa cinque anni fa sono diventato euforico all’idea di sapere che la recitazione di un passo dell’Ave Maria sarebbe stata sufficiente a garantire la nostra esistenza per più generazioni: il picco del petrolio e le conseguenze che ne deriverebbero porterebbero l’economia industriale al saldo preciso e puntuale di debiti scaduti ormai da troppo tempo.
Se si abbandona la cultura della morte, potremmo vivere fino a che i nostri figli diventino grandi, abbastanza da poter morire di una morte che definirei “naturale”. Ma le occasioni richiedono tempo e di tempo ce n’è poco. Barack Obama è il classico esempio di politico che agisce assicurando, con ogni mezzo ed atto politico, un misero futuro ed una morte insopportabile per la moglie ed i figli.
Ora, le mie lamentale sono perché la soluzione è proprio davanti ai nostri occhi. Eppure la evitiamo. Non siamo capaci di riconoscere la nostra salvezza per quello che è, credendo possa essere una distopia piuttosto che una utopia. Mi chiedo cosa mai stiamo aspettando? Che sia l’ultimo essere umano rimasto sul pianeta ad iniziare la crociata?
Guy R. McPherson è Professore Emerito alla University of Arizona. Laureato in ecologia e gestione delle risorse naturali, le sue prime pubblicazioni non furono di grande impatto. A metà della sua carriera ha iniziato a focalizzarsi sullo sviluppo e l’applicazione creativo della teoria ecologica, con una attenzione particolare posta anzitutto sulla conservazione delle diversità biologiche. Attualmente i suoi studi si incentrano sulle critiche da un punto di vista sociologico con risultati che appaiono la maggior parte delle volte sulle prime pagine dei giornali. Inoltre ha facilitato la ricerca preparando documenti sintetici che si focalizzano sui legami tra (1) tutela ambientale e giustizia, economia umana e (2) scienza e sue applicazioni. Il risultato è la pubblicazione di più di 100 documenti didattici e circa nove libri.
Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/mcpherson161009.htm
16.11.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA POMPEI