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La Redazione

 

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SALUTI E AUGURI NATALIZI A CHIUNQUE CI CREDE ANCORA

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A cura di Davide
Il 24 Dicembre 2014
70 Views

DI MAX

pauperclass.myblog.it

Ti rispondo da ovest: potrei scegliere Torino, come Cuneo, Alba o Bra perché le conosco bene tutte e in tutte ho visto lo stesso declino di cui tu narri.

Il capoluogo fassiniano ha però il malaugurato primato di piddiotismo e aiuto sconsiderato ad ogni etnia che non sia quella italica.

Padri italiani dormono in macchine targate BR al limite DE, le vetture EX – che nuove circolano per i viali, oltre che sporchi, intasati dal marciume delle foglie che la società dei rifiuti, dopo aver raddoppiato la TARI, non si sogna di aspirare – sono rare, alcune targate Principato di Monaco, altre provenienti dalla Svizzera e appartenenti ai ricchi torinesi il 5%, che vengono a riscuotere il pizzo degli esosi affitti dei negozi in centro città.

Quei negozi che, come a Trieste, sia per crisi che per avidità dei proprietari dei muri, chiudono inesorabilmente.

Ho visto un po’ di massa natalizia assiepata nei franchising francesi, tedeschi, outlet che offrono il peggio dei prodotti lowcost fabbricati e confezionati dalla più sottopagata manodopera turco-messicana-vietnamita-esteuropea-indonesiana-indiana-cinese.

Di schiavi ancora pronti a servire i poveracci straccioni europei è zeppo il mondo e già questo la dice lunga sul livello di internazionalizzazione dei lavoratori sfruttati e sottopagati del mondo: LIVELLO ZERO!

Via Garibaldi piena di passanti con sacchettini, negozi vuoti, sconti un po’ ovunque, ben prima dei saldi che qualcuno agogna; la risicatissima classe media che si barcamena per sembrare, allo specchio e ai famigliari/amici, normale.

I negozianti, tutti, dicono che la riduzione del fatturato è del 50%: gioiellerie e orologiai riescono a vendere solo prodotti al di sotto dei 50/30 euro, se vendono.

L’alimentare è in flessione, il turn-over dei prodotti sugli scaffali dei grandi e dei megastore è lento: i banchi gastronomia stracolmi di merce invenduta, la panacea, la cuccagna che preannuncia il cenone, assomigliano al dispensario delle razioni sotto conflitto bellico, quanto parche sono le dosi che si chiedono.

Mentre all’esterno, tra gli avanzi dei banchetti dei mercati rionali e i bidoni della spazzatura, si aggirano gli italiani poveri che condividono con gli zingari gli scarti della ridicola abbondanza che ci è rimasta.
Carrelli semivuoti; traffico stradale, fuori dal primo centro, decisamente ridotto.

Se ti sposti in una periferia come il Comune di Venaria, il tanto rinomato centro culturale rilanciato dal restauro della Reggia dei Savoia, la situazione è drammatica.

Il mercatino di Natale è uno scenario di desolazione dickensiano; la nebbia fitta fa il resto e alle 18, il deserto umano, rievoca un’atmosfera da Londra afflitta dal terrore di Jack lo squartatore.

Candito nel panettone: l’assenza delle luci festose per riduzione dei costi, in ogni dove, ma cani vigli urbani che azzannano il portafogli comminando multe a raffica per rimpinguare le casse e far scappare ulteriormente i pochi clienti rimasti a girovagare in una scacchiera on off di serrande alzate e chiuse.

Il quadrilatero torinese, le vie ortogonali della belle vie di un tempo, stanno agonizzando. I locali cambiando gestione ogni anno, se non ogni sei mesi e le chiusure superano di due cifre le nuove aperture.

La rabbia c’è, cova sottopelle, ma l’età della rivoluzione qui sfiorerebbe i 58 anni.

Il Piemonte è la regione più vecchia d’Italia, i negozianti ancora in piedi hanno la stessa età, chi cerca di vendere le seconde, terze, quarte case appartiene alla generazione del 1940/50 ma non riesce a monetizzare assicurandosi una veloce fuga dal mondo sommerso di tasse, sfiducia e disintegrazione socio-famigliare.

Il mercato immobiliare è un’ecatombe ovunque anche nelle zone turistiche della Val d’Aosta, dove si prevede, anche per carenza di neve, una magrissima settimana bianca.

