MAMMA LI TURCHI

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DI GIAMPAOLO GENTILI

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo (grazie a Valerio Monaco de “La voce del Ribelle”)

In queste ore calde per l’ambiente turco, in un’estate a tratti torrida e teatro del mancato golpe contro Erdoğan, si sprecano sul web, e non solo, ogni sorta di opinione, sentenza, intervista all’uomo della strada persino, per dare un quadro su questo strano popolo e il suo momento particolare.

I media italiani poi si divertono e non poco a vagliare tutto sotto il solito prisma del “mamma li turchi”, oramai indelebile nell’approccio istintivo dell’italica gente or quando ci si affacci in questioni relative alla mezzaluna; svariati i commenti leggibili in giro non propriamente pregni di stima nei confronti del paese (senza alcun distinguo e facendone una questione di razza distante da noi altolocati) che mai e poi mai potrebbe entrare nella nostra bellissima e convenientissima Europa: ancora non ho ben capito chi ci rimetterebbe, ma è un’altra questione.

Questo articolo, vorrei premetterlo, è privo di particolari filtri e perbenismi, in quanto l’onestà intellettuale e la stanchezza che mi pervade dopo la lettura e raccolta di tanto materiale, mi impedirebbe di infiocchettare teorie o peggio tesi, al fine di renderle più accettabili: spero quindi qualcuno potrà apprezzare il mio sforzo di genuinità.

Iniziamo dal “mamma li turchi”. In realtà pochi sanno che l’esclamazione originaria è “bedda madre ‘lli tucchi” (o giù di li). In quanto le scorribande dei pirati (d’accordo sotto la bandiera della mezzaluna, ma portate avanti dai giannizzeri, algerini, tunisini eccetera) iniziavano nello stretto di Messina e qui vi terminavano, inevitabilmente. Di conseguenza i poveri siciliani si vedevano a dover subire una doppia razione di ciò che invece le altre regioni incassavano, di solito, una volta sola.

Bene, dopo questa piccola ma doverosa precisazione molto inutile tra l’altro, veniamo ad una prima analisi del perché l’italiano mediamente odia i turchi.

Basta dare un’occhiata alla mia biografia, per capire senza indugi che qualcosa di Turchia ne so, abbastanza almeno da provarmi nell’assurdo tentativo di dipanare la matassa.

Qualcuno obietterà che il termine “odio” è troppo forte, ma l’ho premesso, nessuno sconto a favore del politically correct, il mio non è un articolo per signorine.

A noi italiani i turchi stanno sulle palle, né più né meno, e delle eccezioni illuminate non mi interessa parlare ora.

Sarà per le piraterie, per le battaglie contro gli ottomani, Lepanto tanto impressa nelle vie di ogni città italiana, non saprei. E fors’anche perché siamo islamofobi, o meglio, siamo stati portati ad esserlo.

In più l’ignoranza. Immancabile ingrediente praticamente mai riconoscibile o ammissibile dalla mente dell’uomo medio, l’orgoglio è uno dei problemi principali dell’essere umano.

Ricordo che quando iniziai a interessarmi di Turchia, non sapevo neanche dove collocarla geograficamente di preciso, e come molti altri (scoprii in seguito) pensai a uno dei tanti paesi arabi.

Provate a dare dell’arabo a un turco, ma poi allontanatevi di corsa.

Il primo errore che si commette è quello di confondere l’Islam con un popolo. Il perché noi, cattolici o cristiani, non riusciamo a collocare una religione diversa dalla nostra, in altre zone del globo sinceramente non lo saprei proprio.

Date dell’arabo a un maldiviano allora, già che ci siete.

D’accordo la Turchia è vicina ai paesi arabi, confina con la Siria, con l’Iraq, l’Iran ma anche con la Grecia, la Bulgaria, tramite il Mar Nero con la Russia, la Moldavia ecc. Se poi si da un’occhiata all’Egeo è difficile comprendere come moltissime isole greche siano tali e non turche, ai limiti dell’assurdo.

Ma voi turchi parlate arabo? Ehm, altra fuga consigliata a gambe levate.

Prendete qualsiasi cosa scritta in turco, confrontatela con l’arabo o con il greco e poi se siete onesti, rispondete quale tra le 3 è più leggibile, o vicino alla nostra.

Uno dei fraintendimenti deriva anche dal fatto che il Corano è scritto in arabo, per cui si fa due più due, ergo i turchi lo parlano. Ma, assurdo che possa sembrare, nessuno, tranne i ferventi credenti studiosi, sono in grado di leggerlo, poiché appunto non è la loro lingua.

In più si aggiunga un retaggio probabilmente derivante sempre da quei maledetti pirati, che a prevalenza araba, diffondevano sulla penisola la loro lingua, differente dall’ottomano e oggi ovviamente lontanissima dal turco moderno.

