FONTE: MASHABLE.COM
Verso mezzogiorno del 16 Settembre 1920 qualcuno parcheggiò un carro trainato da un cavallo davanti al n. 23 di Wall Street, il quartier generale della JP Morgan, a pochi passi dalla Borsa di New York.
Il carico del carro era costituito da 100 pounds [ca. 45 kg] di dinamite e 500 pounds [ca. 230 kg] di pezzi di ghisa.
Alle 12:01, all’ora di pranzo, la bomba esplose ed i pezzi di ghisa diventarono come dei missili scagliati lungo la strada, a quell’ora molto affollata. Frantumi di vetro piovvero dagli edifici circostanti.
Trenta persone morirono all’istante, altre otto più tardi a causa delle lesioni, 143 rimasero gravemente ferite mentre altre centinaia subirono lesioni non gravi. Fu il più sanguinoso attacco terroristico nella storia americana, fino a quel momento.
Le indagini della polizia, nella fase iniziale, presero in considerazione la possibilità che l’esplosione fosse stata un incidente. Ad ostacolare le indagini fu la decisione presa dal Consiglio dei Governatori del ‘New York Stock Exchange’ di aprire, come al solito, il giorno dopo. Il sito dell’attentato fu ripulito in poche ore privando gli investigatori, forse, di preziose testimonianze.
La presenza dei pezzi di ghisa, posti sul carro perché potessero diventare mortali, confermò agli investigatori che si trattava di un intenzionale atto di terrorismo. Visto l’obbiettivo [dell’attentato], la polizia ritenne che gli autori potessero essere dei radicali anticapitalisti facenti parte di una qualche banda.
Gli investigatori indagarono gli anarchici, i comunisti, i sovietici, i bolscevichi e molti altri ancora, ma non trovarono delle prove solide. La teoria prevalente, al giorno d’oggi, è che l’attentato fu compiuto dagli anarchici italiani, forse in risposta all’arresto, effettuato diversi mesi prima, di Sacco e Vanzetti. Ma mai è stato dimostrato che una delle persone sospettate fosse l’effettivo colpevole.
Gli unici memorials dell’attacco sono i crateri che ancora oggi sfregiano la facciata del n. 23 di Wall Street.
Alex Q. Arbuckle – mashable.com
Fonte: http://mashable.com
Link: http://mashable.com/2015/12/17/wall-street-bombing-1920/#5BztIt22skqD
Scelto e ttradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO
1920, TERRORE A WALL STREET
Grazie al libro “The Day Wall Street Exploded” di Beverly Gage, Mauro Calamandrei analizza il ruolo degli anarchici nella lotta fra lavoratori e industriali negli Stati Uniti e ricostruisce l’attentato a Wall Street dell’11 settembre 1920.
Fra la seconda metà del XIX secolo e gli anni ‘40 del XX secolo gli anarchici organizzarono più di 37 mila scioperi e attentati, animando la vita politica e culturale dei lavoratori statunitensi e immigrati. L’attentato del 1920 fu la risposta ad arresto e incriminazione degli anarchici Sacco e Vanzetti per il furto e l’omicidio al calzaturificio di South Braintree.
L’attentato avvenne nel momento di massima influenza degli anarchici italiani caratterizzati da un forte massimalismo che, secondo Calamandrei, fu all’origine dei loro successi, ma rappresentò anche la causa della sconfitta delle loro idee.
Anche fra gli americani più attaccati al passato è difficile trovarne qualcuno con un ricordo vivido quando, nel momento in cui le campane della chiesa di Trinity Chuch annunciavano il mezzogiorno, banchieri, commessi, stenografe erano saltati in aria insieme con pezzi di vetrate, porte e pareti della sede centrale di J.P. Morgan e di altre banche di Wall Street. Un vero massacro.
