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La Redazione

 

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POVERA ITALIA !

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A cura di Davide
Il 2 Gennaio 2006
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Il settennato del “primo cittadino” nel requiem di fine anno

DI CARMINE R.VIOLA

Il motto latino “ne sutor ultra crepidam” (“ciabattino, non
andare al di sopra della scarpa”), attribuito al pittore Apelle,
esprime bene la totale, o quasi, incompetenza dei nostri uomini di
potere, in fatto di diritto. Bisogna tuttavia aggiungere che le
competenze non vengono conferite dalle lauree. Basti pensare al
docente di… economia, che scambia questa, scienza , equanime
distributrice di benessere, con la “predonomia”, pratica predatoria
di origine animale, che produce straricchi e indigenti. Il “primo
cittadino d’Italia”, indiscusso ragioniere predonomico al servizio
di uno Stato asociale, e quindi aetico, ha recitato il suo “requiem”
di fine anno 2005 e di fine del suo settennato, pavesando, per
l’appunto, un vuoto giuridico da fare accapponare la pelle. Si è
abbandonato, come al solito, ad esortazioni generiche alla concordia
e alla pace (come se queste condizioni potessero esistere fuori di
un terreno specifico), esattamente come fa il papa, che costui ha
chiamato “Santo Padre”, non sapendo nemmeno che per un capo di
Stato, anche se cattolico praticante, il papa è soltanto il papa,
mentre quella denominazione è propria del fedele, che parla in
quanto tale.
Non sa, dunque, che la buona concordia e la pace sono
incompatibili con il capitalismo, che è guerra e quindi violenza,
conflittualità e crimine (vedi cronaca quotidiana).

Ma la coscienza non può essere del tutto assente in una persona
colta e vissuta e al “primo cittadino” pesava evidentemente l’avere
ignorato l’at. 11 della Costituzione e di tale peso voleva
liberarsi. Come? Dichiarando che l’Italia è andata in Iraq a guerra
finita! Ma la giustificazione a posteriori della complicità
anticostituzionale e mondialmente antigiuridica del nostro paese con
la più grande e scoperta criminocrazia di tutti i tempi, capeggiata
in atto da Bush, nell’aggressione gratuita all’Afghanistan e allo
Stato autonomo dell’Iraq, è di una puerilità sconsolante. Peggiore
del silenzio.

L’Iraq è stato – ed è – occupato da truppe angloamericane fuori
legge. La guerra, inizialmente un’aggressione unilaterale di tipo
barbarico, si è trasformata in resistenza e quindi in ostilità
interne e non è mai finita. Essa non finirebbe nemmeno se ogni
straniero lasciasse il territorio iracheno perché l’aggressione Usa
ha riacceso odi bloccati o sopiti e conflitti etnici e di interessi,
vecchi da tempo e che si trascineranno chissà ancora per quanto.
Anche a guerra veramente finita, l’invio di truppe avrebbe
significato come ha significato – la legittimazione a posteriori
dell’operato degli Usa, i quali solo avrebbero dovuto sostenere
tutto il peso di tutte le conseguenze del loro crimine.

I boss del potere Usa sono anche abili nel circondarsi di
complici ed uno di questi non può non essere puntualmente un paese
militarmente occupato sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale,
come l’Italia appunto. L’attuale “primo cittadino” non ha saputo
condannare cotanto obbrobrio ed è stato al gioco recitando le
menzogne del governo. Trovare giustificazione ad un intervento
servile significa mescolare una minestra salata ed acida come se in
tal modo la si potesse rendere mangiabile. Al contrario, non si fa
altro che farne sprigionare il cattivo odore del rancido. Con
l’invio di truppe in Iraq – anche se dietro l’immenso falso
della “missione di pace” – l’Italia ha praticamente sepolto l’art.
11 della Costituzione e vanificata quell’autonomia per cui si
batterono, pagando di persona talora con la morte, gli uomini del
Risorgimento. In tal modo, l’esaltazione, che lo stesso “primo
cittadino” ha fatto dell’autonomia nazionale, ha il sapore di una
barzelletta che ci riporta ad un’Italia sedicente indipendente,
ridotta a caricatura di sé stessa.

Che il “requiem” di Ciampi, spacciato per messaggio, abbia
riscosso anche il consenso della cosiddetta “sinistra”, conferma
la “morte per suicidio” della sinistra stessa ed un contesto
parlamentare generale che fa pena a sé stesso. E’, infatti, di ieri
(1° gennaio 2006) la visita collegiale di Casini, presidente della
Camera, e dell’on.le Violante, capo-gruppo dei DS, “uomo di legge”,
a Nassirya, settore iracheno, dove non sarebbero caduti dei poveri e
onesti soldati, volontari e ben pagati, ma degli eroi per una
democrazia irachena, per cui evidentemente non gliene importava un
bel niente, e che comunque non sapevano cosa fosse se non quel
giochetto elettorale che in Italia non impedisce che i ricchi
diventino più ricchi e i poveri più poveri e che gli “eletti”
(specie di “unti del Signore”) facciano e rifacciano le leggi a
seconda dei loro interessi di potere. Quel giochetto elettorale,
ripeto, che non significa “risposta ai diritti naturali”, unica
condizione perché uno Stato sia “di diritto”. La retorica si spreca
e copre la miserabile realtà come l’incenso della liturgia del clero
fa dimenticare la gratuità del potere della gerarchia di un istituto
politico impegnato a servire sé stesso.