Forse non molti sanno che all’estero l’espressione “parlo turco?”, per comunicare con ironia all’interlocutore un difetto di comprensione, non esiste ma bensì sostituita con “parlo greco?”.

“Fumi come un turco”, “bestemmi come un turco”: tra i miei amici turchi nessuno fuma, in generale conosco poca gente che fumi, se non quanto o meno di qualsiasi occidentale. Deriva probabilmente dal fatto che l’uso del narghilè era a suo tempo diffuso e oggi attrae turisti nei vari caffè, così come ancora si vendono fez per i felicissimi babbei.

Il popolo turco non conosce minimamente la variegata collezione di parolacce che noi italiani siamo in grado di produrre; una delle offese più gravi è “figlio di un asino”: in Italia forse la userebbero i bambini delle elementari. L’utilizzo di bestemmie è molto, ma molto raro e circoscritto a determinati ambienti.

Però ecco che gli italiani non si sa come spendono tali etichette, luoghi comuni, ancora una volta contro i turchi.

Poi uscì il film “Fuga di mezzanotte”, storia vera, no verosimile, no con dei pezzi completamente inventati per stessa ammissione dell’allora ragazzo beccato con “solo” 2 kg di hashish all’aeroporto (sarei curioso di capire cosa gli sarebbe accaduto in USA o in Messico, o peggio in Argentina): i relativi risvolti carcerari, tipici direi di molte prigioni non solo turche, esagerati all’inverosimile contribuirono per moltissimi anni a danneggiare l’immagine della Turchia nel mondo intero. Vi sembra assurdo? Non lo è, informatevi su cosa accadde a livello di infame pubblicità per il paese: ciò che si vede in un film per molti diventa legge.

Nel frattempo dall’altro versante greco, (in quanto l’italiano, in particolare quello che “naviga” in Egeo, tende spesso a far disputare una partita di confronto tra i due paesi, persa in partenza “scorrettamente”) va in onda “Zorba il greco”, con musica del sirtaki (sappiatelo, inventata appositamente per il film e non esistente nelle tradizioni greche), scenari paradisiaci, pescatori, polipi appesi, case blu e bianche, per finire nell’apoteosica cazzata “Mamma mia”: e voglio essere cattivissimo nel comunicarvi che non esiste il caffè greco, ma turco, e che l’ottanta per cento del cibo che mangiate così felicemente in Grecia in realtà è originario della Turchia, solo cambiato di nome (400 anni di dominazione ottomana, nel bene e nel male, qualche segno l’avrà pur lasciato, o no?).

Capite che come già scritto la partita è slealissima.

Inoltre agli abitanti il belpaese piace molto l’espressione “una fazza una razza”, tipica dei greci, perché noi li abbiamo colonizzati per un periodo, e ancora oggi a Leros (splendida isola del Dodecanneso) ad esempio si parla italiano facilmente, e il sangue tricolore probabile scorra in più di qualche vena, lasciando strascichi fascisti con il compiacimento dei vari turisti che finalmente si sentono a casa: non chiedetemi il perché questi tendano a cercare la propria casa, lontano da casa in quanto per me rimane un mistero – se cerchi suolo patrio all’estero restatene da dove sei partito mi verrebbe da dire, mah, noi si che siamo strani sul serio. Vogliamo parlare della ricerca sfrenata di spaghetti e piatti nostrani e conseguente difficoltà nell’assimilare l’altrui cultura anche gastronomica, a conferma di quanto il desiderio di “viaggio” mascheri un meno romantico e semplice turismo? Direi di no, divagazione poco utile all’argomento.

Però queste sono quisquilie se confrontate al vero problema, la religione.

Si è vero a noi anche i francesi e i tedeschi stanno sensibilmente sugli zebedei, e sappiamo che il sentimento spesso è reciproco, e sono paesi a prevalenza cristiana. Ma l’Islam è un ostacolo insormontabile, non si discute.

Difficile da spiegarlo razionalmente, pur riuscendovi sarebbe inutile, è questione di tifo, molto semplice. A meno di esser nati in un paese privo di religioni, e popolazione a prevalenza atea, il nostro imprinting in tenera età e il contesto sociale che ci accompagna lungo la vita, condiziona in una determinata direzione le nostre preferenze.

Mustafà, 65 anni, turco laico ma credente, e amico navigatore vive insieme alla moglie in una piccola barca da tanto, in Egeo. E’ lui ad avermi insegnato un motto, o meglio una regola salva rapporti, a cui si attiene da tempo, “tra amici non affrontiamo mai 3 argomenti, calcio, politica e religione, perché inutile”. Saggezza mediorientale, che non riuscirò ad applicare in questa mia lettera.

Aspetto ulteriore e di non poco conto, la differenza politica tra religione cattolica e quella musulmana.

