ALZHEIMER, PARKINSON: A CHI GIOVA IL DILAGARE DELLE MALATTIE NEUROLOGICHE?

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DI SOPHIE CHAPELLE
Bastamag.net

Un milione di malati di Alzheimer in

Francia. Una «pandemia neurologica» le cui vittime risultano

essere sempre più giovani e le cause perfettamente accertate.

Eppure le autorità sanitarie preferiscono guardare altrove, come denunciano

la scienziata Marie Grosman e il filosofo Roger Lenglet. Intervista.

Basta!: Qual è la rilevanza

delle malattie che assediano i nostri cervelli?

Marie Grosman (1) : Il numero

dei malati di Alzheimer e di autismo aumenta in modo vertiginoso in

numerosi paesi, soprattutto in quelli più sviluppati. In Francia, dal

1994 si è passati da 300.000 malati di Alzheimer a circa un milione

oggi. E se non si interviene questa cifra raddoppierà ogni venti anni.

Il numero delle persone che soffrono di autismo è aumentato in Francia

di 17 volte nel corso degli ultimi cinquanta anni. Allo stesso modo

si osserva un’enorme progressione dei tumori al cervello nei bambini

(20% in più in dieci anni). Anche il Parkinson e la sclerosi a placche,

di cui sono affette rispettivamente 100.000 e 80.000 persone, sono in

aumento. Ciò dovrebbe analogamente sollecitare un’azione contro le

cause di queste malattie!

Roger Lenglet (2): Tutti i dati

citati nel nostro libro sono scientificamente dimostrati e non semplici

ipotesi. Siamo di fronte a una pandemia neurologica in costante peggioramento.

Le autorità forniscono sempre una spiegazione rassicurante. Ripetono

che queste malattie non hanno cause conosciute, se non l’invecchiamento

della popolazione. Ma l’età è una condizione della malattia e non

una causa. La malattia si presenta spesso alla fine della vita poiché

questo è il tempo necessario per il suo manifestarsi. Non bisogna dimenticare

che si tratta di patologie il cui tempo di latenza, dall’esposizione

alle sostanze tossiche al comparire dei sintomi, è rilevante. E sempre

più giovani sono colpiti dall’Alzheimer. Ne risultano affetti da

30.000 a 50.000 soggetti di età compresa tra i 13 e i 60 anni.

Oggi nasciamo e viviamo in

«un mondo neurotossico». Secondo voi, si tratta della principale causa

dello sviluppo delle malattie neurodegenerative?

R.L.: Si ha l’abitudine di

ragionare secondo uno schema «pasteuriano»: un virus = una malattia.

In un mondo in cui i prodotti chimici sono divenuti onnipresenti, i

loro effetti si combinano e le malattie divengono multifattoriali. Ma

i principali responsabili sono noti. Grazie a uno studio epidemiologico

del 1995, per esempio, si sa che un tasso di 100 microgrammi per litro

di alluminio nell’acqua di rubinetto raddoppia o triplica il numero

dei casi di Alzheimer. È un potente fattore che può scatenare la malattia.

A ciò si aggiunge la sinergia tra i prodotti, quali per esempio mercurio

e piombo, che aggrava in maniera considerevole la loro nocività, come

è noto a tutti i tossicologi (3).

I bambini sono particolarmente

sensibili alle sostanze neurotossiche?

M.G. : L’esposizione alle

molecole neurotossiche comincia dall’inizio della vita nell’utero.

All’interno del ventre materno la parete della placenta, che protegge

il feto, non blocca tali sostanze che hanno la tendenza ad accumularsi

nel cervello in sviluppo. Mercurio, piombo, cadmio, ftalati, pesticidi

e solventi fanno parte di questa ridda che ha effetti principalmente

sulla tiroide. Più tali sostanze sono presenti nel cordone ombelicale,

meno il feto dispone di ormoni tiroidei. Tale carenza può provocare

un’alterazione irreversibile dello sviluppo cerebrale. Si è inoltre

a conoscenza del fatto che più numerose sono le otturazioni dentali

(piombature) della madre più il tasso di mercurio nel cervello del

nascituro è elevato (4). Le madri di bambini autistici hanno avuto

in media una esposizione maggiore al mercurio odontoiatrico durante

la gravidanza (5).

Un quarto delle controindicazioni riguardano

effetti collaterali neurotossici: anche i farmaci sono chiamati in causa?

R.L. : Sì. Anche i farmaci

contro le neuropatie causano altri disordini neurologici e questi effetti

possono essere insidiosi e duraturi, soprattutto in seguito ad un consumo

protratto per mesi, o addirittura per anni. Così gli antidepressivi

modificano le funzioni cognitive, diminuendo la memoria breve, provocano

tremori, difficoltà di concentrazione, eccetera. Certi malati di Parkinson

hanno sviluppato la malattia dopo l’assunzione di medicinali. Quando

un farmaco per l’Alzheimer provoca «confusione» nel paziente, si

ritiene che sia la malattia la responsabile e non il farmaco. Bisogna

rendersi conto che tutte le patologie neurologiche possono essere indotte

dai medicinali. Ma una tale problematica è rimossa come se il farmaco

fosse sacralizzato. In neurologia i giovani praticanti tuttavia imparano

che la prima questione da porsi nei confronti di un paziente affetto

da una patologia neurologica riguarda i farmaci che ha assunto.

