DI ANTONELLA RANDAZZO
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Non si può capire il corso della crisi finanziaria ed economica attuale se non si considera il pianeta nel suo complesso. Infatti, a seguito della cosiddetta “globalizzazione”, le sorti dei paesi del mondo sono strettamente intrecciate, e ciò che accade in un luogo influisce su altri.
In generale si può dire che le autorità hanno approfittato del momento di crisi per rafforzare il sistema alimentando la sua base di potere: le banche. In altre parole sono state sottratte altre risorse ai popoli, peggiorando la situazione di quasi tutti i paesi del mondo.
La ricetta anticrisi è stata resa chiara da Gordon Brown (1), che disse di attuare la “ricapitalizzazione delle banche e delle società in difficoltà”, ovvero che tutti i cittadini dovevano accollarsi quei debiti, senza averne alcun vantaggio e accrescendo a dismisura il debito pubblico.
Si cerca dunque di intervenire sempre all’interno del sistema, ovvero rafforzando le vecchie strutture che hanno causato la crisi.
Aiutare le banche e le grandi industrie non risolve i veri problemi, anzi li peggiora. Si accresce ancora di più il debito pubblico, riproponendo le stesse dinamiche di saccheggio precedenti.
Le sceneggiate dei vari G8 o G20 nascondono le uniche risposte possibili da chi lavora per il sistema stesso: soldi ai soliti noti e repressione dei popoli che non ci stanno.
Il Pentagono prevede per il prossimo anno una spesa più alta del 4%, e anche la Cina e la Russia avrebbero deciso di aumentare il bilancio militare.
I paesi che risentono meno della crisi sono quelli che hanno preso le distanze dal potere statunitense e stanno agendo in modo relativamente autonomo, come il Venezuela e la Bolivia.
Molti paesi del Sud America oggi hanno un Pil uguale a 0 oppure negativo. La disoccupazione cresce anche perché ne risente non poco il settore turistico e c’è la caduta dei consumi. Con la povertà crescono la criminalità e le proteste, e cresce la militarizzazione. Da tutto questo le corporation statunitensi che producono armi traggono grossi profitti, se si pensa che almeno il 90% delle armi usate dai cartelli della droga messicani sono prodotte dagli Usa.
In Honduras, le autorità statunitensi hanno finanziato l’ennesimo colpo di stato contro un presidente regolarmente eletto.
Ma non siamo più agli anni Settanta dello scorso secolo. Oggi tutti sanno chi organizza i golpe. Gli honduregni non accettano la dittatura, e stanno facendo di tutto per rimettere al governo Manuel Zelaya.
Oggi, dopo i golpe, i popoli fanno sentire la loro voce, e i media locali denunciano quello che sta accadendo. Non c’è più pericolo che si pensi che gli Usa non c’entrino niente, dato che tutti sanno che sono proprio loro a produrre quelle armi e ad addestrare i golpisti. Inoltre, alcuni paesi non esitano a mettersi dalla parte del legittimo presidente. Infatti, il presidente boliviano Evo Morales e quello del Venezuela Hugo Chávez hanno condannato il colpo di Stato in Honduras e auspicato il ritorno della democrazia.
L’alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA) è sempre più forte, e accoglie sempre nuovi paesi. Il 24 giugno scorso si è svolto un incontro straordinario per accogliere Ecuador, Antigua & Barbados e St. Vincent. Durante l’incontro è stata letta una dichiarazione di sostegno al presidente Zelaya.
L’Honduras è praticamente un paese occupato dagli Usa, sia economicamente che militarmente, con la base militare di Soto Cano, che ospita centinaia di soldati e molti aerei ed elicotteri da combattimento.
Con il golpe si vuole allontanare l’Honduras dai paesi dell’ALBA.
Oggi (agosto 2009), la lotta degli honduregni contro la dittatura prosegue, appoggiata da altri popoli.
Dunque, esistono molte persone che vogliono creare un assetto diverso, di tipo bolivarista o islamista. Per questo motivo, le truppe imperiali hanno un bel da fare ad intervenire nelle zone più “calde”, in Sud America, Medio Oriente, e in alcune zone dell’Africa e dell’Asia.