La seconda non ha mai avuto un “papa”, una vera e propria figura di riferimento generale che avesse mai potuto adeguare i dogmi negli anni. L’immagine dell’Islam è quella di una religione povera per poveri, tendenzialmente. E spesso la povertà fa rima con ignoranza. E dove c’è ignoranza più facile si può manipolare.

Noi cattolici lo sappiamo bene. L’amministratore delegato e tutto il consiglio d’amministrazione della “Vaticano Ltd” lo sanno bene, da secoli.

Per me ogni religione attecchisce nell’ignoranza, il problema è che quella cattolica si è insidiata strisciante con ineguagliabile furbizia e competenza degne della più scafata multinazionale, in ogni segmento della popolazione; con la differenza altrettanto subdola che l’ignorante musulmano lo si identifica facilmente, visivamente, spesso con un pastore, barba lunga o velo per le donne; mentre quello cattolico è vestito bene, tifa il calcio, si sente libero, ma in realtà il livello culturale, quello che serve per articolare più di un concetto basato su lavoro, divertimento, tifo, mangiare, scopare, andare in vacanza, andare in chiesa, è pressoché identico al pastore. Semplicemente è più fashion.

L’Islam dicevo non ha una figura di riferimento e di per se questo non sarebbe un errore, se non fosse che in molti paesi, il “maschio” ignorante e storicamente (in ogni paese del mondo) insicuro, annichilito dalla grandezza della figura femminile, distorce i concetti espressi nel Corano, a sua stupida esigenza ridimensionando la donna e il suo ruolo.

In realtà il Corano non riporta in alcun modo che la donna sia obbligata a coprirsi, è questo l’assurdo; l’arabo è una lingua complessa che si presta a ogni interpretazione. L’arabo diciamo “antico” in ogni sua sfumatura dialettale non ne parliamo, da qui si deduce la facile personalizzazione.

In generale l’Islam è una religione di pace, pensate che è l’unica a riconoscere l’esistenza di Gesù, così come di Abramo e la figura di Maria è venerata come se non più dei cattolici (esagero un po’ ma non così tanto).

La mia intenzione non è quella di riabilitare l’Islam, non mi interessa e come premesso andrebbe abolita insieme alle altre religioni; mi piace solamente puntualizzare alcuni aspetti importanti sconosciuti ai più.

Prendiamo atto che l’Islam in generale sia stato manipolato ad uso e consumo degli stupidi maschi insicuri in diversi se non quasi tutti i paesi dove tale religione impera. Ciò non toglie la pericolosità sociale in cui molte donne vivono, alcune addirittura accettandolo di buon grado.

Ma questo potrebbe non rappresentare un problema per l’occidente. Nel senso che in giro per il mondo purtroppo si producono quotidianamente molteplici ingiustizie e non solo per il gentil sesso, ma stranamente sembra nessuno interessarsene, tranne quando l’esigenza di esportazione di democrazia non coincida con fonti energetiche da depredare; è solo un caso lo so, pensarla diversamente mi etichetterebbe come complottista, termine oramai dotato di un’unica accezione, quella negativa.

Vediamo di iniziare a tirare una linea.

Da una parte abbiamo i cattolici, ben messi non c’è che dire: organizzazione professionale, chitarre che strimpellano in chiesa, bambini giocosi negli oratori, preti moderni (tolto qualche difettuccio umano, di troppe attenzioni sui pargoli, debitamente e puntualmente archiviate dal Ministero della verità), film che fanno valanghe di soldi sul Natale, Colossal storici sulla Bibbia, Babbo natale che fa pubblicità alla Coca Cola, e insomma un paradiso in terra, con palma dei buoni universalmente concessa e riconosciuta. Nel triste film dell’attuale umanità i cattolici sono i buoni.

Non importa se ancora oggi la figura femminile viene sempre subordinata a quella maschile, con tanto di testi di autori affermati che ricordano e consigliano come la “moglie” debba accontentare e accettare il marito, come madre non solo dei figli ma anche di quello stronzo che si è ritrovato in casa.

La chiesa fa tanto bene nel mondo, incontestabile. Certo da secoli l’organizzazione colonizza popoli esotici convertendoli al vero Dio, facendogli abbandonare il loro, pagano (mai compreso appieno la differenza tra il Dio ufficiale e quello pagano) diciamolo, oggettivamente demodè.

Inoltre la missione è quella si di diffondere un messaggio di pace, ma stranamente si fa poco per condannare le vere cause della povertà nel mondo, ad esempio, con nomi e cognomi e anatemi specifici: unica nota positiva per la chiesa è che tale distrazione contribuisce alla fin fine al mantenimento di un po’ di povertà diffusa e sottosviluppo, utili alla buona pubblicità, nuove conversioni e di conseguenza nuovi elettori.

