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La Redazione

 

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TELEFONI CELLULARI E SALUTE. COSA NE SAPPIAMO ?

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A cura di Davide
Il 10 Gennaio 2010
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DI YANAR ALKAYAT
theecologist.org

Tra qualche mese, un network di telefonia mobile irlandese lancerà “Firefly”, un telefono cellulare per bambini. Mentre persino l’opinione ufficiale del governo è contraria ad una simile mossa, Yanar Alkayat ripercorre opportunamente ciò che sappiamo per certo su telefoni cellulari e salute
“Sto riscontrando un numero maggiore di pazienti ventenni e trentenni con una diagnosi di tumore al cervello rispetto a quanto mi aspetterei”, afferma il neurochirurgo australiano Dr. Vini Khurana, preoccupato dall’aumento di una patologia relativamente rara ma potenzialmente fatale.

Tale patologia causa crisi epilettiche, cecità e problemi di coordinazione, e comporta un aumento di cellule anomale nel cervello. Per il suo sviluppo e la sua diagnosi possono volerci tra i dieci e i vent’anni. Mentre si attendono ancora conferme in merito ai fattori di rischio, un crescente corpus di evidenze sta correlando l’uso di telefoni cellulari con determinati tumori cerebrali.

All’inizio di quest’anno, Khurana è finito in prima pagina per la pubblicazione di uno studio secondo le cui conclusioni i telefoni cellulari potrebbero essere dannosi quanto l’amianto e il fumo di sigaretta, se non addirittura di più. Egli ha esaminato oltre 100 articoli del Dr. Lennart Hardell, eminente oncologo e ricercatore presso l’Ospedale Universitario di Orebro in Svezia, e uno studio multinazionale su telefoni cellulari e tumori al cervello, noto come “Interphone project”.

Hardell è celebre nel campo della ricerca sui tumori cerebrali e, sebbene alcuni critici sostengano che l’evidenza epidemiologica da lui raccolta sia insufficiente a stabilire una connessione tra telefoni cellulari ed effetti sulla salute, i dieci anni che ha trascorso indagando sull’argomento lo hanno costantemente portato alla stessa conclusione: usare il telefono cellulare per un’ora al giorno nei giorni lavorativi per dieci anni comporterebbe un aumento di almeno il 100% della probabilità di sviluppare un tumore al cervello.

Dopo aver esaminato il lavoro di Hardell, Khurana è propenso a concordare con lui, ma ritiene che solo “un inesplicabile aumento nei tassi di incidenza dei tumori cerebrali e di altri disturbi neurocomportamentali” potrebbe spingere i governi all’azione.

Allora, che cosa stanno facendo i governi al momento? Nel Regno Unito, il governo è impegnato in un enorme studio che coinvolge 13 Paesi dal 1999 e il cui scopo è determinare se l’esposizione a basse radiazioni di radiofrequenza (RF) influenzi i tumori al cervello (neurinoma dell’acustico, glioma, meningioma e tumori della ghiandola parotide). Questo sforzo mastodontico si è avvalso di centinaia di ricerche su oltre 14mila persone ed è costato l’esorbitante cifra di 30 milioni di dollari. Tuttavia, il mondo sta ancora attendendo pazientemente i risultati.

La pubblicazione dello studio era prevista per il 2005, ma è stata procrastinata a causa di controversie e confusione ed è ora in programma per la fine di quest’anno. I ricercatori del gruppo non concordano sulla modalità di interpretazione dei dati, ed è in corso un acceso dibattito sull’esattezza dei risultati. Sono circolate accuse di ‘distorsione del ricordo’ (il difetto associato al fatto che ai partecipanti sono richieste informazioni su comportamenti passati facendo esclusivo affidamento sulla loro memoria), anche se è possibile sostenere che tale fenomeno potrebbe portare tanto ad una sopravvalutazione quanto ad una sottovalutazione dell’impatto.

Precauzioni di sicurezza

Le soglie di radiazione RF cui la maggior parte dei Paesi aderiscono sono stabilite al fine di assicurare che i dispositivi elettronici non riscaldino il tessuto corporeo in misura superiore ad un grado nel corso di 6 minuti di utilizzo (fenomeno classificato come ‘effetto termico’). Gli scienziati, i medici e gli esperti temono che si verifichino effetti biologici a valori inferiori rispetto a quelli indicati dalle linee guida, con conseguenti possibili ripercussioni negative sulla salute nel lungo termine.

