Le dimissioni a sorpresa del Segretario alla Difesa Chuck Hagel – come dicono dovute alle forti pressioni della Casa Bianca – sarà la notizia più discussa lungo i viali del Beltway nei prossimi giorni. Ma forse la notizia più significativa, riguardo alla politica estera, è arrivata sabato mattina presto.
Il New York Times ha scritto che nel 2015 gli USA allargheranno la loro missione in Afghanistan, e che le loro truppe prenderanno direttamente parte ai combattimenti contro i Talebani, mentre l’aviazione americana proteggerà le forze Afghane dall’alto.
Il Presidente non ha fatto nessun riferimento, nemmeno un accenno, alla strategia sull’Afghanistan durante il suo intervento in cui annunciava l’uscita di Hagel. Ovviamente l‘amministrazione preferisce un dibattito pubblico limitato, e a giudicare dalla copertura ricevuta dall’evento, finora il suo desiderio sembra rispettato.
Ma l’uscita di scena di Hagel dovrebbe essere intesa e discussa proprio in base a questo nuovo atteggiamento che vuole una linea molto più dura, è possibile che questa debba essere la lettura delle sue dimissioni: Hagel si è imbarcato nel governo per aiutare a gestire un ritiro dall’Afghanistan e per ridurre il budget del Pentagono e, invece lunedì scorso un funzionario (anonimo) ha rivelato al Times che “i prossimi due anni richiederanno una messa a fuoco profondamente diversa. “
Ma i militari hanno respinto questa posizione e i generali, sia al Pentagono che in Afghanistan, hanno esortato Obama a ridisegnare la missione in modo più ampio in modo da permettere alle truppe americane di attaccare i talebani, la rete Haqqani e altri militanti se l’intelligence dovesse scoprire che gli estremisti minacceranno le forze americane nel paese.
Per il momento non c’è nessun indizio preciso che confermi nulla e Hagel, è noto, è sempre stato una persona riservata, tanto che in un passaggio della sua lettera di dimissioni conferma di non essere intervenuto nelle riunioni, probabilmente per evitare di perdere la poltrona. E’ certamente possibile che l’improvvisa comparsa sulla scena dell’ISIS, insieme alle altre crisi di politica estera, abbia contribuito ad indebolire la posizione di Hagel all’interno della Casa Bianca, insieme ad altri problemi di leadership, di cui si era già parlato.
In definitiva, questa è una questione accademica per biografi dell’amministrazione. Quello che conta ora è che gli Stati Uniti stanno cambiando rotta verso una politica estera più aggressiva: prendendo un nuovo slancio nella guerra in Afghanistan, che è di gran lunga il paese in cui gli USA sono stati impegnati per più tempo, tanto da aver coperto finora quasi due presidenze di due-mandati ciascuna. Il numero dei soldati in Iraq è raddoppiato, e l’amministrazione dovrà presto chiedere anche l’autorizzazione al Congresso che molto difficilmente prenderà una posizione che vieti i combattimenti diretti delle truppe americane. Anche quelli che vengono chiamati “Colombe”, come Rand Paul, stanno cambiando posizione sulla lotta all’ISIS, e anche la nuova classe di senatori ha chiare posizioni interventiste.
L’uscita di Hagel — e la conferma del suo successore — si spera, consentiranno di aprire un serio dibattito pubblico su questa nuova svolta, anche se l’amministrazione preferirebbe altrimenti. La vera storia qui è tutta un fatto politico, non ha niente a che vedere con il personale.