La stampa poi è un continuo osannare sui comportamenti del rappresentante di Dio in terra, il quale viene tenuto in alta considerazione da tutti i potenti del mondo, ovviamente. Servizi di intelligence che fanno arrossire la miglior CIA dei tempi andati, con la sua infinita rete di informazioni presa direttamente dalle anime in confessionale. E un potere di condizionamento inimmaginabile, moneta di scambio (o di ricatto) ineguagliabile per le oneste interazioni tra governanti.

A proposito della stampa. Un solo aneddoto tra tanti, tempo fa leggevo il giornale per come al solito farmi quattro risate, ricorreva la strage di Srebrenica: migliaia di musulmani trucidati.

Ora, io quasi con la bava alla bocca, cercavo un articolo anche su internet che definisse il triste avvenimento nel modo giusto, ovvero “CRISTIANI trucidano musulmani”, più o meno.

Invece stranamente, ma sarà stata solo una coincidenza generalizzata, si riporta dappertutto “Militari serbo-bosniaci fanno strage di musulmani bosniaci” (interessante pure l’esigenza di specificare “bosniaci” come per nominare un’eccezionalità: in Bosnia vivono dei musulmani? Strano. Ma non sono tradizionalmente labbroni arabi cattivoni?). Insomma i cristiani scompaiono magicamente, un dettaglio inutile al cospetto dei militari.

Divertitevi anche voi su altri fatti accaduti, e scoverete tante coincidenze e mancate precisazioni che, lo ripeto, restano solo dei casi, nessuno qui vuole affermare l’assurdo, e cioè che il Vaticano controlli la stampa, o minimo la condizioni, non scherziamo.

Dall’altra abbiamo gli ebrei. Non pervenuti. Qualche trafiletto in 8° pagina di pochi quotidiani italiani, ogni tanto, ma all’estero non è che sia molto differente la questione. Sembra, qualcuno dice, che si stia provvedendo da decenni a uno sterminio scientifico dei palestinesi, i quali inizialmente accolsero questa sparuta comunità di Abramo per condividere con loro pacificamente un po’ di terra, e che oggi gli stessi arabi si ritrovino (sempre voci di corridoio inattendibili) espropriati da un’intera nazione, autorizzata a star li prima dal loro Dio, e in seconda battuta da tutta la comunità internazionale (pare anche che si siano adoperati a costruire di fatto la più grande prigione a cielo aperto mai realizzata fin’ora – di nome Gerusalemme – io però ovvio non ci credo). Ma lo ripeto, poche sono le notizie e certamente inventate o esagerate. Molto simpatico il quadretto invece che i media (in particolare americani) danno delle comunità ebraiche. Tanti film, telefilm, di ogni genere, comici in primis, commedie simpatiche in cui la presenza di protagonisti realmente o fintamente ebraici ci allieta in ogni dove; una sorta di spot pubblicitario continuo a favore di questa splendida, pacifica, e per nulla chiusa popolazione. Fa eccezione Woody Allen, unico sciocco critico, (sempre con il si bemolle), della propria gente. D’altronde la Shoah oramai sembra esser diventata una evergreen card, utilizzata da Israele e le sue benefiche lobby vagamente potenti per fare un po’ come cazzo gli pare e sbandierarla al momento giusto, nella più completa e servile commozione internazionale. Comunque sia non pervenuti dicevo, o poco, e chiunque avesse voglia tra i giornalisti di dire qualcosa fuori dall’ordinario sul loro conto, viene, giustamente aggiungo, messo alla porta o ghettizzato. Brava gente.

Ah si, va dato atto che diverse associazioni umanitarie ebraiche si rammaricano, auspicando di continuo un cessate il fuoco, “da ambo le parti” (da una cacciabombardieri e droni a controllo computerizzato, dall’altra fucili con filo e tappo e qualche pazzo che si fa saltare in aria, non avendo altro da fare: le proporzioni son queste) per finalmente addivenire a una pace duratura. Bello, ammirevole. Ma nessuno tra loro che dica ad esempio “Cessiamo il fuoco e poi, come giusto, CE NE ANDIAMO!” riferendosi all’invasione di territorio più sopra descritta. Far passare il concetto che due cattivoni debbano abbassare le mani per far la pace, non so voi ma a me suona leggermente riduttivo.

E finalmente loro, i musulmani. Terroristi, a priori. I media non stanno per nulla facendo il lavaggio del cervello, al punto che giorni fa un amico mi chiede “ma come reagiresti tu se in metro ti trovassi accanto un musulmano?” Lo ha detto con ingenuità lo so, senza cattiveria o prevenzione, sul serio. E’ la macchina dell’informazione, sempre supervisionata dal Ministero della verità, ad aver semplicemente svolto e bene il proprio lavoro.