Beverly Gage inizia la ricostruzione in “The Day Wall Street Exploded” citando il famoso storico Richard Hofstadter che per primo aveva scritto che gli americani hanno una eccezionale capacità di dimenticare i casi più clamorosi di violenza collettiva; ma la giovane storica dell’università di Yale si affretta a ricordarci che quell’attentato non era un caso isolato, anzi era uno dei momenti più clamorosi di una guerra industriale che durava da decenni fra magnati e lavoratori e che aveva già visto più di 37mila scioperi e attentati […].
Nel ricostruire gli schieramenti di gruppi e individui che resero inevitabile e disastrosa l’esplosione di Wall Street, Gage comincia col ricordare i più significativi personaggi del mondo anarchico arrivati da tante parti del mondo. Tra loro Emma Goldman e Alexander Berkman, Michael Bakunin, Peter Kropotkin, Leon Czolgosz, Carlo Tresca, Bill Haywood ed esponenti della nuova burocrazia repressiva come l’inventore delle deportazioni in massa Mitchell Palmer e il futuro capo della polizia federale J. Edgar Hoover.
Ma non fu un caso che quell’attentato coincidesse con la massima influenza degli anarchici italiani e proprio per questo una delle parti più originali della ricerca condotta – oltre che dalla Gage – da studiosi come Nunzio Pernicone e Paul Avrich, negli archivi della polizia o nei tribunali, sta nei profili di decine e decine di attivisti di cui fino a poco tempo fa non si conosceva neppure il nome.
Per tanti immigrati italiani l’anarchia era diventata la grande idea della loro esistenza, la loro forza propulsiva e passione, il loro amore e il loro massimo interesse. In molte località infatti avevano creato vere e proprie comunità in cui era possibile avere un’esistenza alternativa, separata e radicalmente differente da quelle degli altri immigrati quanto da quella del resto degli altri lavoratori americani.
Tante sere, dopo aver passato 10 o 12 ore in fabbrica o in miniera, gli anarchici andavano al club, o si recavano in tipografia dove componevano o stampavano volantini, giornali, opuscoli o anche libri. Fra il 1870 e il 1940 gli anarchici degli Stati Uniti pubblicarono 500 giornali in lingue diverse. E più di un centinaio delle testate erano italiane. Intorno ai club gravitavano scuole, orchestre, compagnie filodrammatiche, balli, cene e organizzazioni filantropiche. […]
Poiché erano intensamente anticlericali o atei stampavano libri come La Peste Religiosa o Dio non Esiste e organizzavano battesimi laici con nomi
come Spartaco o Rivolta e altre cerimonie che prendessero il posto di quelle che i preti facevano in chiesa. Fra gli immigrati italiani in America c’erano stati seguaci di Errico Malatesta, Saverio Merlino o Pietro Gori. Ma questi e altri furono poco più che turisti di passaggio al confronto con Luigi Galleani che per più di un ventennio fu oratore, giornalista e organizzatore infaticabile del movimento; ma alla fine, tanto i successi quanto la catastrofe, furono le conseguenze logiche del suo massimalismo.
Galleani ammirava Gaetano Bresci che assassinò il Re Umberto e Sante Caserio che uccise il presidente della repubblica francese e detestava qualsiasi riforma graduale che considerava tradimento. Per questo mandava pacchi di dinamite non solo ai peggiori nemici degli immigrati, ma anche a quei senatori e deputati che si davano da fare per facilitare la vita degli immigrati con innovazioni legislative.
L’attacco a Wall Street era stata una feroce rappresaglia anticipata, decisa all’annuncio che Sacco e Vanzetti erano stati accusati di essere gli autori del furto e dell’omicidio del calzaturificio di South Braintree. Subito il loro amico Mike Boda aveva lasciato Portsmouth e aveva trovato un carro, un cavallo e la dinamite da collocare nel cuore del distretto finanziario.
