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La Redazione

 

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Pontida: dove la Lega dà i numeri!

Il Ministro Giorgetti afferma che l'Italia è sotto un grande debito e per l'anno prossimo dovremmo pagare 14 miliardi in più di interessi. Borghi ribatte su Twitter che invece per via dell'inflazione il nostro debito pubblico avrà un beneficio in termini reali di 170 miliardi. Dove sta la verità?
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Il 22 Settembre 2023
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di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

 

Mentre il suo compagno di partito, ministro del Mef Giancarlo Giorgetti, dal palco di Pontida si dice fortemente preoccupato per i tagli ad aiuti, sanità e riduzione delle tasse, che il suo governo dovrà effettuare per coprire la maggior spesa per interessi (circa 14 miliardi in più) Claudio Borghi, su Twitter, riprende in modo deciso il reporter finanziario Fabrizio Goria per i suoi conti allarmistici sul costo incrementale degli interessi sul debito pubblico, pubblicati dallo stesso sul quotidiano nazionale La Stampa. [1]

Apparentemente, quella di Borghi sembra una posizione diametralmente opposta rispetto alle paure reali manifestate da Giorgetti nella riunione annuale del partito. Ora, se si fosse trattato di una banale affermazione contraddittoria del deputato leghista, magari per essersi distratto con una birra in mano durante il discorso di Giorgetti a causa di qualche gonna svolazzante, da uomo lo capirei ed avrei lasciato perdere; ma uscirsene il giorno dopo con un Tweet del genere, da esperto in materia di economia e moneta, lascia senza parole:

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Uno che non conosce la materia ma dotato di un minimo di logica, dopo aver letto questo tweet, esclamerebbe subito: ma se l’inflazione fa migliorare l’impatto reale sul debito, allora perché la si combatte? Lasciamola andare più in alto possibile se, come ci dice Borghi, produce un beneficio su quel debito pubblico che, ogni giorno, il nostro premier Giorgia Meloni non perde occasione di ricordarci essere sulle spalle dei nostri figli!

Se però guardiamo la crescita dalla parte giusta (quella della gente) e ci ricordiamo che il debito pubblico, contabilmente e nella realtà, rappresenta al centesimo il risparmio privato, ne consegue che abbattere in termini reali il debito pubblico equivale ad abbattere il nostro risparmio; che, tradotto, è il potere di acquistare prodotti. Ed è infatti quello che avviene con l’inflazione, stante l’immobilismo dei governi a livello di aggiustamento fiscale!

Mi spiego meglio: supponendo un rapporto debito pubblico/PIL al 100% e fatto 100 lo stock di debito pubblico (ovvero i nostri risparmi), se l’inflazione media nell’anno si quantifica nel 5%, per comprare la stessa quantità di prodotti dell’anno prima, avrò bisogno di 105.

Siamo alle solite, i nostri governanti si dimenticano sempre che il debito pubblico è, in realtà, il credito del settore privato.

Se l’economia è sempre e soltanto una questione di equilibrio, dove una presunta discesa può diventare una salita per chi la affronta dalla posizione opposta, questo post invece rappresenta a pieno l’apoteosi dell’ipocrisia di un politico di fronte alla realtà che invece il suo ruolo gli richiederebbe di tenere ben presente.

Il tono che Borghi ha voluto dare a questo tweet – che, come potete ben immaginare, ha scatenato l’inferno nei commenti – è ben chiaro. Per il deputato leghista l’allarmismo che si pone di fronte ad un maggior costo per interessi, che stante le regole dell’euro, ricadranno su noi cittadini, sarebbe ingiustificato alla luce di un supposto beneficio che il fenomeno inflattivo in corso provocherebbe in termini di abbattimento reale sul tanto temuto debito pubblico.

“A casa mia se l’inflazione è il 5.9% e il debito sono 2850 miliardi l’abbattimento è di quasi 170 miliardi” – scrive Borghi

A casa “tua”, Borghi, non a casa degli italiani!