In particolare, sul fronte Anti-islamista, i somali, i pachistani, gli afgani e i palestinesi stanno patendo un’escalation militare che per molti significa morte. Anche in Sud America sono molti i paesi perseguitati dall’impero nel tentativo di impedire l’emancipazione politica ed economica. Ricordiamo in particolare il Messico e la Colombia, la cui popolazione subisce un livello di militarizzazione incredibile.
In queste militarizzazioni o guerre non muoiono soltanto “terroristi” o “narcotrafficanti”, come dice la Televisione. Muoiono persone comuni, che hanno l’unica colpa di non volere un sistema tirannico e opprimente (si veda http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm).
Negli ultimi anni le truppe statunitensi hanno addestrato personale militare e stipulato accordi con le autorità locali per poter tenere sotto controllo i gruppi che non accettano un potere iniquo. Ad esempio, Washington e Colombo hanno firmato l’“Access and Cross Servicing Agreement”, che permette alle unità della Marina e dell’Aviazione statunitense di utilizzare le infrastrutture dello Sri Lanka. Questo ha dato il via ad interminabili bombardamenti a tappeto, che hanno ucciso molte persone. Per aggravare la situazione, l’esercito ha impedito anche all’ONU e alla Croce Rossa di aiutare la popolazione civile.
Contro chi sono le guerre? Contro “talebani” o “terroristi” come vi dicono? Dobbiamo credere che esistano sparuti gruppi di arabi fondamentalisti che irragionevolmente si mettono contro chi ha una forza militare senza pari? E come mai questi pazzi avrebbero tutto questo bisogno di morire prima possibile?
La verità è che non si tratta di sparuti gruppi di “terroristi” ma di persone, molte persone, in alcuni casi (come l’Iraq e l’Afghanistan) di interi popoli oppressi che cercano di uscire dall’oppressione. Non sono pazzi a sfidare il potere imperiale, poiché la lotta può coincidere con la stessa possibilità di sopravvivenza. Ovvero, nei paesi del Terzo mondo sopravvivere significa ormai sbarazzarsi di quel gruppo di potere che costringe alla fame e alla miseria. In molti casi, più che una lotta per la libertà è una lotta per la sopravvivenza.
Per giustificare guerre e repressioni, cercano di intrufolare Al Qaeda dappertutto.
In Afghanistan, anche i nostri soldati uccidono persone, anche bambini, ma non viene detto, come se quelle vite fossero senza valore. Gli afgani sanno benissimo da che parte stanno gli italiani, e non li amano, anche se la nostra propaganda vuole farci credere il contrario. Voi amereste chi si installa a casa vostra e vuole che accettiate le sue regole sennò vi uccide? E i loro complici li amereste?
Per alcune grandi società la “crisi” è stata come una nanna dal cielo. Ad esempio, la Finmeccanica ha avuto nel 2008 una crescita del 32% rispetto all’anno precedente. I più richiesti sarebbero gli elicotteri (+28%), in particolare i micidiali elicotteri da guerra di Agusta Westland, gli A129 “Mangusta” o i “Combat”.
Quest’anno il nostro paese ha firmato con la Direzione Generale degli Armamenti Aeronautici (Armaereo) del gruppo Finmeccanica Agusta Westland un contratto per la fornitura all’esercito italiano di ben 16 elicotteri CH47F “Chinook” del costo di 900 milioni di euro.
Avete capito bene, le nostre autorità piangono miseria e stanno costringendo gli italiani a vivere in condizioni sempre peggiori per pagare armi, aerei da guerra e “missioni” militari all’estero, oltre che per ingrassare le tasche dei soliti noti attraverso la truffa del debito.
Ecco qual è la vera risposta alla crisi, oltre al saccheggio chiamato “aiuti alle banche” c’è anche la risposta militare con relative spese.
Si parla di “potenze economiche emergenti dell’Asia”, in particolare la Cina, senza considerare che lo sviluppo di questo paese è inserito all’interno della dinamica economica globalizzante. Ovvero, la Cina serve per vendere macchinari e per produrre a costi ridottissimi. La Cina è anche utile per contrapporre un’altra potenza al vecchio imperialismo di stampo statunitense, e per avere qualcuno da accusare di antidemocrazia, decantando le lodi alla democrazia occidentale.