La Health Protection Agency (HPA) del Regno Unito, agenzia con funzioni consultive nelle politiche governative, e la Mobile Phone Operators Association (MOA), che rappresenta le società del settore della telefonia mobile, ritengono che le linee guida elaborate dalla International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) siano sufficienti a salvaguardare la sicurezza pubblica.

“La ICNIRP ha affermato alquanto chiaramente di intraprendere, nel formulare le linee guida, ‘un’approfondita valutazione critica della letteratura scientifica utilizzando criteri qualitativi accettati a livello internazionale’,” dice Mike Dolan, direttore esecutivo della MOA. “La ICNIRP rivede costantemente le proprie linee guida, e la segnalazione di effetti biologici sperimentali non implica che tali effetti causino patologie… anche fare le scale produce un effetto biologico, ma non ne deriva alcun danno”.

Tuttavia, ciò non coincide con le recenti osservazioni di Paolo Vecchia, presidente della ICNIRP, ovvero l’agenzia che stabilisce gli standard. Ad una conferenza tenutasi nel settembre del 2008, egli fece notare che le linee guida della sua organizzazione non sono né ‘prescrizioni obbligatorie per la sicurezza’, né ‘l’ultima parola sulla questione’, né, ancora, ‘mura difensive ad uso dell’industria o di altre parti’.

Le soglie ICNIRP sono determinate al fine di proteggere gli utenti da un numero limitato di effetti noti ed ‘indubitabili’ dell’utilizzo dei telefoni cellulari, ma non prende in considerazione alcun effetto ‘non indubitabile’. Di conseguenza, quando si tratta, ad esempio, di proteggere la popolazione da un aumentato rischio di cancro, le linee guida affermano semplicemente che ‘i dati disponibili sono insufficienti’.

Qualsiasi siano gli effetti che finiranno con l’essere dimostrati, è altamente probabile che, com’è il caso per molti altri processi biologici, la reazione dei bambini sia molto più pronunciata di quella negli adulti. Sebbene la HPA ritenga che non vi sia ancora alcuna chiara evidenza scientifica di ripercussioni negative sulla salute pubblica dovute all’utilizzo dei telefoni cellulari, essa comunque raccomanda azioni precauzionali, in particolare nei bambini.

“Se gli adulti sono colpiti dalla radiazione dei telefoni cellulari, è possibile che i bambini ne siano colpiti in misura molto maggiore poiché sappiamo che essi reagiscono più severamente ad altri fattori esterni, quali l’inquinamento da piombo, radiazioni e raggi UV”, afferma il dottor Lawrie Challis, professore emerito di fisica ed ex presidente del programma di ricerca governativo su telefoni cellulari e salute.

Ma a prescindere che questo sia dovuto o meno al loro sistema immunitario ancora in via di sviluppo, Challis afferma di aver bisogno di un “grande sforzo di persuasione per convincersi che un bambino necessiti davvero di un cellulare, soprattutto al di sotto degli undici anni.” I suoi commenti escono a pochi mesi dal lancio in Irlanda di Firefly, the mobile phone for mobile kids, che avverrà su un importante network entro la fine di quest’anno, e il cui target ha un’età compresa tra i quattro e i dodici anni.

È preoccupante che il mercato degli adolescenti e pre-adolescenti abbia assistito ad un fenomenale aumento dell’uso della telefonia mobile. Un recente resoconto pubblicato su The Times riporta che oggi la metà dei bambini di età compresa tra i cinque e i nove anni possiede un cellulare.

Il Dipartimento della Salute britannico avverte che i minori di sedici anni dovrebbero usare il proprio cellulare “solo per scopi essenziali” e “limitare la durata delle chiamate”. Tuttavia, si tratta di una sola riga in un dépliant che quasi nessuno ha letto il Mobile Phones and Health , redatto da dirigenti della sanità del Regno Unito). A paragone con le risorse dedicate alla lotta al fumo o alle infezioni trasmesse sessualmente tra gli adolescenti, l’enfasi sull’astensione dall’uso dei cellulari è minima.

