Ricompare l’Emiro dell’Afghanistan?

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di Eugenio Orso
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A proposito della situazione in Afghanistan sulla quale martellano i media occidentaoidi, con abbondanti lacrime per la fine che i talebani faranno fare alla demokrazzia, ai “diritti umani” e alla condizione femminile, mi sovviene una vecchia metafora di matrice marxista, quella ben nota dell’Emiro dell’Afghanistan.
Secondo i marxisti, L’Emiro dell’Afghanistan che combatteva armi alla mano contro l’imperialismo britannico e rintuzzava gli appetiti dell’Impero Russo zarista, era un “rivoluzionario inconsapevole”, in concreto un sovrano oscurantista e medioevale (secondo una visione tipicamente eurocentrica) che però in quelle circostanze storiche era molto più rivoluzionario della classe proletaria nel vecchio continente, la quale aveva, di fatto, accettato il capitalismo (e l’imperialismo, sua fase suprema!) ed esprimeva solo rivendicazioni, all’interno del capitalismo imperialista stesso, per un miglioramento delle condizioni di lavoro e di quelle socioeconomiche in generale.
Questo “rivoluzionario inconsapevole” rappresentava per il capitalismo imperialista (giunto alla sua fase suprema, secondo Lenin buonanima) un pericolo maggiore del tutto sommato mite proletariato europeo.
Potrebbe sembrare che oggi l’Emiro dell’Afghanistan sia tornato in grande stile, dopo la fine dell’occupazione americana-nato ventennale di quel paese e la fuga precipitosa degli armati usa, preparata da Trump e poi realizzata frettolosamente da Biden.
I motivi di questa ritirata usa-nato dall’Afghanistan che pare una fuga non sono chiari e, del resto, non essendo io un membro de sevizi segreti di una grande potenza o un cameriere degli elitisti, con informazioni di prima mano, posso solo azzardare le seguenti ipotesi, peraltro già fatte da altri:
1) Contrazione dell’impero e crisi finanziaria che impone di abbandonare territori periferici, come lo è Afghanistan (domani forse anche la Siria e l’Iraq) la cui occupazione è costata molto e costerà ancor di più in futuro.
2) Riposizionamento strategico per concentrare forze, risorse, capitali e nuovi sistemi d’arma su obbiettivi diventati prioritari, come ad esempio la Cina.
3) Subdola strategia dietro il ritiro frettoloso (e vergognoso) che lascia però in Afghanistan una “polpetta avvelenata”, rappresentata da isis importato in loco dagli americani e da altri mercenari/ contractors già presenti in loco, questo per impedire la stabilizzazione del paese che potrà rappresentare ancora una fonte di destabilizzazione per i vicini, sperando che ciò faccia danni anche a Russia e Cina.
Personalmente propendo per un mix fra la seconda e la terza ipotesi, che comunque, sul campo e per quanto qui mi interessa, ha aperto le porte al nuovo Emiro dell’Afghanistan, il quale però non sarà più quello della nota metafora marxista.
L’attuale Emiro dell’Afghanistan per ora “in potenza” non è più il celebre Mullah Omar, per l’anagrafe Mohammed Omar (il “cecato” come si direbbe a Roma, avendo perso l’occhio destro in combattimento), che poveretto è deceduto a causa della tubercolosi nell’aprile del 2013 in Pakistan, ma una figura meno nota e meno romanzabile, tale Abdul Ghani Baradar, già vice del mitico e discusso Mullah Omar.
Ho però dei dubbi che il futuro Emiro dell’Afghanistan sarà concretamente un “rivoluzionario” come quello della metafora marxista, per l’accordo bilaterale di Doha dei capi talebani con gli usa, per il fatto che gli studenti di teologia sanno bene di non poter proiettare potenza militare all’esterno (cosa direbbe la potenza regionale, l’Iran?) e che sono lì perché le armate imperialiste usa-nato hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi furtive … per motivi tutti da chiarire, come spiegato in precedenza.
Se in Afghanistan sorgerà un nuovo Emirato, di matrice islamica, anche se stranamente “moderata” (espressione, quella di “moderato”, tipicamente occidentaloide e mediatica, perché si è islamici o non si è!), sarà probabile che dovrà affrontare disordini interni, come è già accaduto a Jalalabad, quando è stata ammainata la bandiera afghana e innalzata quella bianca dei talebani.
Sarà anche possibile che la “polpetta avvelenata” lasciata in loco dagli americani, tagliagole isis più altri mercenari, inizi con sanguinosi attentati contro i civili per destabilizzare l’Emiro e rinfocolare la guerra civile, che nel paese continua, con fasi alterne, dall’ormai lontano 1979, anno di arrivo dell’Armata Rossa sovietica, ufficialmente il 24 di dicembre o anche da prima.
Inoltre, esistono ancora i locali signori della guerra, un tempo imbrigliati nella Loya jirga, che potrebbero, se ben “imbeccati” e corrotti dall’esterno (inutile dire da chi …), creare problemi ai talebani contribuendo a destabilizzare l’Emiro e il paese.
L’Emiro potrebbe non rifare capolino, se ci sarà “un dialogo nazionale che permetta la formazione di un governo rappresentativo”, secondo le parole del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, in cui potrebbero entrare l’autoproclamato presidente ad interim Amrullah Saleh, vice del presidente uccel di bosco Ashraf Ghani, e Ahmad Massoud, figlio del Massoud “Leone del Panshir” tagiko, che rappresentano un’opposizione, ovviamente armata, ai talebani e sarebbero disposti ad appoggiarsi ancora agli usa.
Il “Grande Gioco” geopolitico di oggi non è più quello che caratterizzò le guerre dell’impero britannico per il controllo dell’Afghanistan, dal 1839 a quella del 1919, quando l’esito fu l’indipendenza di quel paese e non il dominio assoluto britannico, e inoltre l’imperialismo non è più quello otto-novecentesco analizzato e combattuto da Lenin buonanima, ma il più fluido, aggressivo e destabilizzante “imperialismo finanziario privato” occidentaloide e elitista, con evidenti venature sioniste, che combatte a tutto campo le Potenze Libere nel mondo, Russia, Cina e Iran e che cerca di distruggere o strangolare gli stati resistenti ovunque si trovino, come la Siria, l’Iraq e il Venezuela.
Ci sono forti dubbi che i talebani possano effettivamente impensierire il nuovo imperialismo del terzo millennio, tanto più che se guardo immagini dei combattenti talebani, vedo qualche giovane barbuto con tanto di berrettino di foggia americana, con il logo bianco del movimento islamico, oppure con spillette bianche che sembrano fatte in serie, prodotte industrialmente … il che è stranamente di foggia occidentaoide, non sicuramente islamico.
Attenzione, quindi, a proclamare prima del tempo, con entusiasmo, gli “studenti di teologia” quale nuovo Emiro dell’Afghanistan che ha sconfitto l’”imperialismo finanziario privato” che sta dietro agli ex occupatori usa e nato, perché le cose sono molto cambiate rispetto al passato e ci sono forti dubbi in proposito …
Eugenio Orso

Pubblicato da Tommesh per Comedonchisciotte.org

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