Quindi oggi abbiamo l’equazione musulmano = terrorista. Inoltre saper riconoscere un musulmano su due piedi non credo sarebbe facile, a meno che si cerchi con lo sguardo l’uomo barbuto, con il turbante e Corano aperto in mano.

Sui musulmani ho dissertato prima, quindi non procederò oltre, tranne per avvisare che ieri le streghe erano i comunisti, con i quali per poco non innescavamo la terza guerra mondiale, e ora sono i fedeli a Maometto con i quali ho paura che la strada imboccata non ci stia portando in tutt’altra direzione.

In pratica i musulmani hanno perso il campionato delle religioni, non ci piove.

Attenzione però, in quanto hanno la strana abitudine a reagire alle devastazioni, stermini, guerre a senso unico perpetuate da decenni dall’occidente democratico cristiano; e, qualcuno dice, che finché non li lasceremo stare, magari chissà con qualche scusa formale e ritiro delle truppe sui vari fronti, meglio se farcite di risarcimenti importanti, loro continueranno a ripagarci con la stessa moneta. Poco importa se molte organizzazioni terroristiche vengano create ad hoc dai potenti, perché la molla ideologica che spinge gli adepti, pilotati che siano, non è inventata, e ahimè se vogliamo essere onesti, condivisibile.

Tutto questo scrivere è stata una dovuta premessa, per fornire un quadro di insieme dei vari aspetti che fanno da cornice all’attualità, in cui la Turchia è tra i protagonisti dell’ultima ora.

Non mi fate raccontare la storia della mezzaluna, andate su Wikipedia e approfondite se volete. Posso solo dire che “Mustafa Kemal Atatürk” ad un certo punto mette fine all’impero ottomano, poi scaccia dal territorio gli inglesi, i francesi e gli italiani; rimanda tutti a casa e stabilisce che da oggi in poi il paese sarà una repubblica democratica fondata sul LAICISMO.

Quest’uomo veramente illuminato e coraggioso (Churchill lo considerò lo statista del XX secolo) comprese il pericolo della religione, dell’Islam in particolare per i suoi lati troppo pilotabili come spiegato. Non potendo tout court abolirla, ne prese le distanze: la religione doveva rimanere un fatto personale e rigorosamente fuori dalla vita pubblica. Il che si tradusse a nessun simbolo religioso nelle scuole, uffici, università, nessuna donna coperta che volesse lavorare nelle istituzioni. Voto alle donne, vent’anni prima che in Italia. Fiducia estrema nei giovani “lascio a voi questo paese, perché da voi viene la forze per il futuro”. Uomini via il fez, e tutto il popolo all’unisono ad abbracciare una cultura la più occidentale possibile, pur mantenendo la propria dignità, valori morali e orgoglio basati su una storia millenaria.

Fa mettere a punto e impone una nuova lingua, il turco moderno, impostato sull’alfabeto latino più qualche lettera fonetica, abolendo l’ottomano: una cosa da niente (pensateci un po’ e capirete di cosa stiamo parlando).

Ho sintetizzato in maniera vergognosa la grandezza di ciò che in realtà accadde, ma giusto per non partire con il discorso successivo senza nulla in mano.

La Turchia è un paese laico, nonostante oggi.

I turchi esigono laicismo, almeno quelli mediamente colti e non i soliti pastori di cui sopra.

Dei laici credenti in Allah, pochi vanno in moschea, forse una volta l’anno. Credono nel loro intimo, così come dovrebbe essere un sentimento religioso. Fermo gli altri che potrei paragonare ai cattolici osservanti, quelli di ogni domenica una tacca.

Ma i media di tutto ciò non hanno mai riportato una virgola, mai.

Negli anni è continuata sempre un’operazione di brutta pubblicità, al massimo l’immagine di paese arretrato, musulmano con accezione negativa, arabo persino.

Ricordo un amico, produttore di documentari, che venne a trovarci a bordo per girarne uno proprio sulla Turchia. Ci chiese dove potesse riprendere donne coperte e uomini baffuti (con il fez sarebbe stato meglio: no, questa del fez non è vera, scherzo). Alla nostra rimostranza (mia e di mia moglie Başak, turca) sul fatto che non fosse facile trovarne, almeno sulla costa, e che comunque avrebbe raccontato una non verità sulla Turchia, lui rispose ben consapevole di ciò, che la produzione (la RAI signore e signori, non pizza e fichi) gli chiedeva un quadro esotico della Turchia, folcloristico, arretrato ma tanto in linea con le linee guida di…? Insomma a lui obtorto collo della Turchia vera, quella moderna, quella di Atatürk, interessava poco, al limite qualche derviscio rotante e musiche arabeggianti.

Un paese musulmano LAICO, che funzionasse perfino, non rientrava nei piani dell’occidente, che si stava preparando alle nuove streghe. C’è da dire che anche gli altri paesi a prevalenza musulmana, questi si basati sulla teocrazia o su un certo fondamentalismo, sono sempre stati nemici dei turchi. Guarda caso.