Messa così, l’uomo della strada starebbe già saltando di gioia! A fronte del costo aggiuntivo di 14 miliardi che preoccupa Giorgetti e gli italiani, parrebbe, secondo quanto ci dice Borghi, ci fossero già pronti nelle casse del Tesoro 170 miliardi piovuti dal cielo per volontà degli dei che comandano l’inflazione.

Purtroppo per voi devo dirvi che questi 170 miliardi non ci sono, anzi sono frutto dei sogni che Borghi fa dentro casa sua, mentre prova a smaltire i postumi del party di Pontida. Ma, soprattutto, il suo delirio è frutto dei soliti ragionamenti fraudolenti che gli economisti devoti al neoliberismo da decenni ci mettono sul tavolo; gli stessi dogmi che poi muovono gli slogan necessari ai politici quando ci si avvicina alla campagna elettorale ed il pensiero servile del megafono rappresentato dalla stampa main stream.

Tant’è vero che il Borghi – un tempo presente al fianco di Warren Mosler nei suoi meeting italiani – per provare ad uscire dal tunnel senza uscita in cui si è infilato con questo tweet, pensate un po’, è persino ricorso all’uso del pensiero unico in materia economico-monetaria di uno dei maggiori profeti dell’austerità, Carlo Cottarelli.

Saltare dal letto di Mosler in quello di Cottarelli, è un po’ come addormentarsi con Belen Rodriguez e svegliarsi con accanto Mariangela, la figlia di Fantozzi, metaforicamente parlando in fatto di temi economici e di moneta.

Ecco come Claudio Borghi prova a giustificare il tremendo scivolone, di cui siamo certi – passato l’effetto festaiolo di Pontida – si sia già reso conto e per il quale non veda l’ora che tale tweet passi nel grande magazzino del dimenticatoio della rete.

Tweet di Claudio Borghi del 19 Settembre 2023 – ore 11:20 PM

Ho letto una gran confusione stamattina sull’effetto dell’inflazione sul debito pubblico. Provo a fare un esempio il più semplice possibile (astenetevi quindi pieccdì dall’arrivare col ditino). C’è un’isola che ha un debito pubblico di 1000 fiorini e l’unica cosa che produce è un cocco all’anno che vale 1000 fiorini. Il rapporto debito/pil è il 100% perché il valore del debito è uguale al PIL (il cocco). Se l’anno dopo, a causa di una forte inflazione, il prezzo del cocco diventa 1500, il PIL rimane uguale (ha prodotto sempre solo un cocco dello stesso valore, è cambiato solo il prezzo). Quindi, quando ogni anno si guarda se il PIL è salito o sceso, si guarda al PIL reale ovvero depurato dall’inflazione. Nel conto del PIL reale si prende il PIL nominale (ovvero quello con i prezzi attuali) cioè 1500 e lo si divide per il cosiddetto “deflatore del PIL” ovvero quel numero che riporta il PIL al livello che avrebbe avuto se i prezzi non fossero cresciuti. In questo caso, PIL nominale 1500 diviso 1.5 (deflatore del PIL) = 1000 e, come vedete, il PIL non è cresciuto. Il debito pubblico, però, non aumenta con l’inflazione, rimane com’è; quindi, se prima con il debito pubblico (1000) ci eguagliavi il prezzo di un cocco (sempre 1000), adesso no perché abbiamo detto che ora costa 1500. Pertanto il rapporto debito/PIL è sceso perché da 100% si passa a 1000/1500 ovvero 66.6%. La cosa quindi che, secondo me, manda alcuni di voi in confusione è che per misurare la crescita si usa il PIL reale, ovvero depurato dell’effetto dell’inflazione, mentre per calcolare il rapporto debito/PIL si usa il PIL nominale. Il risultato è che l’inflazione abbatte il rapporto debito/PIL anche se il PIL (reale) non cresce. Spero che così sia chiaro

La questione potrebbe chiudersi qua ed archiviare quanto espresso da Borghi, con il suo primo tweet, nella cartella dove vengono contenute tutte le più grandi baggianate lanciate nel mondo, al cui interno lo spazio più grande ai nostri giorni è certamente riservato agli slogan politici e le frodi in tema di economia e moneta.