Pochi tengono conto del fatto che il miracolo asiatico è basato sullo sfruttamento di milioni di lavoratori, e sulle repressioni durissime contro chiunque protesti. Ovviamente, con la crisi, le esportazioni sono cadute, producendo alcuni fallimenti e l’aumento della disoccupazione.
Il presidente cinese Hu Jintao, ha detto che sia la Cina che gli Usa sono vicine e ”condividono il peso di importanti responsabilità in tutti i campi per far fronte alla crisi internazionale”.
E’ chiaro però che, avendo la Cina un credito astronomico verso gli Usa, deve rassicurare gli investitori ma non ignora di certo che in futuro le cose fra i due paesi potrebbero cambiare, non essendo la Cina disposta ad investire in qualcosa che non conviene più. Il capo di governo cinese Wen Jiabao ha dichiarato al “Tel
egraph”: “vorrei fare… appello agli Stati Uniti perchè onorino la loro parola e rimangano una nazione credibile e assicurino la sicurezza degli investimenti cinesi”.
Gli Stati Uniti non hanno più quella credibilità e quel prestigio che avevano qualche decennio fa, e oggi si trovano in bilico, come se dovessero crollare da un momento all’altro. Il crollo sarà definitivo quando i popoli non riconosceranno più alcun valore al dollaro. Questo crollo, sembrerebbe inevitabile prima o poi, e cambierà notevolmente la situazione globale a favore di chi oggi cerca di liberarsi dall’oppressione imperiale.
E in Europa cosa sta accadendo?
In Grecia le autorità hanno cercato di creare un forte razzismo contro gli immigrati, per fare sfogare la rabbia accumulata dai cittadini a causa del grave impoverimento. Si è cercato di creare odio verso la comunità islamica, che in qualche occasione è stata repressa dalle forze dell’ordine. Secondo alcuni, addirittura, sono stati rispolverati gruppi di estrema destra collusi con le forze di polizia, per assaltare migranti (com’è avvenuto a maggio) e creare separazione e odio.
Come anche nel nostro paese, si vuole creare una netta divisione fra autoctoni e immigrati, in modo tale che le persone siano distratte dalle vere cause dei loro problemi e si sfoghino in altro modo piuttosto che attivare vere e proprie lotte contro il sistema.
Paesi come la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna stanno vivendo una durissima stagione di proteste. Si lotta per il posto di lavoro, contro il precariato o per i minimi diritti che si sono persi nel processo di “privatizzazione e tagli alla spesa pubblica”.
Qualche mese fa si agiva con il metodo dei rapimenti. Ovvero, i lavoratori rapivano quei personaggi del “middle management”, che avevano “ristrutturato” licenziando.
Nel periodo marzo-aprile si sono avuti diversi casi del genere.
Ad esempio, gli operai dello stabilimento di Grenoble della Cat produttrice di macchinari per costruzione, che aveva licenziato più di settecento persone, hanno sequestrato quattro dirigenti, per chiedere il mantenimento del posto di lavoro. E’ stato interpellato persino Sarkozy per risolvere la questione.
In Belgio una ventina di lavoratori FIAT della concessionaria di Chaussée de Louvain, il 9 aprile scorso hanno preso in ostaggio per cinque ore tre dirigenti, per protestare contro la chiusura del reparto riparazioni della officina di Bruxelles-Meziers.
Si tratta senza dubbio del degenerare di una situazione molto grave, che richiederebbe ben altre strategie se si fosse in un contesto veramente democratico. I politici e i sindacalisti dovrebbero trovare soluzioni, ma questo non avviene. I lavoratori sono sempre più soli e con sempre meno diritti, e possono reagire in modo disperato.
In Gran Bretagna addirittura c’è chi chiede ai lavoratori di lavorare gratis. Infatti, da recente, l’azienda British airways ha chiesto ai suoi dipendenti di lavorare gratis per un periodo. Ma chissà perché questo non viene mai chiesto ai dirigenti di alto livello, che intascano stipendi milionari.
