MA SIAMO O NO IN RECESSIONE ?

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DI MATT TAIBBI
rollingstone.com

“Siamo tutti d’accordo che la recessione è finita” – Larry Summers, direttore del National Economic Council

“Naturalmente no” – Risposta di Christina Romer, presidente uscente del Council of Economic Advisers, a chi le aveva chiesto se la recessione era finita.

I due consiglieri econonomici della Casa Bianca hanno espresso questi commenti nella stessa giornata.

Sta diventando sempre più difficile prevedere il futuro del team di economisti di Barack Obama, che nelle ultime settimane ha assistito alle dimissioni di due importanti esponenti, Romer, il già citato presidente del Council of Economic Advisers, e Pete Orszag, il direttore del bilancio. Due persone molto diverse e con punti di vista molto divergenti sulla situazione economica.

A seguito, “Questa è effettivamente la più Grande Recessione di sempre (anche se non tutti amano sentirlo)” (Paul Krugman, ilsole24ore.com);

Romer, una ex professoressa di Berkeley, era stata chiamata alla Casa Bianca per due motivi: in primo luogo in quanto esperta della Grande Depressione (cosa che sembrava estremamente importante al momento delle elezioni di Obama), e in secondo luogo in quanto le manca un cromosoma Y (a quel che si dice il problema di Austan Goolsbee, professore di Chicago e stretto confidente di Obama, oltre che favorito al posto nel CEA). Orszag, dal suo canto, è un discepolo di Bob Rubin, ex capo del gruppo di studio dell’Hamilton Project, che ha spesso orientato gli sforzi della Casa Bianca di Obama per ridurre il debito.

Un punto in comune tra i due è che entrambi non andavano d’accordo con Larry Summers. Nel caso di Orszag pare si trattasse di una questione personale, mentre nel caso di Romer era piuttosto un problema politico, anche se la mancanza di un cromosoma Y potrebbe aver avuto una certo peso (la famosa affermazione di Summers “alle donne manca la capacità di aver successo ai massimi livelli nel campo della matematica e della scienza” imperversa, ora che Larry sembra aver estromesso una delle donne meglio piazzate nella Casa Bianca di Obama).

La maggior parte dei pettegoli della capitale ha interpretato la doppia dimissione come un segno della crescente influenza dell’asse Summers-Geithner all’interno della Casa Bianca. Niente di nuovo; si tratta di una variazione di quello che avevo già sentito il mese scorso a Washington, dove mi trovavo per occuparmi della legge Dodd-Frank. Il clan Geithner/Summers/Rubin aveva brevemente perso potere dopo la grande vittoria di Scott Brown l’inverno scorso, e liberali come Paul Volcker e Romer si erano conquistati la possibilità di sottoporre il proprio punto di vista a Obama; ma la situazione si è capovolta la scorsa primavera, e ancora una volta Geithner e Summers hanno monopolizzato in maniera più o meno esclusiva l’attenzione di Obama sui problemi economici.

“[Summers] ha escluso Romer, [Austin] Goolsbee, [Paul] Volcker dal gruppo politico più vicino al Presidente. In queste condizioni, che vantaggio avrebbe avuto a restare Romer, che avrebbe perso il suo posto se fosse rimasta assente per più di due anni?”. È in questi termini che un anonimo consulente della Casa Bianca ha spiegato pochi giorni orsono la situazione.

Dal mio punto di vista, il particolare interessante della storia è che Christina Romer ha deciso di lasciare proprio quando stava venendo alla luce una drammatica serie di notizie sulla situazione dei disoccupati. Nel mese di luglio, il paese ha perso 131.000 posti di lavoro, molto di più di quanto ci si potesse attendere, e alla base sembrano esserci i calcoli sbagliati dell’amministrazione di Obama nel suo sforzo di stimolare l’occupazione con i fondi pubblici: la fine dei lavori legati al censimento è stata apparentemente una delle maggiori cause del peggioramento delle ultime statistiche sull’occupazione. “Il settore privato è ancora zoppicante” ha detto Robert A. Dye, economista del PNC Financial Services Group di Pittsburgh “e di sicuro non è ancora abbastanza forte da poter assorbire i riflussi sul versante governativo”.

Il punto è importante, perchè Romer era il funzionario dell’amministrazione Obama che più battagliava per ottenere incentivi molto più incisivi, convinta che la strategia dell’amministrazione nel settore economico avrebbe dovuto mirare a creare posti di lavoro e a eliminare al più presto la disoccupazione. “Non si può mettere sotto controllo il deficit di bilancio con un tasso di disoccupazione al 10%”, aveva affermato l’anno scorso. L’ammontare degl’incentivi è risultato pari a 787 miliardi di dollari; a quanto si dice Romer ne avrebbe voluti per almeno 1,2 trilioni di dollari, e che chiedeva più sforzi per creare posti di lavoro permanenti a lungo termine piuttosto che lavoretti di secondo ordine, come quelli per il censimento.

In conclusione, quello che appare chiaro dopo le sue dimissioni, è che Romer era veramente l’unica economista del gruppo più vicino a Obama a non essere stata una sostenitrice di Clinton o Rubin, men che mai un ex banchiere di Wall Street o, come Geithner, un infiltrato di Wall Street nel settore pubblico (Jacob Lew, il sostituto di Orszag, è un ex funzionario di Citigroup che ha lavorato con Rubin nella Casa Bianca di Clinton). E si tratta di un punto importante, perchè i dati economici presentatici in questi giorni suggeriscono due storie completamente diverse, a seconda del vostro punto di vista.

Se parteggiate per Wall Street, e avete ammirato il recupero dei mercati e il fatto che le banche siano passate da uno stato di virtuale insolvenza due anni fa agli odierni profitti record, allora, come Summers, penserete che “tutto lascia credere” che la recessione sia finita.

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Se invece siete solo uno sfortunato che cerca un’occupazione al di fuori della Beltway e/o di Lower Manhattan, e vi state rendendo conto che le uniche possibilità di lavoro quest’anno erano offerte dalle indagini a termine per il censimento (e sono finite anche queste), allora probabilmente penserete che la recessione non è assolutamente finita, “naturalmente no”.

In quello economico, come in tutti gli altri campi, tutto dipende da come si guardano le cose, e se nella Casa Bianca di Obama adesso tutti stanno vedendo la realtà allo stesso modo, allora la situazione è malsana e pericolosa. Non che Christina Romer potesse essere definita, con la migliore buona volontà, una cima (una delle mie fonti l’ha definita “di una mediocrità assoluta”), ma per lo meno non era completamente sottomessa a Wall Street; era piuttosto l’ultimo consigliere tra i più intimi di Obama a non esserlo. E ora che se ne è andata le cose non possono che andare peggio.

Matt Taibbi
Fonte: www.rollingstone.com
Link: http://www.rollingstone.com/politics/matt-taibbi/blogs/TaibbiData_May2010/189336/83512
6.08.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org cura di CARLO PAPPALARDO

Nella foto: il presidente Barack Obama con, da sinistra, Timothy Geithner, Christina Romer e Larry Summers

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