Credo però che chi mi legge senta il bisogno di saperne di più e capire maggiormente la questione, visto che interessa direttamente le nostre vite.

Giorgetti, come risulta ben chiaro, afferma una verità palese; ovvero mancano 14 miliardi e, quindi, o si tassano gli italiani per ulteriori 14 miliardi, o si tagliano spese per lo stesso importo. Questo perché il 6% circa degli italiani ed il mondo finanziario, al contrario di chi ha bisogno di un lavoro e/o della nostra Sanità, non aspettano! Pretendono immediatamente questi 14 miliardi in più che il rialzo dei tassi, deciso da Francoforte per contenere l’inflazione,  autorizza loro a mettersi nelle proprie tasche.

Quindi gli italiani da una parte hanno una riduzione reale del loro potere di acquisto, stante l’immobilità dei salari rispetto all’aumento dei prezzi e dall’altra una ulteriore riduzione in termini finanziari, se si decide di coprire questo costo aggiuntivo con le tasse, o in termini di servizi usufruiti se invece si decide di tagliarli.

Questo è il risultato della politica del rialzo dei tassi per contenere l’inflazione, all’interno del mondo dell’Euro, dove i governi si autoimpongono limiti nell’esercizio della funzione di politica fiscale, che è l’unico strumento che invece può, in prima battuta, evitare che i fenomeni inflattivi si presentino, per poi metterci mano quando per loro errori e/o mancanze, gli stessi si materializzano.

Ed i benefici di cui parla Borghi, allora dove sarebbero? Si chiederebbe giustamente, a questo punto, un normalmente sveglio.

Nessun beneficio reale, è la risposta corretta! Anzi, come abbiamo visto, solo e soltanto danni….

Andando quindi a leggere la spiegazione di Borghi, il fantomatico beneficio si tradurrebbe in un supposto miglioramento del famoso rapporto debito pubblico/Pil, contenuto nelle regole del Patto di Stabilità ma inutile alla vita della gente.

Premesso che chi vi scrive vi ha già più volte dimostrato che tale rapporto può essere tranquillamente migliorato con il tempo di un “click” da parte della BCE – senza attendere che si muovano gli dei dell’inflazione per succhiare il sangue alla gente – tale rapporto è anche dimostrato dalla dottrina essere totalmente non significativo del livello di benessere di un paese.

E se a questo aggiungiamo che tale rapporto, secondo le follie dei trattati, non dovrebbe superare il 60% – mentre noi viaggiamo già da tempo intorno al 150% – e il fatto che il fenomeno inflattivo in corso ha per il nostro paese i cromosomi della stagflazione con un PIL che non cresce, dove stanno i benefici di Borghi?!

I benefici, ci dice Borghi, stanno nel sistema di calcolo del PIL:

“La cosa quindi che secondo me manda alcuni di voi in confusione è che per misurare la crescita si usa il PIL reale, ovvero depurato dell’effetto dell’inflazione, mentre per calcolare il rapporto debito/PIL si usa il PIL nominale. Il risultato è che l’inflazione abbatte il rapporto debito/IL anche se il PIL (reale) non cresce. Spero che così sia chiaro”

Quindi, per bocca di Borghi, apprendiamo che i benefic, che lui stesso addirittura quantifica nella modica cifra di 170 miliardi (più del doppio di quanto si paga in un anno per interessi sul debito), sarebbero ricondotti, invece che a soldi veri, ad un gioco di prestigio che porta al miglioramento di un rapporto che non conta nulla per la vita della gente, nonostante che il PIL reale (la vita della gente) non sia cresciuto!

E sarebbe questo che ha mandato in confusione noi commentatori del Suo tweet, caro prof. Claudio Borghi?!

Un consiglio per la segreteria del partito di Salvini! Al prossimo meeting di Pontida solo acqua gasata!

di Megas Alexandros

Fonte: Pontida: dove la Lega da i numeri! – Megas Alexandros

Note:

[1] il 2023 si preannuncia un anno di fuoco per i titoli di stato italiani – Business (dagospia.com)

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