In Italia Berlusconi e i suoi compari si vantano di occuparsi di chi sta ai livelli medio-bassi di reddito, congegnando soluzioni come il togliere l’Ici o la “social card” (che spesso è vuota). Si tratta ovviamente di palliativi ridicoli, in un paese in cui è stato legalizzato lo sfruttamento lavorativo e un piccolo gruppo di persone si arricchisce sull’impoverimento di tutti gli altri. In questi mesi il livello di disoccupazione sta crescendo notevolmente, e nessun politico sta offrendo soluzioni serie.
Alcuni autori sono convinti che la “crisi” è stata creata ad oc per timore che i popoli possano acquisire nuove forze per abbattere il sistema. Lo stesso Samuel Rothschild, nel giugno 2008 confessava al “Financial Times”:
Il Credito crea denaro… Comunque, visto che denaro e potere sono sinonimi, e visto che il potere dovrebbe essere concesso in modo selettivo, anche lo scopo del prestito merita considerazione. Il recente ‘panico bancari’ è stato autoinflitto. I banchieri hanno abusato del loro privilegio di creazione del denaro… Un dollaro sottovalutato ed una enorme liquidità, scatenata da un eccesso di prestiti bancari, hanno fornito la scusa per la bolla speculativa del petrolio, delle case, delle azioni e delle commodity”.
In molti casi non è il lavoro che manca, ma i liquidi, ovvero la “crisi” non è dovuta ad altro che al potere delle banche di dare o negare il denaro. Scrive il giornalista Tommaso Cerno: “Il dramma di molte aziende non sono nemmeno gli ordinativi… Sono i soldi liquidi che mancano. Nessuno paga più nessuno. E così si accatastano le merci, che non stanno più nei magazzini. Milioni di metri cubi di invenduto che rischia di restare tale”. (2)
Ovviamente, questo non potrebbe accadere se il nostro paese godesse di sovranità monetaria e non fosse più schiavo del clan dei banchieri.
Gli inglesi sono sempre più insofferenti verso governi che difendono soltanto gli interessi del gruppo egemone, e il potere reagisce male. Addirittura, nel maggio scorso, in occasione del G20, sarebbero stati utilizzati poliziotti per aizzare i manifestanti e poter reprimere, come oramai sembra accadere in quasi tutti i vertici dei paesi più “sviluppati”. Il fatto è stato messo in evidenza dal parlamentare Tom Brake, che ha raccontato di aver visto poliziotti in borghese che aizzavano i manifestanti contro i poliziotti. Brake accusa il Capo della Metropolitan Police, Sir Paul Stephenson, e afferma di poter provare quello che dice semplicemente mostrando i filmati video.
Un sistema che cerca di criminalizzare i dissidenti mettendo in scena le “sommosse” non può certo definirsi civile e democratico. Gli inglesi lo hanno capito già da tempo, e infatti sono molte le organizzazioni che lottano per i diritti umani e sono sempre meno i cittadini inglesi che vanno a votare.
A CHE PUNTO E’ LA CRISI ? – Parte seconda: Rivoluzione o Evoluzione?
Alcuni autori fanno notare che le crisi servono anche a rinnovare la paura e a produrre shock. Osserva la giornalista Naomi Klein:
“Sono ritornata all’origine della metafora della shockterapia e ho cominciato a leggere del suo uso nel contesto psichiatrico e nella tortura… ho visto come la Cia parla dell’importanza di mettere i prigionieri in stato di shock perché… non possono difendere i loro interessi, diventano infantili e regrediscono… Quindi ho cominciato a pensare a come fosse applicata su vasta scala. Lo sfruttamento della crisi e dello shock era stato usato molto consapevolmente dai liberoscambisti radicali… Milton Friedman scrisse nel 1982 ‘soltanto una crisi reale o percepita produce un cambiamento reale’ ed ammetteva che le sue idee e la sua visione di un mondo radicale e privatizzato non potessero essere imposte nell’assenza di una crisi… ma penso che nella maggior parte dei casi, non importa quello che si vuole realizzare, ma l’attitudine psicologica che prepara al disastro affinché quando la crisi colpirà si sarà pronti ad accettare quello che faranno”. (3)
In altre parole, il sistema attuale non potrebbe licenziare ad oltranza, dare molto denaro alle banche, oppure imporre una massiccia militarizzazione, se non ci fosse una “crisi”. Le crisi servirebbero anche a permettere alle autorità di far accettare cose altrimenti inaccettabili. Infatti, non è certo una soluzione militarizzare, dare soldi ai più ricchi o togliere il lavoro. La soluzione è togliere il potere a chi lo ha usurpato.
