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La Redazione

 

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NIENT'ALTRO CHE FASCISTI

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A cura di God
Il 8 Aprile 2007
47 Views

blankDI ALI AL-SARRAF
Middle East Online

La guerra in Iraq non è stata scatenata sulla base di
semplici interessi strategici. Nessuna strategia e nessun interesse sarebbe
in grado di illustrare il livello di morte e distruzione che l’Iraq ha
dovuto subire a partire dalla Guerra del Golfo nel 1991. Se si accetta
l’idea che l’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 è la continuazione
di quella guerra, allora si potrebbe dire che l’Iraq ha sofferto più orrori
di qualunque altro paese, compresi quei paesi che furono coinvolti nella
Seconda Guerra Mondiale.

Stiamo parlando di almeno due milioni e mezzo di civili iracheni morti, e fra questi ad essere uccisi nel corso degli ultimi quattro anni sono stati 750.000. Questa cifra rappresenta il 10% della popolazione dell’Iraq. In aggiunta a tutto questo, si sono avuti più di 3 milioni e mezzo di profughi iracheni [2 milioni di questi hanno abbandonato il paese mentre il rimanente milione e mezzo ha perduto la casa dando vita ad una massa di profughi all’interno della nazione]. Questa cifra rappresenta il 14 % della popolazione.Anche quando i Nazisti portarono distruzione in Europa durante la Seconda
Guerra Mondiale, nessun paese da solo dovette subire un tale numero di
perdite umane. Sebbene a quel tempo l’Unione Sovietica, che ebbe il più
grande numero di vittime, perdette 20 milioni di vite umane [militari e
civili], quella cifra rappresenta solo il 10% della popolazione che era di
197 milioni nel 1941.

Le pesanti sanzioni subite dall’Iraq per più di 12 anni, che coinvolsero
bisogni primari quali il cibo e le medicine, sono anch’esse senza precedenti
nella storia moderna. L’obiettivo di quelle sanzioni non fu solo quello di
strangolare l’economia del paese ma anche di esercitare una forte pressione
sulla società irachena. Il vero significato delle sanzioni, che hanno
ridotto in povertà molti segmenti della popolazione, fu quello di facilitare
l’invasione del paese, e questo dopo aver creato a livello pubblico il
disperato bisogno per un cambiamento. Ma le sanzioni crearono anche un forte
risentimento interno e divisioni fra ricchi e poveri, cosa che naturalmente
ha portato al crimine organizzato e alla formazione di gruppi armati.

Tutto questo può essere paragonato ad una sorta di “bomba nucleare sociale”.
Se si accettano le scoperte che sono state fatte dall’Università John
Hopkins, la quale ha stimato che sono stati 650.000 i civili iracheni che
sono morti durante i primi 3 anni dell’invasione guidata dagli Stati Uniti,
e si confronta quella cifra con il numero di vittime che sono morte a causa
della bomba atomica di Hiroshima, allora si potrebbe dire che l’Iraq ha
subito l’effetto di quattro bombe nucleari. Combinando tutte le cifre che
riguardano le perdite sofferte dall’Iraq fin dal 1991 come conseguenza
diretta del coinvolgimento degli USA, si potrebbe concludere che gli
iracheni avrebbero avuto maggior fortuna fossero stati i Nazisti ad
assediare e ad invadere il loro paese.

Provocare un genocidio di simili proporzioni non può essere attribuito al
solo perseguimento di un qualunque interesse. Il bagno di sangue in Iraq,
come il genocidio in Rwanda nel 1994, è stato trattato con grande
indifferenza non solo dai governi coinvolti ma anche da innumerevoli
cittadini in tutto il mondo. Una copertura mediatica del tutto inaccurata ha
contribuito a creare in alcune società un senso di odio contro “l’altro”.

I Nazisti erano ideologicamente convinti della propria superiorità quando
erano intenti a commettere atti di genocidio e di pulizia etnica, ma il
popolo dell’Iraq deve fare i conti con la propria distruzione e questo in
nome della “democrazia”. Dopo 12 anni di sanzioni che hanno fatto a pezzi la
società irachena – sanzioni tanto pesanti che riuscirono anche a proibire
l’importazione nel paese di semplici matite – causando la morte di più di
un milione di bambini a causa della scarsità di cibo e medicine, la
coalizione guidata dagli Stati Uniti ha dato il via alla sua campagna di
guerra.

Ma come è possibile che le popolazioni dei paesi invasori abbiano sostenuto
bombardamenti tanto immorali? Se si sta combattendo contro un “dittatore”
e questo in nome della “democrazia”, allora in qualche maniera è stato reso
accettabile di dover andar incontro all’inutile perdita di un simile numero
di vittime innocenti? Lo scarso valore attribuito al sangue degli “altri”
non rappresenta nulla di nuovo; è sufficiente riportare alla mente quei
milioni di Tedeschi che invocavano il nome di Hitler mentre le sue forze
commettevano crimini contro l’umanità.

Invece della democrazia, la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha solo accatastato montagne di cadaveri iracheni, corpi che sono diventati troppi anche solo per poterli voler contare accuratamente. Anche una
organizzazione come “Iraq Body Count”, che fornisce le stime più basse, non
è stata in grado di tenere il conto. L’esercito statunitense invece non si
cura di calcolare il numero di morti civili e questo è stato confermato dal
generale Tommy Franks quando ha affermato “Non contiamo i corpi”.

