DI ROBERT FISK
counterpunch.org
Qualche ora fa, subito dopo la vergognosa, infame e assurda rottura di un importante trattato internazionale, stavo sforzandomi di pensare chi mi ricordasse Donald Trump. Avevo cominciato con quel presuntuoso, fanatico, razzista di Theodore Roosevelt, il “domatore di cavalli”, a cui piacevano la guerra (e le minacce). Però Theodore Roosevelt aveva vinto il Premio Nobel per la Pace. E poi ho capito.
L’uomo politico che più assomiglia a Trump è il defunto Colonnello Gheddafi, (il dittatore) della Libia.
I paralleli sono abbastanza inquietanti. Gheddafi era uno spostato, un vanitoso, un uomo a cui piaceva fare il pavone, era ossessionato dalle donne, aveva anche incaricato un ghost writer di inventargi il “Libro Verde” della sua filosofia personale, proprio come Trump, quando si era fatto scrivere il proprio manuale di marketing. Gheddafi era vendicativo con gli avversari e i suoi programmi per il Medio Oriente erano, come minimo, bizzarri. In un’occasione si era dichiarato favorevole alla creazione di un unico stato per Israeliani e Palestinesi che, in tutta serietà, avrebbe dovuto chiamarsi, secondo lui, “Israel-tina”. Un po’ come trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.
La Casa Bianca di Trump adesso è come la tenda di Gheddafi, quella che il leader libico si portava dietro ovunque andasse. La retorica televisiva di Trump dell’altra sera non è stata dissimile dall’insistenza di Gheddafi, quando voleva che tutti gli affari venissero trattati nella sua tenda. La stretta di mano di Gheddafi era leggendaria, così come lo era stato il bacio ricevuto da Tony Blair, tanto ossequioso di Gheddafi in Libia quanto Theresa May nei confronti di Trump a Washington. Se ne sono poi visti i risultati, per Blair e la May.
Gheddafi gestiva i suoi affari utilizzando la famiglia – questo mi ricorda qualcosa – ed aveva anche mantenuto buone relazioni con la Russia. I suoi discorsi erano interminabili, gli piaceva il suono della sua stessa voce, e, anche se mentiva in continuazione, il pubblico era costretto ad ascoltare e a temere le sue sfuriate. Sopratutto, però, Gheddafi era completamente distaccato dalla realtà. Se mentiva, credeva alle sue stesse bugie. Era convinto di aver mantenuto le proprie promesse. Credeva nel mondo in cui voleva credere, anche se questo non esisteva. Il suo progetto del Grande Fiume Artificiale [GMR – Great Man made River] avrebbe dovuto Rendere Nuovamente Grande la Libia [1]
Se questo può sembrare irriverente, c’è però un altra inquietante somiglianza fra Trump e gli altri leaders del Medio Oriente, sto pensando all’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Quando aveva parlato alle Nazioni Unite, aveva detto che sopra il suo capo era apparsa una nube di santità, per poi negare subito dopo di averlo detto, al punto che un suo avversario politico iraniano aveva poi reso di pubblico dominio il filmato. Mi chiedo, dopo l’ultima, scandalosa performance di Trump, se sentiremo ancora parlare di Ahmadinejad. L’unica altra persona a cui potremmo ancora paragonare il presidente americano suppongo sia lo stesso “piccolo uomo-razzo” coreano che, solo qualche ora fa, sembrava essere l’uomo che poteva assicurare a Trump il Premio Nobel. Bisognerebbe proprio dire: Santi Numi!
Naturalmete sappiamo tutti che cosa significhi la rottura da parte di Trump dell’accordo sul nucleare iraniano, lasciamo perdere le sue bugie e i suoi ragionamenti capziosi sul trattato originale: gli Stati Uniti fanno ora parte della politica estera di Israele. Gli Arabi erano soliti dire che Israele era uno stato americano. Adesso sono gli Stati Uniti ad essere diventati una parte dello stato di Israele. Quell’ignobile discorso conteneva diversi riferimenti al “terrore” in riferimento all’Iran, “stato sponsor del terrore”, “che sostiene i mercenari terroristi”, “il regno… del terrore”, “un regime di grande terrore”, “finanzia.. il terrorismo”, “sostiene il terrorismo”, “il più grande stato al mondo che finanzi il terrorismo”, e via discorrendo. Uguaglia quasi il discorso di Bemjamin Natanyahu alle Nazioni Unite.
E noi dovremmo credere, proprio come dei bambini, che l’Iran sciita stia sostenendo al-Qaeda, dei mussulmani sunniti, mentre combatte contro al-Qaeda in Iraq e in Siria. Dovremmo credere che dei vecchi “documenti segreti” forniscano la “prova definitiva” che la promessa iraniana di non puntare all’atomica è solo una bugia. Ma quanto in basso è scesa l’America ora, in Medio Oriente e in qualunque altro posto (mi viene in mente la Corea), se può così spudoratamente stracciare un trattato internazionale approvato dallo stesso governo americano. Questo era stato il modo di fare di alcuni leaders europei, uno in particolare, nella prima metà del 20° secolo.
Facciamo solo un passo indietro ed invertiamo i ruoli in questo osceno spettacolo. Immaginate che il governo americano fosse riuscito a stipulare un accordo internazionale sul nucleare con l’Iran. Pensate poi che a cosa sarebbe successo se la reazione iraniana all’elezione presidenziale di Trump fosse stato l’annuncio del ripudio dell’accordo da parte della Repubblica Islamica. I vari May, Macron e Merkel si sarebbero messi in fila, magari anche con Russia e Cina, insieme a Trump per denunciare questo atto di perfidia. Come ha potuto l’Iran rompere un trattato internazionale così vincolante; ce lo saremmo chiesto? Che razza di regime c’è in Iran? Ce ne sarebbe stato abbastanzanza per definirlo un “regime terrorista”.
Questo è il motivo per cui mi è quasi piaciuta la dichiarazione d’amore di Trump per gli Iraniani. Tutti i presidenti americani dicono quanto essi amino quelli che stanno per invadere. Bush aveva detto la stessa cosa riguardo agli Iracheni. Così aveva fatto Reagan prima di bombardare la Libia di Gheddafi. Adesso Trump prova pietà per gli “Iraniani sofferenti da così tanto tempo”. Trump ci fa ripensare all’epoca in cui l’Iran “prosperava in pace” e “si era guadagnato l’ammirazione del mondo”, e nessuno ha notato che si stava riferendo all’Iran dello Scià, la cui polizia segreta, la Savak, teneva gli Iraniani in una condizione permanente di paura e di terrore attraverso la pratica di indicibili torture .
Robert Fisk
Fonte: https://www.counterpunch.org
Link: https://www.counterpunch.org/2018/05/10/trump-is-the-new-gaddafi/
10.05.2018
Scelto e tradotto da Markus per www.comedonchisciotte.org
[1] Make Libya Great Again, richiama volutamente MAGA – Make America Great Again – lo slogan elettorale di Trump.