Qualche autore, dati alla mano, ha parlato di grave crisi dei diritti umani. Come emerge dai dati di Amnesty International, in molti paesi, con la scusa della “crisi”, non vengono rispettati i diritti umani. Spiega il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury:
“I diritti umani, già sacrificati in nome della ‘guerra al terrore’, sono stati nuovamente messi in secondo piano da questa nuova emergenza. La recessione, oltre a peggiorare le condizioni di vita, ha alimentato l’instabilità politica e la violenza di massa ed è stata usata per giustificare una dura repressione del dissenso: dall’Iran allo Zimbabwe, dal Guatemala alla Siria, dalla Turchia alla Cina. Il clima di insicurezza ha reso ancora più vulnerabili paesi che già vivevano gravi difficoltà, dall’Afghanistan, dove il clima di instabilità ha pregiudicato l’accesso al cibo, alle cure mediche e all’istruzione, al Pakistan, precipitato in una spirale di violenza. Dobbiamo essere consapevoli che la povertà non è un accidente inevitabile ma il frutto di decisioni e politiche reversibili. La crisi che stiamo vivendo non è solo finanziaria, è una crisi dei diritti umani ed è proprio dai diritti umani che dobbiamo ripartire, nei diritti umani dobbiamo cercare la soluzione. Per queste ragioni abbiamo lanciato la nuova campagna ‘Io pretendo dignità’, per ridare dignità ai prigionieri della povertà, affinché possano cambiare la loro vita e diventare loro stessi attori di questo cambiamento”. (4)
Qualcuno si chiede quando scoppieranno le rivolte. Qualcun altro parla di “rivoluzioni creative” prendendo ad esempio quella fatta in diverse fabbriche argentine. Gli operai, senza alcuna violenza o protesta, sono entrati nelle fabbriche e hanno riavviato la produzione. Adesso, sotto controllo operaio, diverse fabbriche producono utili divisi equamente tra tutti i lavoratori.
In effetti, il gruppo di potere trema quando i popoli iniziano a credere in se stessi e prendono le redini della situazione. Non c’è bisogno di ideologie, di partiti o di guru, queste cose le hanno create le stesse persone che ci opprimono. C’è bisogno soltanto di credere in se stessi e di non sostenere più il vecchio regime.
Alcuni ritengono che il gruppo egemone e i suoi servi hanno paura e non sanno più cosa fare. Qualche autore fa notare che stanno succedendo molte cose, e che le lotte dei popoli non sono sempre fatte nella vecchia maniera.
Il giornalista e scrittore Paul Hawken, dopo aver fatto parecchie conferenze in molte parti del mondo, si è reso conto dell’esistenza di un movimento fatto di milioni e milioni di persone, che ha l’intento di cambiare il sistema attuale.
Non si tratta di un movimento di tipo tradizionale, esso ha dimensioni che nessun movimento ha mai avuto, e viene minimizzato dalle autorità per cercare di non far capire che il mondo di oggi è davvero diverso da quello delle altre epoche.