Il governo sta facendo abbastanza per comunicare questo messaggio precauzionale? “Forse no”, afferma Challis. Onlus come la britannica Wired Child sono state istituite proprio per tentare di colmare questo vuoto.

L’organo consultivo del governo, l’HPA, afferma che darà maggiore risalto al messaggio quando sulla questione ci sarà un “consenso scientifico, definito e chiaro”.

“Dobbiamo sempre essere scettici, perché questo fa parte del processo scientifico”, afferma il portavoce scientifico dell’agenzia, Michael Clark. “Sappiamo che ciò può irritare chi crede che esista un effetto, ma le evidenze devono essere solide e chiare”.

‘Solidità’, ‘chiarezza’ e ‘sufficiente quantità di evidenze’ sono state questioni centrali nella guerra di parole condotta nel corso dell’ultimo decennio. Clark conviene sul fatto che non vi siano ancora abbastanza prove per giustificare ulteriori azioni, ma che ce ne siano a sufficienza per mettere in atto un qualche grado di precauzione.

Che cosa si sta facendo?

Varie organizzazioni in tutto il mondo esprimono la propria preoccupazione per il potenziare rischio cui la diffusa copertura wireless espone bambini ed adulti.

La ICEMS (The International Commission for Electromagmetic Safety – Commissione internazionale per la sicurezza elettromagnetica) afferma che “l’evidenza epidemiologica è ora più forte nel concludere che esiste un rischio” ed invoca standard che siano maggiormente precauzionali.

Il 2 aprile di quest’anno, il Parlamento Europeo ha adottato un documento sui problemi di salute associati ai campi elettromagnetici. I parlamentari europei si sono espressi con 559 voti a favore e 22 contro affinché al pubblico siano fornite informazioni più affidabili, sollecitando standard di sicurezza più rigorosi e maggiori finanziamenti alla ricerca sui rischi dell’esposizione a lungo termine.

Il Bio-Initiative Report è uno studio chiave che ha sollevato e sostenuto molta parte del problema. Un ampio pool internazionale di scienziati, ricercatori e professionisti nell’ambito delle politiche sanitarie si è riunito per studiare oltre duemila pubblicazioni specializzate sugli effetti dei campi magnetici e la salute.

Le raccomandazioni originate dal report hanno indotto alcuni governi – ad esempio il vicino della Germania, il Liechtenstein – a condurre studi propri e ad impegnarsi a ridurre le soglie di sicurezza dell’esposizione , entro il 2013, a quasi un decimo dei valori ICNIRP, ovvero 6 Volt per metro (V/m), rispetto ai 61 V/m dell’ICNIRP. Il Belgio ha già ridotto la soglia di esposizione a 3 Volt per metro (V/m).

Il Sottosegretario di Stato all’Ecologia francese ha in programma di avviare uno studio pilota in alcune città per ridurre l’emissione delle antenne per la telefonia a 0,6V/m, e diverse biblioteche parigine hanno sospeso le connessioni wireless in linea con i riscontri del Bio-Initiative Report. E quando la Corte d’Appello di Versailles ha ordinato ad uno dei maggiori operatori delle telecomunicazioni (Bouygues Telecom ), di smantellare la propria antenna in una cittadina nei dintorni di Lione sulla base dell’incertezza degli effetti sulla salute pubblica, in tutto il Paese sono seguite 135 azioni legali contro società di telefonia mobile, dando l’avvio ad una ‘crisi ministeriale’ in Francia.

Qui da noi, il governo ha pompato 3,1 milioni di sterline in ricerche il cui fine è stabilire il collegamento tra utilizzo di telefoni cellulari ed effetti sanitari nel lungo termine – tumori al cervello, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson e altre patologie neurodegenerative – attraverso uno studio di coorte . Lo studio seguirà 200mila utilizzatori di telefoni cellulari, 90mila dei quali nel Regno Unito, nel corso di 20-30 anni e descriverà gli eventuali effetti avversi sulla salute.