Dipende dal fatto che questi

farmaci rappresentano un mercato in piena espansione? 4,3 miliardi di

dollari nel 2009 soltanto per i medicinali contro l’Alzheimer…

M.G. : In effetti le malattie

neurodegenerative e neuropsichiatriche rappresentano un mercato straordinario

e garantiscono un profitto eccezionale sugli investimenti: il 39% all’anno

secondo André Syrota, direttore dell’Inserm [Istituto nazionale di

sanità e ricerca medica, ndt]. Per le pandemie cardiovascolari il profitto

sarebbe nell’ordine del 37%.

R.L.: Si privatizza la malattia

riducendola a un prodotto finanziario oltraggiosamente redditizio. Questi

farmaci assicurano una certezza d’investimento totalmente inconcepibile

per un mondo in piena instabilità finanziaria. Una vera e propria mercificazione

delle pandemie.

Con situazioni di conflitto d’interesse?

M.G. : L’associazione Formindep

ha fatto scoppiare lo scandalo sui conflitti d’interesse degli esperti

dell’Haute Autorité de Santé (HAS) [Alta Autorità Sanitaria,

ndt] che hanno formulato le raccomandazioni per i farmaci anti-Alzheimer.

Il medico a capo della Commissione per la Trasparenza della HAS

era allo stesso tempo remunerato da ditte farmaceutiche, un fatto vietato

dal regolamento. Ancora prima della sanzione del Consiglio di Stato

la HAS ha rettificato la propria raccomandazione sulla materia.

R.L. : Gli attori economici

formano una lobby tenace, impegnata a mantenere il rimborso dei

medicinali allo scopo di evitare la fine delle prescrizioni e del mercato

connesso. Nel caso di farmaci inefficaci e pericolosi, l’apparato

medico usa sempre la stessa espressione: «Il farmaco consente d’integrare

i pazienti affetti nei circuiti assistenziali». In assenza di ciò,

non ci si occuperebbe più del paziente? Eppure esistono sia un’assistenza

non strettamente medica che l’accompagnamento necessario per i malati.

Da qui l’importanza d’assicurare

l’indipendenza di chi è preposto alla vigilanza sul farmaco?

R.L. : Una perizia accurata

sul farmaco è possibile. La rivista medica indipendente Prescrire

ha previsto tutti gli scandali sanitari collegati ai farmaci di questi

ultimi decenni grazie alle sue contro-perizie. È fondamentale che la

Previdenza Sociale e lo Stato, che dispongono di consistenti risorse,

si avvalgano di questo gruppo di esperti indipendenti. Stesso discorso

per ciò che concerne le Casse Mutue: devono costituire un gruppo di

esperti che consenta loro di assicurare una funzione di controllo critico

nei confronti di quei farmaci che non dovrebbero essere autorizzati

e, a maggior ragione, che non dovrebbero essere rimborsati.

M.G. : Abbiamo bisogno di periti

che non abbiano alcun conflitto d’interesse con i laboratori farmaceutici.

Da venti anni ci viene risposto che «i migliori lavorano già

per i laboratori» e «privarsi di queste competenze» (6)

avrebbe un costo. Tuttavia, il lavoro condotto dal Réseau Environnement

Santé [Ente non governativo francese, ndt], che ha portato al divieto

dell’uso del bisfenolo A nei contenitori alimentari, dimostra la grande

importanza delle informazioni in possesso del cittadino-utente.

Che cosa ne

è della prevenzione?

R.L. : La questione più rilevante

è proprio la quasi inesistente attività di prevenzione, mentre i problemi

sanitari sono consistenti e la maggior parte delle cause note. Bisogna

attendere che la prevenzione divenga redditizia per metterla in atto?

Dobbiamo prendere le distanze dall’approccio esclusivamente terapeutico

e rivalutare la tossicologia, che consente di determinare gli effetti

delle sostanze chimiche sugli organismi viventi identificando le patologie

indotte. In Francia i corsi di formazione di tossicologia sono stati

soppressi, mentre occorrerebbe fare l’opposto. I tossicologi sono

considerati dei rompiscatole che vi vengono a dire: «Il prodotto,

per il quale avete un mercato, fa morire delle persone».

Come vi spiegate che i responsabili

politici trascurino le cause dell’ecatombe?

