Rimbaud e la mondializzazione nel 1875

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DI NICOLAS BONNAL

dedefensa.org

La falsa ribelle Viviane Forrester doveva il suo successo a un prestito di qualità: l’orrore economico le deriva da Rimbaud. Non so nemmeno più se questo era stato riconosciuto nel marasma di allora che vedeva i socialisti (DSK-Jospin) adoperarsi negli affari. Ma veniamo a Rimbaud.

Rimbaud nacque nel 1854, in piena rivoluzione industriale ed educativa, tra traffici coloniali ed esposizioni universali. Ho spiegato in un breve libro il legame tra l’opera di Dostojevskij e la mondializzazione emergente, fortemente anglosassone (la parola «occidentale» non ha alcun senso: noi viviamo sotto il giogo finanziario e militare anglo-americano) e imperialista. Ignoro se ne usciremo, e se vogliamo uscirne, ed è per questo che da allora parlo dell’eterno presente.

Il ragazzo prodigio si considera un veggente, ma è anche un ottimo osservatore. Vede il trionfo del commercio, della scienza, dell’istruzione, del chiasso (l’arte industriale di Walter Benjamin). Inoltre nota con ironia, impiegando come si direbbe oggi, un tono decadente, l’avvento dei cambiamenti democratici. Un po’ deride questa sterile modernità futura .

«Che alcuni incidenti di fantasmagoria scientifica e alcuni moti di fraternità sociale siano diletti come restituzione progressiva della franchezza originaria?…. »

Citerò aggiungendo solo pochi commenti. Si noti l’ironia, la capacità di osservazione, il lessico immobiliare e alberghiero (Ritz è già all’opera, leggete le belle pagine di André Siegfried).

DOPO IL DILUVIO

«I castori costruirono. I mazagran [1] fumarono nelle bettole. Nella grande casa vitrea ancora grondante, i bambini a lutto guardarono le meravigliose immagini.

Una porta sbatté, – e sulla piazza della frazione girò le sue braccia, compreso dalle banderuole e dai galli dei campanili dappertutto, sotto il fragoroso acquazzone.

Madame*** impiantò un pianoforte sulle Alpi. La messa e le prime comunioni si celebrarono ai centomila altari della cattedrale.

Le carovane partirono. E lo Splendide-Hotel fu eretto nel caos di ghiacci e di notte del polo. »

Rimbaud si prende gioco dell’educazione industriale, di questa iper-istruzione che fa degenerare il cervello. Onnipresenza della metropoli, fantasticherie delle follie geologiche.

INFANZIA, V

« Appoggio i gomiti sul tavolo; la lampada illumina vivissimamente questi giornali che sono tanto idiota da rileggere, questi libri privi d’interesse.

A una distanza enorme al disopra della mia sala sotterranea sorgono le case, si accumulano le brume. Il fango è rosso o nero. Città mostruosa, notte senza fine!

Meno in alto, vi sono fogne. Ai lati, null’altro che lo spessore del globo. Forse gli abissi d’azzurro, pozzi di fuoco? Forse è su questi piani che s’incontrano lune e comete, mari e favole. »

Morta la religione, ecco il regno delle masse ipercinetiche sottomesse e dominate, e dell’enorme metropoli (pensate ai Tableaux Parisiens di Baudelaire, e ovviamente all’uomo della folla di Poe). Siamo già nella «folla solitaria» dell’altro:

LA CITTA’

«lo sono un effimero e non troppo malcontento cittadino di una metropoli creduta moderna, perché ogni gusto già noto fu escluso negli arredamenti e nell’esterno delle case, come pure nella pianta della città. Qui, non potreste trovare le tracce di alcun monumento di superstizione. La morale e la lingua sono ridotte alla loro espressione più semplice, finalmente! Questi milioni di persone che non hanno bisogno di conoscersi conducono tanto similmente l’educazione, il mestiere e la vecchiaia, che questo corso di vita dev’essere parecchie volte meno lungo di quanto una statistica folle accerta per i popoli del Continente.»

In un testo magnifico, Rimbaud svela lo scintillio, il pacchiano e il simulacro moderno. Parla anche (ricordatevi che è lui il veggente) della «barbarie moderna», del tempo grigio («quando il cielo basso e pesante… »). Evidenzia questa regressione colossale e pagano-orientale dell’arte (cf. Bloy), con l’allusione a Nabucodonosor!

LE CITTA’

«L’acropoli ufficiale supera le concezioni più colossali della barbarie moderna. Impossibile esprimere la luce opaca prodotta da questo cielo immutabilmente grigio, lo splendore imperiale degli edifici, e la neve eterna del suolo. Sono state riprodotte con un gusto singolare dell’enormità tutte le meraviglie classiche dell’architettura. Assisto a mostre di pittura in locali venti volte più grandi di Hampton-Court. Che pittura! Un Nabucodonosor norvegese ha fatto costruire le gradinate dei ministeri; i subalterni che ho potuto vedere sono già più fieri dei Brenno, e ho tremato alla vista dei guardiani dei colossi e degli edili.»