Spiega Hawken nel suo libro dal titolo “Moltitudine Inarrestabile. Come è nato il più grande movimento del mondo e perché nessuno se ne è accorto”:
“Quello che salta agli occhi è indiscutibile: aggregazioni coerenti, organiche, autorganizzate, che riuniscono decine di milioni di persone che operano per un cambiamento… Le persone non sempre sanno leggere e scrivere o sono istruite. Molti individui nel mondo sono poveri e soffrono di malattie croniche. Non sempre i poveri riescono a procurarsi il cibo giusto per un’alimentazione corretta e devono lottare per nutrire ed educare i loro figli. Se persone con tali carichi riescono ad andare oltre le loro difficoltà quotidiane e agire con il chiaro scopo di combattere lo sfruttamento e operare per la ricostruzione, allora si sta preparando qualcosa di veramente potente… Curare le ferite del mondo e dei suoi abitanti non richiede santità o un partito politico, ma solo buon senso e perseveranza. Non si tratta di un’attività liberale o conservatrice, si tratta di un atto sacro. È un’impresa enorme che cittadini comuni, e non governi autonominati od oligarchie, stanno portando avanti in tutto il mondo… Secondo alcuni storici e analisti, i movimenti esistono solo quando possiedono un nucleo di credenze ideologiche o religiose. Inoltre, non esistono nel vuoto totale: un forte leader caratterizza qualsiasi movimento e spesso ne costituisce il fulcro intellettuale, anche dopo che è morto. Il movimento che descrivo in questo libro, come ho già detto, non si riconosce in nessun leader e, di conseguenza, rappresenta un fenomeno sociale del tutto diverso… Il movimento nasce e si diffonde in tutte le città e paesi, comprendendo praticamente ogni tribù, cultura, lingua e religione, dai Mongoli agli Uzbechi ai Tamil. È formato da famiglie indiane, studenti australiani, agricoltori francesi, senzaterra brasiliani, bananere dell’Honduras, i ‘poveri’ di Durban, abitanti dei villaggi in Irian Jaya, tribù indigene boliviane e casalinghe giapponesi. I suoi leader sono agricoltori, zoologi, calzolai e poeti. Offre un sostegno e un senso a miliardi di persone nel mondo. Questo movimento non può essere diviso, perché è estremamente frazionato, una raccolta di piccoli gruppi con collegamenti molto aperti… Immaginate l’esistenza collettiva di tutti gli esseri umani come un organismo, pervaso da attività intelligenti, risposte immunitarie dell’umanità per resistere e curare gli effetti di corruzione politica, economie malate e degrado ecologico, indipendentemente dal fatto che siano causati dal libero mercato, dalla religione o da ideologie politiche. In un mondo divenuto troppo complesso per ideologie restrittive, anche la stessa parola ‘movimento’ può risultare limitante per descrivere tale processo. La scrittrice e attivista Naomi Klein lo chiama ‘il movimento dei movimenti’… Per la prima volta nella storia, un grande movimento sociale non è tenuto insieme da un ‘ismo’. Ciò che lo unisce sono le idee, non le ideologie. C’è una grande differenza fra le due: le idee fanno domande e liberano; le ideologie giustificano e comandano… Se esiste un sogno comune a tutto il movimento, malgrado la sua diversità, è quello di un processo: in una parola, la democrazia, ma non quella praticata e corrotta dalle multinazionali e dagli stati moderni”. (5)
Il libro di Hawken fa capire come i modelli ideologici del passato sono fallimentari. Queste ideologie sono state create da quelle stesse persone che hanno creato e proteggono il sistema.
Per cambiare occorrerebbe sempli
cemente “evolversi”, ovvero impegnarsi in ciò che può produrre crescita individuale e collettiva.
Non dimentichiamo cosa è avvenuto il 30 novembre 1999 a Seattle, in occasione della Conferenza dei ministri del WTO. Un evento che ha fatto spaventare così tanto gli stegocrati (6) che al G8 di Genova, previsto per il 2001, hanno progettato una dura repressione. A Seattle si presentarono centinaia di piccole organizzazioni di cittadini provenienti da molte parti del mondo, per chiedere conto del comportamento del WTO. Non si trattava di “fanatici” o di estremisti violenti, come li hanno descritti i media, ma di persone comuni, insegnanti, agricoltori, operai, suore, studenti, ecc. che si stavano preoccupando per il futuro del pianeta e dell’umanità. Non avevano qualche stramba ideologia, e non si opponevano certo al commercio, ma chiedevano che vi fossero regole che non piegassero i deboli ai più forti.
Istituti come il WTO, il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale (BM) agiscono senza tenere in considerazione in nessun modo gli interessi dei popoli. Per loro fenomeni come la disoccupazione, la miseria o la morte per fame o non esistono oppure sono da minimizzare.
Non c’è mai alcuna responsabilità per le aberrazioni economiche prodotte dal modello che essi impongono. Economisti al soldo del potere considerano un mondo al contrario: in cui non sono le persone protagoniste ma le cose materiali, che devono essere gestite da colossi societari, dominati da una cieca e disumana avidità.
