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Rolling Stone – The Low Post: Too Much Blood

“I ragazzi della 121 hanno iniziato a farsi vivi l’altro giorno. Sto cominciando a rendermene conto… Dovrò tornare a casa, l’opportunità di uccidere questi cazzoni sta rapidamente sfumando, come un hobby che non avrò più la possibilità di praticare. Non è una grande guerra, ma è l’unica che abbiamo. Dio, come mi piace uccidere questi bastardi!… Siamo su di giri, i Marine sentono l’odore di casa, è difficile tenerli concentrati. Mi restano solo 20 giorni per uccidere questi stronzi, perciò non voglio perderne neanche uno!”
Lettera di un anonimo Marine, pilota di F/A-18

La suddetta lettera è arrivata alla mia casella di posta tramite un’e-mail inoltratami da un mio conoscente, analista della difesa ed ex aiutante del Congresso, Winslow Wheeler. Mi è arrivata insieme ad un sofferto commento di un altro ex analista del Pentagono, Franklin (Chuck) Spinney, probabilmente più conosciuto per il famoso “Spinney report” di metà anni ’80, che smascherava lo spreco e l’inefficacia di molti progetti hi-tech del Dipartimento della Difesa. La carriera di Spinney ha percorso il solito arco dell’informatore; come un reale Jerry Maguire, dopo aver spedito la sua coraggiosa lettera sugli sprechi del Pentagono, è stato quasi sepolto dai suoi stessi superiori (tra cui David Chu e Cap Weinberger), ma all’ultimo minuto fu salvato dall’infamia dall’intervento del Senatore Chuck Grassley, che lo invitò a comunicare al Congresso quanto aveva scoperto. Nel giro di una settimana, Spinney finì sulla copertina della rivista “Time” e subito dopo iniziò una nuova carriera come apprezzato esperto sulle intricate manovre interne del complesso militare-industriale. Come per un’altra famosa informatrice post-Watergate, Karen Silkwood, la vicenda di Spinney indusse Hollywood a produrre un film – anche se in questo caso non ci furono Oscar di alcun tipo, dato che il ruolo chiave nella commedia leggera “Le Guerre del Pentagono” fu assegnato a Cary Elwes anziché a Meryl Streep. Anche l’attore Kelsey Grammer comparve nel film nella parte del cattivo.

Spinney, che adesso vive da pensionato sul Mediterraneo, è tornato brevemente negli Stati Uniti e in qualche modo è venuto in possesso della lettera di cui sopra, scritta da un pilota dei Marine con mansioni di supporto aereo a missioni militari in Iraq. Il commento sul pilota da parte di Spinney dice:

“Abbiamo qui un ‘guerriero’ che si vanta di uccidere per il gusto di uccidere, ma le sue vittime non sono che puntini sul terreno che spariscono nella polvere delle esplosioni. Lui descrive la gioia della guerra a distanza, ma non ne vede gli orrori. Non c’è descrizione di sangue, arti divelti, traumi o distruzione in questa e-mail. Non fa riferimento ad alcun senso di paura o di minaccia – né, per contro, c’è alcun spirito di gruppo, senso del coraggio – ma solo e soltanto tracotanza e spavalderia nell’ammazzare. Naturalmente i suoi bersagli sono dei sovversivi, perciò per lui non ci sono dubbi… Speriamo che l’uomo che ha scritto queste parole sia un’eccezione, e non la regola tra i nostri soldati”.

Ho fatto una ricerca su Internet per vedere se qualcuno avesse qualcosa da dire riguardo al commento di Spinney. C’erano alcuni siti che ne parlavano, ma qui Spinney è criticato, in modo scontato, da soldati che hanno recepito la sua critica come tradimento.

“Mi sorprende lo sfogo di Spinney – scrive uno – pensavo che uno come lui avrebbe perlomeno capito l’emozione di un pilota da caccia in missione. Ho gradito il suo punto di vista sulle finanze del Pentagono – forse dovrebbe limitarsi a scrivere di queste”.

“Spinney è patetico!!!” – scrive un altro – “sono una recluta, ci pagano per ammazzare e noi facciamo un ottimo lavoro. L’America si affida ai Marines per quello, non perché siamo molto belli in uniforme”.



Il principe oscuro ha un piano per voi. Indizio: farà male

Foto: Getty Images

Sono sempre cauto nel valutare storie che descrivono i soldati americani che si comportano in Iraq da violenti e pazzoidi psicopatici, anche se non sono rare – da Abu Ghraib, naturalmente, ad un agghiacciante video di un pilota che senza motivo bombarda una folla di civili a Fallujah ghignando “Oh, ragazzi” mentre l’esplosione sembra ucciderne dozzine, fino a un gruppo di marine di una portaerei ancorata nel Golfo che si distribuiscono in modo da formare dall’alto le parole “Fuck Iraq”, a soldati che schiacciano col loro carro armato un taxi il cui proprietario era sospettato di aver rubato alcuni pezzi di legno, a storie di uso di napalm a Fallulah, e via dicendo.