Tutto si vende in questa società dominata dal «regno autocratico dell’economia di mercato … divenuta folle» (Guy Debord).

SALDO

«In vendita quel che gli Ebrei non hanno mai venduto, quel che nobiltà e delitto non hanno mai gustato, quel che l’amore maledetto e la probità infernale delle masse ignorano; quel che né il tempo né la scienza devono riconoscere

In vendita l’anarchia per le masse; la soddisfazione irrefrenabile per i dilettanti superiori; la morte atroce per i fedeli e gli amanti!

In vendita le abitazioni e le migrazioni, sport, fantasmagorie e confort perfetti, e il rumore, il movimento e l’avvenire che essi producono!»

Si vende l’anarchia come lo sport ! E’ Guy Debord che un secolo dopo parla di «insoddisfazione mercificata» (si ascoltano i Doors, si fuma hashish, si legge Boris Vian, etc.)

Il commercio, cancrena del mondo, come ho già dimostrato nel mio libro su Céline, è e resterà infaticabile.

«I venditori non hanno dato fondo alla svendita! I commessi viaggiatori non hanno da restituire le loro provvigioni così presto!»

Ho ricordato la trasformazione della prospera, snob e noiosa Svizzera in un parco dei divertimenti, in un simulacro spaziale, in un allestimento per il teatro turistico. Tutto si ritrova in Daudet e nel suo Tartarino sulle Alpi. Rimbaud gli scrive adoperando un lessico british e newyorkese:

PROMONTORIO

«Ghiacciai, lavatoi circondati da pioppi di Germania, poggi di parchi singolari; e le facciate circolari dei «Royal» o dei «Grand» di una qualche Brooklyn; e le loro ferrovie fiancheggiano, scavano, sovrastano le disposizioni di quell’Hôtel, scelte nella storia delle più eleganti e colossali costruzioni d’Italia, d’America e d’Asia, le cui finestre e terrazze, ora piene d’illuminazioni, di bevande e di brezze sontuose, sono aperte allo spirito dei viaggiatori e dei nobili, che permettono, nelle ore del giorno, a tutte le illustri tarantelle dell’arte di decorare meravigliosamente le facciate di Palazzo Promontorio.»

Le parole si susseguono e descrivono il grande spettacolo del mondo meccanizzato (sensazione che sappiamo esistere presso i grandi barocchi e nella tempesta di Shakespeare: simili in tutto alla fabbrica senza fondamento di questa visione).

Democrazia… Il viaggiatore e libero Rimbaud ha capito come le parole possano essere menzognere (certamente molto di più del povero Hugo!):

DEMOCRAZIA

«La bandiera va al paesaggio immondo, e il nostro gergo soffoca il tamburo.

Nei centri alimenteremo la più cinica prostituzione. Massacreremo le rivolte logiche.

«Ai paesi pepati e stemperati! – al servizio dei più mostruosi sfruttamenti industriali o militari.»

Arriviamo infine alla più bella, Sera storica, nella quale ritroviamo gli orrori economici sottratti dalla cugina di Rothschild (perché preoccuparsi?)! Il veggente vede la Germania (in Una stagione all’inferno, ritiene di appartenere a una razza inferiore …), la Cina, il turismo emergente che s’impadronirà del mondo …

SERA STORICA

«In qualunque sera, per esempio, si trovi il turista ingenuo, lontano dai nostri orrori economici, la mano di un maestro anima il clavicembalo dei prati; si gioca a carte in fondo allo stagno, specchio evocatore di regine e favorite, abbiamo le sante, i veli, e i fili d’armonia, e i cromatismi leggendari, sul tramonto.

Lui rabbrividisce al passaggio delle cacce e delle orde. La commedia gocciola sui palchi d’erba. E l’imbarazzo di poveri e deboli sopra questi stupidi piani!

Schiava della sua visione, la Germania innalza impalcature verso le lune; i deserti tartari s’illuminano – le antiche rivolte brulicano al centro del Celeste Impero; lungo le scalinate e le poltrone dei re, un piccolo mondo livido e piatto, Africa e Occidente, si sta edificando. Poi un balletto di mari e notti conosciute, una chimica senza valore, e impossibili melodie »

L’ironia diventa tagliente e disperata, si intravede Vuitton sbarcare con le sue valige (oltre il bene e la valigia!) :

«La stessa magia borghese in tutti i punti in cui ci deporrà la diligenza! Il fisico più elementare sente che non è più possibile sottomettersi a questa atmosfera personale, nebbia di rimorsi fisici, la cui constatazione è già un’afflizione. »

Quanto all’atmosfera personale, ringrazio il poeta di avermela annunciata. Oggi abbiamo le benzodiazepine e i libri per la crescita personale finalizzati a renderci uguali al resto del mondo.

Il vostro Zuckerberg presidente? E il mio Rimbaud allora?

 

Nicolas Bonnal

Fonte: http://www.dedefensa.org

Link: http://www.dedefensa.org/article/rimbaud-et-la-mondialisation-en-1875

5.08.2017

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VOLLMOND

 

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