FONTE: ILRIBELLE.COM
Un altro soldato italiano ucciso in Afghanistan. Ma non, come asserisce Napolitano che nella sua ansia di sottolineare il proprio cordoglio fa ricorso ai superlativi assoluti, in un «gravissimo attentato». Al contrario: la dinamica è la più ordinaria che si possa immaginare. Il “solito” ordigno piazzato lungo una strada percorsa dai nostri blindati e la “solita” esplosione che va a segno, vanificando i sistemi di protezione e investendo i militari a bordo. Una tipica azione di guerriglia e le tipiche conseguenze di un attacco di questo genere, che a meno di circostanze particolarmente favorevoli, più o meno eccezionali, non può che provocare delle perdite nelle file di chi viene colpito.
Non è cinismo. È la cruda realtà della guerra, quand’anche asimmetrica per l’enorme disparità di mezzi tra i due schieramenti e benché contrabbandata per una missione di pace. In guerra si aggredisce e si viene aggrediti. Si uccide e si viene uccisi. E se al termine di un qualsiasi episodio, ivi incluso lo scoppio di una bomba, il bilancio è di “solo” un morto e di qualche ferito, non c’è proprio nulla di cui sorprendersi.
Nella foto: Il tenente Massimo Ranzani, 37 anni morto oggi a seguito dell’esplosione di una bomba Nessuno è invulnerabile. E nessuno lo diventa solo perché i politici che lo hanno spedito al fronte preferirebbero che lo fosse, in modo da non essere mai messi in imbarazzo di fronte all’opinione pubblica.
Se Napolitano esagera nel definire «gravissimo» ciò che è assolutamente normale, considerata la situazione, Berlusconi fa di peggio. Indossa la maschera del comandante addolorato e meditabondo. Quello che è talmente costernato, da ciò che accade, da interrogarsi pubblicamente sull’opportunità stessa di proseguire sulla stessa strada: «È un tormento, un calvario e tutte le volte ci si chiede se questo sacrificio che impegna il parlamento con voto unanime e tutto il popolo italiano ad essere lì in un paese ancora medioevale sia uno sforzo che andrà in porto». Una sola frase, ma piena di accortezze. Prima la sottolineatura furbetta, ancorché veritiera, riguardo al «voto unanime che impegna il parlamento». Poi il malcelato disprezzo per l’obbligo di «essere lì in un paese ancora medievale». E infine quel dubbio, fatto balenare per un solo istante, sull’esito finale di una lotta che dopo quasi dieci anni ancora non si può dire se «andrà in porto».
È un copione brevissimo, ma studiato attentamente. E serve a fare da premessa, auto assolutoria e persino propagandistica (“che uomo sensibile, il vostro Presidente del Consiglio!”), all’inevitabile conclusione: «Dobbiamo andare avanti».
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/reazione-immediata/2011/2/28/afghanistan-i-dubbi-ipocriti-di-berlusconi.html
28.02.2011