Solo i proprietari milanesi degli appartamenti a Curmayeur pensano di vivere in un altro mondo, pensando di riuscire a vendere a 5000 euro al mq… lascio a te il commento.

E tanti i figli/nipoti fuggiti all’estero con laurea a tracolla e i nonni che si collegheranno via skype, dalla Tunisia, dalla Croazia sfoggiando la nuova dentatura o dalle Canarie la perenne abbronzatura, per brindare al nuovo anno orribilis che qui ci attende.

Da ovest è tutto.

Saluti e auguri natalizi a chiunque ci crede ancora.

Max

Commento estratto all’articolo di Eugenio Orso: “Considerazioni natalizie sulla situazione in Italia” pubblicato quì sotto

Considerazioni natalizie sulla situazione in Italia

1. Girando per Trieste, mi sono reso conto che questo Natale non sarà consumista. Per la prima volta dopo il boom economico a cavallo fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, la flessione è evidente e forse irreversibile. Fine ingloriosa dell’impero dei consumi di massa e delle aspettative crescenti. Poche luminarie, saracinesche abbassate e negozi vuoti, o chiusi per sempre, alcuni dei quali “storici” per la città, come quello d’abbigliamento Godina in Via Carducci, morto dopo un settantennio di vita. Pochi i passanti con pacchetti infiocchettati che si affrettano a portare a casa i regali. Anche a Trieste, come nel resto d’Italia, i morsi si sentono e i segni di un declino indotto e accelerato sono evidenti. Il disagio sociale tende rapidamente all’estensione massima e questo proprio a causa delle politiche neoliberiste imposte al paese, attraverso i governi collaborazionisti (della Troika) da Monti a Renzi. Prima del 2011 si poteva ancora parlare di “lenta” decadenza, sempre meno dorata. Dall’avvento dello spread in poi, approssimandosi la crisi terminale del debito pubblico, ironicamente definito sovrano nei comunicati ufficiali, è iniziata una caduta a vite che nessuno, a meno di rivoluzioni o miracoli, riuscirà ad arrestare.

Il compito affidato ai piccoli Quisling collaborazionisti, ai Monti e ai Renzi, ben supportati dal basista istituzionale dei poteri esterni Giorgio Napolitano, è quello di liquidare definitivamente anche il ricordo della vecchia Italia “a economia mista”, pubblica e privata, nonché il ricordo di una società non troppo “aperta al mercato” e poco meticciata, in cui sovranità nelle politiche economiche e sociali, difesa delle tradizioni locali e solidarismo, classista e comunitario, contavano ancora qualcosa. Disarticolando la struttura produttiva nazionale, vendendo al capitale straniero aziende e beni del paese, comprimendo all’infinito i diritti e i redditi dei lavoratori, si applica il programma politico-strategico stabilito dalle aristocrazie internazionalizzate del denaro e della finanza, e si producono gli effetti depressivi che posso osservare camminando per Trieste, sotto Natale.

2. Quando arrivo nella zona della stazione ferroviaria, per andare a prendere la corriera e tornarmene a casa dopo il lavoro, m’imbatto in ogni sorta di mendicanti, triplicati o quadruplicati di numero rispetto a qualche anno fa, che mi abbordano chiedendo qualcosa. Se in passato erano in gran maggioranza stranieri, oggi fra loro ci sono molti italiani, ridotti da questa splendida democrazia a sopravvivere sul marciapiede delle stazioni. Effetto Monti-Napolitano e poi Renzi-Napolitano, mi dico, certo che il perno del collaborazionismo locale, che ha ridotto l’Italia in questo stato accelerandone la caduta, è il cosiddetto partito democratico, con i piccoli sodali subpolitici che gli stanno intorno, tutti insediati come tigne negli scampoli del potere dopo le cessioni di sovranità. Non è tanto il farsesco e corrotto parlamento nazionale la sede della svendita del paese, quanto, in generale, le istituzioni occupate per conto terzi da questo partito e le sue stesse strutture (direzione, assemblea nazionale, eccetera), che contengono in sé, grottescamente, sia una maggioranza filo-atlantista ed euroserva fino al fondamentalismo, sia un’opposizione fasulla e di comodo. Una sorta di assolutismo per conto terzi, mascherato da inconsistente e propagandistica democrazia, che non lascia scampo a un’intera nazione, ormai prigioniera del mostro neocapitalista.