Chi manifestava a Seattle sapeva che alcuni meccanismi posti in essere dalla globalizzazione del commercio avrebbero fatto perdere “la resilienza economica, ovvero la capacità delle economie regionali di resistere a cicli di rapida crescita e di recessione. Inoltre, anche la sicurezza economica è scomparsa. Quando le comunità dipendono quasi interamente da fonti di produzione lontane migliaia di chilometri, se non addirittura continenti interi, esse diventano città fantasma delimitate da fastfood e giganteschi hard discount.” (7)
I nostri media vogliono convincerci che non sta succedendo veramente nulla di importante, e le nostre autorità ci inducono a credere che soltanto loro possono affrontare e risolvere i problemi, e intanto li peggiorano.
Una cosa è certa: non sarà lo stesso sistema che ha creato i problemi a tirarci fuori. Bisogna per forza fare qualcosa.
Cosa si può fare di concreto per prendere le distanze dal sistema? Molte cose. Ad esempio:
– Capire come il sistema manipola, ovvero come crea consenso e induce le persone ad agire contro i loro stessi interessi. Studiare testi che possono far capire questi meccanismi. Capire come noi stessi possiamo essere condizionati. NESSUNO E’ IMMUNE.
– Capire quali strategie finanziarie, economiche o mediatiche sta attuando il gruppo dominante, per avere ben chiari i casi di crimini contro persone o popoli. Ad esempio, capire che in Afghanistan si stanno chiamando tutti “terroristi”, anche la legittima resistenza.
– Capire i tentativi del sistema di impedire una maggiore consapevolezza usando la paura o altre tecniche. Ad esempio, capire che la recente emergenza pandemia è stata usata anche per generare paura e distogliere l’attenzione.
– Capire la singolarità storica del periodo in cui stiamo vivendo. A questo scopo occorre l’impegno di studiare libri indipendenti, che facciano capire la nostra vera Storia, quello che non ci è stato insegnato a scuola.
– Non sviluppare nessun atteggiamento fazioso o “sindrome del nemico”. Non c’è alcun vero nemico. Si tratta semplicemente di prendere atto di una situazione precisa: i popoli si sono deresponsabilizzati, affidandosi ad autorità esterne che hanno approfittato di questa situazione per creare una realtà funzionale al loro potere: hanno fatto credere ai popoli di essere impotenti e hanno suscitato paure e sottomissione, anche attraverso le tante ideologie architettate a questo scopo. Adesso si tratta di fare il processo inverso: responsabilizzarci e riprendere la sovranità che ci appartiene. E’ un processo che è già iniziato. Il semplice fatto di rendersi conto della situazione significa poter iniziare a cambiare.
– Praticare la disobbedienza civile in molti modi. Ad esempio non comprando prodotti di corporation criminali, oppure non dando alcun appoggio ai politici corrotti.
– Non preoccuparsi del giudizio altrui. Ci sarà sempre qualcuno che cerca di tacciare di eccessivo idealismo chi parla di cambiamento. E’ sempre successo così: chi vuole realizzare qualcosa di nuovo viene sempre all’inizio ridicolizzato. Ogni cosa nuova all’inizio appare strana o difficile da realizzare, ma se tutti rinunciassero non ci sarebbe mai alcun cambiamento. Bisogna anche tener conto che da secoli riceviamo condizionamenti che ci inducono a credere che le cose non cambieranno mai e che se cambieranno, sarà perché le autorità lo hanno voluto.
– Condividere con gli altri le conoscenze e la consapevolezza che abbiamo acquisito. Ovviamente, senza voler imporre niente a nessuno e senza serbare rancore verso chi la pensa diversamente.
– Non pretendere che tutti siano d’accordo su tutto, si può collaborare anche senza condividere tutto. Il punto principale è capire che occorre fare qualcosa per cambiare e che esiste un gruppo che cerca di portare avanti un sistema secolare che deve essere abbattuto perché produce miseria, guerre e crimini.