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Non è che io non creda a queste storie, né che non le voglia sentire, è solo che preferisco non mettere il dibattito su questa guerra sul piano di un referendum sul comportamento di giovani soldati che sono stati gettati nell’impossibile posizione di combattere in un paese ostile e sconosciuto senza una chiara missione né una distinguibile strategia per ottenere pace o vittoria. Per me tutti quelli che fanno parte dell’amministrazione di Bush, del Congresso e dei mass media, che hanno mandato là quei ragazzi sono i primi responsabili per quello che i giovani fanno dopo essere stati gettati in quell’inferno. Non me la sento ancora di puntare il dito su un gruppo di ragazzini o poco più che non avrebbero mai dovuto essere mandati laggiù.

Ma la lettera del pilota dei Marine è un’altra cosa. Quello che mi preoccupa è che la sua spavalda soddisfazione nell’uccidere da grandi quote potrebbe non essere un’aberrazione psichiatrica, ma piuttosto un’inevitabile conseguenza di come è strutturata la nostra economia, che si basa fortemente sulla spesa governativa nell’area dei manufatti tecnologicamente avanzati (hi-tech). Quando Spinney evidenzia questa raccapricciante lettera di un singolo pilota dei Marine, non critica un solo soldato ma mostra graficamente come ormai non è più “il cane che scuote la coda, ma la coda che scuote il cane”, ovvero come una società la cui economia si basa sulla spesa per sistemi di difesa hi-tech, quando cercha soluzioni politiche ai suoi problemi tenderà inevitabilmente a gravitare verso soluzioni difensive hi-tech, per cui nel tempo, intere generazioni cresceranno con l’innata convinzione ed entusiasmo per pazzie quali “l’attacco chirurgico”.

Continua Spinney:

“Tutti sanno che il modo di fare la guerra americano è di usare la nostra tecnologia per scaricare il nostro arsenale sul nemico da una distanza di sicurezza. Implicito in questo è sostanzialmente il mito dei bombardamenti di precisione, che risale almeno alla seconda guerra mondiale. Naturalmente tutto questo non ha senso, come ha nuovamente comprovato l’andamento della guerra in Iraq. La vera guerra è sempre incerta, sporca, sanguinosa e dispendiosa, a cui si accompagnano profonde conseguenze psicologiche e morali. Però queste assurde teorie sono al centro del modo di condurre la guerra da parte degli Usa, perché giustificano la tutela degli alti costi della tecnologia militare che è essenziale al benessere della parassita politica economica del complesso militare-industriale-congressuale, che è ormai parte integrante della nostra cultura politica”.

La ragione per cui sto scrivendo della lettera di Spinney è che stiamo appena adesso iniziando ad intravedere un abbozzo di come sarà condotta la campagna elettorale per la presidenza del 2008. Tra le altre cose ho notato che molti commentatori televisivi insistono sul tema che il partito democratico deve sbarazzarsi della propria reputazione di “pacifista”. La settimana scorsa ho letto un articolo su Rudy Giuliani che elogiava l’ex sindaco (di New York, n.d.t.) per essere ponderato riguardo all’Iraq senza per questo essere un “peacenik” (pacifista di turno). Dopo quattro anni in Iraq non riusciamo ancora a parlare di pace in pubblico. Anche se queste malignità sembrano essere state sepolte dai media per sempre, potrebbe essere l’ora – nella scia del disastro iracheno – di domandarci da dove provengono e che effetti possano avere sulla psiche nazionale.

Credo che quel pilota dei Marine sia guidato dalle stesse forze che rendono impossibile in America la candidatura presidenziale di persone come Dennis Kucinin. È chiaro che una nazione, che vive sulla produzione di tecnologie guerrafondaie, vede la pace, la non-violenza e la pietà come concetti sovversivi. Prima creerà le politiche adeguate, poi preparerà le persone ad utilizzare i nuovi macchinari, in seguito troverà le guerre da combattere e plasmerà gli assassini che le combatteranno. Se questo è vero di noi, e penso lo sia, i nostri problemi non saranno risolti anche se qualcuno ponesse fine alla guerra in Iraq. Staremmo soltanto curando i sintomi, non la malattia. La ragione per cui le nostre elezioni sono una farsa è la conferma che è quello il vero malanno, che però non è mai analizzato. Eccettuando i Kucinin di turno, nessuna delle due fazioni ha interesse a cambiare chi siamo, non importa quanto squilibrati diventeremo.

Matt Taibbi
Fonte: http://www.rollingstone.com/
Link #1: http://www.rollingstone.com/politics/story/13643098/the_low_post_too_much_blood
Link #2: http://www.rollingstone.com/politics/story/13643098/the_low_post_too_much_blood/2
Link #3: http://www.rollingstone.com/politics/story/13643098/the_low_post_too_much_blood/3
28.02.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIANNI ELLENA

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