“Come ministro dell’Economia mi alzo la mattina e condivido le angosce, le preoccupazioni di tanti imprenditori e famiglie che si alzano con il debito sulle spalle.”[1]
Questa la dichiarazione che hanno battuto tutte le agenzie, ieri 18 settembre. Inaccettabile, oltre che priva di senso. Un Ministro del Governo della Repubblica non è un titolare d’Azienda e neppure un padre di famiglia indebitato.
Il debito pubblico è lo strumento attraverso il quale uno Stato finanzia la propria spesa, la crescita e gli investimenti. Il settore pubblico si indebita emettendo titoli, di diverso tipo e durata, sottoscritti da famiglie, imprese e intermediari finanziari, ed è uno degli strumenti per sostentare l’economia e i servizi ai cittadini. Il debito italiano è in mano ai privati cittadini italiani e a realtà bancarie e finanziarie.
Se è vero che a ogni debito corrisponde un credito, a ogni debitore corrisponde un creditore. Nel caso del debito pubblico, il debitore è lo Stato mentre i creditori sono tutti coloro – famiglie e istituzioni finanziarie, italiane e straniere – che hanno acquistato titoli del debito pubblico.
Il debito pubblico, perciò, corrisponde alla ricchezza privata fino a che supporta l’investimento dello Stato a favore dei fabbisogni dell’economia nazionale e al benessere della popolazione: sviluppo, soldi in tasca di imprese e cittadini, incremento della domanda interna in un circolo virtuoso. Il vero dramma è che, a fronte di questo debito, invece, abbiamo solo la prospettiva del pagamento degli interessi e dell’avanzo primario, che ci toglie il fiato. L’Italia è in sostanziale stagnazione, perché l’andamento del PIL rivela una crescita praticamente inesistente.[2] Ecco, questo sì che dovrebbe togliere il sonno al nostro ministro, perché con queste prospettive c’è poco da stare allegri, e l’Italia continua a decadere lentamente, con i fantasmi di deindustrializzazione e recessione che aleggiano sulle nostre teste.
“Anche io da ministro mi alzo con un grande debito sulle spalle: 2.859 miliardi.
Significa che soltanto l’anno prossimo, per interessi in più dovremo pagare 14 miliardi, 14 miliardi sottratti ad aiuti, sanità, riduzione delle tasse”
Ecco, e qui il sonno invece lo perdiamo noi. Perché, capirete, un po’ di invidia ce la suscita il Giappone, che a fronte di rapporto del debito pubblico/PIL del 263% continua a registrare un buon tasso di crescita, e che ha varato un pacchetto di politiche economiche nell’ ottobre del 2022 a sostegno della domanda interna, e che si, i problemi ci sono, ma la sua banca centrale il suo mestiere lo fa, comprando la gran parte del debito pubblico espresso in yen, moneta sovrana nipponica.[3]
E invece noi in Italia una moneta nostra non l’abbiamo (l’EURO è a tutti gli effetti moneta estera in mano a BCE, banca privata estera), le politiche di espansione e investimenti vengono bocciate da anni dal carrozzone EU/BCE e le sue ideologie economiche d’austerità suicida e aumenti dei tassi d’interesse, e come se non bastasse siamo qui che ce la raccontiamo perché alla fine il nostro ministro dell’Economia “sposa l’importanza di ridurre il debito, ma con obiettivi sostenibili e con percorsi uguali a tutti, senza ricette individuali che portino a classificare i Paesi.[4]
Tutti a passo spedito verso la nuova governance economica che prevede un percorso unico e comune di riduzione del debito, pare.[5] E qui ci leggiamo tra le righe un progetto federalista fiscale, vedi alla voce Draghi,[6] ma ci piacerebbe sbagliarci, perché vorremmo invece un piano che preveda il ritorno al pieno possesso delle capacità di intendere e di volere della classe politica della nostra Nazione.
Noi non abbiamo più una banca centrale, non abbiamo più la moneta sovrana, non abbiamo più una vera industria pesante nazionale, anzi non abbiamo una politica industriale proprio, le manifatture arrancano specie ora che sono in difficoltà anche i tedeschi,[7] i debiti che lo Stato contrae sono anche a causa dell’impossibilità, udite udite, di emetterla, la nostra moneta, attraverso un nostro istituto bancario autenticamente sovrano.
In conclusione, chi l’ha vissuta la rimpiange ormai, l’Italietta della Liretta, dopo che questa EU si è rivelata proprio un pessimo affare. Ora, al massimo, elemosiniamo le briciole chiedendo la revisione del Patto di stabilità, l’ennesima soluzione di compromesso, con la benedizione del conte Gentiloni, commissario europeo per gli affari economici e monetari.
No, così proprio non va, Ministro Giorgetti. Lo dica anche ai suoi colleghi di governo: così, non va.
[1] https://www.lastampa.it/economia/2023/09/17/news/giorgetti_per_il_debito_pagheremo_14_miliardi_di_interessi_soldi_sottratti_ad_aiuti_sanita_e_riduzione_delle_tasse-13304887/
[2] https://www.istat.it/it/archivio/285241#:~:text=Il%20Pil%20italiano%20%C3%A8%20atteso,in%20rallentamento%20rispetto%20al%202022.
[3] https://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=126#
[4] https://www.ilgiornale.it/news/politica/governo-passa-allattacco-sul-nuovo-patto-stabilit-2211831.html
[5] https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2023/09/18/passo-avanti-sulla-riforma-del-patto-di-stabilita-si-accelera-sul-compromesso_6ff04207-d543-4a81-a283-9e6a0265e682.html
[6] https://euractiv.it/section/economia-e-sociale/news/per-draghi-e-necessaria-una-revisione-dei-trattati-ue-e-lavvio-di-un-genuino-processo-politico/
[7] https://tg24.sky.it/mondo/2023/09/06/germania-economia-crisi