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Ma torniamo al “requiem” in questione, al cui autore (con tutta
la considerazione che si deve – e che io ho – alla “veneranda età”)
esprimo, in tutta consapevolezza e responsabilità, i seguenti
addebiti, aspettando che qualcuno li confuti come si deve.

1 – Costui ha più volte esortato a non lasciare soli gli alleati
Usa, come se questi fossero uomini degni di questo nome, impegnati a
portare la democrazia ove viga la tirannide quando, al contrario,
sono dei gangster che, dopo avere decimato i felici popoli indigeni
del loro territorio, con il pretesto della democrazia, hanno
perseguitato e spento nel sangue ogni anelito rivoluzionario nel
proprio paese, hanno dominato con il terrore i paesi dell’America
Latina e, dopo avere consumato il doppio inutile olocausto atomico
di Hiroshima e Nagasaki, hanno finito per dichiarare guerra al mondo
con il pretesto di quel terrorismo, di cui sono i maestri storici.
In Iraq, come già nel Vietnam, e recentemente in Afghanistan, non
hanno risparmiato gli ultimi ritrovati dell’ingegneria bellica e
l’uso di uranio impoverito e di zolfo bianco (come a Falluja),
distruggendo monumenti storici e provocando decine di migliaia di
morti anche civili dopo un embargo ultradecennale, che aveva
martirizzato l’infanzia. Inoltre, si sono abbandonati a sequestri,
carcerazioni e processi illegittimi con contorno di torture
medioevali, come a Guantanamo e nello stesso Iraq. Sono questi i
cari “alleati” che il primo cittadino ha esortato a non lasciare
soli. Poveretti!

2 – Ha firmato puntualmente o quasi leggi varate con
il “regolare” voto di fiducia cioè senza il necessario democratico
dibattito parlamentare. Così sono passati provvedimenti che hanno
stravolta l’indole della Costituzione, quasi sempre peggiorandola.
Basti pensare alla famigerata “devoluzione”, primo gradino verso la
possibile secessione della … “Padania”. Abbiamo quasi un'” Italia
degli staterelli”: altro che unità nazionale!

3 – Esorta al dialogo ma mi risulta che sistematicamente non ha
risposto ad uomini di grande cultura che l’hanno esortato a
sganciare l’Italia dalla soggezione a criminali di guerra, che
andrebbero processati da tribunali speciali in difesa dell’umanità.
Non una sola risposta è venuta dal “primo cittadino”.

4 – Non si è reso conto della criminosità del neoliberismo e
della legge Biagi, che riduce il lavoro ad una merce, il diritto al
lavoro (e quindi alla vita) ad una questione di mercato, il
lavoratore ad una merce egli stesso che perde possibilità di
ingaggio con l’anzianità,che rende sempre più improbabile una vera e
propria pensione per la vecchiaia, che avvia la civiltà alla propria
morte e la specie all’estinzione.

5 – Europeista entusiasta, non ha capito che un’Unione Europea,
costruita sul liberismo è come un grattacielo costruito sulla
sabbia: tale Europa rischia di risolversi nella fossa comune dei
suoi componenti. Questa “ignoranza” altro non è che l’ignoranza del
vero diritto.

6 – Per la stessa ragione non sa cosa dire ai disoccupati, ai
poveri, ai precari, agli sfrattati, ai barboni, a tutta la
sintomatologia crescente di un paese che va verso il declino della
civiltà, altro che progresso! Due giovani barboni – cittadini
italiani – sono morti di freddo in questi giorni nell’àmbito di uno
Stato che si dice bugiardamente di diritto! Il “primo cittadino” non
è insorto per stigmatizzare cotanta vergogna.

7 – Non ha saputo difendere la laicità dello Stato se non ha
saputo, per esempio, tuonare contro la magistratura – di cui è capo –
in difesa del giudice Luigi Tosti, condannato perché legittimamente
rifiutatosi di operare sotto il crocifisso, che conferisce all’aula
di giustizia un preciso e inequivocabile colore di parte, clericale
per meglio intenderci.

In altre parole, ha lasciato che Usa e Chiesa abusassero
dell’Italia senza sapere difendere l’identità storica e giuridica di
questa: è il Leitmotiv del suo settennato. E non è poco. Si
comprende perché un personaggio della fattispecie, che si gode,
amante del quieto vivere, le lauti pensioni di ex alto funzionario
dello Stato e di ex governatore della Banca d’Italia (remunerato con
palate di ricchezza pubblica) (ed ora anche dell’appannaggio
del “primo cittadino”), sia stato il benvenuto di una destra
autentica e di una sinistra sedicente e ridicola.

Quanto a me, che ho perfino ricusato costui – e quanti
pretendono di rappresentarmi – non posso che ricordare una massima
di Nicolò Machiavelli secondo cui “ogni popolo ha il potere che si
merita”.

Carmelo R. Viola
Centro Studi Biologia Sociale
([email protected])

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