Nei giorni successivi, mentre l’Attorney General offriva la cifra astronomica di 100mila dollari per la sua cattura, Boda non solo aveva saputo svignarsela senza lasciar traccia, ma usando il suo vero nome aveva pure ottenuto dal consolato italiano il passaporto per tornare a Napoli e in Romagna dove passò il resto della vita.
È stato scritto che i galleanisti avevano creato la più perfetta congiura, ma era una macchina troppo automatica e l’inizio della fine era venuto con una lista dei soci dei club fornita a una spia della polizia. Sacco e Vanzetti furono condannati a morte più per la presenza dei loro nomi in quella lista che per la forza schiacciante delle prove presentate dalla polizia. Centinaia di uomini e donne furono deportati e il crollo del sistema finanziario fece il resto. […]
Mauro Calamandrei
Fonte: www.ariannaeditrice.it
Link: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=25800
21.08.2009
MARIO BUDA
Mario Buda (Savignano sul Rubicone, 1884 – Savignano sul Rubicone, 1963) è stato un anarchico italiano, considerato l’inventore dell’autobomba.
Emigra negli Stati Uniti a 23 anni, nel 1907. Svolge innumerevoli lavori: giardiniere, operario in una ditta telefonica, muratore, operaio in una fabbrica di cappelli a Roxbury (un quartiere di Boston). Si appassiona poi al mestiere di calzolaio e artigiano della scarpa. Ha già abbracciato l’anarchismo e non rinuncia a professare le sue idee anche nel Paese che lo ospita, al punto che viene accostato al gruppo di Sacco e Vanzetti. Diventa un membro del gruppo dell’anarchico di Luigi Galleani.
Nel 1917 è imputato di un attentato all’ufficio di polizia di Milwaukee. Quando poi l’11 settembre 1920 Sacco e Vanzetti vengono incriminati per la sanguinosa rapina di South Braintree, il clima, già surriscaldato dalla promulgazione di dure leggi d’espulsione per gli anarchici, a dir poco s’incendia.
Cinque giorni dopo, il 16 settembre, Buda percorre Wall Street con il suo carretto trainato da un cavallo e si ferma tra la sede della banca “Morgan & Stanley” e la Borsa valori. A mezzogiorno il carretto esplode fragorosamente: un comando a distanza provoca la deflagrazione del materiale esplosivo di cui è carico, inoltre migliaia di chiodi vengono sparati in tutte le direzioni.
La sede della banca viene distrutta, così come molti altri edifici circostanti. Rimangono uccise 33 persone e altre duecento vengono ferite. I danni materiali ammontano a 2 milioni di dollari dell’epoca.
L’attentato di Wall Street va in prima pagina su tutti i giornali statunitensi: il New York Times del 17 settembre titola: “Un atto di guerra”. Partono subito le indagini a livello federale: l’FBI individua Buda come unico responsabile della strage. Viene incriminato in base alla testimonianza del fabbroferraio che gli aveva affittato il cavallo poi usato per trainare il carro esplosivo. Quando cominciano le sue ricerche, però, Buda è già scappato in Messico,dove si rivolterà con più di cinquanta uomini contro il governo messicano, da cui rientra poi in Italia, nella natìa Savignano.
Nel 1927 viene comunque arrestato dalle forze dell’ordine italiane per attività sovversiva; viene spedito al confino, prima sull’isola siciliana di Lipari, poi dal 1932 su quella di Ponza, al centro del mar Tirreno. Qui l’accusa viene modificata in “servizi di spionaggio tra gli anarchici rifugiati in Svizzera”. È un espediente per coprirlo in quanto Buda, dopo il rientro in patria, non si è mai mosso da Savignano, dove ha continuato ad occuparsi della produzione e vendita di scarpe.
Muore a Savignano, nel 1963.
Mario Buda ha negato fino alla morte la propria colpevolezza in merito all’attentato di Wall Street. D’altra parte lo stesso Bureau of Investigation (la polizia giudiziaria) non riuscì, all’epoca dei fatti, a individuare i colpevoli della strage.