L’Islam come religione di pace, senza alcun obbligo coercitivo per le donne, decisamente strizzante l’occhio all’occidente, non poteva essere permesso. Qui tra noi di religioni accettate già ce ne sono 2, non scherziamo, 3 sarebbe stato troppo, lo spazio è esiguo e i nemici servono.

Sapete che a Istanbul vive la più grande comunità di ebrei in Europa? Così tanto per dire.

Io ho avuto ampio modo di frequentare i turchi, non i pastori, e posso dirvi che sono persone veramente speciali, civili, con un senso morale e dignità che dispiace dirlo noi italiani oramai rammentiamo poco. Sempre pronti a darti una mano, ai limiti dell’imbarazzo. Moderni, i ragazzi sono splendidi, colti, fantasiosi, artisti, gioiosi, tanti. E coraggiosi, se date un’occhiata ai fatti di Gezi Parki.

Un paese, in particolare Istanbul, da sempre crocevia di culture e etnie, contaminazioni che si scorgono inaspettatamente per un occhio occidentale persino nel dna vista la vicinanza con Russia & friends: biondi, rossi, e naturalmente la maggioranza castani, mori.

Provate a fare una foto a Taksim sulla folla; fate lo stesso con altre piazze europee, e mischiate le carte. Dopodiché vediamo chi riesce a distinguere tanto facilmente un francese da un turco.

Ovvio che se tentate lo stesso gioco con i paesi arabi, la partita dura poco. Ed è un distinguo non piccolo. In quanto noi umani siamo abituati a provare prevenzione nei confronti del diverso.

Vi garantisco che anche qui si potrebbe uscirsene con “una fazza una razza” (il che mi è capitato sentirlo più di una volta, non proprio uguale ma il concetto si).

“Un po’ come in Iran ai bei tempi” qualcuno azzarda a dire, ma non è vero, non propriamente. Razza differente, cultura differente, e fondamentale li non c’era un Atatürk e il suo Laicismo: che lo crediate o meno, in Turchia a 80 anni dalla sua morte, il popolo si riunisce ogni anno il 10 novembre alle ore 9:05 (momento preciso del decesso) ricordandolo in un assordante minuto di silenzio, il traffico si ferma, chi è in auto spegne il motore e esce dall’auto iniziando a suonare di continuo il clacson, i mezzi pubblici si fermano, il popolo si ferma, e le sirene fanno da contraltare a molte lacrime di gente commossa al suo ricordo. Da brividi. Noi non possiamo minimamente renderci conto di cosa significhi un evento del genere, persone che tributano l’omaggio al loro padre, perché questo significa il nome Atatürk, letteralmente, “padre di tutti i turchi” (https://www.youtube.com/watch?v=nUXM0sxf0-g).

Un aspetto che ho piacere di evidenziare è il lavoro che vari blogger svolgono per fornire il loro personale quadro, anche recandosi sul posto. Lo sforzo è apprezzabile, si percepisce spesso la voglia di gridare un po’ di verità sulla Turchia e i turchi. Uno degli argomenti su cui si fa leva per rispondere all’occidente lobotomizzato è la condizione delle donne, e la tendenza all’orizzonte. Posso dirvi che al momento nulla è cambiato. La presenza del velo è aumentata, vero, tuttavia molta della pratica è dovuta alla necessità di stringere affari più o meno direttamente con il governo. Le mogli degli imprenditori indossano un fazzoletto in testa (ora va di moda uno stupido look che sembra fare il verso a Alien) per convenienza, conversioni in alcuni casi ai limiti del grottesco per quanto sfacciato il voltafaccia: è una maschera per far affari in una sorta di lobby allargata e aperta che come spiegherò in seguito, ha poco interesse nell’islamizzazione del paese.

Il punto però è un altro e al quanto delicato da affrontare.

Lo stereotipo della musulmana ancora oggi è quello di donna con velo, non ci piove.

Ecco perché provo fastidio nel vedere foto tra gli stessi blogger in buona fede, dove si ritraggono ragazze turche familiarizzare sorridenti con altrettante coetanee coperte, con l’intento di voler comunicare una qualche libertà condivisa e giusta.

E’ questa mancanza di salto di qualità a determinare la continuazione del format. Il massimo che si riesce a fornire è appunto la libertà di espressione religiosa così come del laicismo.

Ho evidenziato in tutto l’articolo che l’Islam è orfano di una figura di riferimento, per giunta “illuminata” (o furba fate voi) che avrebbe potuto far chiarezza sui dettami del Corano.