Un periodo di attesa tanto lungo per avere risultati, tuttavia, potrebbe portare ad un ritardo nell’azione. “Abbiamo un bisogno disperato di finanziamenti nel breve termine perché il costo potenziale di un’epidemia sanitaria nel giro di 20 anni sarebbe eccessivo”, afferma Graham Philips, portavoce di Powerwatch. “Si dovrebbe investire urgentemente in replicazioni degli esistenti studi caso-controllo, su cellule e su animali che possano essere pubblicati entro i prossimi tre-quattro anni”.

Il futuro

Le cose stanno cambiando. Cinque anni fa, le agenzie per la protezione della salute avrebbero negato la nozione di rischio in sé, ma oggi le evidenze sono sufficienti per affermare che non si può escludere la possibilità che un rischio esista. L’azione sarà inevitabilmente lenta, così come è successo con l’amianto e il fumo: le tecnologie wireless sono altamente lucrative e sono profondamente radicate nelle nostre vite.

Inoltre, le raccomandazioni governative provengono da un gruppo limitato di scienziati esperti in campi elettromagnetici che appartengono a comitati poco conosciuti, come lo SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks – Comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti e di nuova identificazione) che è consulente della Commissione Europea, e l’AGNIR (Advisory Board for Non-Ionising Radiation – Comitato consultivo sulle radiazioni non ionizzanti), che invece è consulente della HPA.

Questa condivisione di membri tra gruppi può causare uno squilibrio nei punti di vista, una questione, questa, recentemente sollevata presso il Parlamento Europeo dall’onorevole Christel Schaldemose, e che potrebbe comportare che certe strade di ricerca rimangano inesplorate. “Ricercatori ed organizzazioni hanno criticato la ICNIRP per aver stabilito soglie troppo elevate a vantaggio dell’industria delle telecomunicazioni e del settore militare. Ma la commissione considera imparziali e indipendenti gli esperti dello SCENIHR?” ha detto.

Comunque sia, gli oppositori sono preoccupati dal fatto che, mentre proseguono le discussioni su imparzialità e ‘peso delle evidenze’, la popolazione generale ha accolto la tecnologia wireless nelle aree più private e intime della propria vita senza neppure sapere dell’esistenza di sospetti relativi alla loro sicurezza. Di fatto, siamo gli ignari soggetti di un esperimento di cui molti non sono neppure consapevoli. E molti potrebbero non esserlo mai.

Cinque cose da fare per ridurre l’esposizione alle radiazioni RF:

1. Sostituite il telefono cordless con uno con cavo per evitare la costante radiazione emessa dalla base. Se non potete rinunciare alla comodità, provate Orchid phone, un telefono cordless a bassa radiazione che è attivo solamente quando è in uso.
2. Anche i dispositivi Bluetooth e vivavoce trasmettono una radiazione, sebbene non così potente, e sono decisamente preferibili nel caso di chiamate lunghe. Per avere una sicurezza ottimale, provate ad usare un auricolare ‘pneumatico’, che sfrutta un principio acustico in modo che l’unica cosa trasmessa al corpo sia il suono (attualmente disponibile solo negli U.S.A.).
3. Limitate le chiamate all’essenziale, spegnete il telefono quando non vi serve, evitate di posarlo in prossimità della testa mentre dormite, e tenetelo distante dalla testa subito dopo aver composto il numero perché il telefono usa la massima potenza mentre effettua la connessione.
4. Sostituite i router wireless con spine dLan che usino un sistema di cablaggio e spegnete i router wireless quando non li state usando.
5. Quando portate il telefono cellulare con voi, evitate di metterlo nella tasca dei pantaloni o nel taschino della giacca così da ridurre al minimo l’esposizione di organi interni sensibili; evitate di tenere il computer portatile in grembo perché il trasmettitore, che comunica costantemente con il router, potrebbe trovarsi sul fondo e quindi a contatto con il vostro corpo.

Yanar Alkayat (giornalista freelance specializzato in temi relativi alla salute)
Fonte: www.theecologist.org
Link:
Link

21.07.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ORIANA BONAN

Link utili:

www.brain-aneurysm.com
www.hpa.org.uk
www.icems.eu
www.mobilemastinfo.com
www.powerwatch.org.uk
www.voicetheunion.org.uk
www.wiredchild.org

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