– Evitare di nutrire la mente con “spazzatura mediatica” come programmi televisivi di scarsa qualità o riviste di gossip. Al contrario, praticare attività sane, culturali sociali o artistiche.
– Approfondire il discorso sui movimenti portati avanti da nativi americani, persone del Terzo mondo o cittadini di altri paesi. Capire cosa sta avvenendo davvero nel mondo. Apprendere quello che la televisione non vi dirà mai.
– Abituarsi a pensare alla possibilità di un mondo diverso. Ad esempio, come suggerisce Hawken, chiedersi: “Quali sono le caratteristiche necessarie per la leadership, quando il potere si origina dal basso invece di scendere dall’alto? Che aspetto ha una democrazia in cui il potere non è detenuto da una minoranza? Cosa cerca un mondo in cui le soluzioni ai nostri problemi arrivano dal basso? Cosa accadrà se entriamo in una fase di transizione dello sviluppo umano, in cui ciò che funziona risulta invisibile, perché molti sguardi sono rivolti al passato? Cosa accadrà se alcuni valori fondamentali vengono nuovamente diffusi in tutto il mondo e incoraggiano complesse e significative reti sociali che rappresentano i governi futuri?”
Molti attivisti per i diritti umani sono stufi di essere etichettati o di passare per matti soltanto perché si sono accorti che il sistema si basa sul crimine e non lo accettano. Non è matto chi denuncia i crimini ma chi cerca di non vederli o accetta un sistema così iniquo.
Cambiare è il diktat del futuro dell’umanità, e continuare a negare l’evidenza dei fatti significa diventare complici di criminali.
Teniamo conto che i cambiamenti non possono avvenire di colpo: è necessario che prima avvengano dentro di noi. Non si può certo cambiare la realtà senza prima cambiare se stessi.
Ricordiamo che la base del vecchio potere era proprio la manipolazione mentale, e dunque soltanto uscendo da questa manipolazione potremo concepire una realtà diversa, non più dominata da personaggi corrotti e disposti a tutto per proteggere privilegi e potere.
Occorre dapprima concepire i cambiamenti, ovvero credere possibile una realtà in cui sono le persone comuni a detenere la sovranità politica e monetaria, e non la perdono a favore di partiti o istituzioni truffaldine.
Credere nel cambiamento è importante, anzi fondamentale. Non può certo cambiare una persona che si crede incapace di farlo, e non può migliorare la realtà chi si crede impotente.
Per dirla con Hawken, “Nel bene e nel male, occupiamo oggi un pianeta umano, e guidiamo molte delle sue
forze evolutive… Le azioni umane influiranno sul destino di tutti gli esseri viventi, perché non esiste un luogo sul pianeta da cui le nostre attività sono assenti… L’evoluzione è ottimismo in azione”.
Antonella Randazzo
Fonte: http://lanuovaenergia.blogspot.com
Link: http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/08/che-punto-e-la-crisi-parte-prima-dare.html
8.08.2009
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NOTE
1) Discorso tenuto da Gordon Brown il 13 ottobre 2008 alla City di Londra.
2) http://novoordo.blogspot.com/2009/07/la-crisi-finanziaria-mette-la-strizza.html
3) http://www.youtube.com/watch?v=GIhcfVePAoE&eurl=http%3A%2F%2Fwww%2Ementereale%2Ecom%2F&feature=player_embedded
4) http://it.peacereporter.net/articolo/16002/%27Questa+%26egrave%3B+una+crisi+dei+diritti+umani%21%27
5) http://www.moltitudineinarrestabile.it/
6) Per capire il concetto di “stegocrate” si veda http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html e http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-seconda.html
7) http://www.moltitudineinarrestabile.it/
PER APPROFONDIRE
Abbate Carmelo, “La trappola: come banche e finanza mettono le mani sui nostri soldi (e come non farsi fregare dalla crisi)”, Piemme 2008.
Hawken Paul, “Moltitudine Inarrestabile. Come è nato il più grande movimento del mondo e perché nessuno se ne è accorto”, Edizioni Ambiente, Milano 2009.
Klein Naomi, “Shock Economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri”, Rizzoli 2007.
Klein Naomi, “No Logo. Economia globale e nuova contestazione”, Baldini Castoldi Dalai, 2007.