R.L. : Le relazioni dell’Eliseo

con i laboratori farmaceutici condizionano interamente la politica sanitaria

pubblica adottata in Francia. Il principale consulente sanitario di

Nicolas Sarkozy è Arnold Munnich, un genetista il cui gruppo di ricerca

detiene vari brevetti. Si chiede ai ricercatori di concentrarsi sulle

predisposizioni genetiche, mentre questo fattore riguarda non più del

3% delle malattie neurodegenerative. Colpisce un elemento: il cospicuo

trasferimento di personale da incarichi di responsabilità pubblica

verso i settori farmaceutici e chimici privati. Il governo Sarkozy ha

ridotto da 5 a 3 anni il termine minimo per potere inserirsi nel comparto

dell’industria privata dopo avere occupato un impiego pubblico. Allo

stesso modo, il governo prevede iniziative volte ad affiancare alla

ricerca pubblica quella dell’industria privata, consentendo ai laboratori

farmaceutici di travasare allegramente per sé le risorse pubbliche

allocate per la ricerca.

M.G. : Gli speculatori gioiscono

di questa collusione con l’industria farmaceutica. E le assicurazioni

private si inseriscono fameliche in questo mercato: il perseguimento

di questa politica dello struzzo significa morte certa per la Previdenza

Sociale e la spartizione dell’attuale regime obbligatorio tra società

assicurative private.

Perché

in questo comparto non ci sono un maggior numero di processi e azioni

legali?

R.L. : Questi processi avranno

luogo per forza. Per il momento i decisori fanno blocco. Ma, dopo il

riconoscimento ufficiale della neurotossicità dei prodotti chimici

e in particolare quelli farmaceutici, si aprirà un varco per le controversie

intentate dai pazienti. Ciò che è accaduto per l’amianto negli Stati

Uniti, dove sono state vinte 300.000 cause dopo il riconoscimento della

sua tossicità.

M.G. : Bisogna battersi a livello

collettivo, affinché le class action (azione legale collettiva)

siano consentite, unico strumento atto a riequilibrare il rapporto di

forza tra le multinazionali, le loro risposte allucinanti e i cittadini.

La Francia ha intenzione di darne autorizzazione, fatta eccezione per

il settore sanitario (7). In Francia, dove il tabacco fa più di 66.000

morti ogni anno, si è verificato che un solo querelante abbia perduto

il processo. Negli Stati Uniti ci sono interi Stati che hanno obbligato

le multinazionali del tabacco a stipulare degli accordi.

R.L. : Ci sono inoltre soluzioni

individuali capaci di prevenire l’esposizione alle sostanze neurotossiche.

Nessuno può proteggersi del tutto, ma sono possibili delle specifiche

condotte per ciò che concerne l’alimentazione, il giardinaggio, l’uso

dei telefoni cellulari e le altre fonti di pericolo per il cervello.

Ci si può rifiutare di farsi applicare l’amalgama dentaria ed esigere

ceramiche o composti a base di resina. Si è realizzata la rivoluzione

pasteuriana, resta da fare la rivoluzione tossicologica. Nella sanità

pubblica ogni acquisizione di consapevolezza è necessariamente ansiogena.

Si deve mettere in atto un nuovo «igienismo » che si accordi con la

realtà che ci circonda, avendo coscienza che, in assenza di un azione

collettiva, la legislazione e le norme di protezione resteranno in balia

delle pressioni degli industriali.

Marie Grosman, Roger Lenglet, Menace

sur nos neurones, éditions Actes Sud, 2011, 283 pagine.

Note:

1. Marie Grosman è professore

di scienze della vita e della terra, specializzata in salute pubblica

e salute ambientale. Ha pubblicato lavori scientifici sui fattori ambientali

delle malattie neurodegenerative.

2. Roger Lenglet, filosofo e giornalista

d’inchiesta, è autore di numerosi libri su indagini prevalentemente

riguardanti la salute, l’ambiente e le lobby industriali. È

membro della Société

Française d’Histoire de la Médecine

e del comitato patrocinatore dell’associazione Anticor (Associazione

per la lotta contro la corruzione).

3. Toxicologie industrielle et intoxications

professionnelles, Robert Lauwerys, Masson, 2007.

4. Mercury Burden of Human Fetal

and Infant Tissues, Gustav Drasch e altri, European Journal Pediatrics,

vol. 153, n° 8, marzo 1994, pp. 607-610.

5. A Prospective Study of Prenatal

Mercury Exposure from Maternal Dental Amalgams and Autism Severity,

David A. Geier e altri, Acta neurobiologiae experimentalis, vol. 69,

2009, pp. 189-197.

6. Ciò che ha dichiarato in particolare

il Ministro della Sanità, Xavier Bertrand, il 27 ottobre 2011 all’Assemblea

Nazionale. Si opponeva a un emendamento che proibiva agli esperti qualunque

conflitto d’interessi, e che infine è stato ritirato.

7. I senatori hanno adottato il 27

ottobre 2011 un emendamento che autorizza le associazioni delle vittime

di un farmaco nocivo a condurre un’azione legale di gruppo, di cui

potranno beneficiare successivamente tutti i pazienti coinvolti.

**********************************************

Fonte: Alzheimer, Parkinson… à qui profite l’explosion des maladies neurologiques ?

02.11.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANTONELLA SACCO

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