DI PEPE ESCOBAR
asiatimes.com
Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo conosce l’importanza delle terre rare, e sembra che la Corea del Nord ne abbia scoperto uno dei più grandi giacimenti mondiali a 150 km da Pyongyang; è questo un altro dei fattori che hanno portato al recente disgelo con gli Stati Uniti?
Dopo tutto, non si sarebbe trattato di una questione di residenze turistiche sulle spiagge della Corea del Nord. Probabilmente, al centro dell’abbraccio fra Kim Jong-un e l’amministrazione Trump ci potrebbe essere uno dei più grossi giacimenti di terre rare (REEs) del mondo, situato ad appena 150 km a nord-ovest di Pyongyang, con un valore stimato di miliardi di dollari.
Tutti gli strumenti della tecnologica vita quotidiana del XXI secolo si basano sulle proprietà chimico-fisiche di 17 rari elementi della tavola periodica, conosciuti anche come terre rare.
Attualmente, si ritiene che la Cina controlli più del 95% della produzione mondiale di metalli delle terre rare, con quantitativi ancora da estrarre stimati a circa 55 milioni di tonnellate. La Corea del Nord, da parte sua, ne detiene almeno 20 milioni di tonnellate.
Gli elementi delle terre rare non sono gli unici minerali e metalli ad alto valore strategico di questi giochi di potere. Gli stessi giacimenti forniscono anche tungsteno, zirconio, titanio, afnio, renio e molibdeno, tutti assolutamente critici, non solo per una miriade di applicazioni militari, ma anche nel campo dell’energia nucleare.
Si dà il caso che la metallurgia delle terre rare sia essenziale per i sistemi d’arma americani, russi e cinesi. Il sistema THAAD ha bisogno delle terre rare, così come i sistemi missilistici russi di difesa antiaerea S-400 e S-500.
Non è affatto azzardato pensare che “l’arte del contrattare” si possa applicare anche alle terre rare. Se gli Stati Uniti non provano a giocare bene le proprie carte sulle (presunte) vaste riserve di terre rare della Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK), il vincitore potrebbe essere, ancora una volta, Pechino. E anche Mosca, considerando la partnership strategica russo-cinese, ora riconosciuta anche a livello ufficiale.
L’elemento chiave del rompicapo potrebbe essere chi offre gli investimenti a miglior redditività, non in campo immobiliare, ma in questi metalli cosi “sexy”, mentre la dirigenza di Pyongyang, teoricamente, sarebbe in grado di ammassare una enorme fortuna.
Pechino sarà capace di controbilanciare un possibile accordo con gli Americani? Questo avrebbe potuto benissimo essere stato il più importante argomento di discussione dell’incontro, il terzo in poche settimane, fra Kim Jong-un e il Presidente Xi Jinping, proprio mentre l’intera scacchiera geopolitica mondiale è in bilico.
Allora, non sono sexy questi metalli?
Il ricercatore Marc Sills, in un lavoro dal titolo “ Strategic Materials Crises and Great Power Conflicts” [Materiali strategici e conflitti fra grandi potenze], afferma: “Il conflitto sui minerali strategici è inevitabile. La crisi probabilmente inizierà nei siti minerari o nelle loro vicinanze, oppure lungo le vie di comunicazione utilizzate per il trasporto del materiale, sopratutto in quei checkpoints strategici mondiali, ora generalmente controllati dall’esercito dagli Stati Uniti. Ancora una volta, l’equazione del potere prevede sia il controllo del possesso che la negazione del possesso da parte di altri.”
Questo si applica, per esempio, al rompicapo ucraino. La Russia ha un disperato bisogno del titanio, dello zirconio e dell’afnio per il suo comparto militare industriale.
All’inizio di quest’anno, i ricercatori giapponesi hanno scoperto un giacimento di elementi delle terre rare di 16 milioni di tonnellate (meno delle riserve nord-coreane) al di sotto del fondale marino nel Pacifico Occidentale. Ma questo difficilmente metterà in forse il predominio della Cina (e, potenzialmente, della Corea del Nord). L’elemento chiave della questione terre rare è mettere a punto una filiera produttiva redditizia, come hanno fatto i Cinesi. E questo richiede molto tempo.
Lavori specialistici, come “ China’s Rare Earth Elements Industry” [L’industria cinese degli elementi delle terre rare], di Cindy Hurst (2010), pubblicato dall’Institute for the Analysis of Global Security (IAGS) o “Rare Earth in Selected US Defense Applications” [Le terre rare in specifiche applicazioni della Difesa degli Stati Uniti], di James Hedrick, presentato al “40° Forum sulla Geologia dei Minerali Industriali” illustrano in modo convincente tutti i vari collegamenti. Sills sottolinea come, apparentemente, minerali e metalli facciano parlare di sé solo nelle pubblicazioni di interesse minerario: “E questo sembrerebbe spiegare in parte perché la corsa alle terre rare della Corea del Nord ha eluso l’attenzione. I metalli non sono così sexy. Ma le armi si.”
I metalli sono certamente sexy per il Segretario di Stato americano Mike Pompeo. E’ molto istruttivo ricordare come Pompeo, allora direttore della CIA, avesse riferito al Comitato Senatoriale, nel maggio 2017, che il controllo degli elementi delle terre rare da parte di stati esteri era “un problema molto reale”.
Saltiamo avanti di un anno: quando Pompeo si era insediato al Dipartimento di Stato, aveva ribadito l’importanza di una nuova “postura” della politica estera americana.
E arriviamo a qualche settimana fa, con la “postura” di Pompeo messa in pratica al meeting con Kim Jong-un.
Siamo ben lontani da un colpo di scena, tipo telefilm di Netflix; una sceneggiatura plausibile potrebbe essere Pompeo che cerca di far colpo su Kim, esaltando la bellezza di un appetitoso accordo sugli elementi delle terre rare, garantito dagli Stati Uniti. Ma Cina e Russia devono esserne tenute fuori. Altrimenti… Non è difficile immaginare che Xi capisca l’antifona.
La DPRK, questo mix singolare di Turkmenistan e di Romania post-Unione Sovietica, potrebbe essere sul punto di venire integrata nella grande filiera logistica della Ferrovia della Seta, mentre gli investimenti contestuali della partnership sino-russa in ferrovie, oleodotti e porti nelle Zone Economiche Speciali (SEZ) delle due Coree, alla maniera cinese, stanno incominciando a dare i loro frutti.
Come ha rivelato il vice-amministratore delegato della Gazprom, Vitaly Markelov: “La Corea del Sud ha chiesto a Gazprom” di far ripartire un progetto-chiave, un gasdotto attraverso la Corea del Nord, un cordone ombelicale fra la Corea del Sud e la massa continentale euroasiatica.
E’ nelle importanti discussioni del Summit dell’Estremo Oriente di Vladivostok, tenutosi nel settembre 2017, che è stata fissata la roadmap che consentirà a Corea del Sud, Cina e Russia l’inserimento della DPRK nel percorso di integrazione euroasiatica, permettendo lo sviluppo del suo settore agricolo e idroelettrico, ma, sopratutto, della sua ricchezza mineraria.
Per quanto l’amministrazione Trump possa essere entrata tardi nel gioco, è impensabile che Washington voglia abbandonare una fetta della torta (metallica).
Pepe Escobar
Fonte: atimes.com
Link: http://www.atimes.com/article/sexy-metal-the-missing-element-in-the-korean-puzzle/
20.06.2018
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org