Ora, una delle critiche mosse da (poche) figure femminili intellettuali nei confronti di Atatürk fu proprio il divieto imposto di esibire il velo nei comparti pubblici, vissuta come privazione di libertà di espressione religiosa; certo le signore in questione dimenticavano di dire che prima di tale “imperdonabile” impedimento non avevano neanche il diritto al voto, e che la loro parola non aveva valore legale, e soggette ai voleri del marito o del padre, nessuna parità di diritti, più tante altre succulente questioncine evidentemente di poco conto rispetto alla loro mascherata.

Sta di fatto che Erdoğan ristabilendo la presunta libertà (oltre il sacco di farina e pasta promessi al suo elettorato) è riuscito a conquistare l’imbarazzante quorum odierno.

Cercate di seguirmi perché perdersi è facile.

Cioè, la donna ignorantemente chiede di potersi coprire e andarsene in giro a frequentare l’università (ad esempio), applicando un obbligo non presente nel testo sacro, più immaginiamolo senza molti sforzi, mettendo in pratica altre sudditanze tante care al maschietto coercitore.

L’amica laica le siede accanto contentissima di mostrare all’esterno la sua apertura mentale (?), non accorgendosi a sua volta di essere superficiale o poco attenta rendendosi complice di un’assurdità.

Capite che qualcosa non torna. In qualche misura, esagerando un po’, è come se ci fossero persone vestite chi da Batman, chi da Spiderman, con la pretesa di entrare e lavorare nei vari uffici pubblici, accolte con approvazione da amici e conoscenti laici: solo che io a Batman più di tanto non saprei cosa dire, quale conversazione affrontare.

Beninteso provo le stesse sensazioni in Italia, per gli analoghi esaltati cristiani allorquando si relazionano con dei laici: come già scritto loro i mascheramenti ce l’hanno dentro.

Se prendete una foto del 1960, o parlate con chi c’era a Istanbul in quegli anni, non vedevi una donna coperta, né per intero né per metà, né un fazzoletto a fiorellini, ma minigonne a gogò e zeppe ai piedi. Non v’era impedimento nell’indossare il velo all’esterno di casa, ma la cultura diffusa, l’obbligo di spogliarsi di un orpello senza senso nella vita produttiva e scolastica, costrinse molte donne a vedere il mondo in modo differente, grate di esigere i propri diritti al pari dell’uomo (non dimentichiamo che, udite udite, in Turchia dal 1996 al 1996 il primo ministro è stata la SIGNORA Tansu Penbe Çiller, fate voi i confronti con l’Italia e il resto del mondo).

Ovvero Atatürk si assunse la responsabilità di condizionare nel bene una religione, e che mancava di guida spirituale come per la Chiesa. E lo fece relegandola di fatto alle sedi che tutt’ora dovrebbe avere: i luoghi di culto, le mura domestiche, la vita privata.

Sono convinto che Atatürk oggi si stia rivoltando nella tomba all’infinito, perché la sua idea di Turchia non era l’odierna immagine diffusa nel mondo.

Le religioni tutte andrebbero contenute, perché favoriscono la sottomissione: non fermatevi all’immagine del velo, ma estendetela ad altri simboli fuori dal comparto musulmano, per comprendere la mia accusa; mentre parlo di Islam, contemporaneamente sto riferendomi anche agli altri monoteismi. Io non potrei mai relazionarmi con un fondamentalista, un fervente credente, cristiano, ebreo o musulmano che sia, tranne per la normale civile convivenza.

Quindi finitela di propinarci una visione dell’Islam accettabile, quando continuate a fotografare dei “supereroi” e i loro partner spacciandoli per libertà.

L’Islam così come vogliono, volete mostrarlo lo ripeto è inutile, e pericoloso, in quanto messo in tal modo si rivolge agli ignoranti e non c’è nessun papa simpatico e à la page a gestirne l’ipocrita modernità: quanto meno lo renderebbe più sdoganabile.

E la Turchia non è questo, non può pian piano trasformarsi nell’ennesimo contenitore di una non verità per giunta preistorica.

Atatürk ha creato uno stato che per decenni ha costituito un’eccezione nel mondo musulmano, duraturo tutt’oggi. Eccezione che deve servire per comunicare all’esterno un Islam diverso, moderno, in lotta contro gli stereotipi e l’ignoranza. Il turco credente, laico, non si agghinda in nessuna maniera. La sorella di Başak, il cognato, le zie, gli zii, e tutto l’albero genealogico recente, sono musulmani, ma privi di ogni riconoscibilità estetica o comportamentale. Credono in Allah dall’interno. Spero di esser stato più chiaro ora.

Se ancora non si fosse compreso ritengo le religioni inutili e dannose, tutte, in un’ottica di reale evoluzione dell’essere umano.

Poi, siate liberi di credere a quello che volete, ma all’interno del vostro appartamento o meglio del vostro animo.

E’ questo in buona sostanza l’insegnamento che Atatürk diede e, assurdo, continua a dare non solo alla Turchia ma all’intera umanità: laicismo per guardare al futuro dell’uomo.