Una tale indifferenza nei confronti delle morti che sono state direttamente
causate dall’invasione a guida statunitense non è un’esclusiva dei governi
dei paesi invasori. Sfortunatamente, è condivisa da molti dei popoli di quei
governi. Tuttavia, il solo perseguimento dell’interesse personale non può
spiegare un simile grado di disumanità, specialmente quando si riflette sul
fatto che molti di questi interessi avrebbero potuto essere perseguiti senza
alcun spargimento di sangue. La verità è che solamente in un sistema di tipo
fascista verrebbero tollerate simili azioni, un sistema nel quale l’odio per
l’altro è la priorità.

Durante i 12 anni delle sanzioni, la produzione di petrolio irachena è stata
ridotta a meno di un milione e mezzo di barili al giorno [considerati i 3
milioni e mezzo prodotti nel periodo antecendente all’introduzione delle
sanzioni] all’interno del cosidetto programma “oil for food”, che per i
guadagni petroliferi del paese ha significato una perdita di circa 262
miliardi di dollari.

Sotto il regime di quel programma dal nome tanto inappropriato, l’Iraq ha
assistito alla morte di mezzo milione dei suoi bambini. “Riteniamo che ne
sia valsa la pena”, è quanto affermò l’ex Segretaria di Stato statunitense,
Madeline Albright, quando i media le chiesero se valesse davvero la pena
sacrificare le vite di 500.000 bambini che stavano morendo a causa degli
effetti delle sanzioni.

Non è mai successo prima nella storia moderna che un paese, che è anche uno
dei membri fondatori delle Nazioni Unite, abbia dovuto fronteggiare una
simile aggressione, giustificata con così tanti falsi pretesti. Anche se una
dopo l’altra, le scuse che sono state usate per giustificare la guerra
vengono esposte per essere delle menzogne, la pubblica opinione insiste a
voler credere alla menzogna seguente. Adesso sappiamo che in Iraq non
c’erano armi di distruzione di massa, che non esistevano legami di alcun
tipo fra Saddam Hussein e Al Qaeda, e che l’intero proposito per un cambio
di regime non aveva nulla a che fare con l’affermazione della democrazia.
Anche la propaganda sui diritti umani da parte degli Stati Uniti è diventata
una buffonata dopo lo scandalo di Abu Ghraib [uno scandalo fra i molti],
l’emergere degli squadroni della morte e il sangue versato a causa di
divisioni settarie e questo sotto il naso delle forze Statunitensi.

Dopo aver ridotto le infrastrutture dell’Iraq ad una situazione da “ground
zero”, si è fatto di tutto per incoraggiare uno stato di totale illegalità.
Da ciò ne è scarturita una situazione di guerra civile dove la gente deve
confrontarsi con la morte, le violenze sessuali, o i rapimenti e questo per
nessun altra ragione talvolta se non quella di chiamarsi in un certo modo.

Non è mai accaduto prima nella storia moderna che un paese sia stato
obbligato a pagare con il proprio denaro per i suoi morti, le torture e la
distruzione – il denaro ricavato dalle vendite del petrolio. Un paese nel
quale ai ladri vengono affidate le sue ricchezze e dove a bande omicide
viene affidato il mantenimento della sua sicurezza.

Neanche le ricchezze culturali dell’Iraq sono state risparmiate. Invece di
proteggere i musei nazionali, cosa che legalmente rappresenta un obbligo per
i poteri occupanti e questo secondo il diritto internazionale, l’ex Segretario
alla Difesa Statunitense Donald Rumsfeld arrivò a dichiarare “Sono cose che
succedono”, quando gli venne chiesto cosa pensava del caos che aveva
coinvolto le istituzioni del paese.

Fin dall’invasione guidata dagli Stati Uniti, il corpo accademico dell’Iraq
si è misteriosamente trasformato in un obiettivo. Figure chiavi nei campi
della scienza e della ricerca a livello nazionale, come anche in altri
settori, sono stati assassinati senza che ci sia stata alcuna assunzione di
responsabilità.

Quale interesse si sta perseguendo quando il passato, il presente e il
futuro di un intero paese deve essere minacciato in maniera tanto violenta?
Quale interesse si stava perseguendo quando gli ebrei vennero spinti alla
morte nei campi di concentramento Nazisti? Nessuno, perchè tutto questo non
ha niente a che fare con alcun interesse. Il neo-fascismo della nostra epoca
va molto al di là di alcuni dei leader Occidentali o dei loro governi. Va al
di là dei pregiudizi nascosti di alcuni dei nostri cosidetti media “liberi”.
I sentimenti neo-fascisti hanno raggiunto in profondità il subconscio
collettivo delle società Occidentali. È un nuovo senso di “imperialismo
sociale” nel quale quasi tutti, consapevolmente oppure no, sono sia complici
che beneficiari.

Ai tempi di Hitler, si vedevano i Tedeschi riunirsi in perfetta coesione a
cantare slogan con grande fervore. Oggi, coloro che sostengono i leader
fascisti non devono compiere un simile sforzo. Possono semplicemente
mostrare il loro sostegno limitandosi ad andare alle urne e votando per loro
ogni quattro anni. Quello che accadrà successivamente, e che comprende il
genocidio e le torture, lo guarderanno seduti tranquillamente di fronte alla
televisione.

Ali Al-Sarraf è il curatore di Al-Arab Weekly ed è un ex dissidente del regime di Saddam Hussein. E’ possibile contattarlo al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]

Ali Al-Sarraf
Fonte: http://www.middle-east-online.com/
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article17412.htm
26.03.2007

Traduzione a cura di MELEKTRO per www.radioforpeace.info & www.comedonchisciotte.org

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