Camminando lungo la Via Marconi, nei pressi del giardino pubblico, la sera non c’è quell’anziana mendicante, vestita di stracci, ai quali di tanto in tanto metto nella mano, delicatamente e in silenzio, uno o due euro, ma, in compenso, più avanti, in Via Battisti, fra i fantasmi di uno shopping natalizio sempre più miserello, un giovane ridotto a mal partito mi chiede una sigaretta. Intuisco che potrebbe fargli comodo qualche moneta di un euro, per cenare con un panino striminzito. Gli scarti umani prodotti dal mercato sovrano che ingigantisce i debiti pubblici, anch’essi ovviamente sovrani, non sono del tutto “invisibili”. Camminando li vedo chiaramente, ma non riesco ad abituarmi a ciò che quotidianamente osservo, a darlo per scontato, o addirittura per naturale.

3. In quella parte della società che vive ancora sopra la soglia della povertà, invece, domina la paura di scivolare in basso da un momento all’altro e questi pauperizzati, che incontriamo in ogni dove, rappresentano l’immagine del futuro. Un prossimo futuro possibile, in cui le condizioni di vita potranno essere funestate dal definitivo “commissariamento” europide dell’Italia, con annesso saccheggio finale del paese, o addirittura da una guerra insensata contro la Russia. La paura di vivere fino in fondo l’inferno suscitato dalla dominazione neocapitalista vale anche per il sottoscritto, naturalmente, anche se per ora riesco a sottrarmi alle peggiori durezze del presente e a camminare con le mie gambe. Per simili prospettive, dobbiamo ringraziare il libero mercato sovrano neocapitalista, il “sogno europeo” unionista, la stretta “alleanza” transatlantica (più spesso chiamata atlantismo, contrapponendolo proprio all’Europa) e la democrazia liberale, qui in Italia sicuramente di sinistra, progressista, attenta ai diritti formali delle minoranze ma nemico giurato della nostra storia e delle nostre tradizioni. Anzi, nemico politico letale della popolazione e negazione suprema dei suoi bisogni concreti.

Arrivato a casa dopo le nove di sera, mio figlio mi telefona da fuori, avvertendomi che si sono presentati alla nostra porta alcuni “incaricati” del pd, che volevano illustrare il programma piddino per il paese e parlare di politica “alla ggente”. Come capofamiglia (e Pantalon che paga) ho vietato ai membri della mia “tribù” di far entrare piddini in casa, soprattutto se sguinzagliati dai loro capoccia per fare proselitismo. Mio figlio gli ha detto sbrigativamente che se ne doveva andare e che io, unico che “capisce qualcosa di politica”, non ero presente. Ottimo, fuori dalle balle! Questo possiamo ancora farlo, senza incorrere in sanzioni. In fondo, c’era da aspettarselo che venissero a bussare alla mia porta, perché sono finito in un paesetto miserando, insignificante e senza storia, con bassi quozienti intellettivi e predominanza assoluta del pd: Staranzano, in provincia di Gorizia. Ho strappato subito il materiale pubblicitario piddino e l’ho gettato nell’immondizia, perché è quello il suo posto. Leggere quella robaccia non serve a niente, se non a farsi il sangue cattivo, dopo aver visto per strada, tornando dal lavoro, decine di mendicanti e di sbandati, saracinesche abbassate, strade sporche, luci sempre più rade anche a Natale. Oggi, ridotti in simili condizioni, i galoppini piddioti che volevano “catechizzare” i miei familiari non possono dirsi innocenti. Per quanto anonimi servi dei servi, vedono con chiarezza ciò che accade intorno a loro e lo ignorano, oppure, esorcizzano, imbrogliano, arrivando fino al punto di mentire a se stessi.

C’è una bella espressione napoletana, molto sintetica, che definisce bene il “militante” piddino: ommo’ e merda. Come ho sempre sostenuto, con i collaborazionisti non si discute, ma si dovrebbero combattere muro contro muro, sino alla liberazione. Ne va del nostro futuro, che in questo Natale d’austerità e disincanto sta rapidamente svanendo. Purtroppo, non c’è nessuno disposto a rischiare, a combattere per le strade, neppure se l’alternativa è finire in strada, o sul marciapiede della stazione. Alla fine, non resteranno che i molti “invisibili”, fin troppo visibili, che ti chiedono un euro o una sigaretta, e qualche ommo’ e merda, ancora iscritto al pd.

Buon Natale

Eugenio Orso

Fonte: http://pauperclass.myblog.it

Link: http://pauperclass.myblog.it/2014/12/21/considerazioni-natalizie-sulla-situazione-italia-eugenio-orso/

22.12.2014


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