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UNA NAZIONE INDEBITATA FINO AL COLLO

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A cura di Vichi genio
Il 23 Febbraio 2006
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DI PAUL KRUGMAN

I mercati mondiali dell’anno scorso hanno visto gli USA spendere il 57 per cento in più di quanto abbiano incassato. Ciòè le importazioni hanno superato le esportazioni del 57 per cento.

Come si fa a vivere così al di sopra dei nostri mezzi? E’ semplice basta indebitarci con il Giappone, la Cina e i fornitori di petrolio del Medio Oriente. Oramai siamo petro- e debito-dipendenti.

Ci sono casi in cui indebitarsi con l’estero è più che giustificato. Ad esempio nel 19esimo secolo gli USA avevano contratto grossi debiti con l’Europa per potersi costruire la rete ferroviaria e altre infrastrutture industriali. Il risultato finale di questi grossi indebitamenti era stata una America più forte, non più debole.

Oggi però i debiti non servono a finanziare grossi investimenti infrastrutturali: infatti, considerate le proporzioni della nostra dimensione economica, gli investimenti oggi risultano al di sotto delle medie storiche. I soldi che prendiamo in prestito ci servono invece per costruire nuove case, comprare beni di consumo e, naturalmente, per finanziare il deficit federale.

Nel 2005 la spesa nel ramo immobiliare, come percentuale sul PIL, ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 50 anni. I proprietari di immobili utilizzano i valori delle loro proprietà come fossero un bancomat, da trasformare in denaro contante da spendere immediatamente; l’anno scorso i risparmi personali sono scesi, per la prima volta dal 1933, al di sotto dello zero. Come segno della degradazione del nostro stato fiscale vi è l’amministrazione Bush che quest’anno considera una vittoria avere un deficit di bilancio, per il 2005, di oltre 300 miliardi di dollari, solo perché è un po’ più basso del deficit del 2004.

Tutto questo sembra insostenibile. E infatti lo è.

Secondo alcuni nell’economia americana esiste una quota di risparmio sommerso che non viene considerato dalle statistiche ufficiali. Non mi addentrerò in una discussione tecnica riguardo all’attendibilità di questi proclami, di cui alcuni assomigliano alle giustificazioni usate tempo fa per giustificare le supervalutazioni delle azioni tecnologiche, salvo per dire che più ci avviciniamo alla realtà dei fatti più diventa improponibile l’ipotesi del “don’t worry, be happy” (Ritornello di una famosa canzoncina, “Non ti preoccupare, stai contento” NdT).

Il governo federale adotta una forma più sofisticata di rifiuto della realtà, Dick Cheney applica all’analisi del bilancio federale la stessa tattica usata con le informazioni spionistiche a proposito dell’Irak. La settimana scorsa Cheney ha annunciato che all’interno del Tesoro è stata creata una nuova divisione la quale ha dimostrato che la riduzione delle tasse non solo non abbassa ma addirittura aumenta le entrate federali. Si tratta del metodo Bush-Cheney: prima si parte dalla conclusione e poi si creano le condizioni perché qualcuno le giustifichi.

Però gli studiosi e gli analisti seri sanno bene che la baldoria dei grandi prestiti non può durare a lungo. Prima o poi il deficit commerciale si dovrà raddrizzare, il boom immobiliare dovrà finire, e sia il governo che il popolo americano dovranno tornare a vivere con i propri mezzi.

Quali saranno le conseguenze di tutto ciò? Dipende da come si porrà fine alla baldoria. Se tutto si svolge gradualmente allora l’economia USA sarà in grado di trasferire la forza lavoro impegnata nei settori che hanno beneficiato del boom immobiliare e consumistico nei settori che lavoreranno per l’esportazione o per la sostituzione dei beni importati. Se ci sarà tempo si potrà diminuire il deficit commerciale e portare a livelli realistici il boom immobiliare senza una grossa perdita di posti di lavoro.

In pratica, però, un “atterraggio morbido” sembra piuttosto improbabile, perché ci sono troppi attori economici che nutrono aspettative non realistiche. Ciò è vero sia per gli investitori internazionali, che stanno ancora collezionando i buoni del tesoro a poco prezzo, senza considerare sia il deficit di bilancio e sia l’opinione degli esperti commerciali i quali ritengono che il dollaro, alla fine, dovrà perdere circa il 30 per cento del suo valore per eliminare il deficit commerciale.

Lo stesso vale per i proprietari immobiliari. La maggior parte degli americani vivono in regioni dove il costo delle abitazioni è ancora sostenibile. Ma, secondo uno studio commissionato dalla HSBC, una banca multinazionale, conferma quello che sia io che altri studiosi abbiamo sempre affermato, e cioè che l’aumento dei valori immobiliari è avvenuto in una “bolla regionale” lungo le coste, dove i prezzi sono aumentati molto più di quanto venga garantito dai fattori economici. Secondo le loro stime i prezzi in detta zona sono supervalutati dal 35 al 40 percento, con guadagni illusori pari a migliaia di miliardi di dollari.

Così è molto probabile che la baldoria economica finirà con un botto sonoro, e non un semplice sibilo, non appena il mercato dei buoni del tesoro e i prezzi delle case subiranno un brusco risveglio si avrà una caduta improvvisa della domanda. Se ciò accadrà le conseguenze economiche saranno piuttosto severe.

Tutto sommato Alan Greenspan, che si è dato tanto da fare per creare questa situazione, si può considerare fortunato di essere andato in pensione, dal momento che può tenere conferenze riservate agli investitori al suono di 250.000 dollari alla botta. Il suo successore adesso si trova ad affrontare un viaggio pieno di pericoli. Auguri e buona fortuna Ben, ne hai bisogno.

Fonte:www.informationclearinghouse.info
Link: www.informationclearinghouse.info article 11922
14.02.06

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da VICHI

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