L’Europa in particolare ha perso un’occasione preziosa in tutti questi anni, avvicinarsi e far avvicinare il paese laico per eccellenza, con l’obiettivo di dargli una mano a completare quell’opera voluta dal suo fondatore. Poteva essere un partner incredibile, tra l’altro i turchi sono lavoratori indefessi, criticabili a mio pensare per il loro eccessivo stacanovismo. Geograficamente fondamentale per affacciarsi in oriente, il tutto in un clima di pace, per chiamare pace.

Ma la storia invece è nota, si son messe barriere più o meno funzionali a strategie misteriose al comune mortale, relegandolo ad uno dei tanti paesi musulmani.

Probabile che un modello di stato laico, dove si toglie ogni forza alla religione, sempre foriera di sante guerre nei secoli devastanti (tutt’oggi), condizionante gli animi, fosse realmente scomodo a chi invece esige sottomissione, spirituale meglio; altra mia fantasia che in verità non penso minimamente sul serio.

Oggi la Turchia vive il suo eterno conflitto tra futuro e passato, contraddizioni continue ma che sono allo stesso tempo ricchezze, purtroppo esasperate da un governo che al di la di quanto possa far vedere all’esterno, tra uno slogan populista e l’altro, non ha nessun interesse per l’islamizzazione del paese, bensì è il potere a cui mira, sempre più potere, nulla più. E se per ottenerlo, democraticamente, deve catturare i voti dei pastori lo fa senza colpo ferire. Certo tutto ciò non porta del bene all’immagine e al futuro di un progetto sociale che si sta allontanando dai dettami del suo fondatore.

Il recente golpe sta consentendo un autocrazia sempre più forte, è evidente dai quotidiani movimenti di Erdoğan, ma come ogni megalomane, gongolante del nomignolo datogli dai media, cioè sultano, probabilmente commetterà qualche passo falso, forse già ne ha fatti e grossi. Come partner internazionale non sembra molto affidabile con i suoi voltafaccia, e mani strette oggi all’amico domani al nemico. E’ il secondo esercito della Nato, una delle basi presenti sul territorio contiene 80 bombe nucleari, e gente come gli americani non sono molto sensibili all’ironia e ai doppi giochi, essendo loro i primi e unici detentori di tali schemi.

Insomma la situazione attuale è molto delicata, e parlando con tante persone non si scorge valida alternativa. Il golpe se vero è stato organizzato sembra dai gulenisti, discepoli del miliardario questo si islamista Fetullah Gülen, protetto e concusso con la CIA e la signora Clinton. Se avesse vinto ci saremo ritrovati con l’ennesimo paese a guida teocratica? Probabile, pur se improbabile, quindi no buono. Erdoğan non c’è bisogno di dirlo ancora, non è il leader ideale, amato da una metà di dubbia cultura, e odiato dall’altra metà. Manca la terza opzione e questo è il vero problema dei turchi. Non c’è un leader neanche in lontananza a cui gettare le braccia al collo, per aggrapparsi con forza e uscire dall’impasse attuale, causa credetemi di una diffusa depressione e malcontento nel popolo ataturkiano.

Si tenta, o forse vi si è riusciti già, una separazione all’interno del paese, gli antichi dicevano “divide et impera”. Separazione pericolosa però e l’aria che si respira è carica di gas infiammabili.

In Turchia serve un nuovo leader che porti avanti con determinazione il progetto di Atatürk, laicismo a oltranza e religione relegata a fatto del tutto personale, a cui togliere ogni sorta di potere. Capisco bene che un disegno del genere spaventerebbe molti paesi, e non parlo di quelli arabi, pressoché irrecuperabili, al momento.

Cara Europa, caro occidente, vi vergognate di ricevere lezioni da questo immenso Statista e grand’uomo a cui il re d’Inghilterra si inchinava? Siete invidiosi? Vi sentite inetti? Se invece pensate che Churchill non sbagliava, e riuscite a mostrare un po’ di umiltà, e volete un faro oggi tanto necessario all’uomo moderno, annichilito, svenduto, abbracciate le sue idee e date una mano al mondo, a partire dai turchi, che un giorno ve la restituiranno con piacere e orgoglio.

E a voi italiani, svegliatevi, abbandonate una volta per tutte la sciocca prevenzione per questo splendido popolo e terra di inenarrabili bellezze e sorprese: l’imperatore Costantino non si sbagliava. Non fatevi prendere in giro dai media, venite a toccar con mano e non dimenticate che anche il vostro sangue parte da qui, la terra che ha dato vita agli Ittiti, società matriarcale, dove giustamente la donna comandava: fanculo agli uomini.

Giampaolo Gentili

Fonte: www.comedonchisciotte.org

2.08.2016

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